Carlo e Licia

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lunedì 23 aprile 2018

[glossario] Forma e Funzione



A proposito di questo scritto (originariamente in "SeleArte", n.2, 1952, p.2) di carattere anche "pedagogico", ricordo che Carlo L. Ragghianti in Industria e arte, sempre dal 1952 e pubblicato ne Il pungolo
dell'arte (pp. 189-204) edito da Pozza nel 1956 alle pp. 197-198 ricorda ed estende l'esemplificazione di questo binomio concettuale: 
Nel 1984 nel volume Arte essere vivente (Edizioni Pananti, Firenze) C.L.R. torna sull'argomento “forma e funzione” nell'intervento Oggetti e funzioni, concludendolo: “...è la forma espressiva che singolarizza col restante contenuto anche la declinazione delle figure”. Non riportiamo qui questo testo perché ci riserviamo di postarlo in un gruppo di
scritti dove da parte dell'autore si tratta principalmente di dimostrare “il mio concetto e criterio che il linguaggio visivo ha sostituito la formulazione discorsiva (basti ricordare Leonardo), linguaggio che peraltro io identifico con l'immagine simbolica”.
F.R.

venerdì 20 aprile 2018

Storia di Palmira (Siria)

Giustifico la pubblicazione di questo post adesso per due motivi: il primo, dovuto al casuale reincontro con un libro, è di carattere prevalentemente personale; il secondo consegue ad un input doveroso, cioè con questa rievocazione si vuole richiamare l'attenzione sull' “oscuro”, generalizzato ed osceno massacro di essere umani, case ed anche monumenti alcuni dei quali fondamentali reliquie della storia dell'umanità che sta avvenendo in Medio Oriente.
Il bel volume ben stampato Les Ruines de Palmyre di Albert Champdor, con dedica autografa dell'autore, è tuttora trattenuto qui in casa perché a suo tempo restò tra quelli che mia madre conservava per sé nello scaffale a fianco della scrivania e successivamente da me conservato con l'intento di farlo infine pervenire alla Fondazione di Lucca. Si tratta, in effetti, di uno dei pochi libri non doppioni rimasti con noi per qualche particolare ragione di studio o affettiva. In questo caso non so di preciso perché Licia lo tenesse tra i suoi, so perché io l'ho poi trattenuto: quando frequentavo il Ginnasio al Galileo e si studiava la storia antica questa città carovaniera (anticipatrice nella mia fantasia del Caravanserraglio di Lahore dell'imperituro Kim di Kipling) compariva forse citata nel manuale di storia – Olobardi e Spini –, di certo ne parlò la prof. di lettere Giovanna Salvini – cugina di Roberto storico dell'arte e assidua lettrice dello storico Pirenne –, detta “Batrace” per l'aspetto del volto e del corpo, comunque ottima persona e insegnate dedita, preparata, diligente e indulgente. Al contempo a casa la mamma parlava con un certo calore della prodigiosa fioritura della città all'epoca della Regina Zenobia e di quanto la rallegrasse il libro che stava studiando per recensirlo. Ascoltandola mi ero incuriosito fino a esaminare con attenzione il volume. (Per inciso: in quel periodo Licia Collobi tenne per qualche tempo – comprato da Caldini, non preso in prestito al Vieusseux – sul comodino da notte Le deuxieme sexe di Simone de Beauvoir.
Lo ricordo perché notai il libro quando le facevo compagnia perché allettata da una delle sue innumerevoli bronchiti e perché rimasi assai imbarazzato e meravigliatissimo, dato il titolo inconsueto; però verificai subito scoprendo che avevo una madre proto-femminista, che era al di là delle generiche affermazioni di una signora colta dell'epoca, che aveva una preparazione e un'informazione filosofica. Licia fu anche attiva partecipe alle iniziali battaglie radicali sui diritti – divorzio e aborto compresi –, pur detestando il Pannella. Ma questa è un'altra vicenda).
Indicato in entrambe le bibliografie che riguardano i coniugi Ragghianti come scritto in collaborazione, questo testo credo sia prevalentemente dovuto alla penna di Licia non solo per quanto sopra accennato ma anche per l'andamento letterario. Propenderei, insomma, nel circoscrivere l'intervento di C.L.R. a qualche connotazione distintiva e correttiva dell'a. del libro o di carattere interpretativo delle opere d'arte. Comunque questa premessa risulterebbe forse meno significativa e consistente se non fosse correlata al 30 da me ricevuto all'esame di Storia Romana (Giovanni Carratelli Pugliese, noioso come la pioggia, e Giovanni Ferrara, entusiasta, esuberante, cordiale), ottenuto proprio perché nella preparazione studiai la recensione su “SeleArte” e lessi nel libro le pagine più pertinenti al corso monografico del cattedratico. Aneddoticamente mi fa piacere ricordare che mentre dopo la prova mi intrattenevo con Giovanni Ferrara (cugino del Balena) di storia, di politica – lui repubblicano, io socialista – e dell'aspettativa per l'elezione del successore di Papa Giovanni XXIII, all'unisono improvvisamente si scatenarono tutte le campane di Firenze (quella della vicina Chiesta di S.Marco sembravano rintoccare nella stanza) annunziando l'elezione di G.B.Montini, che fu Paolo VI (21 giugno 1963. Attenzione su Internet! La terza voce in sequenza me lo ha dato eletto nel 1958!).

