Carlo e Licia

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venerdì 26 febbraio 2021

Carlo L. Ragghianti e Zoran Music.

Prima parte.


Forse a causa della residenza parigina, Carlo L. Ragghianti non conobbe di persona l'artista prima del febbraio 1979 a Gorizia, quando Bepi Mazzariol realizzò una importante esposizione dell'artista, già allora più noto in Francia e all'estero che in Italia.

Il fatto, inoltre, che C.L.R. scrivesse il saggio datato 1 marzo 1984 – qui riproposto – con il sottotitolo “opere scelte 1946-1952” non significa un'ordinaria acquiescenza alle opere proposte in mostra dal gallerista, riflette invece la delimitazione cronologica come scelta da parte del critico. E' evidente, infatti, che per C.L.R. il nucleo originale, fondante di Music si esprime in quegli anni e che successivamente – pur dipingendo opere eccellenti – l'artista non è stato particolarmente innovativo. Vale a dire che la sua opera è matura ma criticamente meno stimolante; il che non vuol dire meno convincente, ma certamente meno inducente curiosità, attenzione critica. E' una pittura insufficiente per affrontare ex novo un discorso già svolto e stabilito.

Nel 1964, Ragghianti invitò Music a far parte dei 50 Maestri della Cartella “Galleria Grafica Contemporanea”, stampata dal Bisonte di Maria Luigia Guaita con la supervisione e il coordinamento dell'incisore Rodolfo Margheri. L'artista, uno tra i più giovani tra gli invitati, aderì tramite la lettera che riproduciamo. All'inaugurazione della citata mostra antologica di Gorizia, il 22 febbraio 1979, C.L.R. fu tra i relatori con un intervento nel quale sottolineava la capacità direi redentoria dell'opera di Music, che “invita a proiettarsi con fiducia verso il futuro”. Nella nota n.7 di p.3 del volume Mostre permanenti. C.L. Ragghianti in un secolo di esposizioni di Silvia Massa e Elena Pontelli, si ricorda questa mostra goriziana come esempio di quelle esposizioni non registrate nel loro libro perché il ruolo di C.L.R. è stato quello di ospite. Le due studiose ricordano anche, con dati, il vano tentativo di organizzare una mostra di Music in Palazzo Strozzi (di cui l'artista non conosceva l'interno). Rimando per chi voglia approfondire questa defatigante iniziativa alle corrispondenze nell'Archivio della Fondazione Ragghianti di Lucca tra R. e Von Berger, arch. Fiori, Camarlinghi, Music, riportando in questa sede soltanto la lettera dell'artista a Camarlinghi – assessore alla Cultura del Comune di Firenze – in data 15 aprile 1981.




Con la lettera del 4 marzo 1984 ringraziando per l'intenzione di scrivere sulla sua opera degli anni 1948-50, si conclude il rapporto diretto tra il critico e l'artista. 

A questo fatto forse non è estranea la breve missiva – sostenuta, seccata – di R. al pitocco gallerista Carlo Palli, che riproduciamo con un allegato recto/verso. In effetti dalla fotocopia del disegno – purtroppo nel tempo un po' deterioratasi – che feci prima di rispedire al mittente il foglio, mi pare evidente che si possa interpretare l'invio di quel disegno a mo' di compenso per il saggio come una presa per i fondelli da parte del gallerista, sodale tirchio di P.C. Santini, in prima persona o per conto di un Music bipolare.

F.R. (15 gennaio 2021)




sabato 20 febbraio 2021

Tono Zancanaro, 2 - Pisa 1964: Montella, Ragghianti, Santini.

