Carlo e Licia

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giovedì 30 gennaio 2020

Montale tentato dall'espatrio, 1947.

La lettera del 22 agosto 1947 che Eugenio Montale indirizza a C.L. Ragghianti mi sembra significativa riguardo ad una caratteristica costitutiva del Maestro, persona – per altro – viziata dalle ricadute della altrui ammirazione per la sua creatività, vale a dire una pervasiva sorta di “ordinario” pessimismo, congiunto ad un egoismo non mortificato dalla costruzione etica di sé stessi.
La “sacralità” dell'artista non è invenzione del P.C.I., che però ne fece largo uso per fidelizzare i tanti artisti via via attratti nella propria orbita. Tutto sommato, tuttavia, la notizia più interessante e certo poco nota o notata della missiva deriva dalla constatazione del tentato espatrio. Non certo “eroico” come quello di Ugo Foscolo (o di Mazzini) in Inghilterra, essendo dettato dal precariato di “lusso” del Maestro (la cui moglie era abbiente), non da fame e persecuzione politica come quella dei patrioti risorgimentali.
L'accenno a Francesco Flora si riferisce alle sue dimissioni ministeriali da Direttore Generale delle Relazioni Culturali con l'Estero. Ciò, insieme alla pressoché immediata cessazione del sussidio per difficoltà economiche, faceva tramontare la possibilità di far ottenere a Montale l'opportunità di divenire addetto culturale (a Parigi possibilmente) di Ambasciata o di accedere per quella via alle cariche direttive dell'UNESCO in consolidamento. In proposito si veda il n/s post del 1 agosto 2017, con una lettera del 1948 di Montale a Ragghianti.
Questo breve post potrà sembrare un po' severo o dissacrante. Voglio però, storicizzando, ricordare che dopo la guerra – salvo pochi privilegiati o profittatori – la vita era “grama” per tutti. Tanto per rievocare, la famiglia Ragghianti viveva del cespite certo dello stipendio della moglie Licia Collobi, neo assunta stabilmente nella Amministrazione delle BB.AA. (stipendi da fame anche allora!). Carlo L. Ragghianti precario assoluto, 

viveva tra ¾ di attività gratuita altamente qualificata e ¼ di professione precaria di conoscitore d'arte. Figli tre, tutti di statura sotto i 115 cm.
Concludo con una nota di riconoscenza per la chiusa della lettera: Montale, perfino lui, in famiglia doveva subire recriminazioni circa le attività immediatamente non retributive quali la pittura (dalla Mosca evidentemente considerata dispersiva) in luogo di altre attività immediatamente redditizie.
Forse si può azzardare che l'originalità di M. scaturisce anche da questi contrasti e dalle contraddizioni della propria esistenza.
F.R. (23 novembre 2019)

lunedì 27 gennaio 2020

Arte italiana al 1960, 1.

Avviamento critico - Pittura



Questo post e i successivi complementi non hanno praticamente bisogno di presentazione. Quella che in origine (n. 48 di “seleArte”, ott-dic. 1960, pp.100) Carlo L. Ragghianti pone alla fine della panoramica illustrativa del fascicolo è esauriente e chiarisce subito i termini e i limiti dello studio.
In questa riproposta, dopo sessanta anni dalla pubblicazione, abbiamo premesso la Presentazione alla sequenza delle illustrazioni divisa in cinque sezioni comprensive delle cosiddette “arti figurative”. In questa prima postazione le illustrazioni si riferiscono alla pittura.
Nella sequenza dei post successivi, il n.2 comprenderà le illustrazioni di scultura, precedute dal summary in inglese del testo di C.L.R.: il n. 3, Architettura e urbanistica, con “résumé” in francese; il n. 4 Arti decorative e industriali (design) con traduzione integrale in tedesco del saggio – perché “seleArte” per un certo periodo ebbe una distribuzione speciale in Germania - ; il n. 5, Grafica e arti della visione, con un “resumido” in spagnolo/castigliano.
Già il titolo della presentazione, Arte italiana al 1960, chiarisce gli intenti dell'autore, il quale ci fornisce un importante punto fermo sulla presenza e sugli sviluppi delle arti figurative nel nostro Paese alla fine degli anni Cinquanta. Lo possiamo considerare un simbolico spartiacque tra passato e presente, proiettato sulle incombenti forme artistiche rappresentative degli anni che seguiranno.
Questo futuro sarà ricco di novità, anche piuttosto radicali ma non sempre culturalmente e qualitativamente degne delle pretese innovative vantate dagli artisti e da una buona parte della critica. Questa sì fazione, generalmente definibile militante, talvolta “suggeritrice” anziché svelatrice, rappresenta tutto sommato una novità parziale e diversa dai precedenti per acquiescenza e complicità con la speculazione mercantile. In questo blog di Ragghianti e di suoi collaboratori abbiamo già postato molti scritti concernenti l'arte italiana della prima metà del secolo XX.