Sciaguratamente la cinica “mattanza” tra Siria, Iraq, Libano e porzioni di altri paesi confinanti scatenata dagli ignobili integralisti, che è sembrato potesse terminare con la loro sconfitta, è ripresa con palesi e pesanti ingerenze di “potenze” pure estranee alla regione, per concreti inconfessabili interessi imperialistici. La Siria, specialmente coinvolta e sconvolta, sembra oggi una ricostruzione hollywoodiana per film apocalittici, quando non appare come un deserto lunare flagellato dalle meteoriti. Palmira, una delle meraviglie del residuale patrimonio ricordo di grandi civiltà umane, in particolare è praticamente – davvero – rasa al suolo.
La dignità di essere umano è intus et in cute vilipesa, profanata dai fatti e la acquiescenza della politica globalmente è stata vile, non ha riscattato la specie perché non c'è stata “resistenza” etica. Nel minuscolo sento perlomeno doveroso ricordare l'archeologo Khaled al-Asaad, il cui sacrificio viene emblematizzato ma non redime certo i responsabili ma neanche “noi” incapaci di reagire. Bisogna comunque rendere omaggio ad un uomo ordinario, eroe suo malgrado, che ci costringe a ricordare come e perché in certe circostanze bisogna travalicare se stessi. Da noi in occidente, oggi si è ormai persa la memoria di analoghi uomini normali, a volte oscuri e umili, divenuti valorosi, a volte epici, servitori di ideali di cultura e civiltà. Non si rammentano più, per fare un esempio pertinente per affinità tematica, tutti coloro, di ogni grado di responsabilità dal direttore all'usciere e al bidello sia donne – ovviamente – che uomini, che hanno contribuito al salvataggio delle opere d'arte durante la guerra. Certo solidarmente (perché questa è la “fraternité” degli immortali princìpi della

Rivoluzione francese) a proteggere e a salvare i patrimoni artistici e culturali in Italia, in Francia, nell'Europa intera durante il secondo conflitto mondiale. (Salvo quei personaggi ambigui sovente sedicenti protagonisti, dediti al profitto personale tra mitomania ed esibizionismo; salvo insomma i “generali Della Rovere” che non si sono riscattati). E' sconvolgente, infine, che i contributi riportati nel nostro blog fin qui riferibili all'Asia minore e all'Afghanistan lamentino distruzioni più o meno totali delle opere d'arte e dei monumenti colà conservati e che hanno resistito per decine di secoli al cupio dissolvi umano, nonostante tante loro guerre e sciagure. E' sconfortante constatare l'ottusa inerzia, l'indifferenza spontanea o indotta di coloro che dovrebbero soprassiedere a proteggere anche le nostre radici, cioè le vestigia storiche e culturali dell'Umanità.
Non illustro in questa occasione le devastanti distruzioni di Palmira e di tutto il Medio Oriente asiatico fino ai confini dell'India e della Cina. Queste immagini sconsolanti, tremende (e umilianti!) sono facilmente accessibili su Internet e diffusamente illustrate anche con buone (belle non mi sento proprio di dirlo) immagini e documentazioni, anche dettagliate. Per concludere, sempre da “SeleArte” (n.20, sett.-ott. 1955,pp.61-63) rintraccio e riprendo l'intervento di Carlo L. Ragghianti a proposito di “Rapporto redatto dalla commissione inviata in Siria dall'UNESCO nel 1953 con l'incarico di studiare i problemi della conservazione e della messa in valore dei luoghi e dei monumenti” (Parigi 1953). Si tratta di una “fotografia”, che comprende anche Palmira, che deve far riflettere sul grado di barbarie nel quale stiamo precipitando.
F.R., (23 febbraio 2018)

martedì 17 aprile 2018

Urbanistica, 2 (Detti e Ragghianti)

