Carlo e Licia

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venerdì 30 agosto 2019

{glossario} DUGENTO.


Ricordo che quando fu pubblicata la monografia di "SeleArte" Pittura del Dugento a Firenze (1955) i soliti detrattori di Carlo L. Ragghianti orchestrarono una sorta di scandalo per attentato alla lingua italiana, con argomentazioni subdole, toni 
saccenti, ironie "sconsolate". Ancora due anni dopo un insegnante della scuola che frequentavo, Giuliano Innamorati - cara persona e galantuomo - però redattore di "Paragone", mi chiese senza ironia perché o come mai C.L.R. avesse usato il lemma dugento.
F.R.


sabato 24 agosto 2019

Ricordo di Licia Collobi Ragghianti nel 30° Anniversario (2019), con testo del 2004.

Avevamo già programmato per questo 24 agosto un post con testo di Licia Collobi nostra madre, in ricordo del trentesimo anniversario della sua morte e del centocinquesimo dalla sua nascita. Poi oggi, rovistando tra carte da tempo appartate in un cumulo disordinato con l'intento di fare un po' d'ordine e di trovare qualche input per futuri post, ho trovato la cartelletta intestata “Francesco per Licia 2004”. Avevo del tutto rimosso questo contributo, salvo una indeterminata ricordanza di rabbia e pena per Vittorio Fagone e di delusione cocente mista a tristezza nei confronti di Leonardo Baglioni, nostro rappresentante nel Comitato Scientifico della Fondazione Ragghianti di Lucca fino alla sua prematura morte nel 2010. Infatti mi era stato chiesto di contribuire su “Luk”, la rivista della Fondazione, al ricordo di Licia Collobi nel quindicesimo anniversario della sua morte in una commemorazione a più voci. Riluttante lo feci, e mi costò anche una certa fatica perché da anni ero in rotta di collisione col Consiglio di Amministrazione dal quale ero uscito sbattendo la porta e facendomi sostituire da santa Rosetta. Ero già fortemente deluso dalla Direzione di Vittorio Fagone assai dispendiosa e poco rilevante qualitativamente, il quale con l'intento di rabbonirmi mi aveva già insistentemente fatto chiedere di collaborare alla rivista. (E infatti consegnai un breve scritto su R. e i fumetti). Mandai quindi il 6 settembre 2004 un fax allo Studio di Leonardo Baglioni, che realizzava la rivista, con un testo manoscritto di sei pagine, quello che – ritrascritto dalla bozza a stampa di “Luk” piena di errori – proponiamo oggi nel trentesimo anniversario della morte della mamma.
Questo intervento, nel quale mi ero sforzato di encomiare il Fagone, comunque meno inerte e dannoso del suo predecessore, fu messo in bozze. A pubblicazione avvenuta della rivista vidi alle pp. 101, 102 col titolo “Anniversari di Licia Collobi Ragghianti” che ella era stata ricordata con 14 righe redazionali anonime (in cui si diceva del 90° dalla nascita, in attesa di ristampare alcuni degli studi più significativi”!) e una breve traccia autobiografica accompagnata da una bella fotografia scattata da Edoardo Detti, caro amico dei genitori e di noi figli (c. 1954, Monte Matanna, Alpi Apuane).  Rimasi basito, non solo e non tanto per l'evidente e totale censura operata, ma quanto soprattutto per lo sgarbo  
eclatante e inaspettato da parte di un signore già piuttosto anziano e sedicente autorevole (ma pavido sia che avesse preso l'iniziativa lui, sia che la subisse per imposizione), e da parte di un caro e vecchio amico (dal 1970) non poco beneficiato da C.L.R. e, modestamente, anche dal sottoscritto e familiari dandogli l'onore (importante per i risvolti pratici e sul piano del suo prestigio professionale) di essere nel Comitato Scientifico della Fondazione, nonché indulgenti (ma invece presi per fessi?) sul suo evidente conflitto di interesse per il lavoro retribuito come designer per l'Istituto. Comunque smacchi e delusioni che capitano, alle quali si risponde soltanto procedendo per la propria strada e flaubertianamente pensando che “mon cul vous contemple”.
Quindi parce sepultis per chi ha sfregiato il ricordo della mia povera mamma; povera non perché defunta, ma perché bistrattata in quella che ormai è la sua dimora, il suo indirizzo. Comunque i rapporti della Famiglia Ragghianti con la Fondazione di Lucca dopo l'increscioso episodio suddetto sono via via sostanzialmente migliorati, nonostante qualche notevole recriminazione per l'imperdonabile realizzazione del Medioevo di Carlo L. Ragghianti, intitolato Prius Ars, come lui voleva, ma tradito soprattutto nella veste grafica difforme da come l'autore avrebbe voluto fosse eseguita (e nonostante le nostre indicazioni precise al riguardo). Apprezzammo e condividemmo, invece, la manifestazione per il Centenario della nascita di Licia Collobi (2014), organizzato dalla Fondazione presieduta da Giorgio Tori e diretta da Teresa Filieri. Consapevoli come siamo che il trascorrere del tempo può indurre a voler cambiare l'orientamento di una istituzione, siamo qui come gli ultimi giapponesi, anche se adesso la conduzione attuale della Fondazione Centro Studi – Alberto Fontana Presidente; Paolo Bolpagni Direttore – non ci dà motivo di stare in allarme in vista di un combattimento.
Dunque, in conclusione, per chi le ha voluto bene il ricordo di Licia Collobi dimora nel cuore, sia che si tratti di chi l'ha conosciuta di persona, sia che si tratti di chi l' abbia conosciuta indirettamente e stimata come studiosa. Infine per noi figli Ella è ricordo imperituro, costante occasione di commozione e quotidiano rimpianto.
F.R. (27 luglio 2019)