Vanno ricordati subito i numerosi contributi (ancora in corso di riproposta con complementi) riguardanti la rievocazione della Mostra Arte Moderna in Italia 1915-1935, comprendente la ricca documentazione del Catalogo/Mostra Arte in Italia 1935-1955. Però sono considerevoli anche i post monografici sugli artisti; ne ricordo alcuni: Manzù, Greco, Alb. Viani, Trubbiani, Farulli, Falanga, Borgonzoni (nonno, partigiano e comunista, dell'omonima candidata leghista in Emilia-Romagna). Non è il caso di scordare gli scritti di collaboratori di R., quali Renzo Federici (15 marzo 2019) e Raffaele Monti (16 giugno 2018).
Corre l'obbligo, infine, di rammentare gli interventi – già postati – di carattere comprensivo sulla vitalità artistica della prima metà del Novecento, soltanto in Italia.
Si tratta, spero senza omissioni notevoli, dei seguenti studi di Carlo L. Raggghianti :
  • 10 luglio 2017 – Arte e realtà e i compiti del critico. Borgonzoni,1;
  • 4 settembre 2017 – Arti figurative contemporanee e loro comprensione (1953);
  • 29 settembre 2017 – 60 Maestri del prossimo trentennio;
  • 30 dicembre 2017 – Arte Moderna in Italia 1915-1935. Presentazione;
  • 15 gennaio 2019 – Arte figurativa. Arte non figurativa (1967);
Quest'ultimo saggio, pubblicato in “Critica d'Arte” è di carattere generale e quindi pertinente anche la cultura figurativa italiana. Precedentemente R. lo aveva destinato al “Premio Marzotto 1967”. Esso è stato riproposto il 2 di questo mese nelle traduzioni in inglese, francese, tedesco e castigliano con un ampio corredo illustrativo.

F.R. (20 dicembre 2019)

venerdì 24 gennaio 2020

"Classici d'Africa" e ulteriori notizie.

Nel post del 3 ottobre 2018 (Arte dell'Africa nera, 4, 1980-1987) nel testo redazionale si annunciava che al suo interno sarebbe stato pubblicato anche il testo integrale di: “Classici d'Africa (“Critica d'Arte”, IV serie, n. 1, apr.-giu. 1984, pp. 55-64) che è il saggio che C.L.R. pose come prefazione al catalogo Tesori dell' antica Nigeria
(Università Internazionale dell'Arte, Firenze 1984) della omonima importantissima mostra internazionale che lo studioso – contrariamente alla sua polemica verso l' “acquisto” da parte del Comune di mostre confezionate in genere a-criticamente – volle presentare a Firenze a causa della prestigiosa presenza di opere fondamentali per la cultura artistica dell'intera umanità.
Ciò soprascritto avvenne soltanto in parte, in quanto furono riprodotte soltanto la copertina del catalogo Tesori dell'antica Nigeria e l'illustrazione di alcune delle sculture più rappresentative dell'esposizione.
Per un errore nella realizzazione del menabò il testo dello studio di Ragghianti non fu scannerizzato.
Provvediamo adesso a completare degnamente la serie di post sull'Africa nera pubblicati nel blog riproducendo l'importante testo di C.L.R. da “Critica d'Arte” perché la stampa è più nitida e con le illustrazioni nel testo, il quale potrebbe contenere alcune varianti e aggiunte rispetto al Catalogo, secondo una prassi frequente nell'A. incline a interventi migliorativi o integrativi ad ogni giro di bozze. Inoltre a p. 62, colonna a destra, Ragghianti propone una nota di carattere esplicativo della storia delle precedenti esposizioni dell'arte nigeriana e relaziona circa il neonato Centro di Studi di Storia delle Arti Africane.
Sono stati anche rintracciati alcuni testi di carattere recensorio nei quali oltre che delle arti in Africa si scrive anche dell'America 
precolombiana, dell'Oceania ecc. Se non sarà possibile dividere i testi relativi, posteremo queste manifestazioni su i molteplici aspetti di quella che ancora qualcuno chiama arti primitive in apposita raccolta. Inoltre ci sono studi e contributi sia di C.L. Ragghianti che di Licia Collobi riguardanti l'arte moderna insieme a quella d' Africa dalla fine del secolo XIX con riferimenti di carattere generale o con particolare rapporto con artisti specifici. Cito, a mo' d'esempio, soltanto Picasso e Modigliani. In questi casi l'arte dell'Africa nera risulta una componente della ricerca o dello studio, non la protagonista. Di conseguenza l'arte africana sarà evidenziata soltanto con tag o etichette, che saranno apposti alla fine di ciascun post nello spazio previsto.
Queste etichette sono in via di riorganizzazione o formulazione. Il loro insieme costituirà un Indice apposito, utile se non indispensabile per “navigare” tra le centinaia di post già immessi nel blog.
Nella rubrica “il collezionista” di “seleArte”, infine, compaiono con frequenza anche opere d'arte africane illustrate singolarmente. Anche in questo caso, se e quando sarà possibile, posteremo le opere con la loro didascalia originaria.

