Carlo e Licia

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venerdì 27 marzo 2020

Arte italiana al 1960, 3. Architettura e urbanistica.

Tenendo presente anche in questa terza postazione riguardante l'architettura e l'urbanistica, è necessario riscontrare il testo critico di Carlo L. Ragghianti – Avviamento critico – nella sua interezza.
Esso è pubblicato nel post del 27 gennaio 2020. Nelle uscite successive, il testo viene riproposto nel compendio in una lingua straniera differente in ogni sezione, in questo presente caso il “résumé” in francese.
Oltre alla interpretazione critica e storica dell'autore, bisogna rimarcare e tener presente che la produzione artistica allora contemporanea è stata di qualità, al di là dei pregiudizi ideologici e di schermi evoluzionistici. 
Anche in questo caso mi permetto di osservare che – almeno nel nostro Paese – le manifestazioni edilizie, urbanistiche e paesistiche della fine del secolo XX e dell'inizio del XXI sono raramente di qualità formale, nonché culturale, dei raggiungimenti illustrati in questa sede. E' infatti assai improbabile che una società democratica (per ora), però gestista da una quasi unanime cleptocrazia possa incoraggiare operatori creativi rispettosi dei vincoli e delle esigenze del contesto umano generale contrapposto alla classe dirigente della propria epoca.

F.R. (21 febbraio 2020)

martedì 24 marzo 2020

Pluralità della prospettiva. Prospettiva, miti e storia.

Le due schede di Carlo L. Ragghianti che seguono furono concepite appositamente per la IV serie di “Critica d'Arte”, edita dal 1984 da Panini di Modena. Esse costituiscono due esempi di esplicitazioni di un argomento con intenti didattici, quindi “divulgativi” nell'accezione ragghiantiana del termine.
Il primo saggio, Pluralità della prospettiva è stato pubblicato nel fascicolo n.3 (ottobre-dicembre 1984);
il secondo studio Prospettiva, miti e storia è stato edito nel n.13 della rivista (aprile-giugno 1987).
E' opportuno ricordare l'intrinseco collegamento con il post del 15 marzo 2020, Leonardo, le tre prospettive, il movimento, scritto sempre da C.L. Ragghianti, che fu pubblicato su “Critica d'Arte”, n.16, gennaio-marzo 1988, pp.7-9.
F.R.

domenica 22 marzo 2020

Aldo Salvadori a Firenze, 1979 e complementi: 1.

La serata abituale della domenica televisiva quasi sempre è un deserto di notizie ed immagini decenti. Fuori casa c'è un silenzio inquietante nel quale le auto parcheggiate sembrano bestie in agguato. Se invece c'è fiera od altro intrattenimento turistico ti rintani in casa per evitare l'onda di pedoni garruli e di automobili in cerca di parcheggio nel viale. Questo è alquanto difficile da trovare anche perché noi residenti mettiamo l'auto fuori dal garage dell'abitazione e la parcheggiamo nel viale antistante per poterla usare in caso di necessità, giacché gli “ospiti” hanno l'abitudine di occupare sistematicamente i passi carrai dei garage, privandoci così dell'uso della macchina privata.
Di conseguenza prima di dedicarsi a letture impegnative q.b. e propiziatorie del sonno, capita che uno smanetti il telecomando della TV in cerca di una distrazione di qualche spessore e coinvolgimento.
Mi è così capitato di sostare in una trasmissione calcistica imperniata sulla Fiorentina, un programma meno becero e un po' meno tifoso degli altri similari e contemporanei nel quale è ospite fisso o quasi un allenatore di calcio che si chiama Roberto Galbiati. Bene, la faccia e la mimica di costui ricordano molto quelle di Aldo Salvadori, illustre pittore e caro amico di famiglia. Aldo (1905- 2002) è morto quasi diciotto anni fa, però il suo ricordo m'è tuttora vivido in memoria e così la “nostalgia” per la sorpresa visiva che ogni volta ci procuravano le sue nuove opere, sia fossero in fotografia o cataloghi, sia fossero originali dipinti, incisioni, litografie, sempre stupefacenti negli schemi, sempre affini nella loro estrinsecazione. Si può sostenere, infatti, che Aldo fosse come Morandi, capace di varianti originali sullo stesso impianto di base, talora prevalentemente cromatiche, talora strutturali, sempre originali ma omogenee. 






