Carlo e Licia

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venerdì 28 gennaio 2022

Tono Zancanaro, 12 - Antologia Palatina.

Questo dodicesimo intervento sull'opera di Tono Zancanaro (1906-1985) verte ancora una volta su una serie di disegni a china tracciati con mano maestra sulle pagine a stampa di un libro. Il volume Epigrammi dell'Antologia Palatina, come gli altri partecipati dalla creatività originale e coerente del Maestro, risponde nella fase di progettazione o a una scelta poetica (come in questo caso) o di critica figurativa (come nei tre casi che abbiamo illustrato in precedenza: Antonello da Messina – post del 22 marzo 2021; Giorgione – 28 giugno 2021; Modigliani – 2 settembre 2021).

Tono era un appassionato lettore di poesia, nonché competente analista delle opere d'arte dei suoi grandi predecessori. Disordinato forse, compulsivo talvolta, ma sempre intensamente partecipe fino al punto di essere coinvolto dalla necessità di diventare coautore nella materiale condivisione degli spazi – le pagine – con disegni suoi frammisti a testi, illustrazioni, spazi bianchi dal libro o fascicolo riguardante poeti o artisti da lui eletti nel proprio particolare Pantheon.

Come si constata in questo caso, la veste cartacea dell'originale prescelto da Tono non è determinante, come lo è invece l'ispirazione tratta dal contenuto del libro. Questa pubblicazione (cm 10,5x13,5h), è su carta di qualità assai modesta, ma già prezioso per essere edito da “All'insegna del Pesce d'Oro” di Scheiwiller. Questo esemplare del libro è integro; soltanto due sedicesimi sono stati rilegati invertiti. Difetto inconsistente, dato che i protagonisti non sono gli epigrammi e la loro sequenza ma quella dei disegni di Tono.

L' “appeal” per Tono fu accresciuto dal contenuto dei testi tradotti con la consueta maestria dal grande Manara Valgimigli (1876-1965), ammirato amico di Tono e, ci tengo a ricordarlo, di Carlo L. Ragghianti, nonostante il divario generazionale.

Non sta a me evidenziare l'importanza dell'Antologia Palatina nella cultura letteraria universale, né la diffusione degli Epigrammi in traduzione, con nelle edizioni più filologiche il testo originale a fronte, stante il declino della conoscenza delle lingue, e soprattutto della cultura classica nell'Occidente attuale. Tanto per fare un esempio, persino nei Tascabili Vallecchi negli anni Settanta comparve una scelta degli Epigrammi, così come questi versi non sono stati assenti nelle edizioni economiche quali BUR, Oscar, ecc.

Purtroppo non ricordo nei dettagli del perché, né in quale delle prime occasioni di ritrovarsi alla paterna Villa La Costa, Tono mi donò questo prezioso gioiello, compositiva sinfonia dei suoi temi fantastici, declinati con penna e inchiostro di china. Di certo fu uno slancio subitaneo – come gli accadeva – a fronte di una osservazione o di un ragionamento per lui particolarmente interessante e condiviso. Ne fui e ne sono molto onorato, perché esseri umani come Tono Zancanaro non solo sono unici, ma esseri irripetibili e – si scusi l'apparente retorica – universali, “immortali”.

Da notare, che l' “aureo” libretto Tono lo teneva in una tasca della giubba e che l'opera disegnativa era ancora in svolgimento, come deducibile da alcune pagine consecutive rimaste senza il suo intervento e con la sola stampa editoriale. La datazione è del 1965, i disegni iniziati dopo l'acquisizione del libro, edito come strenna natalizia. Infine, il volumetto è in brossura, visibilmente “usato” - sia pur senza strappi o lesioni – non a causa del tempo trascorso ma a causa delle continue estrazioni da tasche per gli interventi manuali di Tono, talora precari perché effettuati in viaggio (automobile e treno) o in tipografia mentre attendeva la fine della stampa di una lastra di colore per poter inserire la successiva dopo gli ultimi suoi ritocchi o le raccomandazioni al suo fido e caro Busato di Vicenza.

F.R.

lunedì 24 gennaio 2022

Arte Moderna in Italia 1915-1935 - Testi dei Critici, 34. ATTILIO PODESTA' (MERELLO, RAMBALDI, SACCOROTTI).