F.R. (27 dicembre 2019)

P.S. Ricordiamo i post sull'argomento con scritti di C.L. Ragghianti e L. Collobi già pubblicati nel blog.
Arte dell'Africa nera, 1 (1949-1959): 10 maggio 2018;
Arte dell'Africa nera, 2 (1960-1969): 6 giugno 2018;
Arte dell'Africa nera, 3/1 (1970-1979): 7 agosto 2018;
Arte dell'Africa nera, 3/2 (1970-1979): 7 settembre 2018;
Arte dell'Africa nera, 4 (1980-1987): 3 ottobre 2018;
Novità su Carlo Piaggia: 6 ottobre 2018.

mercoledì 22 gennaio 2020

Arte Moderna in Italia 1915-1935 - Testi dei Critici, 6. Aldo Bertini. (CREMONA, MAUGHAM C., PAULUCCI).



Post Precedenti:

1. RAFFAELE MONTI ( I ) - 16 giugno 2018
2. IDA CARDELLINI (LORENZO VIANI) - 28  settembre 2018 
3. UMBRO APOLLONIO (NATHAN, BIROLLI) - 19 settembre 2019
4. MARCELLO AZZOLINI (GUERRINI, CHIARINI, VESPIGNANI). 6 ottobre 2019
5/I. FORTUNATO BELLONZI (BOCCHI, D'ANTINO). 12 novembre 2019
5/II. FORTUNATO BELLONZI (MORBIDUCCI, SAETTI). 28 dicembre 2019


Aldo Bertini (1906-1977)

Per noi figli Ragghianti è stato lo “zio” Aldo, un personaggio singolare, mite e categorico, talvolta divertente per la sua trascuratezza nel vestire. Per me è stato persino il quinto nome attribuitomi all'anagrafe del Comune di Bologna: Francesco. Alberto (i nonni), Benedetto (Croce), Cesare (Gnudi), Aldo (Bertini).

