Carlo e Licia

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sabato 30 giugno 2018

Ragghianti e la Guerra Civile di Spagna (1936-1939)

Parrà forse un po' patetico che un vecchio signore di 78 anni alla vista della scritta “guerra civile spagnola”, quale sia la circostanza o il contesto in cui ciò avviene, senta formarsi un groppo in gola e salire agli occhi lacrime di emozione e dolore. Questa manifestazione non mi imbarazza, anzi mi inorgoglisce e rassicura di essere ancora una “costruzione morale” attiva, degna di stare a questo mondo per testimoniare e lottare per gli eterni valori di Giustizia e Libertà.
Perciò, allestendo l'ultimo testo postato come appendice a L'arte e il mondo storico di Stephen Spender, volontario antifascista in Spagna, mi sono commosso sì, ma poi mi sono ricordato del rimpianto e della commozione che colpivano mio padre al semplice ricordo o accenno alla Repubblica spagnola tradita e assassinata. Ho pensato anche che forse (la memoria purtroppo non è più quella di una volta) la posizione di Carlo L. Ragghianti al riguardo di questa epica vicissitudine di un'ottantina di anni fa va ricordata.
Per mio padre il fatto di vedere esplicitamente respinta la sua pressante richiesta di essere instradato nel percorso clandestino per raggiungere la Spagna fu assai doloroso, veramente frustrante. Non poter far parte delle Brigate Internazionali composte da democratici,
socialisti, comunisti, anarchici giunti da ogni parte del mondo in difesa della Repubblica aggredita dal “pronunciamiento” fascista del Gen. Franco (coadiuvato da retrivi d'ogni dove, dalla Milizia Fascista e dall'aeronautica hitleriana) rappresentò per C.L.R. la delusione più cocente della propria esistenza. Fu doloroso anche per Ferruccio Parri comunicargli, praticamente ordinargli che la sua militanza, entusiasta e qualificata, era stata ritenuta indispensabile all'interno della patria, dove erano veramente pochi i resistenti clandestini ignoti o giovani sottostimati dal Regime di Mussolini, per diffondere e organizzare l'antifascismo di “Giustizia e Libertà” in vista dell'insurrezione rivoluzionaria. Perciò R. non raggiunse gli espatriati organizzati dai fratelli Rosselli e comandati militarmente da Randolfo Pacciardi. Per noi figli questa vicenda è d'importanza vitale: se il babbo avesse raggiunto le Brigate internazionali non avrebbe conosciuto nostra madre. Nella migliore delle ipotesi ne avrebbe avuto l'occasione dopo il 25 luglio 1943 sempre che Licia non si fosse coniugata altrimenti e che Carlo non fosse perito in Spagna ( ucciso dai franchisti o nella mattanza degli anarchici – con vittime anche tra i democratici – effettuata dagli scherani staliniani guidati da Togliatti Palmiro).

F.R. (8 maggio 2018)

domenica 24 giugno 2018

Congo l'artista

Controllo e vedo che sul web è stato dato un certo rilievo mediatico al fenomeno di Congo e di altri scimpanzé sparsi in varie parti dal mondo con comportamenti indipendentemente gli uni dagli altri analoghi a quelli del “pupillo” di Desmond Morris. Però osservo anche che si tratta di interventi piuttosto superficiali, prevalentemente aneddotici; ed anche con riferimenti a fonti originali poi non postate o difficili da individuare su Internet. Perciò ritengo opportuno riproporre il testo che Licia C.R. dedicò al problema dell'espressività figurativa di esseri viventi non umani, analizzando e riferendo delle ricerche originali dell'etologo Desmond Morris (n. 1928), il quale a 
suo tempo fu anche un famoso divulgatore scientifico. Il testo di “SeleArte” (n.57, mag.-giu. 1962, pp. 2-7) è rilevante anche perché è l'unico coevo che affronta gli interrogativi scaturiti da questo eccezionale evento pittorico. Anzi osservo che, dopo Congo (1954-1964) e colleghi, sull'espressività visiva e figurativa dei viventi non umani non ci sono state ulteriori significative ricerche originali e risultanze con risonanza importante. Ciò è accaduto a causa della cessazione di ricerche e studi perché si sono ritenuti risolti i problemi – anche etici – derivanti da quella sperimentazione? Oppure?

giovedì 21 giugno 2018

Parole in libertà - Artemanti alla Biennale.