 


Post Precedenti:

1. RAFFAELE MONTI ( I ) - 16 giugno 2018
2. IDA CARDELLINI (LORENZO VIANI) - 28  settembre 2018 
3. UMBRO APOLLONIO (NATHAN, BIROLLI) - 19 settembre 2019
4. MARCELLO AZZOLINI (GUERRINI, CHIARINI, VESPIGNANI). 6 ottobre 2019
5/I. FORTUNATO BELLONZI (BOCCHI, D'ANTINO). 12 novembre 2019
5/II. FORTUNATO BELLONZI (MORBIDUCCI, SAETTI). 28 dicembre 2019
6. ALDO BERTINI (CREMONA, MAUGHAM C., PAULUCCI). 22 gennaio 2020.
7. ANNA BOVERO (BOSWELL, CHESSA, GALANTE). 5 febbraio 2020.
8. SILVIO BRANZI (SCOPINICH, BALDESSARI, NOVATI, SPRINGOLO, RAVENNA, KOROMPAY, ZANINI). 23 febbraio 2020.
9. GIOVANNI CARANDENTE (COMINETTI, MARINI). 4 marzo 2020.
10. ITALO CREMONA (REVIGLIONE). 7 maggio 2020.
11. ENRICO CRISPOLTI, I (BALLA, EVOLA, ALIMANDI, BENEDETTA). 2 aprile 2020.
12. ENRICO CRISPOLTI, II (COSTA, DIULGHEROFF, DOTTORI, FILLIA). 6 aprile 2020.
13. ENRICO CRISPOLTI, III (ORIANI, PANNAGGI, PRAMPOLINI, MINO ROSSO), 10 aprile 2020.
14. RAFFAELINO DE GRADA I (BOLDINI, ANDREOTTI). 22 giugno 2020.
15. RAFFAELINO DE GRADA II (BERNASCONI, CARPI, CARENA, FUNI). 6 luglio 2020.
16. ANTONIO DEL GUERCIO (MAZZACURATI, MENZIO, RICCI). 8 agosto 2020
17. TERESA FIORI (INNOCENTI). 1 settembre 2020.
18. CESARE GNUDI (FIORESI, PIZZIRANI, PROTTI). 2 ottobre 2020.
19. VIRGILIO GUZZI (MANCINI, CAVALLI, MONTANARINI, PIRANDELLO). 19 novembre 2020.
20. MARIO LEPORE (DEL BON, LILLONI). 21 dicembre 2020.
21. LICISCO MAGAGNATO (NARDI, PIGATO, FARINA, TRENTINI, ZAMBONI, BERALDINI, SEMEGHINI). 21 gennaio 2021.
22. CORRADO MALTESE (GERARDI). 4 marzo 2021.
23. FRANCO MANCINI (PANSINI, NOTTE, BRESCIANI, CRISCONIO, CIARDO, GATTO, VITI).  3 aprile 2021.
24. GIUSEPPE MARCHIORI, 1 (ROSSI, LICINI). 3 maggio 2021.
25. GIUSEPPE MARCHIORI, 2 (SEVERINI, SPAZZAPAN). 28 maggio 2021.
26. MICHELANGELO MASCIOTTA, 1 (LEGA, VENNA LANDSMANN, CALIGIANI, COLACICCHI). 7 giugno 2021.
27. MICHELANGELO MASCIOTTA, 2. (DE PISIS, PEYRON, LEVASTI, CAPOCCHINI). 18 giugno 2021.
28. GIAN LORENZO MELLINI. (VITTORINI, SALIETTI, SANI, DE JURCO, BUGIANI). 23 luglio 2021.
(Il numero 29 sarà prossimamente pubblicato).
30. ALESSANDRO PARRONCHI (CARLINI, MOSES LEVY). 14 settembre 2021
31. GIACINTO NUDI. (RAFFAELE CASTELLO). 16 agosto 2021.
32. GUIDO PEROCCO (CADORIN, MARTINI, MOGGIOLI, PELLIS), 1. 23 ottobre 2021
32bis. GUIDO PEROCCO (ZECCHIN, CAVAGLIERI, GARBARI, CAGNACCIO DI S. PIETRO), 2. 6 novembre 2021
33. AGNOLDOMENICO PICA (DEPERO, BOLAFFIO, MARTINI, SIRONI, D'ALBISOLA, GHIRINGHELLI, USELLINI). 16 dicembre 2021


Personaggio della critica militante, o meglio, di base a suo tempo molto considerato, Attilio Podestà (1903) nell'ambiente artistico attento alla diffusione mediatica si può considerare sia stato il critico più autorevole in Liguria. Oggi la memoria della sua persona è scomparsa, al punto che in Internet (a parte l'offerta di suoi libri divulgativi sulla Pittura del '600 e su la Pittura francese dell'800) praticamente non si trova neppure la data della sua morte. Altresì, non è stato possibile reperire una sua immagine fotografica. Però, quando sia nato lo si apprende grazie all'utile Dizionario degli storici, teorici e critici d'arte delle Arti Figurative (1800-1940) di Sergio (Samek) Lodovici. 