 Per i precedenti post in questa serie vedi:

Finalmente Tono Zancanaro. 1. La "Divina Commedia". 25 gennaio 2021


Soprattutto per mio padre, mia madre e per me – in misura minore per gli altri Ragghianti – il 1964 si caratterizzò come l'anno di Tono Zancanaro per ciò che riguarda gli artisti contemporanei. Non credo che C.L.R. lo conoscesse in precedenza di persona; ne conosceva certo una parte dell'attività fin dall'immediato dopoguerra (C. Levi), poi tramite Antonietta Raphael Mafai “retour de Chine” (dove nel 1956 viaggiò con Tono e altri in una lunga, “epica” permanenza) in occasione della mostra a “La Strozzina”; poi sicuramente altre fonti imprecisabili. Mia madre forse ne aveva sentito parlare e visto qualche immagine in redazione di “seleArte”; per quel che mi riguarda l'arte di Tono fu un incontro del tutto sorprendente, mentre la conoscenza dell'uomo rappresentò la stupefacente conferma che l'abito non fa il monaco, che la capacità di esprimersi in modo originale può manifestarsi e albergare in chiunque, dovunque. Su questa base “naturale” poi – ma non spesso – si sviluppa con studio, applicazione e dedizione l'artista.

Non sono a conoscenza di quali vicende organizzative l' Istituto di Storia dell'Arte dell'Università di Pisa – diretto da C.L.R. – stabilì di tenere questa esposizione. Né so perché il saggio di presentazione fosse affidato allo scrittore Carlo Montella – preside di scuola media come mestiere di sussistenza – di cui, constatando oggi l'oblio che lo circonda, in Appendice farò un ricordo breve, essenziale. Certamente Carlo L. Ragghianti partecipò in prima persona all'iniziativa di mostrare a Pisa l'opera del Maestro, come dimostra il saggio che scrisse subito dopo l'inaugurazione e fu pubblicato ne “la Stampa” di Torino il 24 aprile, a esposizione ancora in corso.

Purtroppo non ricordo per quale circostanza abbastanza importante non potei accompagnare il babbo all'inaugurazione, cosa che era accaduta spesso perché mi dava anche l'occasione di partecipare a cene dell'Istituto dove potevo conoscere o conoscere meglio assistenti e allievi che venivano più raramente a Firenze. Ricordo con particolare simpatia l'amico Piero Pierotti (nei confronti del quale resto in debito perenne per via del singolare libro La Torre Pendente di Pisa), coinvolto in lunghe chiacchierate politiche, peraltro coincidenti nei principi. Immagino ancora oggi lo sconcerto rappresentato da Tono irrompente in quell'ambiente prevalentemente accademico e quindi un po' serioso e sofisticato, ma un “zinzino” provinciale. Già Tono, grande artista poliedrico, generoso, talvolta gioviale e buffonesco giullare, però sempre dedito coerentemente alla sua missione creatrice.

Qualche settimana dopo quell'evento il Maestro – come talvolta si definiva ridendo e scherzando sì, ma! – invase la famiglia Ragghianti, con la quale da allora si incontrò da 4/5 a 2/3 volte l'anno (molto spesso l' 8 aprile, senza però mai aver dichiarato che quel giorno coincideva col suo compleanno!), per tutti gli anni seguenti, fino alla sua morte il 3 giugno 1985, quando perdemmo l'amico fraterno, il Maestro d'arte ma non di vita.

Tono infatti non pretendeva di insegnare, proporre od imporre niente a nessuno, ascoltare, partecipare sempre.

Nell'ineffabile Wikipedia, che accoglie le interpretazioni e le integrazioni più disparate e discutibili e talora respinge quelle motivate da documentazioni e testimonianze di congiunti e di specialisti Tono Zancanaro compare in primis come atleta (hockey su pista 1925-30), poi come artista. Una paradossale successione (al di là della pura cronologia) che lo avrebbe certamente divertito. Bene ha fatto perciò chi ha suggerito questa impostazione surreale. Per il rimanente – la peraltro succinta voce – è piena di approssimazioni e di clamorose lacune critiche e di ridicole 

presenze. Assente un profilo artistico di cronaca e di interpretazione. Manca persino la constatazione che Tono è stato uno degli artisti più prolifici e capillarmente diffusi nel territorio nazionale anche sotto forma di micro-collezionismo.

Il saggio di Montella si conclude osservando che “Non può esservi dubbio su ciò [“una gioia non metafisica, ma lievitata di storia”] quando quella gioia viene esaltata da un uomo come Zancanaro, di cui non sapevamo immaginare un solo segno non ispirato da un'idea, non ammortizzato in una visione totale della realtà”.