Lo zio Aldo è presente nel nostro “lessico” familiare con numerosi aneddoti gustosi, dalla “squisita pasticceria”, che faceva con le sue mani la mamma per le feste natalizie, di cui divorava con tranquilla ingordigia - conversando col babbo e la mamma – un paio di vassoi nel giro di mezz'ora (venne apposta a Firenze da Torino un paio di volte), al mitico “sai Carlo sono dei saggi” (detto con un sacco di erre – aveva infatti il rotacismo -, la mamma sosteneva che riusciva a mettere la erre anche pronunziando “la Vallée d'Aosta”) riferendosi agli omosessuali alla fine di una lunga diatriba contro il matrimonio, che costoro, allora, non potevano fare. Era capace di fare gaffes tremende per involontaria “ferocia”. Per questo motivo, essendo tutto sommato affermazioni confidenziali che potrebbero ferire la memoria di qualcuno/a, non riporto quelle che ricordo. Una, forse, la posso raccontare, se non altro perché si riferisce ad una novantina di anni fa. Alla fine degli anni Venti – prima dell'obbligo della tessera fascista – studente universitario eminente, Aldo Bertini partecipò ad una cena goliardica il cui ospite d'onore era il Federale fascista di Torino. Alla fine del banchetto, lo zio Aldo (già noto politicamente per i suoi legami parentali e politici con Piero Gobetti) andò a sedersi accanto al Federale e con aria confidenzialmente serafica gli disse.” Lei mi deve scusare, sa, ma devo proprio dirglielo: lei è uno stronzo!”. Ebbe molta fortuna: si imbatté nell'unico Federale, forse nell'unico fascista, dotato di “spirito”. Non fu sanzionato (bastonate comprese), nemmeno successivamente.
Vorrei avere la penna di Rabelais, o almeno di J. K. Jerome per raccontare l'epico viaggio da Parma a Busseto, con pantagruelica abbuffata presso i celebri Cantarelli di Sanboseto – allora (1961) forse i cuochi più rinomati d'Italia – e ritorno a Parma. Il tutto ospiti di Lallo Quintavalle, che però era in un'altra automobile, ma forse ricorderà l'episodio della dentiera smarrita. C'era col babbo e me, invece, Cesare Molinari, che se è (come gli auguro di tutto cuore) ancora vivo, ricorderà benissimo quelle circostanze di comicità irresistibile. Parenteticamente ricordo anche che per Cesare quello fu un pomeriggio molto fortunato, grazie agli affreschi della cupola del Correggio in Parma.




Aldo Bertini con Carlo L. Ragghianti divenne amicissimo, ragion per cui dopo la guerra si fermò spesso a trovarlo a Firenze, talvolta con una enorme borsa da medico piena di fotografie di dipinti che sottometteva al parere dell'amico. Tra il'47 e il '50, li ricordo in camera da pranzo dopo il pasto occupati in certami attribuzionistici nei quali R. indicava prevalentemente autore o scuola o ambito o “cerotto” a B. bofonchiante in modo spassoso. Però il motivo della mia presenza era la curiosità per questo aspetto dell'attività di mio padre, il quale allora per motivi alimentari era ancora costretto a praticare consulenze ed expertises, il meno possibile e con antiquari autorevoli. Comunque – impressione strettamente personale confermata nel tempo – penso che la “passione” dello zio Aldo per expertises, per la connaisseurship fosse una sorta di “violon d'Ingres”, coltivato per cocciutaggine.
Non riporto dati professionali, biografici e bibliografici di Aldo Bertini perché la sua vita e la sua attività sono ampiamente ed oculatamente in Wikipedia (caso raro) riportate con doviziosità. 

sabato 18 gennaio 2020

{glossario} CULTURA, 6-7-8.