Qualche sera fa ho ripreso in mano il ricco catalogo della mostra antologica che il Comune di Firenze (grazie a dio ancora non inquinato dal pressappochismo artistico di un Renzi in cerca del “sacro” Anghiari) dedicò ad Aldo Salvadori in Palazzo Strozzi nel 1979. Dopo un paio d'ore di full immersion ho deciso che era giunto il momento di riproporre una promozione visiva della sua opera tramite il nostro blog “Ragghianti & Collobi”, suoi vecchi ed autentici amici.
Ne consegue che i disegni e i dipinti esposti in quella mostra saranno, se non totalmente quasi, riprodotti in alcuni post. A queste singole pubblicazioni penso di unire una documentazione di scritti di Carlo L. Ragghianti sul Maestro (e forse d'altri studiosi), nonché alcune opere di Aldo posteriori al 1979 e altre (soprattutto pastelli, meno noti) che risultano tuttora inedite.
Ricordiamo che in questo blog sono già stati postati su “SeleArte” IV serie, interventi su Aldo Salvadori e riproduzioni di sue opere, cioè:

  • 13 novembre 2016 – n.1, p.10: cit. donazione al Comune di Firenze, lettera a R. di Elio Gabbugiani, datata 10.04.1981.
  • 1 febbraio 2017 – n.8, pp.62-75: Virgilio Fagone s. recensione con illustrazioni della monografia di C.L.R., Salamon e Agostoni ed. 1975.
  • 8 luglio 2017 – n.16, pp.4,13-15: cit. e notizie donazioni al Museo Arte Contemporanea di Firenze, 1967.
  • 6 gennaio 2018 – n.22, pp.52-54: cit. in Donazione alla Fondazione Ragghianti di Lucca.
  • 7 febbraio 2018 – n.24: Copertina e illustrazioni in tutto il fascicolo; pp.89-100, testo di F. Ragghianti Impegno per Aldo Salvadori, 1996.

Siccome il mio motore Diesel non è ancora a regime, mi vedo costretto a confessare che non sono adesso in grado di rispettare quanto prospettato nel suddetto Impegno per Aldo Salvadori. Dato che è statisticamente più probabile

la mia dipartita di quanto non sia probabile scrivere qualcosa di diverso da quanto già espresso, ricorro al ripiego di riproporre alcuni brani di quell'intervento del 1996, eliminando alcuni periodi superflui.
F.R.
N.B.: causa ristrettezze COVID-19 per ora non siamo in grado di inserire le traduzioni in inglese, francese e tedesco del saggio introduttivo di Carlo L. Ragghianti.

mercoledì 18 marzo 2020

Arte greca e romana.