mercoledì 21 agosto 2019

Non è la scuola che risolve gli enigmi della storia (6).




Il precedente articolo di fondo comparso ne “La Stampa” di Torino il 21 agosto 1996 a firma di Guido Ceronetti (1927-2018), intellettuale poliedrico e non conformista, marionettista originale e rinomato, è altamente suggestivo, convincente. Anche condivisibile se ci si limita alla storia politica (cioè quella il cui aspetto è sociale, giuridico, economico, diplomatico, ecc.). Se invece con Carlo L. Ragghianti
(come dimostrerà in un prossimo post sull'argomento) si pensa che “l'ideale di uno storico... sarebbe di fare storia totale, cioè di tutte le attività umane prodotte in un età”, alcune riflessioni di Ceronetti sono limitate, circostanziate e inessenziali nel tentativo di capire questo mondo dal suo passato per viverlo nel presente da trasformare nel futuro.
F.R. (19 agosto 2019)


domenica 11 agosto 2019

Firenze, 11 agosto 1944, 3.

Dopo la prima rievocazione dell'insurrezione di Firenze del 11 agosto 1944 (post del 3 agosto 2017, Firenze insorge!) e la successiva (post del 11 agosto 2018), nella cui nota redazionale sottolineavo le ragioni della novità e dell'importanza degli accadimenti fiorentini, eccoci alla terza comunicazione sulle eroiche giornate partigiane di Firenze.
Questo post in particolare riguarda la relazione che Carlo L. Ragghianti tenne in Palazzo Medici Riccardi il 29 settembre 1963 in occasione del “Primo Convegno di Storia della Resistenza in Toscana” nel ventesimo anniversario della costituzione del Comitato di Liberazione Nazionale Toscano (aggettivo unico tra tutti quelli di allora che C.L.R. volle fermamente, collegandosi così alla concezione federalista dello Stato secondo le istanze risorgimentali di Carlo Cattaneo). Con questo documento si allarga, di conseguenza, lo sguardo sulla visione politica complessiva della Resistenza alla intera Regione, di cui Firenze fu, direi naturalmente, l'antesignana, il fulcro propositivo, l'esempio. Insieme alla Relazione generale tenuta dallo studioso lucchese, si riportano gli interventi di Giorgio Vaccarino (p. 59), di Giorgio Spini (p. 63), dell' Enriquez Agnoletti (p. 65), la replica di Ragghianti (p. 67).
Questo testo è storiograficamente rimarchevole perché evoca 
e puntualizza evidenti spunti di approfondimento, inoltre è relativamente meno noto degli altri scritti di Ragghianti, succedutesi negli anni per l'anniversario del 11 agosto 1944 ed anche in riviste e libri. Di questi ultimi sottolineo l'importanza di Una lotta nel suo corso (postato in questo blog integralmente il 3 dicembre 2018, l' 8 gennaio, il 3 marzo, il 3 aprile e il 3 maggio 2019), e l'altrettanto importante volume, cioè il Disegno della Liberazione Italiana (1954, 1962, 1975), che comunque posteremo integralmente in un prossimo futuro, collazionando le tre edizioni, con le loro aggiunte e le sostituzioni che le contraddinstinguono.
Tratto da “Il Ponte”, diretto da Piero Calamandrei (a.1, n. 5, agosto 1945, pp. 430-442) segue l'esauriente e coinvolgente documento nel quale Alberto Predieri illustra dettagliatamente la Battaglia Partigiana per la liberazione di Firenze, come già indicato nella seconda postazione, dato che i documenti disponibili su questo argomento sono numerosi, saranno non pochi i post che dovremo organizzare: quindi accadrà che la pubblicazione avvenga, oltre che alla data canonica del 11 agosto, anche in altre date “anche tenendo conto dell'età di chi scrive e del tempo statisticamente a sua disposizione”.
