Carlo e Licia

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sabato 28 agosto 2021

Leonetto Cappiello, caricaturista.

Non ci sono dubbi che Leonetto Campiello (1875-1942) è stato un grande cartellonista italiano, operante anche in Francia e di quella cultura grafica investito ed agente. Va d'altra parte sottolineato – almeno per quel che riguarda la grafica umoristica – che egli sbarcò “a Parigi per dar vita alla caricatura teatrale” oltre ad “un cartellonismo graficamente moderno” (Gec- E. Gianeri).

Pittore di formazione, Cappiello, emigrato da Livorno (come di lì a poco Modigliani) alla capitale della Francia – dopo aver assimilato ed elaborato la ricca cultura di grafica “umoristica”, in particolare quella del contemporaneo André Rouveyre – diverrà tra la fine dell'ottocento e i primi del secolo XX un artista di primaria originalità nella caricatura, operata quasi esclusivamente nel campo dello spettacolo.

Della importanza culturale assunta da Cappiello fu tramite nel nostro paese l'articolo pubblicato nel febbraio 1901 su la diffusa rivista “La lettura” da Ugo Ojetti, allora corrispondente da Parigi del “Giornale d'Italia”. Trentenne, lo scrittore e critico d'arte Ojetti era considerato allora soltanto una promessa brillante del giornalismo italiano.

Debbo, a questo punto, aprire una parentesi per giustificare la presenza in questo blog di un personaggio che Antonio Gramsci connota scrivendo “la codardia intellettuale dell'uomo supera ogni misura normale”. Anche Carlo L. Ragghianti disprezzò Ojetti a causa del veleno che costui – con potere corruttivo – profuse in tante sedi a favore dell'ideologia fascista tra la fragile intellettualità italiana. Ojetti firmò nel 1925 il manifesto degli intellettuali” 

fascisti e, nel 1926-27, normalizzò a favore del regime il “Corriere della Sera”, di cui era stato nominato direttore; aderì nel 1943 alla Repubblica Sociale di Salò. Magra consolazione: nel 1945 fu radiato dall'Ordine dei Giornalisti. Morì nel 1946.

Nonostante questo curriculum, nel caso di Leonetto Cappiello bisogna riconoscere a Ugo Ojetti il merito – seppur già in ottica nazionalista – di averne riconosciuto la qualità e l'originalità e, dettaglio non marginale, di aver dato dignità di espressione artistica alla caricatura, almeno quanto un artista riesce a declinarla come tale.

Questo riconoscimento di Cappiello mi si è riproposto all'attenzione durante la preparazione di un post della serie “Testi dei critici – R. Monti: Cappiello ecc …” dedicata alla storica Mostra “Arte Moderna in Italia 1915-1935”, che sarà pubblicato tra qualche tempo.

Effettivamente l'arte di Cappiello (nota tra il pubblico generico soprattutto per “thermogène” (1909) e per la serie “Campari”) non mi sembra indagata ed incasellata con sufficiente apporto di studi e contributi dalla critica recente. Tanto meno è riconosciuta l'importanza che l'espressività di Cappiello ha rappresentato per altri artisti. Al riguardo mi limito a ricordare il caricaturista italiano Onorato, anch'egli operante soprattutto in ambito teatrale. Di questo artista (1898-1967) ho sottomano una documentazione sufficiente per un post che ritengo di poter pubblicare tra non molto nel blog.

F.R. (6 luglio 2021)

venerdì 20 agosto 2021

"Criterio, 3" - Chiesa Cattolica e Gran Pretagna, I.

Scritti di Carlo L. Ragghianti, gennaio-giugno 1957.

Non si tratta di un refuso per Bretagna, è proprio Gran Pretagna. Vale a dire l'Italia, il paese nel quale l'ingerenza vaticana e il predominio ecclesiastico cattolico l'hanno fatta da padroni con un regime succeduto a quello fascista in continuità. Un fenomeno, che attualmente è in ripresa con rinnovata baldanza, nel quale la retriva reazione padronale, ecclesiale, burocratica è pesante e si appoggia – in analogia al 1922 – sulla lumpenborghesia degli eredi neofascisti, presenti in quasi tutti i partiti come talpe e alla luce lunare dei sepolcri nella formazione che si fregia della fiamma del M.S.I. Purtroppo questa coalizione, con l'attuale governo dello sputafuoco, sembra avviata ad imporre un nuovo regime oscurantista.

