Riguardo
il contenuto di questa quarta postazione
– “Arti decorative e industriali”
– va ricordato che essa è preceduta dalla traduzione integrale in
tedesco del saggio di Carlo L. Ragghianti, anziché dal “riassunto”
tradotto come nelle due precedenti uscite in francese e poi in
inglese. Ciò si è verificato perché per alcuni anni la soc.
Olivetti (editrice di “seleArte”) promosse la diffusione
specialmene in Germania.
Da
notare che soltanto con l'occhio odierno la presente documentazione
delle opere di “Arte decorativa e industriale”, per definirle in
modo tradizionale, o di “Design”, come è invalso anche nell'uso
comune, può apparire meno ampia delle precedenti pittura, scultura,
architettura.
Storicizzando
occorre tener presente che l'attenzione specifica alla forma
degli oggetti nel 1960 era, al
di fuori degli operatori, assai meno considerata sul piano della loro
definizione artistica.
Ciò
in analogia, per altro, con la relativa marginalità dell'indagine
critica circa mobili, orificerie, porcellane ecc. antiche e
ottocentesche. (Ricordo a proposito che la Mostra “La Casa italiana
nei secoli”, impostata criticamente, fu una straordinaria proposta
di storia del Design: si vedano nel blog i post del 21 novembre 2017
e del 23 dicembre 2017, nonché quello del 16 gennaio 2018 su “La
sedia italiana nei secoli). Infine anche tra i produttori industriali
e artigianali negli anni '50 l'attenzione alla forma dell'oggetto non
era così pervasiva come lo è stata successivamente e lo è tuttora.
Infatti la consapevolezza dell'importanza qualificante della forma
nella funzionalità dell'oggetto
progettato era meno diffusa e valutata di quanto lo sia stata in
seguito proprio grazie agli studi e alle valutazioni dei critici
d'arte al tempo decisamente pionieristici. E'
fuor di dubbio che fra di essi si deve annoverare Carlo L.
Ragghianti, il quale fin dalle sue iniziali riflessioni critiche
sull'architettura ha inteso il “Design” come elemento costitutivo
del complesso metodologico che stava elaborando negli anni Trenta
anche tramite l'amicale “dialogo” con Persico e Pagano. Non si
scordi poi la costante attenzione e gli studi su Bruno Munari (si
veda anche nel blog il post del 4 maggio 2018) e Enzo Mari. Comunque
su questo argomento e su questi architetti e designers seguiranno
altri post con testi di C. L. Ragghianti.
In
“seleArte” l'attenzione rivolta dai coniugi Ragghianti alla
qualità del “design” contemporaneo fu infatti sempre
attenta vuoi alla forma “artistica” degli oggetti d'uso, vuoi mobili ecc. Inoltre,
vagliando le documentazioni ricevute o acquisite per l'uso
redazionale, anche i collaboratori operativi di “seleArte” furono
convinti dell'importanza, dell'originalità dello sviluppo del
“design” contemporaneo.
Tanto
che Pier Carlo Santini, il quale esordì (1952) come primo redattore
della pubblicazione, dalla metà degli anni Sessanta a Milano fu
considerato unanimemente un esperto ed uno studioso apicale,
soprattutto sotto gli aspetti collegati con l'architettura. Anche
Lara Vinca Masini, la mia prima “aia”, il primo confronto
intellettuale estraneo alla famiglia, di formazione letteraria e
allieva di De Robertis, collaboratrice di C.L.R. per la redazione di
“Criterio” (1957-1958), esordì nella critica artistica scrivendo
di “design”. Collaborando con Maria Luigia Guaita, curò una
rubrica pionieristica di “design” su di un settimanale
concorrente de “L'Espresso” – persino nel formato a lenzuolo –
di cui mi sfugge il nome.
Concludendo,
per la focalizzazione ulteriore del ruolo del “design” nel
Novecento interpretato da artisti e architetti definiti “designers”,
propongo la seguente citazione da Arte come mestiere
di Bruno Munari:
F.R.
(22 marzo 2020)