A seguito della pagina “didattica” (postata il 24 novembre 2017), mi pare più che opportuno necessario ridare disponibile presenza a due scritti sull'argomento. Il primo è il saggio Urbanistica di Edoardo Detti (1913-1984). Ricordo con divertimento la sodale partecipazione di mio padre e di Eugenio Luporini con contributi preparatori, cioè di dati e problemi resi necessari nell'ambito della fase preparatoria stante la “leggendaria” riluttanza di “Daddo” Detti a concludere i propri scritti e renderli idonei per la pubblicazione. Sia chiaro non si è trattato di interventi correttivi o sostitutivi di quelli dell'autore. Finalmente lo studio fu pubblicato in “SeleArte” (n.6, mag.-giu. 1953). Il secondo saggio che riproduciamo è di Carlo L. Ragghianti che nel 1941 su “Casabella-Costruzioni” (n.166, pp.2-5) e in seguito nel proprio libro Commenti di critica d'arte (Laterza, Bari 1946, pp. 307-322) pubblicò queste sue fondamentali riflessioni, che sono anche alla base della formazione di Detti. Lo studio di R. è stato anche ripubblicato nel volume antologico dei suoi scritti di architettura e di Urbanistica Per mio conto e fuori dalle convenzioni scientifiche. C.L.R., scritti sull'architettura del XX secolo, egregiamente curato da Valentina La Salvia, la quale sottolinea che:
“...Carlo Ludovico Ragghianti formula su “Casabella”, e intorno a “Casabella”, riflessioni e giudizi di revisione 
sull'architettura del XX secolo: il linguaggio artistico, gli architetti, i critici, l'architettura di regime, l'urbanistica moderna nelle città storiche e le problematiche post-belliche. Questi gli argomenti che egli affronta all'interno di un reale e allo stesso tempo immaginario dialogo con Edoardo Persico, Giuseppe Pagano e Bruno Zevi”.
Proprio da questo libro, edito dalla Fondazione Ragghianti, Lucca 2015, riprendiamo la veste grafica della nostra riproduzione (pp. 46-52). Dato che mi rendo conto che per eventuali giovani lettori di questo post, soprattutto se studenti o da non molto laureati, questi importanti scritti “datati” potrebbero sembrare incogrui o superati in relazione alla complessità e ai modi di affrontare l'intervento nella città (urbanistica), sia da parte dei successivi studiosi, sia considerando legislazioni e quant'altro dei vari stati, voglio ricordare che – non solo crocianamente – bisogna storicizzare. Occorre, cioè, contestualizzare cronologicamente le fonti – talora anche concettuali – che superficialmente possono o potrebbero risentire rispettivamente di 77 anni e di 65 anni di svolgimento di filologia (tanta) e di metodologia (mica tanta).
F.R. (28 febbraio 2018)

domenica 15 aprile 2018

L'Arte Moderna in Italia, 1915/1935, 5 - LUIGI BARTOLINI


Post precedenti:
1. 30 dicembre 2017
Presentazione di Carlo L. Ragghianti.
Criteri del Catalogo, Bibliografia generale. Comitato d'onore; Comitato esecutivo; Comitato tecnico; Comitato di consulenza nazionale; Consiglio A.T.T. di Firenze; Consiglio de “La Strozzina”;  organizzatori percorso museografico; segreterie; fornitori dell'esposizione.
2. 31 dicembre 2017
Criteri assegnazione schede critiche; criteri per la consultazione del Catalogo e quelli distintivi di questa rievocazione.
Artisti: ALCIATI, Nino BARTOLETTI, Pasquarosa BARTOLETTI, BIASI, BONZAGNI, BOSIA, BUCCI, CHECCHI, COSTETTI, FERRO.
3. 28 febbraio 2018
Artisti: GALIZZI, GEMITO, GRAZIOSI, Piero MARUSSIG, OPPI, PENAGINI, PRENCIPE, SPADINI, WILDT.
4.
Artisti: BACCI, DUDREVILLE, GOLA, MAGRI, PARESCE, RAMBELLI, BARTOLI NATINGUERRA, GUIDI.