Perchè postare questo studio Arte greca e romana (“Critica d'Arte”, fasc. speciale n.29, 1958), perché uno studio critico di arte antica? Per mostrare concretamente che Carlo L. Ragghianti – proprio oggi, nel centodecimo anniversario dalla nascita – è stato uno storico dell'arte ed un pensatore che ha sostenuto, con questa ed altre indagini, e dimostrato che l'arte è una manifestazione dell'umanità unica declinata in molte forme espressive, le quali sono concettualmente analizzabili anche separatamente, tenendo però sempre presente le metodologie che fanno capo alla stessa, unica, impostazione storiografica.
Mi pare necessario, comunque, riportare due specificazioni scritte da C.L.R. Come introduzione a questo studio ormai classico, ma di non facile reperibilità.
La prima nota conclude la Premessa (scritta nel 1952) a Pittori di Pompei, libro pubblicato da Edizioni del Milione nel 1963.
La seconda considerazione è in effetti la prima nota di questo saggio e qui la postiamo anche in esergo.
Dato che questo saggio si può considerare un vero e proprio libro, abbiamo ritenuto opportuno ed utile realizzarne l'indicizzazione. Perciò oltre all'Indice dei nomi (artisti, studiosi, ecc.) dopo le illustrazioni a colori finali c'è 
anche un Indice dei Luoghi, nel quale si riscontrano le località citate e quelle dove sono conservate le opere citate e quelle illustrate. L'insieme organico di studi su questo argomento – per ragioni editoriali indipendenti dall'autore – fu anticipato e distribuito in varie pubblicazioni indipendenti, però strettamente collegate tra loro.
Si tratta di Personalità di Pittori di Pompei (“Critica d'Arte”, n.3, 1954, pp. 202-238 più ill. b/n); Argomentum e silentio (sempre “Critica d'Arte”, n.8, 1955, p. 131 ss.), Pittori di Pompei (Edizioni del Milione, 1963), volumento di grande respiro riccamente illustrato a colori. Ci sono inoltre le anticipazioni La pittura antica in Italia (“SeleArte”, n.7, lug.-ago. 1953, pp.13-22) e Pittori di Pompei (“Critica d'Arte”, n.57-58, 1963, pp.79-87). Da considerare anche il critofilm Pompei città della pittura (“SeleArte” cinematografica, 1958) che, con il gemello Pompei Urbanistica, illustra l'interesse metodologicamente paritario di C.L. Ragghianti tra l'arte antica, moderna, contemporanea.
A questo impegnativo post ne faremo seguito altri estratti sia dagli studi in precedenza citati di Carlo L. Ragghianti sia da quelli di Licia Collobi provenienti in prevalenza da “SeleArte”, di coinvolgimento sempre attuale.
F.R. (12 febbraio 2020)


Nota riguardo agli Indici: per cause di forza maggiore sono stati completati ma non ancora postati, lo saranno al più presto. 


Premessa

Nota da p.74




domenica 15 marzo 2020

Leonardo (4) - Le tre prospettive, il movimento.

Questo quarto intervento leonardesco fu pubblicato postumo su “Critica d'Arte”, IV serie, n.16, gen.-mar. 1988. Esso riguarda la prospettiva ed è il risultato finale della rielaborazione di Prospettive leonardesche (“La Nazione”, 13 settembre 1984, p.3), un articolo che riproduciamo dopo questa versione definitiva. Così si potrà valutare, oltre l'intento integrativo, un esempio di modus operandi del percorso mentale dell'autore. Allegato al testo c'è l'elenco dei nominativi di studiosi a cui R. inviò copia dell'articolo. Anche questo è un esempio – superstite – di una consuetudine di Carlo L. Ragghianti.
Mentre alcuni degli studi di Carlo L. Ragghianti su Leonardo da Vinci sono molto noti, altri – tra cui questo denso “commento” - sono meno conosciuti pur riguardando la prospettiva, argomento sempre tenuto presente nelle sue ricerche dall'autore, anche in studi centrati su altri aspetti delle arti figurative.
Di conseguenza ritengo si possa affermare che la prospettiva sia presente in modo determinante anche quando non è oggetto di indagine esplicito nell'assunto iniziale di uno studio. Avviene così, ad esempio, che in un saggio importante e impegantivo, tanto da risultare un 
fascicolo speciale di Critica d'Arte”, come Arte greca e romana. Problemi di estetica, di poetica, di forma il tema venga scevrato, come si potrà constatare dalla riproposta di questo testo, esemplare della concezione di Ragghianti circa l'unicità metodologica delle manifestazioni visive. Esse infatti vanno anche esaminate senza confini specialistici limitativi, pur rispettando e praticando anche i procedimenti propri delle specializzazioni, in questo caso dell'archeologia.
F.R. (23 gennaio 2020)

P.S. - Si veda, a proposito di quanto sopra scritto, in “Critica d'Arte” (IV serie, n. 13, 1987), rubrica “Scuola” la scheda intitolata Prospettiva miti e storia (di prossima postazione nel nostro blog) nella quale Carlo L. Ragghianti tra l'altro ricorda i suoi studi e interventi riguardanti la Prospettiva all'interno di libri o ricerche di ampio respiro critico e storico. In particolare mi riferisco a Pittori di Pompei – libro e “Zodiac” - e di Arte greca e romana, in questa sede esemplificata e di pubblicazione integrale prevista per il 18 marzo 2020.


venerdì 13 marzo 2020

Alois Riegl: Arte tardoromana, 6.