Da “SeleArte”, n.12 (mag.-giu. 1956) riproponiamo questo scritto, un po' divertente, molto amaro nella sostanza, il cui titolo originale sembrerebbe, stando almeno ai dizionari ed a Internet, un neologismo di Carlo L. Ragghianti. Cioè una parola nuova derivata, per analogia con “rabdomante” a significare un indovino con la bacchetta, uno che pretende di scoprire l'arte con mezzi divinatori. Concettualmente, comunque parole in libertà.
Già Parole in libertà è stato il titolo che lo storico dell'arte diede – in occasione della pubblicazione su “Critica d'Arte”, se non sbaglio – ad una lunga lettera metodologica indirizzata a Bruno Zevi nel 1950. In seguito questo documento fu ripubblicato nella seconda edizione de L'arte e la critica, Vallecchi, 1980 alle pp.111-116, con il titolo Confusiologia dell'arte. Parole in libertà.
Perché questo vetusto recupero da “SeleArte”? Perché – e non solo nella critica d'arte, specialmente contemporanea –
troppo spesso gli scritti di analisi ancor oggidì abbondano di incomprensibili “voli pindarici”, di banalità rese astruse, nonché di oscurità concettuali non di rado artatamente gabellate per riflessioni originali. Sarebbe bene che lettori e recensori invece di subire questi “ermetismi” incomprensibili li denunciassero per quel che sono: disprezzo della cultura delle singole persone, truffa supponente e di conseguenza danno reale perché si configurano come “circonvenzione”, aggravata perché commessa a danno di chi esercita il diritto a farsi o a migliorare la propria cultura in un'aspettativa di corretta informazione. In particolare non si comprende perché editori e direttori (quando non siano mandanti di fumisteria mistificatoria) non sanzionano quei loro collaboratori che così si esprimono, se non altro lo dovrebbero fare in sede civili per risarcimento di danno d'immagine.
F.R.

sabato 16 giugno 2018

L'Arte Moderna in Italia 1915/1935 Testi critici,1 - Raffaele Monti (I).




In questo anno 2018 sono in corso o sono state proposte manifestazioni espositive, anche di notevole impegno organizzativo, con l'intento di recuperare ancora una volta, dopo la contrastata Mostra Anni Trenta della Milano di Tognoli, l'immagine complessiva dell'arte italiana durante il fascismo. Anche se non mi risulta che ci siano stati evidenti intenti celebrativi o “nostalgici”, in queste mostre non si è, o non si è voluto, fare le necessarie distinzioni tra espressione artistica dei singoli e adesione alla retorica e alla propaganda del regime imposto da un altro “cavaliere”, Benito Mussolini, per altro giustamente giustiziato.
Va detto che all'epoca della mostra Mostra 1915-1935 (1966-67) nessuno degno di considerazione nemmeno tentò di fare un accostamento tra il contenuto dell'esposizione e il regime fascista
concomitante. Per questo motivo non ho bisogno di “difendere” gli intenti esclusivamente artistici di quell'importante avvenimento che recuperò e sdoganò tanti artisti involontarie vittime dei loro tempi. Ritengo però opportuno riproporre adesso – anziché a conclusione della serie delle nostre puntate – il saggio critico impegnativo ed appassionato che il Segretario Generale della Mostra pubblicò nel fascicolo n. 91-92 (dic. 1967) di “Critica d'Arte”. Il testo di Raffaele Monti (1936-2008) qui di seguito viene integralmente riportato, non sono riprodotte le decine di pagine di illustrazioni fuori testo, perché ciascuna di esse comparirà in questo blog assieme alla scheda dell'artista che ha dipinto o scolpito l'opera d'arte riprodotta fotograficamente.
F.R. (8 maggio 2018)

martedì 12 giugno 2018

Disegni della Fondazione Horne, 1.