Col titolo Come uomo e come artista segue un testo di Tono Zancanaro (Autototono egli definiva questi suoi non rari interventi, talora illuminanti, sempre interessanti). In sostanza l'autore chiede: “Si può tirare una conclusione che per altro non sarebbe se non il succo, la quintessenza, quello cioè che conta dal mio essere operaio della pittura, o artista?”. Tono conclude lo scritto rispondendosi: “Il mio lavoro desidera essere confortante non solo perché opera d'arte, di poesia, ma antica certezza che l'angolo ferino dell'uomo va via via sparendo; e dall'uomo e dalla poesia”.

Il Catalogo della mostra di Pisa – con 25 illustrazioni – si conclude con l'elenco delle opere esposte divise tra “Disegni e stampe” (1-160), “Dipinti e sculture” (161-172) e “Ceramiche Terracotte Vetri” (173-196).

Dal citato articolo de “La Stampa” di Torino riporteremo soltanto l'intestazione, dato che il testo di C.L.R. è di fatto una prima stesura, pubblicato col titolo (da lui non condiviso), dettato dal direttore Giacomo De Benedetti, Satira, ricerca e fantasia nei disegni di Tono Zancanaro. Il saggio nella stesura definitiva, consistente in qualche variante e aggiunta, fu pubblicato in “Critica d'Arte” (a. XIII, n.s., n. 63. giugno 1964, pp. 13-28) col titolo Tono Zancanaro. Delle 17 illustrazioni molte sono identiche a quelle del Catalogo di Pisa. Ciò dipese da una sinergia di risparmio, come allora si usava fare di frequente. Ho riprodotto, comunque, lo studio – importante – integralmente, per non alterare l'aspetto originale e i riferimenti, basandomi anche sul fatto che repetita iuvant.

Sono tuttora convinto che questo primo scritto di C.L.R. su Tono sia stato a suo tempo carissimo all'artista perché gli riconosceva – prima del fondamentale scritto sui disegni del Gibbo (1971) – d' aver superato la tappa capitale per l'inquadramento e la comprensione consacrandolo nel panorama internazionale. La frase conclusiva così recita: “ S'è troppo guardato, e con troppa soggezione, a molte esperienze internazionali. Tono Zancanaro non può essere una scoperta, ma avverte con autorità che nella storia dell'arte moderna, se sia una storia secondo poesia, bisognerà fare molto posto ad artisti italiani”. Considerazione tuttora valida, perché ancor oggi c'è sottovalutazione (e ignoranza) di molti maestri italiani del secolo ventesimo.

Il ricordo del “lancio” pisano del 1964 sul piano nazionale dell'attività di Tono si conclude con la riproduzione dell'articolo di Pier Carlo Santini, chiamato da C.L.R. a sostituirlo saltuariamente nel fornire a “L' Espresso” articoli in sua vece. Non gradita a Scalfari e ad altri del settimanale la rubrica e i suoi scrittori, ben presto si giunse alla cessazione del rapporto con il giornale. In proposito si veda anche nel blog il post del 24 aprile 2019. Anche Santini riconobbe l'originalità e la “novità” mediatica (si direbbe oggi) di Zancanaro, sostenendo che “quale che voglia essere la valutazione del merito più intrinseco si deve prendere atto di un eccezionale prestigio grafico”.

F.R. (24 gennaio 2021)

mercoledì 17 febbraio 2021

Giordano Bruno (con aforismi e documentazione).

 


Trovo, tra le pagine di un libro non finito di leggere, una vecchia cartolina con assiomi del martire Giordano Bruno, conservata più per il rispetto del suo sacrificio che per il contenuto non omogeneo né particolarmente profondo. A questo cartoncino di aforismi unisco una citazione “teologica” del frate domenicano, presumo assai sgradita alle chiese strutturate.

Sistemando il materiale per la postazione, mi accorgo di doverlo programmare per il 17 febbraio. L'inevitabile coincidenza con la data del selvaggio rogo del vivente Giordano Bruno mi costringe a dotare quello che doveva essere un breve inciso in un – sia pur sintetico – documentato ricordo di questo personaggio che è stato necessaria presenza formativa di ogni laico e di ogni uomo che vuole esercitare liberamente il proprio intelletto.