Post precedenti

1. 24 settembre 2019 - Indice generale; Elenco illustrazioni (p. XI); Notizia Critica (p. XVII); L'opera storica di Alois Riegl (p. XXXI).
2. 24 ottobre 2019 - L'architettura (p.25).
3. 24 novembre 2019 - La scultura, I. (p.73).
3/II. 15 dicembre 2019 - La scultura, II. (p.124)
4. 15 gennaio 2020 - La pittura (p. 183)
5. 14 febbraio 2020 - Nota dell'editrice (p.202) ; L'arte industriale (p.203).

martedì 10 marzo 2020

Incontro con Marino Marini.

La trascrizione di questo incontro con Marino Marini, avvenuto 49 anni fa, fu pubblicata in 3 puntate su “Critica d'Arte”, IV serie, Panini editore nei fascicoli n.3 (ottobre-dicembre 1984), n.4 (gennaio-marzo 1985) e n.7 (ottobre-dicembre 1985) che riproponiamo di seguito.

sabato 7 marzo 2020

{Lo Scaffale di Irene} Citizen - Una lirica americana di Claudia Rankine.

La scelta per l'inizio di questa mia rubrica è stata ben ponderata, ho preso in considerazione anche le possibili recriminazioni derivanti dal recensire un'opera meritevole sì ma non popolare né prevedibile. Non solo onestà intellettuale, ma anche personale interesse per i temi trattati e apprezzamento per lo stile e la scrittura dell'autrice mi hanno fatto scegliere per questo primo articolo l'opera poetica Citizen, una lirica americana della professoressa jamaicana Claudia Rankine, tradotta in italiano nel 2017 e pubblicata da una delle case editrici indipendenti italiane che preferisco, quanto a titoli e scelte, la romana 66thand2nd.


Temi pesanti caratterizzano questo libro di poesia magnifica e terrificante al contempo, eventi noti e di cronaca intessuti con esperienze giornaliere, senza nome eppure tanto comuni da poter appartenere a chiunque. Beh, non proprio a chiunque purtroppo.
L'autrice Claudia Rankine, nata a Kingston nel 1963 è una poetessa e scrittrice statunitense da sempre impegnata nel dare voce ai problemi legati al razzismo e alla discriminazione negli Stati Uniti in particolare. Lo aveva già fatto ad esempio con la performance teatrale White Card in cui mette in scena in modo provocatorio il dialogo tra bianchi e neri esemplificandolo attraverso la conversazione tra un'artista nera ed un ricco collezionista d'arte bianco che affronta i temi del creare, comprare e collezionare immagini di “black death” cioè scene di morte di persone di colore.
E' tra le più riconosciute ed acclamate intellettuali degli Stati Uniti ed ha curato varie antologie poetiche tra cui American Women Poets in the Twenty-First Century: Where Lyric Meets Language (Wesleyan, 2002) e American Poets in the Twenty-First Century: The New poetics (2007), è drammaturga (Provenance of Beauty: A South Bronx Travelogue) ed ha collaborato con John Lucas a vari video d'autore. A suo nome cinque raccolte di poesia: Don't Let Me Be Lonely (Graywolf, 2004); PLOT (2001); The End of the Alphabet (1998); e Nothing in Nature is Private (1995), raccolta d'esordio alla quale viene assegnato il Cleveland State Poetry Prize; collabora inoltre con le maggiori testate americane (“New York Times”, “Guardian”, “Washington Post”), è rettore dell'Accademia dei Poeti Americani e insegna poesia all'Università di Yale.
Citizen è stata definita una sua personale, moderna versione di Spoon River per il modo crudo ed estremamente efficace con cui racconta l'esperienza della comunità di origine africana degli Stati Uniti d'America.
Quest'opera irregolare, volutamente “aggressiva” dipinge con ritmo incalzante e singhiozzato gli orrori della realtà razzista americana nelle sue declinazioni quotidiane silenziose e inosservate, quelle di cui pochi parlano e che nessuno ascolta, che non fanno scalpore nei telegiornali e di cui tanti bianchi si sentono in diritto di ignorare l'esistenza.


