Carlo e Licia

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giovedì 28 marzo 2024

Manuel Barrese: “Solo con l'Ottocento l'autonomia dell'arte...”. 6° Quaderno della Fondazione Ragghianti di Lucca.

Soltanto Gesù ha sostenuto che gli “ultimi saranno i primi” (sacrosantemente, dato il contesto). Nella realtà accade praticamente sempre il contrario, cioè che gli “ultimi” sono tali e tali restano. In questo caso il 6° volume della collana Quaderni edita dalla Fondazione Ragghianti di Lucca (Solo con l'Ottocento l'autonomia dell'arte. C.L. Ragghianti e la cultura artistico-architettonica dal Neoclassicismo alla stagione del Liberty) si trova ad essere recensito nel nostro blog appena consegnatoci dalle PP.TT., scavalcando altri libri della stessa collana pubblicati da tempo e in attesa della nostra attenzione.

L'argomento è vasto e impegnativo ma Manuel Barrese, in oltre duecento pagine, ricostruisce con acribia archivistica e acume critico l'operato e gli orientamenti di Carlo L. Ragghianti rispetto all'enunciato della seconda parte del titolo del Quaderno.

Come d'abitudine nel nostro blog, preferisco dare la parola ai documenti e alla stesura dei testi scritti, giacche sono più fedeli ed attendibili interpreti del proprio operato e comunque generalmente più efficaci di una perifrasi recensoria.

Di conseguenza, oltre alla 4a di coperta di taglio più storico-critico che promozionale, ripropongo anche l'Indice generale. Naturalmente, come sempre in questa collana anche la Nota Introduttiva di Paolo Bolpagni, direttore della Fondazione Centro Studi sull'Arte Licia e Carlo L. Ragghianti di Lucca. Sempre come di consueto riprendo dal libro un capitolo, precisamente quello intitolato Continuità dell'Ottocento. Genesi, fallimento ed eredità del progetto “Arte Moderna in Italia 1885-1915” (pp. 117-132). Questa scelta è dovuta anche al fatto che investe un argomento che conosco meno e che è comunque importante perché si collega alla Mostra Arte Moderna in Italia 1915-1935 e al Catalogo/Mostra Arte in Italia 1935-1950.

Personalmente intendo approfondire in un post quanto elaborato alle pp. 58-75 nel capitolo “L'Impressionismo” di Ragghianti. Un'occasione mancata che da un lato dà 

un'accurata cronistoria dello sfortunatissimo libro, dall'altro indaga il pensiero di C.L.R. e la relativa “fortuna”, connesso con la prevalente adesione della critica alle conclusioni di Lionello Venturi e di Roberto Longhi.

A una prima lettura, mi sembra che si sottovaluti la notevole massa di informazioni e di valutazioni critiche su l'Impressionismo pubblicate in “SeleArte” tra il 1952 e il 1966, così come nelle 20 uscite della rubrica omonima nella “Critica d'Arte” (1967-1980) redatta da Licia Collobi (e autrice della maggior parte dei testi) e nella serie Panini 1974-1988 delle due riviste riunite nella “Critica d'Arte”. Si ricordi che Collobi, oltre che coniuge di C.L.R., aveva aderito alla sua metodologia e quindi era prossima al suo pensiero.

Ne consegue che il materiale riguardante l'Impressionismo direttamente o per inciso riservi ancora nuovi spunti di ricerca e che il nucleo fondante emesso e indagato si dilati in varie direzioni, tanto da richiedere almeno un post circoscritto alle due edizioni Chiantore.

Non è da escludere un post su scritti di C.L.R. collegati alle valide ricerche di François Fosca, che frequentò lo Studio Italiano di Storia dell'Arte di Palazzo Strozzi. Studioso piuttosto originale ed abile divulgatore, nonché poligrafo coscienzioso, Fosca sembra sottostimato in Francia dagli accademici del tempo, quindi dimenticato.