Podestà fu giornalista e cronista titolare del "Secolo XIX", quotidiano storico di Genova, degli inizi degli Anni Trenta fino alla ignora sua dipartita. Fu prima collaboratore, poi direttore della rivista "Emporium", di cui C.L.Ragghianti durante la guerra progettò una nuova serie con criteri originali. Essa non fu realizzata allora ma certamente quel progetto è alla base di "SeleArte" (1952-1960).

Di Podestà si riproducono la lettera del 21 giugno 1951 e, quindi, quella che Ragghianti gli inviò il 24 giugno 1962 a proposito del proprio libro Mondrian e l'arte del ventesimo secolo.

F.R. (6 dicembre 2021)

martedì 18 gennaio 2022

Guy de Maupassant.

Su suggerimento di mio padre, suffragato da Raffaele Monti che mi sollecitò ad anticiparne la lettura invece di altri libri di scrittori francesi (rimandare, ad es., Le rouge et le noir di Stendhal; La Chartreuse l'avevo già divorata) e sollecitato anche da Lara V. Masini, tra la fine del 1956 e l'anno successivo lessi praticamente tutta l'opera di Guy de Maupassant. Bel Ami l'ho riletto almeno un paio di volte (lo portai a Venezia come “livre de chevet” in occasione della prima proiezione del Michelangiolo di mio padre alla Mostra del Cinema al Lido); i racconti li ho riletti in parte negli anni Settanta quando acquistai i dodici volumi rilegati in pelle delle edizioni Bonnot.

Di Maupassant ne ho parlato spesso, non ho scritto alcunché, perché non solo mi sentivo inadeguato ma proprio non mi riusciva trovare il bandolo per esprimermi con un giudizio coerente e soddisfacente. Che fosse un grande della letteratura mondiale e i racconti quasi sempre capolavori ne ero più che convinto. Avvertivo, però, che per quanto rilevante, emozionante, duraturo fosse come autore, Maupassant non era del calibro dello zio Flaubert o monumento aere perennius come I promessi sposi di Alessandro Manzoni, tanto per far dei paragoni incontrovertibili.

Un paio di anni fa, in una delle lettura a sondaggio nel mare di carta stampata rappresentato dall'opera di Benedetto Croce, finalmente mi imbattei nell'interpretazione delle mie incertezze circa Guy de Maupassant. Il precedente saggio di Croce (in Poesia e non poesia, 3a edizione riveduta, 1942) fu una rivelazione che rispondeva in modo totale alle mie osservazioni inespresse. Tanto da considerare, dopo quella lettura, il mio pensiero in proposito coincidente con quello di don Benedetto. Ovviamente, quel giudizio è espresso con uno stile e con una chiarezza logica da parte mia irraggiungibili. Se non ci avessi nel tempo rimuginato, potrei dire che il testo di Benedetto Croce, imponendosi nella mia mente, ha plagiato un pensiero bloccato.

Ho deciso, così, di riproporre quelle pagine a cui seguono questo testo redazionale e altri contributi, perché tuttora esemplari, tali da esprimere in maniera sostitutiva oltre la mia adesione, punti di vista, informazioni e notizie interessanti e complementari.

Il saggio di Benedetto Croce fu pubblicato la prima volta su “Nuova Antologia”, il 16 febbraio 1920. Quindi nel 1990 fu riproposto nella stessa rivista (n.2174), preceduto da due pagine – presumo scritte da Giovanni Spadolini – qui riprodotte. Nella bella e rara rivista fondata e diretta dall'amico di famiglia Alfredo Parente, “Rivista di Studi Crociani” (1,1984) Giovanni Battista DeSanctis ha 

pubblicato un importante saggio su Croce e Maupassant, utilissimo anche sul piano filologico. Ripercorre, ovviamente, il rapporto che Croce intraprese con l'opera di Maupassant: “E ne compie il bilancio analitico, positivo”; “Era poeta, poeta nella sua prosa narrativa assai più che nel verso”; “così, senza pastoie imposte dalle mode letterarie scrive con la divina libertà che sa scegliere il naturale consonare o dirompere del periodo”.

