Carlo e Licia

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domenica 28 ottobre 2018

Il 1948 dei critici d'arte - Il Convegno di Firenze, Atti (IV) - Sezioni 1C-1D

Post precedenti:
23 luglio 2018. n.1 - Preliminari e inaugurazione.
26 agosto 2018. n.2 - Sezione 1A. Indirizzi, metodi e problemi di critica d'arte.
25 settembre 2018. n.3 - Sezione 1B. Spazio, critica d'arte e critica architettonica. Discussione (Sezioni A e B).


giovedì 25 ottobre 2018

Medardo Rosso.

Gli scritti pubblicati da Carlo L. Ragghianti su Medardo Rosso ci risultano essere quattro. Naturalmente in altri studi viene citato o vengono fatte osservazioni su questo grande artista della seconda metà dell'Ottocento che in questa sede non siamo in grado di puntualizzare. Ciò perché la completezza di una ricerca siffatta richiede tempo ed energie di cui non disponiamo. Si tratta comunque di un lavoro non impegnativo e consueto per uno specisalista che voglia effettuare l'indagine.
Il primo intervento di C.L.R. in realtà consiste in tre colonne del saggio che egli dedica a Manzu' nel 1939 nell'ambito della sua prima analisi sull'opera giovanile dello scultore bergamasco (“La Critica d'Arte” a.V, n. 1, f. XXIII, pp. 108-109). Anche se la collocazione del discorso su Rosso avviene in ambito indiretto, la pertinenza è sostanziale.
Il saggio su “seleArte” (n.3, nov.-dic. 1952, pp. 35-40) risulta in bibliografia in collaborazione con Licia Collobi. A questo proposito va considerato quanto segnalato nel post su Georges de La Tour (vedi post 8 luglio 2018) e cioè che l'intervento della moglie è circoscritto ad aspetti puntuali giacché “quale ff. Direttrice della Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Palazzo Pitti... si interessò in quegli anni...
propendo a pensare che Licia abbia contribuito con qualche ricerca bibliografica e verifica delle fonti”. Al testo di “seleArte” seguono alcune fotografie di Medardo Rosso coeve a quelle che già illustrano lo scritto di Ragghianti.
Il terzo scritto rappresenta la recensione della mostra di Rosso alla Galleria Peridot di New York, pubblicato in origine su “seleArte” (n. 45, mar.-apr. 1950, pp. 20-21). A ciò si aggiunge, sempre su "seleArte" (n.66), la breve notizia che nel 1963 si è tenuta negli USA "la prima grande mostra americana dedicata allo scultore italiano" sempre nei locali del prestigioso MOMA di New York. E' stato stampato sul quotidiano torinese “La Stampa” (3 gennaio 1964, p. 3) col titolo redazionale Medardo Rosso e la fama di Rodin il quarto intervento di C.L.R. Sullo scultore. Lo riportiamo nella trascrizione che ne ha tratto Rosetta Ragghianti dal quotidiano, perché non era possibile ricavare dalla pubblicazione su Internet un testo leggibile.
Seguono una fotografia e il ritratto “caricaturale” dell'artista disegnato da Ardengo Soffici; quindi la fotografia di Rosso nell'atelier con a destra il bronzetto riprodotto nel 1883 ne “L'Illustrazione Italiana”. Si conclude con una rassegna di sculture (che provengono come le ill. precedenti dal nostro Archivio di Vicchio) del ventennio 1880-1900.
F.R. (23 giugno 2018)

martedì 23 ottobre 2018

domenica 21 ottobre 2018

Aldous Huxley - Tecnologia e arte della Domenica.

Fa un po' di malinconia dopo quasi settantanni che un testo didascalico risulti sostanzialmente valido. Ancor più sconfortante, però, è constatare la validità di una riflessione e di una analisi perché nel contempo sussiste la necessità educativa di fasce larghe e numerose dei cittadini. Distinguere tra versificazione e poesia, tra adoperare tecniche artistiche e opere d'arte è un basamento della cultura. Quindi inficiare anche solo un aspetto dei pilastri della civiltà, cioè la capacità di distinguere esteticamente, apre varchi incontrollati di regressione, di demagogia nel
nostro vivere quotidiano. Perciò in questa parte del mondo sempre minoritaria purtroppo, non oppressa da regimi tirannici quando addirittura totalitari, cioè l'Occidente euroamericano bisogna di nuovo difendere anche questi capisaldi culturali. Temo che sia lecito cominciare a pensare (e ad agire) che è in corso – con rapida espansione, almeno per il momento – e che va assolutamente contrastata una crisi profondissima di valori democratici e culturali assaliti da rigurgiti nazionalisti e razzisti, da volgarità violenta e primitiva.

giovedì 18 ottobre 2018

Resistenza in Romagna - Arnaldo Guerrini

Resistenza in Romagna.