Il pensatore di Nola, arso vivo in Campo dei Fiori a Roma il 17 febbraio 1600, è stato studiato, indagato e illustrato nell'ultimo mezzo secolo senza che la sua esemplare figura sia stata essenzialmente scalfita o - “rivisitandola” - “revisionata”. Personalmente questo occasionale incontro con Bruno mi riporta a mente l'antica breve amicizia con Michele Ciliberto, allora ancora studente e già promettente cultore del frate “eretico”, quindi cattedratico di ruolo meritatamente specialista ineludibile circa l'argomento.

L'aforisma (massima, detto, precetto, motto sentenzioso, apoftegma, adagio, dettato), spesso artificioso, ha comunque un'attrazione irresistibile: viene sempre letto, viene spesso appuntato, talvolta “ricamato” su cuscini o altro, poi magari dimenticato. Solo nel web ci sono tantissimi siti più o meno specializzati in materia, tutti pimpanti e sovraccarichi di irritanti messaggi pubblicitari.

Ritengo, dopo questo incontro casuale, che nel blog proporrò altri casi più corposi e coerenti di aforismi, certo che riceveranno più attenzione di altri post di dotta materia, impegnativi. Faccio comunque presente che già in alcuni post del blog si è ricorsi a elencazioni di aforismi, riguardanti l'argomento trattato.

Personalmente ateo non battezzato, figlio di battezzati non credenti, ho rispetto e stima per questo piccolo uomo coraggioso e testardo. Non ne condivido certamente le conseguenze del pensiero sostanzialmente religioso.

Considero la sua azione nella sua contemporaneità per certi versi analoga a quella eversiva del perseguitato esemplare dei nostri tempi Julian Assange. Anche Giordano Bruno – non a caso in tempi recenti accusato di spionaggio a favore dell'Inghilterra anglicana di Elisabetta I Tudor – intuendo, indagando e svelando segreti e fonti del potere doveva morire. Lui fu barbaramente assassinato col fuoco, Julian Assange – temo – sarà assassinato, in un modo o in un altro.

Colgo l'occasione per ricordare la genesi del monumento massonico eretto in Campo dei Fiori a Roma, ambientazione piuttosto squallida però appropriata, con la riproduzione dell'articolo di Piero Bairati (1989).

Sempre per dovere documentario nei confronti di un martire, estraggo da “Storia illustrata” (agosto 1981) un articolo che inquadra la situazione contestatoria di Bruno scritto da Massimo Campanini. Così riporto volentieri dal lontano 1844 la biografia stampata a Napoli, tratta dal volume Vite e ritratti di uomini illustri, redatta in un italiano “leggibile”, non manzoniano però nemmeno guerrazziano o neviano (che peccato che il capolavoro di Ippolito Nievo sia oggi quasi illeggibile nella sua stesura originale). Credo che la data di nascita del filosofo, indicata in questa biografia nell'anno successivo al condiviso oggi 1548, si spieghi con quanto scritto nelle prime righe del testo: “affatto sconosciuti i casi della sua gioventù”. Si tratterebbe dunque non di un refuso ma di vaghe e contraddittorie notizie anagrafiche.

Con questa biografia intendo storicizzare un'opinione media della prima metà del secolo dell'Unità della nazione Italia. Il titolo del libro da cui è estratta non va confuso con l'opera – assai diffusa – dal titolo analogo stampata a Bologna nello stesso anno dalla Tipografia Governativa (cioè papalina), che non citava certo tra i suoi “illustri” il povero Giordano Bruno.

Da tuttilibri de “La Stampa” di Torino (gennaio 1993) ricavo, tramite il noto specialista Anacleto Verrecchia (1926-2012), la vicenda pseudospionistica di Giordano Bruno. Concludendo questa mia dilettantesca escursione, rammento e documento che nell'ottobre 1994 la rivista dell'Opus Dei “Studi Cattolici” ha osato sfidare la “Misericordia” e offendere l'Umanità affermando che Giordano Bruno meritò il rogo.