F.R. (1 agosto 2019)

martedì 6 agosto 2019

Arte Moderna in Italia 1915/1935. Schede Redazionali 4 - LIGABUE, BERTI, BORRA.


Questo artista, perché tale è senza dubbio, fu un personaggio che non ha interessato un'indagine approfondita da parte di Carlo L. Ragghianti a causa dell'ambiguità della costruzione mediatica speculata su di lui e intorno alla sua pittura. Non è da escludere la sua curiosità intellettuale e il rispetto, la cautela indagativa con cui R. considerava le complicate distorsioni alienanti della psiche “malata” ma non per questo incapace di esprimere anche arte. Tramiti certi sono stati la frequentazione dell'antico amico Mario Tobino e quella più recente con Franco Basaglia, col quale ebbe rapporto intellettuale certo, di cui però io ignoro le circostanze (probabilmente grazie agli amici friulani e triestini e ai lunghi soggiorni a Roma a causa dell' ADESSPI che presiedeva). Ricordo, tra parentesi, che anche Indro Montanelli nell'articolo Quadri di lucida Follia (“Il Giornale”, 4 settembre 1984) sottolinea gli aspetti extra artistici creati intorno all'artista. Aggiungo che C.L.R. attento ai fenomeni naifs autentici (e persino al cosiddetto Art Brut, di cui ha sempre seguito le pubblicazioni della “Collection de l'Art Brut” edite dall'omonimo museo di Losanna) era infastidito dalla mediatica sovraconsiderazione dei motivi extra artistici e di moda legata anche a speculazioni economiche. Insomma, Ligabue è stato sostanzialmente innocente del clamore mediatico che lo ha investito. Anche se l'artista in qualche modo si adeguò alla situazione lo ha fatto senza malizia, col tocco della propria follia. La campagna di promozione economica sull'opera
del pittore, della quale non penso egli abbia tratto particolari vantaggi, è stata vistosa e bene orchestrata. Fatto sta che la narrazione di episodi, fatterelli, storielle – sostitutiva delle analisi formali e culturali delle opere d'arte – è stata massiccia, reiterata. Ragion per cui Ligabue è tuttoggi uno dei più “celebri” artisti italiani. Perfino lo scrittore Marco Malvaldi, che ha rallegrato e rallegra mia sorella Rosetta e me con la sua penetrante vena umoristica sempre di buon livello che lo associa a Jerome e Woodhouse, tanto per far nomi, ha messo al centro del suo romanzo Negli occhi di chi guarda (2017) un dipinto di Ligabue con una invenzione fantastica impensabile e paradossale.
Anche negli anni Ottanta si cercò ancora una volta di “pompare” un mediocre professionista Gino Covili ( 1918-2005) discutibile fenomeno anch'egli emiliano. Tuttavia, pur con le riserve espresse nella scheda della mostra, fu proprio Ragghianti che impose la presenza di Ligabue nell'esposizione di Palazzo Strozzi. Questa considerazione positiva di R. si può desumere e contrario anche dal fatto che nel successivo Catalogo/Mostra “Arte in Italia 1935-1955” (tutto sommato con un Comitato Scientifico e con Pier Carlo Santini coordinatore in prosecuzione ideale e concettuale con la Mostra 1915-1935). Ligabue non è stato accolto, nonostante che proprio all'inizio degli anni Cinquanta egli si era espresso al meglio e con notevole continuità qualitativa.
F.R. (7 marzo 2019)