Cinque sono stati i post con argomento unico e determinante con l'idea di cultura
Per la precisione: 1. Concetto di cultura (Huizinga), postato il 2 febbraio 2017; 2. Cultura, libri e società (Salleneuve), 15 giugno 2017; 3. Attualità culturale 1984 (C.L. Ragghianti), 30 agosto 2017; 4. Radiotelevisione e cultura, 2 giugno 2018; 5. Classe politica e classe culturale (A. Moravia), 31gennaio 2019.
Già da questi titoli si deduce che cultura è un termine con più di un significato, il quale può dar adito a contraddizioni. I sinonimi del lemma sono grosso modo i seguenti: 1. erudizione, sapienza, dottrina, istruzione, sapere, conoscenza; 2. civiltà, civilizzazione; 3. (che esula dal nostro contesto) coltivazione, coltura.
Valido, seppure circoscritto alle sue specificità, è il primo significato del vocabolario che esprime “il complesso del sapere letterario, artistico o scientifico proprio di un popolo o di un'epoca”
Specialistico – e generico – il secondo significato che comprende l' “insieme dei valori delle tradizioni e dei costumi che caratterizzano la vita sociale di un popolo o di una civiltà”.
Indispensabile, in riferimento alle altre accezioni principali, il terzo significato lessicale che comprende “il patrimonio specifico di conoscenze e nozioni organicamente legate tra loro che un individuo possiede e che contribuiscono in modo sostanziale alla sua personalità.” In altre parole necessario strumento per cui un individuo può procedere alla realizzazione della propria “costruzione morale”, secondo la convinzione e l'insegnamento di Carlo L. Ragghianti.
Nel presente post riportiamo tre altre interpretazioni con risvolti definitorii del termine cultura.
La prima analisi è una incisiva citazione di Carlo L. Ragghianti, riportata nel 1992 dal quotidiano di Roma “Il Messaggero”.
La seconda interpretazione del complesso concetto è una 
riflessione del filosofo malgré-soi Guido Ceronetti (1927-2018). Già la proposi nel domestico “seleArte” (n. 23, gen. 1996, pp.76-78), oggi la ripropongo perché il suo pessimismo ben si coniuga con la violenza (tanto, ma tanto volgare) dilagante in questo disastrato Paese e nel resto di questo piccolo pianeta.
Una sfera, una biglia vorticosa e indissolubile nella sua rotazione annuale intorno al sole, il quale consente la sintesi vitale che ci caratterizza. Una dipendenza inscindibile, assoluta dal sole che possiamo, o meglio sembra vogliamo interrompere con un assurdo suicidio collettivo.
Il terzo intervento è un articolo (da “Il Giornale”, 2 sett. 1987) nel quale François Fejtö analizza la proposta culturale di Alain Finkielkraut, piuttosto confusa e contraddittoria ma con il merito indiscutibile di respingere “il relativismo morale e culturale...alla moda”.
Fejtö (1909-2008), di cui C.L.R. seguiva gli interventi pubblici e politici con partecipazione, per me è stato un punto di riferimento, fidandomi delle sue opinioni
ricche di spunti su cui riflettere. Già nel 1955 lessi la sua Storia delle democrazie popolari (Vallecchi), un pilastro su cui ho fondato il mio fervido anticomunismo europeista, di cui era allora politicamente un faro il grande Mendes-France. Vedo, e concordo, che Fejtö “viene considerato uno dei maggiori intellettuali del XX secolo”. Nel 1957 C.L.R., poi quindi io, lesse Ungheria 1945-1957, nella traduzione di Carlo Fruttero (che faceva Lucentini?) per i “Saggi” Einaudi, anziché nell'originale in francese pur di evitare le elucubrazioni di J-P. Sartre, prefatore di quella edizione.
Alain Finkielkraut (1949) è un “filosofesso” (copyright di C.L. Ragghianti) francese lambiccato e supponente, in perenne ricerca di visibilità ed onori. Purtroppo oggi va difeso perché ha subito un'indecente aggressione antisemita e fascistoide da parte dei “gilet jaunes” che imperversano a torto contro un governo che ha torto.
F.R. (24 dicembre 2019)

mercoledì 15 gennaio 2020

Alois Riegl: Arte tardoromana, 4.

Post precedenti

1. 24 settembre 2019 - Indice generale; Elenco illustrazioni (p. XI); Notizia Critica (p. XVII); L'opera storica di Alois Riegl (p. XXXI).
2. 24 ottobre 2019 - L'architettura (p.25).
3. 24 novembre 2019 - La scultura, I. (p.73).
3/II. 15 dicembre 2019 - La scultura, II. (p.124)

domenica 12 gennaio 2020

Enrico Sacchetti disegna Orlando, Sonnino, Salandra.



Nel post Vagnetti tre generazioni, tre postille del 19 giugno 2019 ho raccontato, tra l'altro, la “caccia al tesoro” avvenuta nel 1974 durante lo smantellamento della casa editrice Vallecchi, conseguente alla gestione fallimentare di Buzzi, amministratore delegato, e di Cosimini, direttore editoriale. Si trattò effettivamente di un arrembaggio autorizzato dalla dirigenza (fisicamente quasi sempre assente, per altro, negli intrallazzi per salvare i propri privilegi) a cumuli di centinaia di libri, migliaia di fogli (anche con autografi prestigiosi) riguardanti le pratiche dei singoli uffici.  Il tutto gettato frammisto nel caotico disordine della spazzatura indifferenziata.
Questi tre disegni a carboncino, su fogli di formato 50x70, furono una delle trouvailles fatte da me e certamente servirono per qualche pubblicazione antebellica della Vallecchi. L'autore è il tutto sommato giustificatamente famoso disegnatore e scrittore Enrico Sacchetti (1877-1966). Costui tra le due guerre fu notissimo come autore di decine di copertine della rivista settimanale “La lettura” (allegata al “Corriere della Sera” e riesumata qualche tempo fa con la stessa funzione editoriale).
Sacchetti fu anche pittore, prolifico illustratore pubblicitario, di libri e pubblicazioni varie. Vivendo una – lunga – vita complicata tra “artisti, attori, avventurieri e lestofanti” fu scrittore di novelle e racconti – tra cui Vita d'artista (1933) e La bottega della memoria (1954) - cogliendo “con rapidità e naturalezza sentimenti e tratti       della personalità dei suoi personaggi” (Dizionario Generale degli Autori italiani contemporanei, Vallecchi editore 1974, p. 1195, strumento di consultazione tuttora interessante e valido).
I tre personaggi rappresentati nei disegni sono tre celebri marpioni conservatori e reazionari nefasti della politica italiana dei primi decenni del XX secolo. La loro caricatura è riuscita: Vittorio Emanuele Orlando (1860-1952) attonito; Sidney Sonnino (1847-1922) ghignoso, insoddisfatto; Antonio Salandra (1853-1931) più che autorevole sembra pronto a dirti “Stai sereno!”.
F.R. (1 novembre 2019)