Nella ordinaria cronologia della scheda del Catalogo Arte Moderna in Italia, 1915-1935, Luigi Bartolini avrebbe dovuto essere inserito nell'ottavo posto della precedente serie n.4 e concluderla. Però, data la mole dei documenti (in parte inediti) che ho ritenuto indispensabile postare su di lui, ho giocoforza deciso di pubblicare a sé stante la scheda di Carlo L. Ragghianti e i suoi corollari. Beh, sulla sua personalità è tutto uno scrivere “ribelle”, “non conformista” e poi qualche allusione non velata a problemi mentali, mentre io definirei il suo carattere una forma accentuata di quella ambivalenza temperamentale che si riscontra spesso negli artisti e comunque in una parte, se non maggioritaria, rilevante dell'umanità. 
Insomma, per dirla con le anziane puntigliose signorine testimoni in E' arrivata la felicità di Frank Capra, era “picchiatello”. E' stato tutto sommato un uomo ed un artista che si permetteva di affermare con tranquilla spavalderia “Ed io dico che l'arte moderna rimanga ostica a tanti giulebbe, a tanti imbecilli: essa è più grande di quella antica” (Ragionamenti sopra le acqueforti di Fattori, in “Letteratura”, diretta da Alessandro Bonsanti, nell'aprile 1937). Però non credo che avrebbe considerato arte quella prodotta da tanti operatori di oggettistica, più o meno rutilante, che affliggono i nostri occhi dalla fine del secolo scorso. Tanto per non far nomi ne faccio uno emblematico: Jeff Koons.

martedì 10 aprile 2018

Divorzio e Costituzione, 1974

"Caro Collega, ho letto su “La Nazione” del 22 gennaio a p. 4 “la sentenza sul divorzio ha dissipato ogni equivoco”: a tale sua dichiarazione il Presidente della Corte Costituzionale Bonifacio ha aggiunto la seguente:”il popolo sa che la legge sul divorzio non viola la Costituzione”. In proposito, molte persone hanno posto questa domanda: ma è ammissibile votare contro una legge dello stato regolarmente approvata dai rappresentanti del popolo e ripetutamente dichiarata dalla Corte Costituzionale legittima e conforme alla Costituzione? Se lo Stato consiste nelle leggi che lo reggono, votare contro una legge costituzionale non è votare contro lo Stato, cioè contro questo Stato, e per un altro Stato diversamente ordinato? In altri termini, poiché alle leggi dello Stato si chiede obbedienza da parte di tutti i cittadini, in caso di abrogazione di una legge costituzionale e di una sostituzione con una legge opposta, e se tale quindi anticostituzionale, i cittadini leali alla Costituzione saranno costretti ad obbedire? Non è indifferente sapere che la revoca di una legge conforme alla Costituzione mette inevitabilmente in crisi lo Stato secondo la Costituzione. Non è indifferente il diritto dei cittadini di non approvare una legge contraria alla Costituzione, in qualunque forma fosse imposta. Il referendum abrogativo ammesso dall'art. 75 della Costituzione è stato introdotto come strumento per annullare leggi dello Stato che sono con certezza costituzionali? Il referendum può confermare un istituto civile come il divorzio, che essendo facoltativo tutela i diritti di tutti, mentre l'indissolubilità del matrimonio per legge è una sopraffazione dei diritti inviolabili dell'uomo, anche se fosse imposta da una maggioranza. Non si tratta quindi solo della semplice opportunità (come ha asserito il Presidente Bonifacio) di introdurre o meno il divorzio nel nostro ordinamento, quasiché divorzio e indissolubilità fossero al più equivalenti e non invece, il primo conforme alla Costituzione, la seconda no. Si tratta anche di prospettarsi o di prevedere quali conseguenze aprirà lo stabilire che si può votare contro una legge dello Stato conforme alla Costituzione. Ritenendo che non troverà manifestamente infondate queste considerazioni, Le sarò grato, anche a nome della persona di cui ho parlato, di rispondere ai quesiti posti, e mi abbia ..."