F.R. (17 gennaio 2021)

venerdì 5 febbraio 2021

S. Andrea apostolo Duomo a Carrara.

 

Nel dicembre 1972 è stato pubblicato il volume S. Andrea apostolo Duomo a Carrara con il quale la locale Cassa di Risparmio “inizia una serie di pubblicazioni destinate a mettere in luce i monumenti e la storia della nostra Provincia”. Stampato da Sagep editrice di Genova, il libro, in quarto grande, oltre all'introduzione Tre secoli per un Duomo di Carlo L. Ragghianti contiene “la minuziosa ed appassionante ricerca storico-critica” dell'arch. Franco Buselli e fotografie – appositamente eseguite – di M. Gasperini e di C. Colombo.

Noto, infine, con piacere che per i documenti in appendice ha collaborato il dr. Giorgio Tori, dell'Archivio di Stato di Lucca, il quale negli anni 2013-2017 è stato Presidente della Fondazione Centro Studi sull'Arte Licia e Carlo L. Ragghianti di Lucca.

Carrara nella mitologia della gioventù di sinistra non comunista degli anni Cinquanta e Sessanta rappresentava il luogo residuale dell'Anarchismo italiano, con ancora viventi alcuni dei protagonisti della Guerra di Spagna aggredita dai fascionazisti e poi Partigiana in Italia, combattuta assieme ai G.L. delle Brigate Rosselli, il cui fondatore e comandante era C.L. Ragghianti.

Carrara era poi la capitale del marmo più noto e nobile del mondo, fonte di ispirazione per tutti gli scultori, dai più originali ed illustri ai mestieranti cimiteriali. Molti amici della nostra famiglia sono stati legati anche profondamente al territorio e a persone che vi vivevano abitualmente. Personalmente ricordo con affetto Emilio Greco, Pier Carlo Santini, Rodolfo Ceccotti. Ricordo anche Nardo Dunchi, il quale ha scritto un bellissimo libro sulla sua vicenda di partigiano combattente in Piemonte prima, poi nel carrarino e dintorni dove era nato e cresciuto scultore. Di lui presto sarà postato un profilo in questo blog.

Dopo i fatti di Reggio Emilia, le stragi poliziesche e le rivolte popolari per cacciare il governo Tambroni e la cricca che lo sosteneva, nel 1961, C.L. Ragghianti fu invitato da vecchi compagni anche a Carrara a tenere una conferenza commemorativa dell'Unità d'Italia di cui ricorreva il primo centenario congiunto con la vigilanza attiva del pericolo fascista testé sconfitto. Per far ciò i locali erano ricorsi alla presentazione in anteprima integrale del film Viva l'Italia col quale il regista Roberto Rossellini narrava la vicenda dei Mille di Garibaldi. (Un bel film a colori che però non cancella il ricordo del vibrante bianco/nero di 1860 – del 

1934 – di Alessandro Blasetti (“Pabst e fagioli”, secondo Mazzacurati, mi pare).

Accompagnai il babbo in macchina (il 1100 Fiat nero sul quale Rosetta si eserciterà per la sua patente di guida), ci fermammo a Viareggio lo stomaco con un paio di panini e un bicchiere di vino e ci recammo in un cinema del centro di Carrara di recente costruzione accolti dall'architetto e altri compagni. Locale stracolmo, alle ventuno il babbo - particolarmente in “valvola” - cominciò la lezione che doveva precedere la proiezione del film.

Tutto bene fino alle ventidue e venti, quando dal pubblico in platea (c'erano anche alcune file di palchi) un'inviperita “popolana” rumoreggiò che “aveva pagato il biglietto” e che, di conseguenza, voleva vedere lo spettacolo. Saltò così all'evidenza che gli astuti provinciali avevano unito l'utile al dilettevole facendo pagare il biglietto “normale” al pubblico attirato magnificando “la prima visione speciale” del film e riducendo la conferenza prevista ad una introduzione pertinente. Si appurò poi che l'incasso era almeno destinato a non ricordo quale buona causa progressista locale.

Ebbi modo di constatare ancora una volta le sue capacità naturale di leader e di oratore capace di riprendere in mano una situazione compromessa. Dichiaratosi estraneo alla faccenda, comunque marginale, pur dicendo di essere disposto ad interrompere la lectio, se richiesto. Battimani ed urla perché continuasse, cosa che fece con un intervento veramente trascinante e coinvolgente e...breve.