Non so chi abbia coniato l'espressione Gran Pretagna, certo fu assunto nella nostra famiglia dopo che C.L.R. L'usò in tempi precoci (± 1948), quando lo spauracchio dei socialcomunisti fu agitato soprattutto come reale possibilità rivoluzionaria. Ciò proprio quando i vincitori alleati se ne andarono tranquilli perché garantiti dello scudo di Yalta, fu il quale l'Italia veniva assegnata alla protezione occidentale, perfezionista con il Patto Atlantico (includente oscenamente fior di regimi nazifascisti in Spagna e in Portogallo).

Sic stantibus rebus, gli scritti di Carlo L. Ragghianti in "Criterio" su questo argomento mi sembrano riproducibili, anche al di là della loro importanza storiografica, vuoi perché fonte di utili osservazioni e indicazioni per la riflessione odierna. In questo momento, infatti, il paese è più insidiato e malversato del periodo (un settantennio fa!) in cui la nostra

inutile e bella Carta costituzionale era ancora largamente inapplicata su questioni fondamentali. Oggi la vogliono addirittura riscrivere, mentre alcune parti sono state già tradite e "normalizzate" (Statuto dei lavoratori) e altre sono tuttora non regolamentate secondo le chiare indicazioni del testo originale.

In questa prima parte riporto gli scritti in materia di C.L.R. pubblicati nel primo semestre della rivista (gennaio-giugno 1957). Sono esclusi alcuni interventi riguardanti la città di Firenze e la sua amministrazione durante i primi due mandati di Giorgio La Pira quale sindaco "santo" della città. Ciò perché pubblicheremo un apposito post su questo fenomeno anomalo.

Il testo Concordato tedesco, che apre la rassegna, è stato inserito perché complementare all'analogo problema che affligge l'Italia. Altro grande problema che tormenta il nostro paese ininterrottamente nonostante, anzi a causa di continue riforme deformanti e privatistiche è quello della scuola. Due testi pertinenti questa sezione degli scritti di C.L.R. sono già noti pubblicati nel post Scuola, 1 (1 novembre 2019). Ad esso rimandiamo per la lettura tramite una nota inserita nella seguente scheda del maggio 1957.

La seconda e la terza parte di Chiesa Cattolica e Gran Pretagna, analizzati nei commenti e negli studi di R., saranno postate nei mesi di settembre e di ottobre.

F.R. (15 luglio 2021)

 Da "Criterio", n.1 (gennaio 1957).



lunedì 16 agosto 2021

Arte Moderna in Italia 1915-1935 - Testi dei Critici, 31. GIACINTO NUDI. (RAFFAELE CASTELLO).

 


Post Precedenti:

1. RAFFAELE MONTI ( I ) - 16 giugno 2018
2. IDA CARDELLINI (LORENZO VIANI) - 28  settembre 2018 
3. UMBRO APOLLONIO (NATHAN, BIROLLI) - 19 settembre 2019
4. MARCELLO AZZOLINI (GUERRINI, CHIARINI, VESPIGNANI). 6 ottobre 2019
5/I. FORTUNATO BELLONZI (BOCCHI, D'ANTINO). 12 novembre 2019
5/II. FORTUNATO BELLONZI (MORBIDUCCI, SAETTI). 28 dicembre 2019
6. ALDO BERTINI (CREMONA, MAUGHAM C., PAULUCCI). 22 gennaio 2020.
7. ANNA BOVERO (BOSWELL, CHESSA, GALANTE). 5 febbraio 2020.
8. SILVIO BRANZI (SCOPINICH, BALDESSARI, NOVATI, SPRINGOLO, RAVENNA, KOROMPAY, ZANINI). 23 febbraio 2020.
9. GIOVANNI CARANDENTE (COMINETTI, MARINI). 4 marzo 2020.
10. ITALO CREMONA (REVIGLIONE). 7 maggio 2020.
11. ENRICO CRISPOLTI, I (BALLA, EVOLA, ALIMANDI, BENEDETTA). 2 aprile 2020.
12. ENRICO CRISPOLTI, II (COSTA, DIULGHEROFF, DOTTORI, FILLIA). 6 aprile 2020.
13. ENRICO CRISPOLTI, III (ORIANI, PANNAGGI, PRAMPOLINI, MINO ROSSO), 10 aprile 2020.
14. RAFFAELINO DE GRADA I (BOLDINI, ANDREOTTI). 22 giugno 2020.
15. RAFFAELINO DE GRADA II (BERNASCONI, CARPI, CARENA, FUNI). 6 luglio 2020.
16. ANTONIO DEL GUERCIO (MAZZACURATI, MENZIO, RICCI). 8 agosto 2020
17. TERESA FIORI (INNOCENTI). 1 settembre 2020.
18. CESARE GNUDI (FIORESI, PIZZIRANI, PROTTI). 2 ottobre 2020.
19. VIRGILIO GUZZI (MANCINI, CAVALLI, MONTANARINI, PIRANDELLO). 19 novembre 2020.
20. MARIO LEPORE (DEL BON, LILLONI). 21 dicembre 2020.
21. LICISCO MAGAGNATO (NARDI, PIGATO, FARINA, TRENTINI, ZAMBONI, BERALDINI, SEMEGHINI). 21 gennaio 2021.
22. CORRADO MALTESE (GERARDI). 4 marzo 2021.
23. FRANCO MANCINI (PANSINI, NOTTE, BRESCIANI, CRISCONIO, CIARDO, GATTO, VITI).  3 aprile 2021.
24. GIUSEPPE MARCHIORI, 1 (ROSSI, LICINI). 3 maggio 2021.
25. GIUSEPPE MARCHIORI, 2 (SEVERINI, SPAZZAPAN). 28 maggio 2021.
26. MICHELANGELO MASCIOTTA, 1 (LEGA, VENNA LANDSMANN, CALIGIANI, COLACICCHI). 7 giugno 2021.
27. MICHELANGELO MASCIOTTA, 2. (DE PISIS, PEYRON, LEVASTI, CAPOCCHINI). 18 giugno 2021.
28. GIAN LORENZO MELLINI. (VITTORINI, SALIETTI, SANI, DE JURCO, BUGIANI). 23 luglio 2021.
(I numeri 29 e 30 saranno prossimamente pubblicati).

Nato agli inizi degli anni Trenta, Giacinto Nudi ebbe un padre possessivo, fascista durante il regime, quindi dopo la guerra Intendente di Finanza a Livorno, il quale – ne ho sempre avuto l'impressione – condizionò l'esistenza del figlio con una presenza costante. Questo comportamento, a differenza del “gemello” di Giacinto, Raffaele Monti il quale, sia pur confusamente riuscì a distaccarsi completamente dal proprio ingombrante genitore.

Ancora da studente Nudi fu vicino a mio padre, scelto nel 1953 come docente per la laurea, il quale il 12 settembre 1958 scrisse a Riccardo Musatti riguardo alla progettata Mostra Storica del Disegno italiano di Architettura (vedasi “SeleArte”, IV serie, n.18, primavera 1993, pp. 35-54; e il post del 15 settembre 2017) e a proposito di Giacinto Nudi “... l'eventuale impiego del mio eccellente scolaro, aiuto ed amico”.

E via via così negli anni successivi Nudi fu uno dei più affezionati e presenti amici di tutta la nostra famiglia; mio in particolare per la relativa vicinanza di età e il sostegno, la guida dialettica della mia formazione.