Questa interessante lettera a Sergio Gnami rappresenta un esempio di autobiografia indiretta di C.L. Ragghianti, alla quale abbiamo fatto vari riferimenti nei nostri post e in “SeleArte” (IV serie). Perciò questo scritto è anche illuminante e importante per la ricostruzione biografica di una personalità complessa come quella di mio padre. E' altresì rilevante per i giudizi e le considerazioni politiche espressi con la tranquilla categoricità del pensiero maturato dopo riflessioni severe. Purtroppo il qui citato tempo per il quale “avremmo dovuto attendere un'altra occasione storica” per il rinnovamento tentato di costruire con la Resistenza ed impedito con “il ritorno alle vecchie formule politiche sotto l'equigoverno dei cattolici e dei comunisti”, il tempo – dicevo – non è questo. Questo auspicato, promesso, disatteso sempre, rinnovamento non penso proprio che sarà opera del governo “gialloverde”, sempre che invece non compicci disastri. Per il momento c'è da augurarsi soltanto che gli attuali eredi delle tradizioni cattolica e comunista vengano spazzati via una volta per tutte. Siamo certi, infatti, 
quali che siano i partiti “nuovi” prossimi venturi, che non potranno essere peggiori dei detti cattocomunisti, catastrofici per insipienza morale e politica (i cattolici e i rottamatori, soprattutto).

Arnaldo Guerrini.


Ragghianti nella precedente lettera a Sergio Gnami scrive: “ricordo di tanti compagni di lotta e di amici intemerati e coraggiosi che dopo il 1935 ho conosciuto e frequentato, a cominciare dal mio carissimo Arnaldo Guerrini”. Per curiosità allora ho acquistato il libro di Gnami, giacché l'originale di cui scrive C.L.R. si trova nella Biblioteca della Fondazione di Lucca. Alle pp. 115-131 – che rappresentano l'appendice che nel libro viene dedicata all'eroico martire antifascista romagnolo – constato una documentazione che voglio riportare per inquadrare degnamente il personaggio: sono carte ufficiali che attestano le tappe persecutorie del regime fascista, ancor oggi caro a una effettiva maggioranza di italiani. C'è anche la lettera che nel gennaio 1944 C.L.R. inviò a Guerrini, tratta da Una storia nel suo corso (pp.30 ssgg.). Aggiungo sempre da questo libro la notizia biografica (scritta da C.L.R.) di Arnaldo Guerrini, che mi scosse e commosse quando la lessi per la prima volta nel 1956 o '57. Se poi rifletto che con tanti uomini della levatura di Guerrini il fascismo nel 1922 riuscì a imporsi, mi sento male, scorato al pensiero che con le mezze – spesso corrotte – cartucce che ci rappresentano nelle istituzioni che cosa succederebbe oggi a fronte di un concreto tentativo di eversione: in mezza giornata chiunque si imporrebbe indisturbato. Solo l'Europa – per quanto sgangherata, ingiusta, inefficiente, tedesca di Germania – può impedire che uno scenario liberticida e violento si impadronisca di nuovo dell'Italia. Nel web esistono altre biografie di Arnaldo Guerrini: la più articolata e affidabile è quella del “Dizionario biografico Treccani”, con bibliografia esauriente; quella dell'ANPI, essenziale nei dati, ha i soliti difetti e settarismi di orientamento comunista.

F.R. (6 giugno 2018)

lunedì 15 ottobre 2018

La Strozzina, 1 - Atti e minicronaca 1948-1954.

