Carlo e Licia

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sabato 18 gennaio 2020

{glossario} CULTURA, 6-7-8.

Cinque sono stati i post con argomento unico e determinante con l'idea di cultura
Per la precisione: 1. Concetto di cultura (Huizinga), postato il 2 febbraio 2017; 2. Cultura, libri e società (Salleneuve), 15 giugno 2017; 3. Attualità culturale 1984 (C.L. Ragghianti), 30 agosto 2017; 4. Radiotelevisione e cultura, 2 giugno 2018; 5. Classe politica e classe culturale (A. Moravia), 31gennaio 2019.
Già da questi titoli si deduce che cultura è un termine con più di un significato, il quale può dar adito a contraddizioni. I sinonimi del lemma sono grosso modo i seguenti: 1. erudizione, sapienza, dottrina, istruzione, sapere, conoscenza; 2. civiltà, civilizzazione; 3. (che esula dal nostro contesto) coltivazione, coltura.
Valido, seppure circoscritto alle sue specificità, è il primo significato del vocabolario che esprime “il complesso del sapere letterario, artistico o scientifico proprio di un popolo o di un'epoca”
Specialistico – e generico – il secondo significato che comprende l' “insieme dei valori delle tradizioni e dei costumi che caratterizzano la vita sociale di un popolo o di una civiltà”.
Indispensabile, in riferimento alle altre accezioni principali, il terzo significato lessicale che comprende “il patrimonio specifico di conoscenze e nozioni organicamente legate tra loro che un individuo possiede e che contribuiscono in modo sostanziale alla sua personalità.” In altre parole necessario strumento per cui un individuo può procedere alla realizzazione della propria “costruzione morale”, secondo la convinzione e l'insegnamento di Carlo L. Ragghianti.
Nel presente post riportiamo tre altre interpretazioni con risvolti definitorii del termine cultura.
La prima analisi è una incisiva citazione di Carlo L. Ragghianti, riportata nel 1992 dal quotidiano di Roma “Il Messaggero”.
La seconda interpretazione del complesso concetto è una 
riflessione del filosofo malgré-soi Guido Ceronetti (1927-2018). Già la proposi nel domestico “seleArte” (n. 23, gen. 1996, pp.76-78), oggi la ripropongo perché il suo pessimismo ben si coniuga con la violenza (tanto, ma tanto volgare) dilagante in questo disastrato Paese e nel resto di questo piccolo pianeta.
Una sfera, una biglia vorticosa e indissolubile nella sua rotazione annuale intorno al sole, il quale consente la sintesi vitale che ci caratterizza. Una dipendenza inscindibile, assoluta dal sole che possiamo, o meglio sembra vogliamo interrompere con un assurdo suicidio collettivo.
Il terzo intervento è un articolo (da “Il Giornale”, 2 sett. 1987) nel quale François Fejtö analizza la proposta culturale di Alain Finkielkraut, piuttosto confusa e contraddittoria ma con il merito indiscutibile di respingere “il relativismo morale e culturale...alla moda”.
Fejtö (1909-2008), di cui C.L.R. seguiva gli interventi pubblici e politici con partecipazione, per me è stato un punto di riferimento, fidandomi delle sue opinioni
ricche di spunti su cui riflettere. Già nel 1955 lessi la sua Storia delle democrazie popolari (Vallecchi), un pilastro su cui ho fondato il mio fervido anticomunismo europeista, di cui era allora politicamente un faro il grande Mendes-France. Vedo, e concordo, che Fejtö “viene considerato uno dei maggiori intellettuali del XX secolo”. Nel 1957 C.L.R., poi quindi io, lesse Ungheria 1945-1957, nella traduzione di Carlo Fruttero (che faceva Lucentini?) per i “Saggi” Einaudi, anziché nell'originale in francese pur di evitare le elucubrazioni di J-P. Sartre, prefatore di quella edizione.
Alain Finkielkraut (1949) è un “filosofesso” (copyright di C.L. Ragghianti) francese lambiccato e supponente, in perenne ricerca di visibilità ed onori. Purtroppo oggi va difeso perché ha subito un'indecente aggressione antisemita e fascistoide da parte dei “gilet jaunes” che imperversano a torto contro un governo che ha torto.
F.R. (24 dicembre 2019)


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