Ancora nel 1969, Giacinto così scrive a C.L.R. “...la presenza di quanto lei ha fatto per me con affetto paterno in tanto tempo. Di questo e di quanto mi ha dato con il suo insegnamento desidero ringraziarla” nella lettera del 9 dicembre, che riproduco integralmente nella seguente breve documentazione. In essa si colloca anche la lettera dell'11 luglio 1970, che termina con “Deferenti e affettuosi saluti” (il primo aggettivo non è per piaggeria ma per residui di formalismo meridionale presenti in Giacinto da sempre, insieme all'ironia e al blando sarcasmo). 





Dopo la lettera “tecnica” – riguardante un eventuale conflitto di interessi, situazione allora considerata cosa seria – non per polemica, di mio padre del 21 settembre 1971 non c'è stata più notizia, traccia di Giacinto Nudi nei rapporti con C.L.R. né a Firenze, né a Pisa; né con me o altri amici fiorentini come Alfredo Righi, Nino Lo Vullo (il “Barone”; idolatrato da Giacinto per la sua signorilità formale ancorata al mondo di Proust).








e così sia.

F.R. (17 luglio 2021)



In merito alla suddetta lettera, io non ho informazioni circa la diceria circolante del conflitto di interessi. So per certo, però, che Giacinto già da anni era fraterno amico (anzi amicissimo) di Ferruccio Marchi e di sua moglie Alessandra Pandolfini (proprietari del CentroDi), tanto che Nudi abitava in un appartamento di loro proprietà, al piano sottostante casa loro, nello stesso stabile d'Oltrarno. Non so per certo ma lo credo con sicurezza che Giacinto non avrebbe mai commesso scorrettezze, né formali; né di tipo economico.

Ci sono state per R. delusioni e amarezze e qualche tensione con varie personalità: ad es. Antonello Trombadori e Ingrao; è vero anche con altri come Briganti o Bianchi Bandinelli. Però con questo secondo tipo di personaggi pesarono nella distanziazione più che la loro imprevedibile adesione politica, la loro partecipazione ad ambienti ambigui di intellettualità fondamentalmente elitaria e snobistica (talvolta moralmente riprovevole) non certo “comunista”.

Fatto sta che di Giacinto, quasi mezzo secolo dopo, ho scoperto casualmente su Internet la data di morte (2017) scovando un necrologio (l'unico!) di Antonio Pinelli, al quale mi associo, più per affettuosa sofferenza che per piena convinzione circa “l'inflessibile rigore” (definizione in contraddizione della sua volontaria inescusabile scomparsa dopo il 1971 dall'orizzonte di brave persone che gli volevano bene come noi Ragghianti). Ecco il testo del necrologio:




giovedì 12 agosto 2021

"SOUND/SONDA", 7.

Per i precedenti post in questa serie vedi:

Prolegomeni. 30 gennaio 2021
Numero 1. 23 febbraio 2021
Numero 2. 26 marzo 2021
Numeri 3-4. 26 aprile 2021
Numero 5. 25 maggio 2021
Numero 6. 31 luglio 2021

domenica 8 agosto 2021

Tono Zancanaro, 8 – Disegni del Gibbo, 1944-45.

Con questo post si conclude la serie dedicata ai disegni sul Gibbo, che Tono Zancanaro ha tracciato nel 1944 e nella prima metà del 1945. Come i precedenti sono tratti dal Catalogo da me effettuato per il volume edito da La Loggetta di Ravenna nel 1971.

Anche per questi capolavori grafici vale quanto osservato nei post precedenti circa l'unicità di un corpus eccezionale eseguito in clandestinità (anche domestica, stanti le opinioni politiche del padre) con una serenità di spirito creativo e di coraggio morale, considerando i rischi che correva sotto la Repubblica Sociale un antifascista colto nella sua attività di oppositore.

Non so se e quanto sia rilevante il fatto che questo ciclo si conclude con la caduta del regime. Le poche testimonianze 

di opere gibbesche successive sono dovute a circostanze specifiche e non contengono nessun riferimento “nostalgico” per l'impegno precedente. E' curioso che della morte del duce e della successiva discutibile esposizione di Piazzale Loreto nei disegni non ci sia traccia. Magnanimità? Anche certamente, pietà non credo proprio.