Giorni fa mia nipote mi ha detto che abbiamo postato più di 200 articoli dall'inizio di questo blog (30 ottobre 2016). In un primo momento mi sono sentito male pensando alla mole enorme del materiale ancora da organizzare e riprodurre nonché al relativo lavoro di ricerca, di preparazione dei post, poi di scannerizzazione e impaginazione. Naturalmente la preoccupazione non deriva dal fare bensì dal “poterlo” fare, vuoi per motivi di salute, vuoi per lo scivolare inesorabile del tempo verso l'inevitabile. Poi per fortuna anziché la depressione senile è prevalsa una sorta di razionalizzazione dell'ineluttabile, ragion per cui ho cominciato a pensare come riuscire ad essere più efficaci ed efficienti, sempre che ciò sia possibile sic stantibus rebus. Tra tanti abbozzi di pensieri mi è venuto in mente che nei post del Blog e nei fascicoli di “SeleArte” IV serie, 1988-1999, è ricorso diverse volte il nome de “La Strozzina”, con accenni più o meno esaurienti circa la natura e l'attività di questo originale spazio espositivo ideato e promosso da Carlo L. Ragghianti nell'ambito delle più ampie attività dello Studio Italiano di Storia dell'Arte, anch'esso situato in Palazzo Strozzi a Firenze al secondo piano nel lato che affaccia su Via Tornabuoni. Verificando i materiali nel mio archivio ho riscontrato che avevo conservato buona parte degli originali o delle copie fino alla dismissione de “La Strozzina” 1971 e trattenuti in sede per una decina d'anni fino all'esaurimento italico di un ente senza attività e con personale (ridotto) nulla facente. Ragghianti fu estraneo a questo andazzo, naturalmente. Allora il segretario “perpetuo” Nino Lo Vullo li mandò alla Università Internazionale dell'Arte perché l'Azienda Autonoma di Turismo non volle recepire quasi niente di quell'archivio residuale. All'epoca ero disoccupato in seguito al tracollo più radicale del consueto stato di crisi della casa editrice Vallecchi che aveva coinvolto anche l'azienda “Sigla” di cui con l'amico e collega Adriano Gasparrini eravamo soci e dipendenti. Il contratto di sussidiarietà che ci consentiva di avere una base di sopravvivenza grazie alle realizzazioni editoriali che producevamo per Vallecchi cessando l'erogazione non ci consentì di continuare la nostra attività per certi versi abbastanza solida e soddisfacente. Le segretarie dell'Università dell'Arte, sopraffatte da queste carte inconsuete mi chiesero quale esperto di organizzare e smaltire il lascito che “La Strozzina” che invadeva il loggiato coperto di Villa Lemmi già Tornabuoni. Provvidi a separazioni e cernite preservando l'intera corrispondenza culturale superstite e gli atti ufficiali pensando di farli poi pervenire alla Fondazione che mio padre stava progettando a Lucca. Mollai quindi all'U.I.A. (che spazio ne aveva anche troppo) quasi tutti i pacchi di magazzino cataloghi e gli album documentari delle mostre e delle “Vetrine” che – sembra – fu in seguito ampiamente saccheggiato o svenduto. Rimasta la corposa ma discontinua documentazione amministrativa (fatture per allestimenti, rapporti con SIAE per ingressi alle mostre con biglietto a pagamento, ecc.), la sfogliai constatando che essa era stata (come per altro la corrispondenza) mutilata con l'asportazione dei francobolli e di molte firme prestigiose di artisti e personalità. La lasciai all'U.I.A. con la raccomandazione che fosse conservata con cura perché quel tipo di documenti col passare del tempo diventano sempre più importanti, qualche volta fondamentali. Spesso, infatti, possono rimanere le uniche testimonianze della attività avvenuta effettivamente in un Ente. Temo proprio che di ciò non rimanga molto, forse nulla, salvo le fotocopie o i pochi originali trattenuti, dopo averli fotocopiati per la conservazione con gli altri, perché ritenuti al momento utilizzabili per future indagini da parte di C.L.R. o mie. Questi residui sono comunque conservati nell'Archivio di Vicchio o in quello di Lucca recentemente ordinato con criteri professionali e disponibile alla pubblica consultazione, oltre ad avere immesso in rete l'elenco dei faldoni e il sommario del loro contenuto.  In conclusione adesso intendo qui documentare l'attività del primo quinquennio, il più “prolifico”, de “La Strozzina” con l'apposita pubblicazione voluta da mio padre. Utilizzo per questo l'opuscolo che fu pubblicato nel 1955, cioè il Rendiconto generale dell'attività svolta, che mi sembra esauriente. Penso 
comunque che valga la pena di riportare l'elenco che segue, non compreso nel Rendiconto e che si riferisce a “conversazioni critiche”, cioè a conferenze impegnative ed importanti, di cui purtroppo non esistono registrazioni (agli inizi degli anni Cinquanta al di fuori della Rai i registratori fonetici erano una rarità costosa) né altre documentazioni, nemmeno sotto forma di sommario. Essendo pubbliche manifestazioni è probabile esistano recensioni nei giornali di Firenze (“La Nazione”, “Il Nuovo Corriere”, “Il mattino”): impresa tutt'altro che semplice scovarli, ignorando persino le date degli avvenimenti. Forse qualche traccia può essere riscontrabile tra le carte degli illustri relatori. Non tra quelle di C.L. Ragghianti perché negli interventi oratori egli procedeva “a braccio”, con l'ausilio di una “scaletta” delle argomentazioni che intendeva esporre. Di questi appunti in Archivio a Lucca che ne sono un certo numero, ma non quella qui citata.
Quanto alle “conversazioni critiche” non elencate ma avvenute, ne ignoro il numero e i contenuti; alcune di esse, forse, possono essere individuate nelle carte degli oratori e da accenni indiretti o riferimenti nelle loro corrispondenze.