P.S. Su questo pressoché dimenticato artista e personaggio complessivamente interessante esiste la monografia Il gigante avvelenato. Enrico Sacchetti (Cappelli, Bologna 1978), a cura di Paola Pallottino e introduzione di GEG (Enrico Gianeri). Oltre ai tre disegni in oggetto del post e all'autoritratto, riproduciamo come esempi del suo multiforme e prolifico lavoro, cinque copertine (4 da “La lettura”, 1 da “Commedia”), 2 pubblicità, 1 disegno e un dipinto, 2 illustrazioni da “La lettura” e, infine, il racconto (illustrato e scritto da Sacchetti) Capolavori (da “La lettura”, marzo 1926).

giovedì 9 gennaio 2020

Ragghianti e la scuola, 4. Riproposta 2019.

Riproponiamo ancora una volta la testimonianza di Giuliana Limiti (1988), già pubblicata in “seleArte” (IV s., n. 26, 1999, pp. 93-94), perché essa è sintomatica delle difficoltà del settore cosiddetto laico di trovare uno spirito unitario, non utilitaristico e corporativo nei confronti del fondamentale problema della scuola, dagli asili nido all'università.
E' opportuno fare qualche accenno alla professoressa Giuliana Limiti (n. 1930). Pedagogista e cattedratica universitaria la studiosa ha svolto importanti incarichi archivistici e storici per la Presidenza della Repubblica (col riconoscimento nel 1991 di Cavaliere di Gran Croce della Repubblica) e presso la Camera dei Deputati. Foltissima e di proficua consultazione la bibliografia dei suoi scritti (vedi Wikipedia) di carattere storico (tra cui Il Presidente professore: Luigi Einaudi al Quirinale), filologico, pedagogico e di diritto, con particolare riguardo all'infanzia e alla famiglia.
Di formazione laica e mazziniana (vicepresidente della Domus di Pisa, 1982; presidente della Mazzini Society, 1994) ha collaborato nell' ADESSPI con Carlo L. Ragghianti, come ebbe a ricordare nella giornata del 27 gennaio 1988 
nell'Aula dei gruppi parlamentari della Camera dei Deputati. Ripetendo quanto dichiarato nella prima “bacheca” sulla scuola (30 ottobre 2019) circa il fatto che sull'impegno, le proposte, gli studi e gli atti di C.L. Ragghianti riguardo l'insegnamento dalle elementari all'università dovrebbero essere odierni studiosi (sempre che ce ne siano ferrati storicamente e metodologicamente) a occuparsene e a collegare le passate esperienze e soprattutto i passati raggiungimenti e le ulteriori proposte alle esigenze (enormi) di una nuova scuola. Già le precedenti “riforme” non tennero conto delle elaborazioni degli anni Sessanta, con risultati catastrofici, ridicoli, controproducenti. Cito e ricordo ad es. le riforme di un Berlinguer, parente nullità, della “buona scuola”, ecc. ecc.
Se ancora una volta la scuola sarà lasciata in balia dei compromessi clerico-corporativi, quanto teoricamente elaborato da C.L.R., da illuminati docenti come la prof. Limiti, da pedagogisti e storici qualificati, rimarrà – almeno – disponibile nello spazio di Internet, equivalente alle “mitiche” bottiglie gettate in mare con messaggi in attesa di essere pescati, valutati e utilizzati.
F.R. (18 settembre 2019)


lunedì 6 gennaio 2020

Premio Marzotto 1967.