Naturalmente la maggior parte della saggistica in giornali e riviste si compiace degli eccessi sessuali e di altri comportamenti, per così dire non conformisti o addirittura scandalistici. Colore ma non sostanza.

Fanno eccezione alcuni interventi di cui riproduciamo i tre seguenti. In tuttolibri (settembre 1993) – supplemento culturale de “La Stampa” di Torino – Ernesto Gaglieno, giornalista culturale allievo di Abbagnano (morto a 89 anni nel 2019), pubblicò il contributo di “nuove verità sul centenario” con dati e informazioni nei quali “si scava nella vita intima dell'autore”. Gabriella Bosco, allora neo laureata quindi prof. Associato all'Università di Torino, su la terza pagina de “La Stampa” del 16 gennaio 1996, relazione sulla pubblicazione in Francia della Correspondance di Maupassant con Flaubert, con osservazioni che non conoscevo. Dissento da quanto virgolettato nel sottotitolo apicale, dove si involgarisce un rapporto virile che Dante avrebbe spiegato in ben altri termini. Presumo, comunque, che si tratti di un inserto redazionale, come quasi sempre avviene nelle titolazioni di quotidiani e riviste.

Sul settimanale “Panorama” (12 agosto 1990) Giuseppe Scaraffia, brillante scrittore e professore ordinario a “La Sapienza” di Roma di Letteratura francese, ricorda l'infortunio giudiziario capitato a Guy de Maupassant, ancor giovane e scapestrato alquanto, difeso dal “maestro e padrino d'eccezione”, Gustave Flaubert. Il grande “zio” putativo di Carlo L. Ragghianti, accettato da me e gli altri familiari con reverenziale rispetto. Scaraffia, per dare al lettore l'opportunità di poter entrare nel merito della questione, fornisce anche il testo incriminato nella sua traduzione in italiano. L'incresciosa faccenda finì con un “non luogo a procedere”. Ciò mi ricorda che – non solo di questi tempi – si impostano e svolgono senza fondamento plausibile processi pretestuosi, talora intimidatori alla “cultura” laica.

Cinque anni prima della morte (1893) di Maupassant il romanziere, poeta, drammaturgo e critico letterario Henry Céard (1851-1924) delinea un ritratto letterario di Maupassant ne “La revue illustrée” (1 aprile 1888) in occasione della pubblicazione di Pierre et Jean: “ce roman récemment publié, et pour le quel on peut, sans exagération, prononcer le mot de chef-d'oeuvre”.

F.R. (31 agosto 2021)

giovedì 13 gennaio 2022

Pittura Francese del Quattrocento.

 Precedenti

1. Storia della pittura. Presentazione di Carlo L. Ragghianti: 17 aprile 2020

2. Storia della pittura. "Il Quattrocento Europeo” di Licia Ragghianti: 20 aprile 2020

3. La pittura spagnola del Quattrocento: 25 novembre 2021

4. Pittura dell'Europa settentrionale e orientale nel Quattrocento: 20 dicembre 2021.


Anche la ricostruzione rigorosa della pittura in Francia e territori immediatamente limitrofi (con l'esclusione di quelli di espressione figurativa decisamente fiamminga, che posteremo in seugito) risulta tuttora di notevole interesse cognitivo. E' anche esauriente per quel che riguarda gli argomenti specifici, come abbiamo scritto nel precedente post sulla pittura nell'Europa settentrionale e orientale. Sempre come ivi accennato, altri studi e contributi di Licia Collobi inerenti questo periodo della pittura francese verranno riproposti in seguito in forma antologica.

Nei prossimi mesi, intanto, posteremo quanto ancora manca alla riproposta integrale del volume – pubblicato nel 1985 – Storia della pittura europea del Quattrocento, interamente scritto dalla studiosa triestina (1914-1989), la quale è stata, assieme al coniuge Carlo L. Ragghianti, l'autrice dei testi di "SeleArte" (1952-1966). Ricordo, anche se è forse superfluo, che questa pubblicazione bimestrale fu fondamentale per la diffusione della conoscenza delle arti visive tramite testi di accessibile comprensione, corredati da ricchi apparati illustrativi, avvenuta – non solo in Italia – tra gli anni '50 e gli anni '80 del Novecento.

Per una migliore comprensione visiva delle opere d'arte, in cinque casi di questo post mi sono permesso di modificare (usando il medesimo formato della pagina del libro per illustrazioni e testo) l'impaginato originale.