Già l'esperto oratore riuscì a concludere in tempo breve, con un taglio – che io avvertii, ma ero avvantaggiato per averne parlato in precedenza in automobile – drastico, il quale non fu avvertito dal pubblico. La proiezione del film fu un meritato successo ed anche lo storico del cinema C.L.R. lo apprezzò, pur avvertendone alcune incertezze e cadute di stile.

In conclusione, sotto sotto il babbo era scocciato. Quindi anziché pernottare come previsto a Carrara – evitando così, penso adesso io marginalmente, di dover pagare l'albergo – dopo aver rinunciato alla cena tardiva organizzata in elegante locale, accampando impegni mattutini a Firenze, tornammo subito a casa. Guidare per due ore, già stanco e a stomaco vuoto è stressante, lapalissiano e “Catalano” ma proprio vero. Il babbo dormì beatamente per tutto il tragitto. Non ci furono banchi di nebbia tra Viareggio e Altopascio.

F.R. (12 gennaio 2021)

martedì 2 febbraio 2021

“Edvard Munch grafico” di Carlo L. Ragghianti.

 

Dopo il Catalogo della mostra del 1948 (vedi post del 17 dicembre 2020), la prima monografica in Italia su questo artista, nella Galleria sperimentale -   così la definisce C.L.R. - “La Strozzina” di Firenze, riproduciamo nel blog il saggio di Ragghianti sullo stesso argomento pubblicato in “SeleArte” (n.3, nov.-dic. 1952, pp. 41-47). Questo studio intende stabilire “il posto che gli spetta [a Munch] nel quadro dei valori artistici del nostro tempo”. Ciò avviene prendendo spunto dal libro di J.P. Hodin (E.M., der Genius des Nordeus, 1948), uno dei non molti critici d'arte moderna e contemporanea dell'epoca la cui metodologia era apprezzata da mio padre. A questo cronologicamente primo scritto di C.L.R. su questo grande artista norvegese, aggiungiamo una panoramica di opere grafiche, ulteriore a quelle pubblicate nel post citato all'inizio. Questo testo di “SeleArte” fu riproposto ne “Il sedicesimo” (n.23-24, inverno 1970) bollettino de La Nuova Italia come presentazione della pubblicazione da parte di quell'editore fiorentino del sesquipedale volume E.M. Opera grafica, a c. di J.H. Langaard, traduzione di Sigrid Antony de Witt.

Presumo ragionevolmente che mio padre aderisse alla richiesta di utilizzare il proprio studio, soprattutto perché sia lui che mia madre Licia Collobi nutrivano una speciale simpatia per Rosanna Codignola, moglie dell'editore e responsabile della collana nella quale era stato pubblicato il libro. C'è però un fatto curioso: il testo di C.L.R. è stato rimaneggiato con spostamenti di periodi e alcuni tagli. 

Non sono in grado di stabilire se ciò è avvenuto da parte dell'autore (il taglio iniziale lo potrebbe far pensare) o se invece si sia verificato un rimontaggio abusivo, cosa piuttosto osé da parte di un redattore. Se si è di fronte a questo caso, non sono al corrente se C.L.R. sia stato informato dell'accaduto. Fatto sta che ho recuperato l'estratto da “Il sedicesimo” dai miei bollettini di novità editoriali i quali, negli anni Novanta, sfascicolai per conservare soltanto riproduzioni e testi per me di un qualche specifico interesse.

Infine, alla panoramica di grafica mi è parso opportuno aggiungere una piccola scelta di disegni di Munch perché, come scrisse Eleonora Bairati (“I quaderni del conoscitore di stampe”, 2, 1970): “Meno noto del corpus grafico è invece l'insieme dei disegni, schizzi, acquarelli e studi preparatori, che pure è fattore integrante di tutta l'attività, grafica e pittorica, dell'artista”.

A questo secondo post su Edvard Munch ne seguirà un terzo con gli altri scritti individuati di C.L. Ragghianti e della moglie Licia Collobi su “SeleArte” e altre sedi. In questo post (e se necessario in uno successivo) ai testi e alle illustrazioni a stampa si intervalleranno dipinti e documenti integrativi, per lo più in sequenza cronologica.

F.R. (5 gennaio 2021)