Quando era ancora funzionaria delle Belle Arti, cioè fino al 1956, Licia Collobi ebbe anche l'occasione di visionare i disegni raccolti da Herbert Percy Horne e conservati, ma trascurati e negletti, nella sede della Fondazione omonima sita in Palazzo Corsi in Via de' Benci a Firenze. Ebbe anche l'accortezza di farli fotografare tutti da Guido Biffoli, che operava sotto l'egida dell'ancora attivo e vegeto Studio Italiano di Storia dell'Arte di Palazzo Strozzi.
In occasione della morte di Carlo Gamba e dell'incombente centenario della nascita di Horne (suo collega ed amico che su “Dedalo” – I, 1920/21, pp.162-185 – dedicò un articolo a Casa Horne e che dopo la morte del collezionista fu ininterrottamente Presidente della Fondazione dal 1916 al 1962) il Comitato Direttivo de “La Strozzina” decise di ricordare congiuntamente questi due illustri personaggi che tanto avevano fatto per illustrare la cultura e Firenze. Di conseguenza fu stabilito di organizzare un'esposizione di quei disegni inediti e quindi praticamente sconosciuti collezionati dal mecenate inglese. In quanto notoria esperta di disegni e unica conoscenza della consistenza e della qualità delle opere del lascito Horne, Licia Collobi fu incaricata di curare la Mostra scegliendo le opere da esporre e di realizzare il catalogo provvisorio sulla base degli elenchi approssimativi esistenti. Il tutto, come spesso avviene in questi casi, entro tempi strettissimi, stanti la programmazione della Galleria di Palazzo Strozzi e i limiti temporali del prestito da parte della Fondazione con un nuovo presidente dopo i quarantasei anni di Gamba.
La Mostra dei Disegni Horne si tenne nel bimestre settembre-ottobre 1963, arricchita da un Catalogo (8 pp. apparati e Presentazione, 55 pp. di elenco e descrizione delle opere, un sedicesimo con 8 tavole a colori, 144 pp. di tavole in bianco/nero) nel quale la curatrice dichiarava – in attesa di una sua regestazione definitiva – che “le schede vogliono fornire i dati essenziali per la pertinenza o il riconoscimento dei disegni”.
Era già accaduto in precedenza, in occasione della Mostra dei Bozzetti degli Uffizi sempre a “La Strozzina” nel 1954 (esposizione di cui relazioneremo successivamente in questo blog), che l'operato professionale di Licia Collobi fosse aggredito con argomentazioni improprie, pretestuose e con autentiche falsità, per motivi dettati da invidia ma soprattutto tesi a colpirne il marito che non si aveva il 
coraggio e l'opportunità di affrontare direttamente. Nel caso dei Disegni Horne l'aggressore fu uno specialista britannico, quasi sempre citato in coppia col collega Pouncey, di nome A.E. Popham. Non so se il di costui livore fosse scatenato da falsi presupposti ed attestazioni, o da gelosia professionale, o a personale idiosincrasia o fosse – non me ne meraviglierei – eterodiretto dai soliti noti. Naturalmente ancora una volta Licia Collobi (che ricordo indignata e sorpresa) fu costretta a replicare tramite la “Critica d'Arte” (n.61, apr. 1965, pp. 63,64) di cui era redattrice unica. Di questo episodio di malcostume diffuso tra studiosi ed accademici, purtroppo non inconsueto né all'epoca né – temo – oggidì si confondono i risultati di studi e ricerche che invece di essere considerati acquisizioni disinteressate ed erga omnes (e nemmeno intesi come normali gradini di una carriera) si tramutano in orticelli chiusi, dove soltanto gli adepti sono ammessi con diritto di opinione, comprensione e gestione. Così “beni” pubblici vengono considerati strumenti per il successo, per scambi illeciti, per acquisizione o difesa di potere. Così si costituisce una mentalità segregazionista cui soltanto la “nomenclatura” ha diritto di considerazione e di comunicazione privilegiata. Ad esempio: non erano rari i casi di funzionari pubblici delle Belle Arti che bloccavano l'accesso a documenti o a opere d'arte – a volte per decenni! – perché essendo od essendo stati sotto la loro tutela si riservavano di occuparsene in esclusiva a loro comodo in un futuro indeterminato.
Comunque quel che è importante e che conta è che questa scelta di 260 tra i 929 disegni che Horne collezionò fu finalmente pubblicata. I disegni, tutti di qualità con alcuni capolavori, furono resi noti in una anteprima accurata, scientificamente attendibile e corretta rappresentando così anche l'anticipazione di ulteriori studi. Così fece Licia Collobi R. che concluse la sua ricerca pubblicando su “Critica d'Arte” due interventi sulle opere degli artisti inglesi e Constable in particolare (n.62, mag. 1964, pp. 33-42; n.70 apr. 1965, pp.31-42; n.71, mag. 1965, pp. 53-64). Questi contributi verranno fusi nel 1966 nel volume Disegni inglesi della Fondazione Horne in Firenze (Edizioni di Comunità, Milano), dei quali stiamo preparando un post che riporterà la Presentazione dell'autrice e una scelta di illustrazioni.