sabato 3 agosto 2019

Colloquio con C.L. Ragghianti sul Partito d'Azione.

Il riscatto civile della "nuova Italia" (1984).

Ritrovando la fotocopia (di qualità mediocre a causa della macchina) dell' intervista rilasciata da C.L. Ragghianti a “La Voce repubblicana” 28-29 aprile 1984, vedo che essa è stata redatta da Paolo Bonetti, all'epoca un giovane storico nato nel 1939, qualche mese prima di me. Devo premettere che questo ri-montaggio fu effettuato personalmente da C.L.R. per poter inviare lo scritto ad alcuni amici, studiosi e personalità interessate, secondo una consuetudine – non sistematica – di diffusione dei propri interventi in quotidiani e riviste. Siccome ricordo vagamente questo storico e filosofo vieppiù filosofante nel suo procedere, allora vicino al P.R.I. di Giovanni Spadolini, cerco di informarmi su di lui e scopro che è morto il 28 gennaio di quest'anno 2019, professore emerito dopo aver insegnato Filosofia morale all' Università di Cassino e Bioetica a quella di Urbino.
Paolo Bonetti, inoltre, ha studiato molto Benedetto Croce, sul quale ha pubblicato diversi libri (cito soltanto i più recenti, Per conoscere Croce, 1988, e Introduzione a Croce, 2000) contribuendo a mantenere l'attenzione – sviata da tante fregnacce sociologiche e astoricistiche sia da sinistra che da destra – sull'originalità e la validità del minuscolo gigante di Pescasseroli che mi impose, sollecitato da R., le mani sul capo in segno, più che benedicente, d'augurio. In effetti dopo la cessazione della notevolissima Rivista di studi crociani di Alfredo Parente, del secondo “Criterio” di Franchini e Cotroneo, la – direi volontaria – chiusura in orti appartati del mondo accademico di pensatori che ebbero il coraggio di tentare di proseguire lo sviluppo di un pensiero “crociano”, non si sono visti nuovi fenomeni significativi e vitali, soprattutto nelle ultime generazioni. Tanto meno circa il nucleo fondante del pensiero di Croce: la libertà, che Bonetti esplora da vari punti di vista come si potrà constatare in un prossimo post. Essa non va intesa come sopraffazione come è avvenuto “fattualmente” nei liberalismi del berluskaiser pensiero, tuttavia vigente quale ruota di scorta e pelle di daino lucidatrice delle pecche del putridume “sovranista”.
Insomma, per ricordare questo studioso “miracolosamente” indenne da schemi marxisti o sedicenti tali quali, ad es., quelli craxiani, penso che la ricorrenza del 32esimo anno dalla morte di C.L.R. possa essere degnamente ricordata con la riproposta dell'intervento alla “Voce”. A ciò aggiungo la minuta di una lettera di C.L.R. inviata a Bonetti mentre era ancora in attesa della pubblicazione delle proprie considerazioni sul Partito d'Azione e la politica dell'Italia postbellica.
La missiva, di cui conosciamo soltanto la minuta, è incentrata su alcune importanti considerazioni e consigli di Ragghianti circa Benedetto Croce, sul quale il Bonetti aveva appena pubblicato una monografia. Successivamente il filosofo, docente di quell'Ateneo, durante il Convegno del 21-23 ottobre 2002 su Ragghianti, concepito e realizzato a Cassino dall'amico Raffaele Bruno (già assistente alla Scuola Normale di C.L.R.), svolse la relazione Ragghianti e il tempo del disinganno, che qui riporto perché strettamente collegata all'intervista, nonostante le prime pagine nelle quali si dipana una analisi storiografica delle varie posizioni ideologiche presenti nel Partito d'Azione centrate sui contributi di Claudio Novelli e Dino Colafrancesco, 
