Non
foss'altro che per aver scritto Contra Marcuse (1971), questo
pensatore sudamericano (Colombia e Venezuela), formatosi però
culturalmente negli U.S.A., gode di tutta la mia simpatia, suffragata
da stima nei confronti di un intellettuale pervicacemente coerente
alla propria eticità incorrotta, cioè ad una qualità sempre più
rara e sempre meno apprezzata. Coraggioso, infine, quanto basta per
sfidare nel potente agone accademico statunitense Herbert Marcuse,
marxista approssimativo e infedele, così come tanti dei nostrali
sedicenti comunisti finiti prima o poi filo Berlusconiani o tornati
ambigui cattolici, e presuntuoso tanto da sembrare un'ennesima
grottesca imitazione del rospo che tenta di farsi toro.
Premessa
questa nota di simpatia va comunque ricordato che Eliseo Vivas ha
espresso anche una concezione critica che, contrapponendosi al
cosidetto “naturalismo” di John Dewey – studioso che C.L.
Ragghianti ha sempre stimato moltissimo –, lo ha portato a
concludere il proprio percorso intellettuale in regressione, con
punte francamente conservatrici, anche socialmente e politicamente.
Debito è, a
questo punto, giustificare perché si toglie dall' “oblio” questo
personaggio che comunque rimane un pensatore interessante, non
caudatario né conformista.
Da un lato
m'ha colpito, mentre cercavo di informarmi su di lui, che su Internet
– almeno a livello mio di capacità navigatorie – c'è una
marginale presenza del Vivas, ricordato nelle prime schede presenti
su Google con una sostanziale stroncatura (supponente) in favore dei
sociologismi di importazione germanica ancor dominanti
nell'accademismo universitario nord americano. Quindi il motivo di
questa “riesumazione” lo trovo soltanto nella lettura delle
pagine su e di costui pubblicate da C.L. Ragghianti e Vittorio
Stella.
D'altro
canto più che giustificare cerco di capire perché mio padre, dopo
la sua recensione piuttosto limitativa a The Problems of
Aesthetics (1953) comparsa in “Critica d'Arte” (n-8, marzo
1955), che riproduciamo come primo documento, abbia voluto chiedere a
Stella di recensire la traduzione del volume Creazione e scoperte.
Saggi di critica e di estetica (Creation and Discovery,
1955) edito il Italia da “Il Mulino”. Si vedano in proposito le
lettere a Ragghianti del 27.1.1959, 14.2.1959, 10.6.1959.
[Parenteticamente: nella copia nel nostro
studio-Archivio della corrispondenza tra i due si nota l'assenza di
varie lettere citate di R. a S. . Se così fosse anche nell'Archivio
conservato a Lucca, sarebbe bene provvedere ad una ricerca tra le
carte lasciate da Stella, morto qualche anno fa]. Comunque non voglio
indagare ulteriormente e trarre conclusioni, anche perché questa
vicenda mi sembra appropriata per essere approfondita da qualche
giovane studioso di stampo accademico.
Il
secondo documento che mi pare opportuno riproporre riguarda proprio
il libro di cui C.L.R. chiede a Stella un'analisi critica e da cui
R., successivamente, pubblicherà due estratti (che riportiamo a
conclusione del post) su “SeleArte” (n.75, lug.-sett., pp.26-31;
n.76, ott.-dic. 1965, pp. 70-75). La risguardia di questo volume
Creazione e scoperta dichiara che nell'Autore l' <<
interesse per l'estetica nacque da alcune
convinzioni che trentacinque anni di studio hanno confermato e
chiarito>>. Essenzialmente
si tratta di quattro argomentazioni:
"La prima è che l'arte non è puro ornamento della vita umana, né un'attività il cui fine sia il piacere, né una terapia di cui si possa facilmente trovare un surrogato, bensì un fattore indispensabile nel trasformare l'uomo animale in una persona umana. Una seconda è che il suo giusto uso può essere scoperto mediante un'analisi dell'opera d'arte, come incorporamento di significati e di valori oggettivi. Una terza, che non è possibile comprendere oggettivamente l'opera d'arte se non si tiene conto dell'atto che la crea e della particolare esperienza che la coglie. Una quarta, che la prova della validità di una teoria estetica è la sua adeguatezza a tutti questi fattori nel loro insieme ".