L'Appendice del libro riporta la trascrizione di “Fogli dattiloscritti sull'Impressionismo (1948-1949)”, pp.177-184. Si tratta di un esempio della miniera di appunti e riflessioni (in stragrande maggioranza manoscritti) lasciati da C.L.R.

Altra Appendice, nostra, conclude il post. Si tratta della riproduzione dell'articolo Solo con l'Ottocento l'autonomia dell'arte (“La Nazione”, 20 settembre 1983). Lo ripropongo non solo perché il suo titolo (per altro redazionale) è stato adottato anche per questo libro, ma anche perché esso è argomento pertinente lo svolgimento critico della ricerca di Manuel Barrese.

F.R. (22 febbraio 2024)

sabato 23 marzo 2024

Faces – Ritratti nella fotografia del XX secolo.

Riferisco su questo Catalogo con deplorevole ritardo: esso è rimasto in bella vista nel mio studio per quindici anni. Era uno dei tipici oggetti che vedi tutti i giorni ma in realtà non noti. Fatto atto di contrizione, oggi provvedo a trarne un post.

Due i motivi di questa decisione: primo il fatto che l'editore è stato la Fondazione Centro Studi Ragghianti, istituita dai miei genitori; secondo il fatto che la fotografia è una forma espressiva d'arte figurativa ed al contempo è documento di conservazione e testimonianza delle immagini così ottenute. Per me in particolare è una passione con risvolti estetici e di documentazione espressiva di massimo livello, inequivocabile.

Infatti, nella distinzione distributiva dei materiali del mio Archivio, i fotografi sono conservati assieme agli artisti figurativi. Nel Novecento essi rappresentano circa un quarto del contenuto di un paio di centinaia di scatole Resisto. Idem per l'Ottocento, dove la presenza di fotografi è invece più contenuta.

E' del tutto inutile che io spenda parole scontate e ripetitive sui diciassette fotografi scelti dai curatori della mostra di cui il libro è stato il catalogo. Essi sono Walter Guadagnini che imposta il proprio intervento critico su Figure, spazi; Francesco Zanot con il saggio su L'ossessione dei volti (e lo spazio intorno).

Per inquadrare e dettagliare i motivi della scelta di questi artisti nel Catalogo e per circoscrivere il riflesso visivo delle immagini degli autori delle fotografie, riporto i brevi testi introduttivi di Maria Teresa Filieri (all'epoca direttore della Fondazione Ragghianti) e di Enrico Stefanelli (Direttore artistico del LuccaAgitalPhotoFest).

Ciascuno dei diciassette fotografi (alcuni molto noti, tutti con buona scelta di immagini, altri meno noti o – almeno per me piacevoli scoperte – apprezzati da chi li ha proposti e da specialisti) è equalmente illustrato in 128 pagine. Come testimonianza visiva dell'opera, riproduciamo due scatti di ciascuno dei maestri.

Da persona che ha dedicato la propria vita al libro, interpretandone praticamente tutti i ruoli (anche quelli tecnici, persino l'editore due volte) delle mansioni e attività occorrenti a realizzare i libri e le riviste, posso dichiarare che questo Catalogo è un prodotto che mantiene le aspettative in esso riposte; come critico posso dire a chi se ne accosta da profano o da "dilettante" che Faces. Ritratti della fotografia del XX secolo risulta un'esperienza formativa e gradevole. Ho un'unica riserva: non avrei messo in copertina la severa, altera e teutonica immagine di August Sander.