Comunque a questo ottavo post su Tono ne seguiranno altri, stante la quantità di opere (nei disegni anche di molti inediti) cui Tono ha dato vita con diuturno lavoro sfibrante ed appassionato. Ciò lo rende immortale nella comune accezione di esistenza eterna, termine che non tiene conto che su questa terra non c'è nessuna garanzia per ogni intervento e lascito umano.

F.R. (29 giugno 2021)

mercoledì 4 agosto 2021

Mostra in Germania (1950-51) della Pittura italiana contemporanea, 1. Documenti, 2. Scheda e Analisi di A. DUCCI.

Per la prima parte di questo post si veda il 4 agosto 2021.


   

1. Alcuni documenti preparatorii.

L' “alcuni” iniziale vuole indicare che la documentazione che segue deriva esclusivamente dal nostro Archivio familiare di Vicchio. Tralasciando carte marginali o tecniche e organizzative quali ricevute ecc., si inizia con il primo Comunicato Stampa, cui segue uno specimen del Regolamento e della Scheda di Adesione; poi si riportano due comunicazioni di segreteria (Alfredo Righi). Interessante è quindi il verbale della riunione del 7 luglio 1950 del Comitato esecutivo, se non altro esemplare di questo tipo di riunioni. Si riproducono anche due pagine di appunti di Carlo L. Ragghianti stesi durante una riunione collegiale. Esempio del tipo di corrispondenza intercorse tra i membri del Comitato è la lettera del 19 ottobre di C.L.R. a Ivan Matteo Lombardo, Presidente della Triennale di Milano. Segue, da Monaco di Baviera, il comunicato stampa (Ragghianti, Righi) a proposito del quale chiedo venia per la pessima riproduzione della seconda pagina: carte veline antiche, inchiostri sbiaditi, danni di conservazioni precarie per quasi settant'anni. Riproduco anche la copertina del dossier assicurativo delle opere inviate in Germania; non riporto l'elencazione puntuale dei dipinti, con accanto a ciascuno la cifra assicurata, un po' per l'eccessiva lunghezza, un po' perché interessa soltanto chi si occupa del mercato e dei valori pecuniari delle opere d'arte nel trascorrere del tempo. Comunque questo dossier presumo sia in copia anche a Lucca, altrimenti ci perverrà, sempre se gradito, fra non molto.


La già citata lettera di Giuseppe Marchiori del 6 novembre 1950 a C.L.R., scritta meno di due settimane dopo l'inaugurazione in Germania della Mostra, è significativa fotografia del provincialismo e ambientale comportamento di tanti artisti italiani. Divertente ma anche desolante.

Chiudono questa rassegna alcune pagine riguardanti l'impegno amministrativo dell'Ente organizzatore, il prematuramente scomparso e benemerito Studio Italiano di Storia dell'Arte. In quest'occasione, oltre che a fornire base logistica e tecnico-organizzativa (ricordo soprattutto l'indimenticabile Colonnello Rocchetti – i generali Figliuoli attuali mi sembra non gli leghino le scarpe) comportato dal dover riunire, esporre, far pervenire in Germania le opere, lo Studio si trovò esposto economicamente piuttosto pesantemente, dati i tempi fu però risarcito prima dell'avvento dei clericali. Infatti già l'anno dopo 1951, con la vittoria politica di La Pira, culturale di Bargellini, per lo Studio e per La Strozzina (da esso “partorita” nel 1947-48) iniziarono quindici anni di stressanti sforzi per rimanere a “galla” tra l'opposizione e gli agguati dei vari Adriani Zeroni, e dei soliti noti periferici d'oltrarno; tra gli ostacoli – ad esser benevoli – dell'ottusa eterodiretta burocrazia comunale e statale; per non dire del fuoco amico dei compagni socialisti, ex PdA, specialmente e in primis dell'atrabiliare Viceeterno, subalterno persino da finalmente senatore.

F.R. (27 aprile 2021)