Denuncia quel che significa essere neri in un Paese, ma anche in un mondo, che pretende nel suo privilegio di mantenersi sordo e cieco all'evidenza di una disparita' sistematica, sottile, costante che attacca la comunità di colore in modo diretto, ma che di conseguenza degenera l'umanità intera e la possibilità di ottenere vera libertà, uguaglianza per ogni essere umano. A prescindere.
Rankine sceglie di usare scandali noti come le reazioni della tennista Serena Williams (considerate dall'opinione pubblica violente ed “eccessive”, in realtà più che legittime) conseguenti al trattamento discriminatorio da lei subito sul campo; le atroci colpe dietro l'uragano Katrina abbattutosi su Haiti in cui il benessere dei soccorritori bianchi fu messo al primo posto rispetto alle migliaia di vite locali perdute; o gli epiteti razzisti che scatenarono le azioni del calciatore Zinedine Zidane in quel famoso Mondiale; ma anche ingiusti fermi di polizia, casi di profiling, “generiche” sfumature di quel che significa sentirsi diverso negli States. Perché c'è fondamentalmente una sola grande crepa che divide volutamente la società americana, così da potervi imperare...ed è ancora il colore della pelle, per quanto inconcepibile dovrebbe sembrare.
Con una lirica scomposta dallo stile moderno e graffiante insieme a foto d'autore e riproduzioni di opere d'arte che si stagliano prepotenti sulla pagina bianca patinata, Claudia Rankine ci insegna che nessuno di noi è immune dal razzismo involontario, inconscio e che noi bianchi abbiamo la responsabilità – nei confronti sì della popolazione di colore ma anche nei confronti di noi stessi, della nostra umanità – di porci domande scomode. Darci risposte altrettanto fastidiose ma che sono il primo mattone nella ricostruzione dei tanti perché dietro alla presente e passata condizione di oppressione degli uni verso gli altri, il primo passo verso una soluzione che deve essere trovata sì ai piani alti...ma che come quasi sempre accade inizia nelle piccole insignificanti interazioni tra individui. La scelta di una parola, il cogliere noi stessi sul punto di esprimerci o agire sulla base di un pregiudizio inculcato che diventa automatismo, lo sviluppare cosciente di una curiosità positiva e costruttiva nei confronti del diverso, dello sconosciuto che ci porti ad arricchirci anziché lasciarsi nudi con il nostro odio.

Non è la prima opera a cui mi sono avvicinata in questo mio percorso personale di crescita e di scoperta – intellettuale ed umana – della questione del razzismo e delle voci degli oppressi, ha la eco sommessa di capolavori come le opere di Toni Morrison, James Baldwin con il taglio giornalistico dei saggi di Ta Nehisi Coats. La lirica di questa formidabile poetessa si è intrufolata con urla silenziose a toccare corde sensibili e personalmente credo sia un'esperienza che non abbastanza persone si concedono.
Irene Marziali Francis

mercoledì 4 marzo 2020

Arte Moderna in Italia 1915-1935 - Testi dei Critici, 9. GIOVANNI CARANDENTE. (COMINETTI, MARINI).



Post Precedenti:

1. RAFFAELE MONTI ( I ) - 16 giugno 2018
2. IDA CARDELLINI (LORENZO VIANI) - 28  settembre 2018 
3. UMBRO APOLLONIO (NATHAN, BIROLLI) - 19 settembre 2019
4. MARCELLO AZZOLINI (GUERRINI, CHIARINI, VESPIGNANI). 6 ottobre 2019
5/I. FORTUNATO BELLONZI (BOCCHI, D'ANTINO). 12 novembre 2019
5/II. FORTUNATO BELLONZI (MORBIDUCCI, SAETTI). 28 dicembre 2019
6. ALDO BERTINI (CREMONA, MAUGHAM C., PAULUCCI). 22 gennaio 2020.
7. ANNA BOVERO (BOSWELL, CHESSA, GALANTE). 5 febbraio 2020.
8. SILVIO BRANZI (SCOPINICH, BALDESSARI, NOVATI, SPRINGOLO, RAVENNA, KOROMPAY, ZANINI). 23 febbraio 2020.