F.R. (5 maggio 2018)


mercoledì 6 giugno 2018

Indici "SeleArte" IV serie.

1988-1999

Sono ora disponibili per il download gli Indici della IV serie di "SeleArte", nn. 1-26.

Per scaricarli, scorrere all'inizio della pagina iniziale del blog e cliccare dal menu principale sulla sezione apposita "Indici SeleArte IV serie". Aperta la pagina selezionata, non resta che cliccare sul link per il download (denominato proprio QUESTO LINK ed evidenziato di colore diverso) e la cartella completa, comprendente l'indice degli artisti, indice delle persone, indice dei luoghi e per argomento, verra' scaricato=a automaticamente sul vostro pc o dispositivo mobile in formato Word doc.
Nel caso aveste problemi nella lettura del formato del file, contattate la redazione del blog all'indirizzo email: ragghiantiana@gmail.com per richiedere un diverso formato compatibile con il vostro dispositivo.


The Index for the IVth series of the magazine SeleArte no. 1-26, are now available for download on this blog.

To download, scroll up to the beginning of the blog's homepage and click on the menu section "Indici SeleArte IV serie". Once the new page is open, click on the downloading link, that will be marked in orange. The complete folder, inlcuding the Index by Artist, Index by Name, Index by Place and Index by Topic, will be downloaded directly on your device in doc. format.
If in need of a different format file, contact us at ragghiantiana@gmail.com to request a format compatible with your personal device or program.

Arte dell'Africa nera, 2 (1960-1969)

Riguardante gli anni Cinquanta, il primo post di questa serie raccoglie gli scritti di Licia e Carlo L. Ragghianti che hanno per oggetto l'Africa nera sia tribale, sia dove prevalentemente islamizzata mantenendo robuste tradizioni culturali ed artistiche autoctone. Esso è stato pubblicato in questo blog il …........ .
I testi che seguono sono quelli individuati soprattutto tramite le Bibliografie degli scritti degli autori, quindi al momento possono essere sfuggiti contributi senza esplicita pertinenza indicizzabile, nonché assenti in queste due elencazioni, tuttavia indispensabili 
ausili. Siccome per C.L. Ragghianti il decennio Sessanta fu particolarmente oneroso di incarichi sociali (presidenza dell'Associazione Difesa e Sviluppo Scuola Pubblica Italiana, che fu determinante per ottenere la Scuola Media unica e altre riforme anche universitarie), professionali, di studio e ricerca e di pubblicazioni (Mondrian e l'arte del XX secolo, ad es.), la sua partecipazione a “SeleArte” risulta fortemente ridotta. Viceversa Licia Collobi R., dopo il pensionamento da funzionaria delle BB.AA., poté aumentare la propria partecipazione alla confezione della rivista.

CARLO L. RAGGHIANTI

 A p.67 del n.55 di “SeleArte” (gen.-feb. 1962) C.L.R. rileva che a fronte dell'universale apprezzamento per l'originalità e la qualità della musica dei neri americani non risulta fino ad allora un analogo consenso verso l'espressività artistica figurale da loro prodotta. Sul filo conduttore di un studio di Cedric Dover si constata che tra i numerosi artisti neri è spesso presente qualche rievocazione dell'espressività africana originaria.
In Arte africana (“SeleArte”, n.65, sett.-ott. 1963, pp.56-59) recensendo il libro di Ulli Beier dedicato alla scultura africana operata con il fango “finora la meno considerata, eppure non inferiore a quella lignea e a quella bronzea”, si conduce un'analisi formale considerando anche i vari aspetti etnici e religiosi – soprattutto – che per l'artista africano rappresentano “il costante rinnovamento” dell'atto della creazione.