L'elenco cronologico delle “vetrine” consiste soltanto nel titolo essenziale, anche se il Catalogo – modesto di mole e di grafica, come allora s'usava – di molte di esse esiste (forse in Biblioteca Nazionale o al Vieusseux … ). Purtroppo a Lucca non credo ce ne sia una serie completa.
Non ricordo qui i collaboratori ordinari e straordinari non citati nella pubblicazione perché marginali oppure perché presenti negli anni successivi che circolarono in quelle stanze ospitali (com'era naturale per mio padre in generale e che accolsero dal 52 al 56 nel contiguo Studio Italiano di Storia dell'Arte anche la redazione di “SeleArte” col suo piuttosto fantomatico segretario P.C. Santini). Non ne parlo perché l'ho già fatto in qualche post, cosa che potrà avvenire di nuovo, o perché se taluni in seguito si vergognarono (come ad es. “il Ventilatore” © Alfredo Righi – poi “alto” dirigente mondadoriano) di aver collaborato con Carlo L. Ragghianti è miglior cosa ripagarli con la moneta dell'oblio.
F.R. (23 giugno 2018)

venerdì 12 ottobre 2018

Letture non professionali di Licia Collobi - Damon Runyon.


Alfred Damon Runyon (1880-1946) è stato un giornalista di cronaca, divenuto celebre negli Stati Uniti per il suo umorismo e la chiave molto personale e avvincente con cui riferiva gli avvenimenti. Successivamente divenne sceneggiatore e scrittore satirico, brillante e gergale con una decisa connotazione spiritosa ed originale. Dei suoi numerosi racconti di difficile traslazione e di conseguenza poco noti in Italia prima e dopo la guerra – e tuttora ignorati – in Archivio ho scovato questo Sapersi spogliare, racconto che riprendo da “L'Europeo” – fondato e diretto da Arrigo Benedetti, un lucchese amico e conterraneo di C.L. Ragghianti – pubblicato l'11 agosto 1946, quattro mesi prima della morte dello scrittore.
Questo raro racconto lo voglio dedicare al ricordo – che temo d'avere ancora soltanto io, se non altro per ragioni anagrafiche – della spensierata allegria che la lettura di Damon Runyon suscitava in nostra madre Licia. Questa sua gradevole scoperta letteraria era anche la conseguenza, per quel che posso ricordare, della lunga frequentazione di quel lazzerone (politicamente parlando) di Wodehouse, di Jerome K. Jerome e altri scrittori prevalentemente anglosassoni. Anche di questi autori la mamma ci fece ampie letture e resoconti riassuntivi e, siccome erano tradotti nella nostra bella lingua, almeno a Rosetta e a me – più tardi ad Anna – attaccò il virus della loro lettura (e qualche volta nel tempo rilettura).