Questa lettera si riferisce al referendum sul divorzio chiesto dalla Democrazia Cristiana e caudatari di destra per abolire la Legge 898 del 1970 (“Disciplina dei casi di scioglimento di matrimonio”). Essa è genericamente datata 1974 in alto a destra; è manoscritta con inchiostro nero su carta a righe. Diversa da altre minute di Ragghianti, fa pensare ad una prima stesura (di cui non conosco la versione definitiva), scritta di getto o ad una bozza non spedita. E' comunque inedita. (Questo manoscritto viene riprodotto in calce al post).
Rappresenta anche un interessante documento che attesta e conferma la costante attenzione alla Costituzione italiana, alla sua applicazione (come sarà esplicito nella Traversata di un trentennio, 1978) e alle procedure giuridiche, retaggio del precoce interesse per l'avvocatura stimolato dal padre Francesco – fervido ammiratore di Francesco Carrara celebre giurista lucchese del XIX secolo – . Da questo stimolo infantile deriva l'attenzione, lo studio e la riflessione giuridica sempre presenti in C.L.Ragghianti, come essenziale capacità per potersi districare nel mondo della prassi e della politica. La conoscenza del diritto, con le sue implicazioni, fu difatti il basilare pilastro delle innumeri iniziative culturali e non di Ragghianti. Tant'è che si può affermare che insuccessi o cessazioni di suoi progetti derivarono da imprevedibili elementi esterni, concomitanze ostili e avversità non sempre palesi o ragionevolmente immaginabili. Si può altresì affermare che ciò non avvenne per falle o errori inerenti l'impalcatura giuridica.
In mancanza di altri collegamenti, non è dato individuare chi fosse il “collega” a cui è indirizzata la lettera, quasi certamente un giurista. Azzardare qualche nome sarebbe abusivo, dato che dal dopoguerra a quegli anni, e dopo, C.L.R. aveva avuto occasione di conoscere personalmente gran parte di quella

che allora si chiamava “classe dirigente”, la quale ovviamente comprendeva gli avvocati di rilievo, i magistrati impegnati, i docenti universitari di giurisprudenza.
Quanto al divorzio, suscitatore di accesissimi dibattiti e di un'opposizione cattolica esasperata e frontale, mi piace ricordare per inciso che Ragghianti ebbe rapporti politici e personali con Loris Fortuna, il portabandiera di questa legge tanto attesa dalla società civile, cosa che avvenne anche con Vittorio Marangone, anch'egli deputato socialista friulano. Cosicché per le elezioni politiche del 1968 a C.L.R. fu offerto in Friuli un collegio sicuro per il P.S.I al Senato. Però lo studioso declinò l'offerta per non trascurare i propri impegni culturali e soprattutto – anche se espresso con 'diplomazia' – per il convincimento ben radicato della scarsa, se non nulla, utilità di promuovere e “proteggere” la cultura, le arti, l'ambiente da una sede politica già chiaramente degradata.
Ragghianti espresse poi apertis verbis questa sua consapevolezza circa l'inettitudine del ceto politico nel libro sopra citato Traversata di un trentennio (1978 e 2002 conforme; oltre alle edizioni cartacee l'opera è pubblicata in questo blog in 5 post, più un sesto di documentazione in fase di preparazione. Vedesi: 1, 13 novembre 2017; 2, 13 dicembre 2017; 3, 19 gennaio 2018; 4, 19 febbraio 2018; 5, 20 marzo 2018) cui diede il significativo sottotitolo Testimonianza di un innocente. Proprio da questo volume, che costò all'autore il laticlavio di Senatore a vita, a conferma di quanto finora sostenuto estrapoliamo esemplificativamente il quarto capoverso del capitolo V (p. 112):

sabato 7 aprile 2018

Ragghianti Docente - Dall'Università alla Scuola - Addendum

Integriamo il post precedentemente pubblicato sull'argomento il 21 maggio 2017 su questo blog, con l'articolo di Carlo L. Ragghianti che qui sotto riproponiamo, tratto dalla rivista "seleArte", n.52, lug.-ago. 1961.