Dovendo, infatti, riprodurre per motivi di leggibilità, pagina dopo pagina quelle pubblicate nel libro, nei casi sopra indicati alcuni dipinti venivano a trovarsi parte in una "schermata" del monitor, parte nella successiva. L'intervento di riunire le parti dei dipinti in una sola mmagine fa sì che la lettura del dipinto risulti ottimale. L'impaginatore del libro lavorava sulle pagine sinistra e destra affiancate e visibili contemporaneamente a apertura del volume. Questo effetto non è possibile con il programma elettronico che adoperiamo, salvo profonde alterazioni di formato di testi e di immagini. In un prossimo futuro cercheremo di intervenire con le stesse modifiche anche nelle precedenti puntate di questa riedizione dell'opera cartacea originale.

F.R. (5 dicembre 2021)

venerdì 7 gennaio 2022

I Proverbi del Triveneto.

Durante una ricerca, nel fascicolo n.14 della IV serie di "SeleArte” - quella “domestica”, concepita dopo la morte di Carlo L. Ragghianti (1987) per confortare il lutto di mia madre e rammentare a familiari e amici di ricordarne il pensiero e l'azione – ritrovo l'articolo Dei “Proverbi toscani” di Fortunato Bellonzi (vedasi il post del 22 maggio 2017).

Non ricordo il motivo per il quale decisi di proporre la lettura dei proverbi su l'amore, l'uomo, la donna e quella di due dotte e belle pagine dell'Introduzione di Fortunato Bellonzi. Molto probabilmente la decisione è collegata a qualche lettera o telefonata che dopo la morte della mamma (1989) avevo saltuariamente con Emilio Greco, molto amico di Fortunato Bellonzi (morto nel 1993), il quale negli ultimi anni, assieme alla sua compagna Marussia Manzella, fu presenza affettuosa con noi.

Rileggendo che secondo Alessandro Manzoni “i proverbi sono la sapienza del genere umano” e considerando, con le sapienti e sottili argomentazioni di Bellonzi, voglio però sottolineare che nella sostanza i proverbi sono quasi sempre gli stessi in tutti i dialetti-lingue italiani. E' nel dettaglio marginale che si assiste, spesso, a gustose e toccanti formulazioni frutto della “sapienza popolana”.

Perché, comunque, riproporre oggi dei Proverbi veneti? (editi nel 1966 da Aldo Martello editore, nella veste tipografica in seguito sostanzialmente ripresa da Giunti nel 1987 per i Proverbi toscani).

Per nostalgia. Sì, il malinconico rimpianto scaturito da ricordi lontani, irripetibili, legati a varie ma specifiche considerazioni, come in questo caso anzitutto ricordi materni.

Constatato, infatti, che il curatore G.A. Cibotto ha attinto anche da fonti friulane, triestine, trentine, italo istriane, cioè proprio dalla primaria lingua di mia madre Licia Collobi, tornata a Trieste – dov'era nata nel 1914, partita nel 15 per Klagenfurt dove suo padre perito dirigeva il Belt Magazin militare – nel novembre 1918 parlando triestino (utilizzato solo in casa con i suoi genitori) e tedesco. Constatato ciò, ho deciso di portare una silloge di questi motti in quella stupenda lingua-dialetto che la mamma ha sempre usato con i conterranei, di qualunque ceto fossero, sia triestini doc che friulani o profughi delle terre dopo la guerra tornate o coartate slave senza dominio asburgico o esuli (come le “siore” del ghetto detto dei “greci”, a 1 km da casa nostra o certe negozianti del Mercato centrale).

In prevalenza, però, mia madre colloquiava in triestino con Nora Levi (speaker di Radio Firenze) e con Silvia Pino Moravia (imprenditrice di tessuti di pregio, laureata in chimica, preside della Scuola alberghiera Aurelio Saffi di Firenze, soroptimist). Fatto, coincidenza curiosa: tutte e tre queste donne avevano frequentato a Trieste la stessa scuola elementare e la stessa classe con la signora Silvia. Poi “buso”: ventidue anni con la “zia” Nora prima della rinnovata amicizia nel 1946, tramite la zia consanguinea Erminietta Ragghianti assunta in Radio Firenze. Con Silvia Moravia, ventisei anni dopo, quando entrambe si riscoprirono grazie ai rispettivi primogeniti, Sergio ed io, compagni di classe in prima media.