Giovanni De Luna e diversi altri storici, politologi e filosofi. Comunque – mi dispiace dirlo – piuttosto inadeguata circa l'originalità e la propensione, per non dire proiezione sul futuro della tesi portante di Traversata di un trentennio (1979). Già Benedetto Croce scrisse dell' “ircocervo” che riscontrava nel Partito dìAzione,e sono pur vere le acrobazie dei “torinesi” fino al “gramsciazionismo” per tentare di mantenere una distinzione dai marxisteggianti e dal P.C.I. Quindi, scrive Bonetti:”Il disincanto di Ragghianti nasce non da un rimpianto per un'utopia che non si è realizzata, ma dalla constatazione di una occasione mancata, quella offerta dalla caduta della dittatura e dalla conseguente possibilità, in un momento di crisi radicata, di riformare in profondità le strutture dello Stato unitario, dandogli finalmente le caratteristiche oggettive e soggettive di una moderna democrazia”. Vero. Però la Traversata di un trentennio. Testimonianza di un innocente di C.L. Ragghianti non si limita a sottolineare che l'incompatibilità operativa del Partito d'Azione è derivata dalla sostanziale differenza tra pensiero “liberalsocialista” di Capitini e Calogero e “socialismo liberale” di Carlo Rosselli tramitato da Parri, La Malfa, Ragghianti. Né si contenta di sognare che se avessero avuto la lucidità di essere distinte ma alleate le due visioni del Partito avrebbero certamente trovato punti di accordo sufficienti a operare con altri alleati democratici. (Oggi questo “ircocervo”, questa paralisi si riscontra nel Partito Democratico, tra cattolici e post-comunisti, uniti soltanto nell'escludere le altre componenti socialiste, democratiche, ecologiste e laiche: soprattutto uniti di fatto in una percezione diabolica e paralizzante di corruttela).
Le diversità oggi tra le interpretazioni del/dei Partito d'Azione e le conseguenze scaturite da una lettura critica, storicizzata della Traversata di un trentennio (ricordo che il libro è stato ripubblicato in questo blog in una serie di 6 post dal 13 novembre 2017 al 13 agosto 2018) ci sono numerose e sostanziali: filosofiche ed ideologiche non troppe, né insormontabili; ideali, pratiche, etiche tantissime e praticamente inconciliabili con la concezione odierna del Servizio Pubblico, dello Stato, della “sovranità” (quella riconosciuta dalla Costituzione: quella popolare esplicata nelle forme previste).
E' stato certamente un peccato che Bonetti nel 2010, quando è stato pubblicato La diaspora azionista. Dalla Resistenza alla nascita del Partito Radicale, un libro importante, direi, eccellente e trascuratissimo dagli studiosi di Elena Savino, non abbia saputo o non abbia ritenuto di volersi confrontare con le originali ricerche e ricostruzioni di questa storica. Nel volume C.L. Ragghianti con Aldo Garosci e Leo Valiani sono i principali protagonisti delle vicende che si concludono con la nascita del vero partito Radicale (quello di Pannunzio ed altri, non quello successivo del prepotente “ricattatore” Pannella). Alcune di queste circostanze restano tuttora più che insolute non certamente chiarite o assimilate anche perché non è completamente storicizzato il ruolo e lo snodo conseguente rappresentato in Italia dal pensiero e dall'azione politica di Carlo L. Ragghianti.
F.R. (17 luglio 2019)

giovedì 1 agosto 2019

{bacheca} Buone vacanze 2019.



Buone vacanze ... che siano meno inquinanti e inquinate di queste descritte da Jacques Charmoz cinquant'anni fa.