Di Giovanni Carandente (1920-2009), critico, collezionista e storico dell'arte, non ho granché da dire, anche perché nella testimonianza, che riportiamo, oltre a ricordare Ragghianti egli parla molto di sé con riferimenti biografici esaurienti. Questo ricordo intitolato Quella grande apertura mentale, si ha a Roma nella Sala dei gruppi parlamentari il 27 gennaio 1988 come commemorazione ufficiale di Carlo L. Ragghianti, voluta e organizzata da Bruno Zevi.
Personaggio di esuberante comunicatività, anche divertente per certe sue carenze di origine sociale (tali da suscitare un'aneddotica anche sapida degna di noti battutisti quali Mazzacurati e Maccari) ebbe una fittissima rete di contatti con artisti di primo piano, soprattutto scultori. Socialmente, essendo privo di discendenti diretti e consapevole dell'unicità di certe sue scelte collezionistiche, donò la sua intera raccolta ed una notevole ed importante biblioteca d'arte contemporanea alla città di Spoleto della quale – anche tramite il Festival dei due Mondi ideato da Menotti – è stato un importante promotore culturale dal 1961 alla morte avvenuta or sono dieci anni.
Non si può non ricordare il suo rapporto culturale con il grande Alexander Calder, di cui portò nel nostro paese alcuni mirabili mobiles, ammirati e studiati da Ragghianti. Alla mostra Arte Moderna in Italia 1915-1935, Carandente collaborò con impegno, ben al di là delle due schede di artisti assegnate alla sua curatela. Partecipò


praticamente a tutte le riunioni del Comitato esecutivo, talvolta piuttosto agitate, soprattutto quando si trattava dell'esclusione di artisti. Fu anche utile il suo apporto al reperimento di opere scelte di cui si era persa la traccia, nonché nel convincere al prestito alcuni collezionisti perplessi o reattivi all'esposizione.
F.R. (11 dicembre 2019)

domenica 1 marzo 2020

Il pensatore di Rodin.

La scultura di Auguste Rodin (1840-1917) che rappresenta Il pensatore è stata un'opera veramente celebre, emblematica di un'epoca, e però ancor presente e radicata nella memoria collettiva – anche con derivazioni umoristiche discutibili – negli anni Sessanta e seguenti.
Per Licia Collobi Ragghianti essersene occupata (“Critica d'Arte”, IV s., gen-mar. 1987, pp. 25-27) rappresenta una inconsueta incursione su di un artista che di solito sulla rivista è stato indagato da Carlo L. Ragghianti, il quale però – stante almeno alla Bibliografia degli scritti – risulta essersi occupato di Rodin per l'ultima volta nel 1964 nell'articolo Medardo Rosso e la fama di Rodin (“La Stampa”, Torino, 3 gennaio), che abbiamo ripubblicato nel post del 25 ottobre 2018 intitolato allo scultore italiano.
Come allora redattore della rivista posso testimoniare che mia madre scrisse questo breve intervento (e altri studi) mentre mio padre stava già tanto male da dover essere ricoverato nella clinica di Montecatini Alto (gestita dal suo carissimo partigiano ed amico Tiziano Palandri) dove rimase per alcuni mesi, per poi defungere, tornato a casa da poco più di un mese. Ciò per sottolineare che Licia Collobi – cui incombevano fra l'altro entrambe le cateratte – contemporaneamente accudiva a casa e famiglia, nonché all'ultimo suo impegnativo e importante libro Dipinti fiamminghi in Italia (1420-1570) e ad altri studi. Si trovava quindi in una eccezionale ed estrema situazione di stress, al quale riusciva a reagire lavorando intellettualmente con i suoi ritmi abituali, cioè di grande operatività.
F.R. (20 gennaio 2020)