F.R. 28 gennaio 2024

lunedì 18 marzo 2024

Una lotta nel suo corso, 7 - Corrispondenze

Post precedenti:
3 dicembre 2018 – 1. Introduzione; Prefazione; Nota Editoriale; Lotta nel suo corso, pp.3-66.
8 gennaio 2019 – Intermezzo prima parte, pp.67-126.
3 marzo 2019 – Intermezzo seconda parte, pp.127-192.
3 aprile 2019 – Intermezzo terza parte, pp.192-265.
3 maggio 2019 – Appendice I - Fatti e documenti, pp. 267-318.
3 settembre 2019 - Appendice II – Persone, pp.319-356



Il principale motivo per cui non ho dato subito seguito all'allestimento di questi annunciati due post conclusivi del libro Una lotta nel suo corso (1954), prefato da Ferruccio Parri, fu rappresentato dal fatto di non disporre di fotocopie decenti degli interventi critici e delle recensioni.

Sia pur a posteriori, voglio denunciare il motivo per cui il materiale disponibile in fotocopia è divenuto carente: le aziene di toner (quasi tutte U.S.A. e nipponiche) hanno fornito "inchiostri" labili, anziché stabili e duraturi come reclamizzato. Il che è molto peggio della "obsolescenza programmata".

Comunque furono pochi questi contributi, meno di quelli promessi per lo più per via di ripensamenti dovuti al progressivo spostamento verso il socialcomunismo dei recensori. Alcuni, di cui non dispongo del testo, come quello del più volte citato Spinella, furono faziosi, altri ambigui per adesione tattica alla storiografia liberalsocialista che nella realtà era stata piuttosto locale nella cospirazione e nella lotta armata dal 1943-44. Per non parlare del "cordone sanitario", più schiettamente bastone (stroncatura) o carota (ostentato silenzio), uniformemente realizzato dal P.C.I. nei confronti del libro, il quale si era eretto (con complici soddisfazioni di DC e di destra) a protagonista più che primario, quasi esclusivo sia sul piano ideale che su quello operativo della Resistenza del popolo italiano.

"Leggende” apparentemente sostenibili, stanti la disgregazione (costretti ad uscire dall'ANPI, fondando la FIAP, ad es., praticamente senza sedi e mezzi né persone addette e necessarie per un funzionamento decente) e la fratricida lotta dei partiti laici per le briciole del potere che loro concedevano da un lato la DC, dall'altro il PCI (Case del Popolo, enti locali, ecc.).

Clamoroso l'episodio dell'amnistia ai fascisti promossa e sostenuta da Togliatti: di fatto fornì a DC e PCI una numerosa, preparata ed esperta, massa politica intermedia di persone disponibili a passare dal corporativismo ecc. alla burocrazia della Gran Pretagna DC da un lato, dall'altro dal culto di Mussolini a quello di Stalin, valido sostituto fideistico. Da ciò, e non è un caso, costoro e i loro figli e nipoti oggi ritornano all'ovile neo-fascista o aderiscono al lato B leghista con disinvoltura.

Tornando al post, la situazione dei materiali documentari nei quattro anni trascorsi non è migliorata. Opto, quindi, per la soluzione di pubblicare comunque quanto reperito. Sarebbe misura fuori luogo attendere ancora anche perché le recensioni non ricevute a suo tempo non le posso reperire per via dell'età e dello stato di salute che patisco. Data la mole del materiale disponibile, lo divido in due sezioni: 1. Corrispondenza; 2. Recensioni. Ricordando che entrambi i gruppi sono lacunosi.

Per quanto concerne la corrispondenza risulta preponderante ciò che riguarda la cronistoria dell'edizione, dal 1950 con una lettera a Benedetto Croce che contiene il piano dell'opera con le connotazioni delle varie sezioni.