L'anno 1967 fu particolarmente gravoso di attività e ricco di soddisfazioni per Carlo L. Ragghianti. Tra queste ultime direi che ebbe particolare significato il Premio di pittura Gaetano Marzotto. Non si può sostenere che C.L.R. apprezzasse particolarmente queste occasioni di solito mondane. Quanto a quei ricevimenti e cene, che oggi vengono definiti “cafonal”, li detestava mentre la moglie Licia li aborriva addirittura. Però il Premio Marzotto fu organizzato in modo che la Giuria si riunisse per deliberare a Parigi; invece la cerimonia di premiazione doveva svolgersi a Valdagno, sede ufficiale della prestigiosa azienda laniera.
L'albergo parigino scelto per le due riunioni della Giuria era il notissimo Hôtel Crillon, laterale alle Tuileries e prossimo al Museo del Louvre, privo ancora della piramide dell'architetto Pei. In una delle due accessioni C.L.R. fu accompagnato da Licia C.R. che passò quasi una settimana bellissima rivisitando, mentre il marito era impegnato, Parigi in lungo e in largo, la città dove nel 1938 aveva soggiornato da sola per qualche tempo in attesa di ricongiungersi a Londra con C.L.R., il quale raggiunse la capitale britannica via Austria-Germania-Belgio (con tappe di studio per depistare le spie e gli informatori fascisti). Assieme i coniugi incontrarono anche vecchie conoscenze professionali come Adhémar e Francastel e politiche tra cui, sia pure con altri e brevemente Pierre Mendes France, omologo di C.L.R. nella resistenza francese e nel dopoguerra primo ministro progressista ed europeista, punto di riferimento di socialisti e radicali di tutta Europa.
Dato che in questo blog il testo della relazione di C.L. Ragghianti circa i dipinti ammessi al Premio Marzotto 1967 col titolo Arte figurativa. Arte non figurativa è stato testato il 15 gennaio 2019, ritengo opportuno in questa sede riportare le sue traduzioni in francese, inglese e tedesco, rimandando al post sopraindicato per la versione in italiano, già pubblicata e nota.
Oltre alla relazione del presidente della Giuria si riporta la relazione finale della Commissione del Premio con la riproduzione dei 24 dipinti pubblicati nel Catalogo, scelti tra i 107 proposti ai giurati ed esposti a Valdagno.
Mentre Leonardo Cremonini, vincitore del Premio, sembra oggettivamente avere i requisiti – come spiega la relazione – per attribuirsi il primato, nonostante l'opposizione di alcuni critici stranieri (forse anche perché collegati alle vicende del mercato internazionale), tra gli altri concorrenti c'è un divario che non ne esclude alcuni francamente mediocri. A mio avviso sacrificato un po' Mattioli, forse perché allora totalmente ignorato all'estero.
La presenza di Carlo L. Ragghianti in questa Giuria può suscitare sorpresa (si ricordi, però, che pochi anni prima aveva presieduto di nuovo il Premio Golfo della Spezia e che negli anni '50 era stato presente in Biennale, a Bari e in altre manifestazioni espositivo-premiali), data la notoria sua estraneità alle vicende mercantili e la ritrosia culturale a forme di socialità e mondanità sostanzialmente elitarie.
Il motivo per cui fu interpellato, invece, è chiaro: la visibilità e l'aumento di notorietà collegata, fin dalla progettazione, nell'inizio 1966, della Mostra Arte Moderna in Italia 1915-1935, la quale oltre all'indubbio successo dell'Esposizione, scosse palesemente anche l'ambiente dei critici e degli storici dell'arte.
Di conseguenza, calcolo e curiosità indussero l'organizzatore del Premio, Edoardo Soprano e l'ambiente Marzotto a sperimentare una linea di sviluppo in una direzione meno scontata del normale ambito di quel tipo di avvenimenti.
Conclude il post la riproduzione del “diploma” scherzosamente consegnato a C.L.R. dagli altri membri al Presidente della loro Commissione in segno di stima e ricordo del lavoro compiuto.

F.R. (2 novembre 2019)


venerdì 3 gennaio 2020

Autonomia dell'artista.





da "La Nazione (Firenze) e da"Il resto del carlino" (Bologna), 7 giugno 1979 col titolo Cercare i contenuti autentici.