Da notare al terzo punto un concetto non distante dalla “scoperta” di C.L. Ragghianti circa il FARE nell'opera d'arte da parte dell'artista. La bandella editoriale si chiude con questa osservazione:
"il lettore troverà in questo libro una vera e propria informazione e documentazione relativa a teoria estetiche e a metodi critici che troppo sovente sono sfuggiti alla cultura italiana".
Ben
detto, perché storicizzando lo stato degli studi e della cultura in
Italia – tutto sommato abbastanza coeso (seppur timidamente) sotto
il Fascismo facendo riferimento a Benedetto Croce – dal dopoguerra
si stava sfilacciando: l' “idealismo” crociano era aggredito,
quasi vilipeso e il conformismo editoriale dava ampia diffusione e
credito ai marxismi alla Lukàcs e ai sociologismi alla Hauser,
tacendo qui di altre manifestazioni sia di importazione sia di
elucubrazione nazionale.
Finalmente
nel 1959 su “Critica d'Arte” (lug.-ago., n.34, pp.265-272)
compare il saggio Critica estetica in Eliseo Vivas del
compianto e sottostimato Vittorio Stella (1922- ), che riproduciamo e
nel quale alla nota n.1 si traccia un essenziale profilo biografico e
critico dello studioso americano.
Dall'Archivio
di famiglia recupero, quindi, un appunto in fotocopia, in parte
dattiloscritto e in parte a penna, risalente al 1964 e conservato a
suo tempo all'interno del volume del Vivas, restituito a C.L.R. da
Stella e custodito adesso alla Fondazione di Lucca. Per stendere
questo post ne ho acquistato su ebay una copia nella quale, in
effetti, ho constatato l'esattezza di quanto rimarcato da mio padre e
da Stella circa le pecche della traduzione. Da questo appunto
(bruscamente interrotto nella battitura a macchina) mi sembra di
poter dedurre che C.L.R. volesse sviluppare un intervento di cui
almeno io non ho elementi sufficienti per fare valide ipotesi.
Speriamo che il finalmente ordinato Archivio lucchese contenga ancora
qualche sorpresa al riguardo.
Da
Creazione e scoperta, pubblicato da “Il Mulino” nel 1958,
sono infine tratti i due testi che Ragghianti volle diffondere con
“SeleArte” (Che cosa è la poesia?, n.75, 1965, pp.26-31; Che
cos'è l'arte?, n.76, 1965, pp.70-75) perché scritti con chiarezza e
accessibilità di linguaggio, dati che caratterizzano la migliore
tradizione anglosassone. Naturalmente i contenuti elaborati da Eliseo
Vivas non coincidono con i raggiungimenti del pensiero estetico di
Ragghianti già all'epoca ben delineato e consolidato, ne possono
però essere un utile contributo, soprattutto se considerati
propedeutici ad una disintossicazione dalle prevalenti concezioni
teoriche preesistenti e da quelle promosse dall' “industria
culturale”, cioè da un'editoria quantitativa e sempre bisognosa di
nuova “merce” da divulgare indiscriminatamente.
Mi
risulta (però non ne ho certezza) che dal n.40 di “SeleArte” fu
stampata anche in un'edizione internazionale su carta patinata
destinata agli abbonati esteri paganti e agli omaggi internazionali
(qualificati, prestigiosi per lo più) della Società Olivetti.
Questa tiratura conteneva un allegato stampato su carta verde nel
quale era riportati in Francese, Inglese, Tedesco e Spagnolo le
traduzioni dei riassunti degli articoli e dei principali
argomenti trattati in ciascun numero della rivista. Riguardo ai due
estratti dal libro di Vivas, che Ragghianti volle pubblicare su
“SeleArte”, ho pensato, dato l'argomento, di proporre anche i
rispettivi riassunti di Che cosa è la Poesia? e Che cos'è
l'Arte? Facendoli tradurre in
italiano dal francese da mia sorella Rosetta, perché gli originali
scritti dai coniugi Ragghianti (in questo caso Carlo) sono andati
perduti nelle vicissitudini dei traslochi dei nostri uffici.
F.R.