Nei primi anni dopo la guerra, ed anche saltuariamente dopo, quando a Rosetta e a me si unì il comprendonio del terzo fratello (n. 1946) la mamma ci intratteneva qualche volta per divertirci – e tenerci uniti e calmi al contempo – con racconti parafrasati delle storie amene scritte da Damon Runyon. Naturalmente lei aveva letto nella lingua originale queste short stories, rigorosamente intrise di slang americano, nelle edizioni disponibili nella benemerita Biblioteca circolante del Gabinetto Vieusseux, allora ancora al pian terreno e nelle cantine di Palazzo Strozzi. Poi ce li adattava con molta inventiva – pensandoci ora – ad una lingua o italiantriestina o “firenziggiante” del Goldoni in veneziano, che conosceva a menadito fin dall'infanzia, con effetti degni del successivo Grammelot di Dario Fo. Me ne resi conto quando più tardi (c.1960) di questo scrittore lessi in italiano Bulli e pupe, praticamente l'unico suo libro tradotto in italiano soltanto nel 1956 da Longanesi, sulla scia del clamoroso successo dell'omonimo film diretto da Joseph Mankiewicz e interpretato da Marlon Brando, Joan Simmons e Frank Sinatra. Allora noi eravamo grandicelli: io ero in quinta ginnasio e odiavo Marlon Brando perché le mie compagne di classe idolatravano quella specie di bodda in fieri.
Perciò non vidi il film e il libro nella mia bulimia lettoriale francamente veniva ben dopo i Miserabili, Guerra e Pace e gli altri classici che divoravo. La mamma poi allora palesava altre letture predilette riposanti, dai giallo-neri della Série Noire di Gallimard (interesse in comune con C.L.R. e con Roberto Longhi o Anna Banti o entrambi), ai gialli Longanesi, Garzanti e Mondadori, al proto femminismo (con qualche partecipazione quello di Simone De Beauvfoir, mentre detestava Mary McCarthy, che aveva conosciuto di persona), a Tobino e altri amici di famiglia scrittori talvolta prolifici, i suoi poeti rivisitati e nuovi (vedere post dell'8 maggio 2017) o quant'altro riusciva a inglobare nella sua memoria piuttosto eccezionale alle altre letture – accurate – professionali per i suoi studi specialistici e i saggi e le recensioni per “SeleArte”. La televisione non l'avevamo per scelta genitoriale e fu adottata soltanto nel 1964 (dopo l'omicidio di J.F.K.), quando con la scusa della piccola Anna (n.1956) che si sentiva emarginata dai coetanei e delle Olimpiadi di Tokyo che “interessavano i ragazzi”, il “cinema” in casa fu accettato e accolto.
F.R. (3 settembre 2018)

sabato 6 ottobre 2018

Novità su Carlo Piaggia

Dopo aver licenziato l'ultimo post comprendente gli scritti di “Arte nera africana” dei coniugi Ragghianti, vedo su "FCRL Magazine” n.11, 2017 – rivista della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca – la promozione del libro Carlo Piaggia e le sue esplorazioni africane (vol.I). Penso che sia opportuno pubblicizzare questo libro anche su questo blog, data l'aderenza ad una parte del contenuto di questa serie di post. Perciò riportiamo di questa impegnativa impresa editoriale la copertina e il testo redazionale dell'editore perché illustrano chiaramente l'importanza di una pubblicazione, la quale diviene anche di una certa attualità a causa dei tormentati odierni rapporti italiani ed europei anche con quella parte dell'Africa a suo tempo indagata da Piaggia.
Vedendo che a questo libro ha partecipato come autore anche Giorgio Tori, archivista e storico, colgo l'occasione di ricordare che fino a 
qualche mese fa egli è stato apprezzato, equilibrato Presidente del Consiglio di Amministrazione della Fondazione Centro Studi Carlo Ludovico e Licia Ragghianti di Lucca. Ci si presenta anche l'opportunità per ringraziare Giorgio Tori a nome di Rosetta, Anna e Francesco Ragghianti e di complimentarci per il suo operato nei confronti della Fondazione, della sua gentilezza verso Rosetta Ragghianti che ha voluto confermare come Vice presidente, e per ultimo ma non meno importante, per la stima sempre manifestata nei riguardi di Carlo L. Ragghianti. Fatto tra l'altro attestato dalla lontana e giovanile adesione di Giorgio Tori (“Vice archivista di Stato, Lucca”) all'Appello promosso da C.L. Ragghianti per la salvaguardia del Patrimonio artistico e storico italiano, pubblicato nel 3° elenco di “Critica d'Arte”, n.96 (giugno 1968).
F.R. (10 settembre 2018)


mercoledì 3 ottobre 2018

Arte dell'Africa nera, 4 (1980-1987).

Licia Collobi Ragghianti

Anche in questo lasso di tempo il contributo di Licia Collobi alla “Critica d'Arte/SeleArte” per l'arte in Africa fu modesto. Nel fascicolo n.172-174, lug.-dic. 1980, a p. 240 da un rendiconto della Guida del Museo di Montreal (Canada) dove tra l'altro cita (riprodotta) una 


scultura Dogon del sec. XIX. Il fascicolo n.2 della serie editore Panini (lug.-sett. 1984, p.84) recenscisce la importante mostra Arte dell'antica Africa tenuta a Monaco di Baviera. (Erroneamente questo breve articolo nella Bibliografia degli scritti è attribuito a Carlo L. Ragghianti).

lunedì 1 ottobre 2018

G.B. Cavalcaselle (2). Pubblicazione dei "Taccuini della Marciana".