Il mio rapporto con il triestino fu costantemente ricercato, perché quel suono armonico e la cadenza cantilenante mi affascinavano, colpendo forse corde ataviche. Assistevo, quindi, tutte le volte che potevo ai loro conversari, soprattutto quelli telefonici con Silvia Moravia, i quali erano sempre vivaci, molto interessanti, di alto interesse sociale e culturale oltre che di impronta decisa, intelligente ed equilibrata sui problemi e gli accadimenti generali e domestici, vari e complessi. A modo suo, fu anche per me una scuola di vita.

In proposito penso che una precisazione sia indispensabile riguardo a questo mio comportamento. Infatti, dopo l'infanzia singolarmente solitaria che ho vissuto e patito (vedasi il post Ricordi di un tre-quattrenne, agosto 1943-agosto 1944 del 13 aprile 2019) anche da ragazzo e da adolescente – piuttosto timido, ribelle, e “diverso” perché ateo in Gran Pretagna – spesso ero oppresso da solitudine malinconica. Uno dei modi, il preferito, per superare questa depressione consisteva nell'installarmi nello studio della  



mamma per leggere o per studiare, mentre lei continuava a lavorare ai suoi studi o a “SeleArte”, oppure telefonava, tanto, cioè le telefonavano principalmente la signora Silvia, Maria Luigia Guaita e le non molte altre amiche (Marghé Detti, Maria Francovich ecc.); ai fornitori di casa e di lavoro; la segreta zia Lara Vinca Masini; interlocutori del babbo gestiti in vece diplomatica. Penso che certamente mia madre fosse consapevole del mio disagio esistenziale. Se mi ha consentito questa consuetudine, lo ha fatto valutandola e gestendola consapevolmente come utile complemento alle attenzioni di affettuoso dovere che dedicava a ciascuno di noi. Era sempre una “festa” quando c'erano ospiti dal nord-est. Ne ricordo alcuni, i più assidui nella presenza (talora intensa in periodo circoscritto, talora vivamente diluita in periodi anche lunghi): Decio Gioseffi, Elena Bassi, Bepi Mazzariol, Neri Pozza e Lea Quaretti, il mese con ospite zia Maria Domazetovich Fasanella, Tono Zancanaro (vent'anni di assiduità amichevolmente familiare).

Altra “festa” per la mamma fu sempre l'andare a Venezia, ancor più a Udine con i tanti amici, a Trieste – naturalmente – dai parenti soprattutto, ma anche i Gioseffi, i Pozzetto.

Tra il nonno Alberto (Berto, Bertocci) Collobi – cognome autoscelto e unico invece di quello proposto dall'ufficio fascista preposto al cambio obbligatorio dei cognomi slavi – il dialogo era soltanto in triestino, però non era granché essendo di fatto padre e figlia persone antitetiche. Il nonno era venuto a stare a Firenze da Napoli nel 1953, quando neo pensionato Navalmeccanica rimase vedovo; dal 1954 al 1963, quando morì, rimase con noi a Villa La Costa. Festoso ed intenso, invece, il colloquio con la cara zia Rachele Genuzio (seconda moglie del nonno, che era a sua volta secondo marito). Il loro dialogo fu soprattutto per lettera, nel dopoguerra anche per telefono, di persona nei rari incontri fino alla sua morte per infarto a 49 anni nel 1953, seppellita dal nonno alla stessa età della prima moglie, la nonna Silvia, mai vista da noi nipoti e sopravvissuta alla memoria famigliare nel ricordo della figlia, indelebile, data la capacità mnemonica della mamma, morta 32 anni fa.

Dal libro a cura di G.A. Cibotto, giornalista e scrittore stimato da Geno Pampaloni e rispettato da Alfredo Righi, propongo alla lettura la sezione “Amore, donna, matrimonio” (pp.3-15); poi “Tavola, cibi, vini”, la sezione che avrebbe apprezzato il nonno, e perché argomento ricorrente con gli ospiti a pranzo o cena (pp.19-25). Riproduco anche le due paginette di “Gioventù e Vecchiaia” (pp.87,88) anche se mi pare che la giovinezza latiti. Concludo con la “Bibliografia” (pp.113-117), la quale ravviva la memoria di luoghi cari alla nostra famiglia e cari agli italiani che nell'Europa Unita vorrebbero ritrovare l'Istria e la Slovenia con le loro radici linguistiche venete della minoranza praticata in loco, pacificamente, fraternamente.

F.R. (24 agosto 2021)