La
lettera del 22 agosto 1947 che Eugenio Montale indirizza a C.L.
Ragghianti mi sembra significativa riguardo ad una caratteristica
costitutiva del Maestro, persona – per altro – viziata dalle
ricadute della altrui ammirazione per la sua creatività, vale a dire
una pervasiva sorta di “ordinario” pessimismo, congiunto ad un
egoismo non mortificato dalla costruzione etica di sé stessi.
La
“sacralità” dell'artista non è invenzione del P.C.I., che però
ne fece largo uso per fidelizzare i tanti artisti via via attratti
nella propria orbita. Tutto sommato, tuttavia, la notizia più
interessante e certo poco nota o notata della missiva deriva dalla
constatazione del tentato espatrio. Non certo “eroico” come
quello di Ugo Foscolo (o di Mazzini) in Inghilterra, essendo dettato
dal precariato di “lusso” del Maestro (la cui moglie era
abbiente), non da fame e persecuzione politica come quella dei
patrioti risorgimentali.
L'accenno
a Francesco Flora si riferisce alle sue dimissioni ministeriali da
Direttore Generale delle Relazioni Culturali con l'Estero. Ciò,
insieme alla pressoché immediata cessazione del sussidio per
difficoltà economiche, faceva tramontare la possibilità di far
ottenere a Montale l'opportunità di divenire addetto culturale (a
Parigi possibilmente) di Ambasciata o di accedere per quella via alle
cariche direttive dell'UNESCO in consolidamento. In proposito si veda
il n/s post del 1 agosto 2017, con una lettera del 1948 di Montale a
Ragghianti.
Questo
breve post potrà sembrare un po' severo o dissacrante. Voglio
però, storicizzando, ricordare che dopo la guerra – salvo pochi
privilegiati o profittatori – la vita era “grama” per tutti.
Tanto per rievocare, la famiglia Ragghianti viveva del cespite certo
dello stipendio della moglie Licia Collobi, neo assunta stabilmente
nella Amministrazione delle BB.AA. (stipendi da fame anche allora!). Carlo L. Ragghianti precario assoluto,
viveva tra ¾ di attività gratuita altamente qualificata e ¼ di professione precaria di conoscitore d'arte. Figli tre, tutti di statura sotto i 115 cm.
Concludo
con una nota di riconoscenza per la chiusa della lettera: Montale,
perfino lui, in famiglia doveva subire recriminazioni circa le
attività immediatamente non retributive quali la pittura (dalla
Mosca evidentemente considerata dispersiva) in luogo di altre
attività immediatamente redditizie.
Forse
si può azzardare che l'originalità di M. scaturisce anche da questi
contrasti e dalle contraddizioni della propria esistenza.
F.R. (23 novembre 2019)