Un caso di malcostume burocratico e accademico



Nel precedente post su G.B. Cavalcaselle (3 settembre 2018) nel finale riportavo quanto comunicato da Antonino Caleca nel 1999 al “Convegno Internazionale Cavalcaselle conoscitore e conservatore (28/29 nov. 1997, Legnago e Verona)” circa l'anticipazione al 1937/38 dell'interesse per la comprensione e l'apprezzamento da parte di C.L. Ragghianti. Non ne sapevo niente allora e oggi ben poco. Ho trovato (e riproduco) in Archivio un foglio che reca a matita la mia notazione “attorno al 1940?” riferentesi ad un progetto per l'edizione delle opere del Cavalcaselle. Nulla vieta di anticipare questa data, assegnata su elementi quali tipo di carta e di caratteri della macchina da scrivere al 1937 o al 1938.
Sempre in Archivio scovai un Post Scriptum in calce ad una comunicazione amministrativa della Mostra “Lorenzo il Magnifico e le arti” datata 29 ottobre 1949 che trascrivo: “P.S. - E' stato qui ieri il Direttore della Marciana che nuovamente la esorta all'invio degli appunti del Cavalcaselle già prestati per la Mostra Fiamminga e Olandese” (tenutasi l'anno precedente). Ciò dimostra che nel frattempo mio padre stava studiando e facendo fotografare almeno parte di questi originali. Riproduco anche la lettera di ricevimento della restituzione dei Taccuini di viaggio del Cavalcaselle, datata 16 aprile 1953; e, sottostante, la lettera datata 29 settembre 1954 nella quale C.L.R., quale Direttore dell'Istituto di Storia dell'Arte dell'Università di Pisa, chiede alla Biblioteca Marciana di Venezia che siano fotografati (“a spese dell'Istituto”) per la fototeca 400 fogli per documentazione e delega a gestire l'operazione Giuseppe Mazzariol, Direttore della Biblioteca Querini Stampalia sempre di Venezia. Evidente resistenza burocratica che coinvolge il Ministero (si veda la lettera dal Ministero alla Marciana in data 23 novembre 1954). Ragghianti reagisce scrivendo il 3 novembre 1954 alla Direttrice della Marciana in tono piuttosto sostenuto e seccato. 
Ulteriore argine burocratico nella lettera di risposta del 6 dicembre 1954, riprodotta come la precedente (allora le Poste Italiane funzionavano!). Certamente ci sono altre lettere dilatorie, che non mi sembra possano interessare un granché. La questione è comunque riassunta e spiegata nei termini reali nelle due lettere che concludono il resoconto di questa vicenda: quella al dr. Ferrari (28 gennaio 1970) e quella al collega, e un tempo anche molto amico, Rodolfo Pallucchini (18 luglio 1973). Per gli altri aspetti della vicenda, soprattutto riguardanti lo studio e la pubblicazione dei Taccuini si può consultare la corrispondenza dell'anno 1954 e forse del successivo '55 tra C.L.R. e rispettivamente Giuseppe Mazzariol e l'editore Neri Pozza. Il numero del 2 agosto 1955 de “Il Mondo” il prestigioso settimanale romano diretto da Mario Pannunzio, riporta due trafiletti che riguardano Ragghianti. Il secondo dà notizia che anche quell'anno si è svolta, sotto la direzione di C.L.R., un Seminario di Storia dell'Arte destinato a venti laureati italiani e a cinque studiosi stranieri. Il primo riguarda i “quadernetti” del Cavalcaselle conservati alla Marciana che trascrivo, giacché il ritaglio dell'Eco della Stampa risulta illeggibile in riproduzione a causa degli interventi a matita rossa e blu dell'impiegato di quel servizio.
“I Quadernetti del Cavalcaselle conservati alla Marciana di Venezia saranno pubblicati a cura di C. L. Ragghianti nella “Nuova Biblioteca di Cultura” dell'editore Neri Pozza. Sono gli appunti presi dal grande storico della pittura italiana durante i suoi viaggi di studio, quando l'uso della fotografia era ignoto o pochissimo praticato dagli storici dell'arte. Per rammentare le opere, ma soprattutto lo stile degli artisti, il Cavalcaselle si aiutava per mezzo di note e di schizzi, che sono come il materiale informe della grande Storia della Pittura scritta in collaborazione col Crowe.”

F.R. (25 luglio 2018)