Oltre alle lettere, ordinate cronologicamente, ritrovo copia di uno degli appunti orientativi e informativi che a suo tempo allegai ai pacchi inviati alla Fondazione di Lucca perché potessero tornare utili ai futuri archivisti che avrebbero sistemato la "corrispondenza" di Carlo L. Ragghianti. Per Una lotta nel suo corso indico un elenco di nominativi nell'incartamento dei quali sono presenti altre lettere riguardanti l'argomento. Si tratta di: Elena Bassi, Neri Pozza, Ferruccio Parri, Gaetano Salvemini, Giorgio Spini, Luigi Russo, Ignazio Silone, Luigi Salvatorelli, Ernesto Rossi, Mario Dal Pra, Mino Maccari, Leo Valiani, Tozzi, Gualandi, Bruno Zevi, Nino Rinaldi, G.A. Fabbri, Ottavio Morisani. Certamente sono da controllare gli incartamenti di altri nominativi. Alcune delle lettere qui riprodotte sono importanti per la più approfondita comprensione di ciò che la Resistenza abbia costituito, o meglio, abbia tentato di costituire per il futuro della storia del Paese. In particolare quella inviata da C.L.R. a Luigi Russo il 12 agosto 1954 nell'analisi dei rapporti DC-PCI individua i pericoli insiti per la democrazia, i quali attraverso lo svoglimento del cosiddetto compromesso storico cattocomunista hanno portato alla sciagura PD (Partito Doroteo) che facilita la rinascita fascista (in cui di neo non c'è in realtà niente).

Per quanto concerne la preziosa sezione del libro con le biografie delle personalità principali protagoniste, riproduco la nota manoscritta di C.L.R. nellla quale si specifica che le biografie furono da lui scritte anche "sulla base delle autobiografie degli interessati". I due redattori, ovviamente, intervennero per tutte le operazioni di uniformità dei testi (vedasi il post del 3 settembre 2019).

E' curioso il fatto che manchino dall'elenco proprio le biografie dei due redattori Licia Collobi (le cui vicende furono riconosciute dall'Esercito Italiano meritevoli del grado effettivo di Maggiore ¹) e Sandrino Contini Bonacossi (uno dei più valorosi comandanti combattenti della Resistenza in Toscana). Modestia d'altri tempi coniugata al non voler incorrere in “conflitto di interessi” (oggidì posizione legale e morale disattesa in maniera quasi totale). Furono comportamenti oggi – sic stantibus rebus – marziani, pensando a Flajano.

F.R. (12 febbraio 2024)


¹ E' opportuno precisare che per non consegnare totalmente ai socialcomunisti il ricordo della Resistenza, gli azionisti avevano deciso di accettare il riconoscimenti di Partigiano dallo Stato, consistente in gradi militari e in medaglie militari al valore. Il PdA toscano di sicuro (altri non so) decise, con gesto nobile forse politicamente controproducente, di ricusare il conferimento di medaglie al valore per coloro che erano sopravvissuti alla guerra; accettarono il grado militare collegato alle funzioni e al curriculum personale. Ci furono eccezioni come Joyce Lusso, medaglia d'argento e capitano. Persone come Maria Luigia Guaita (capitano, credo) e mia madre con i molteplici atti di valore compiuti in missione sarebbero state al minimo altrettanto onorate.








giovedì 14 marzo 2024

Decio Gioseffi: "Storia dell'arte in Europa" (2022) e uno studio inerente (1971).

Per i tipi de "Il Poligrafo/Università degli Studi di Trento" nel dicembre 2022 è stata pubblicata quella che si potrebbe ritenere la "summa" o, di certo, almeno l' "opus magnum" di Decio Gioseffi (1919-2007), uno studioso indipendente che ha elaborato una metodologia che collega la Storia dell'Arte ad altre discipline con innovativi criteri interpretativi. A questo proposito si veda in particolare la postfazione del libro Un pensiero inedito in Europa (pp.365-369), a cura di Giuliana Carbi Jesurum e Nicoletta Zanni.

Oltre a queste sue importanti connotazioni, Decio Gioseffi si è sempre trovato in sintonia dialettica con il pensiero di Carlo L. Ragghianti nel considerare ed indagare sullo stesso piano valoriale tutte le manifestazioni di creatività artistica elaborate dagli esseri umani.

Per esemplificare il legame con lo studioso lucchese e la sua rivista "Critica d'Arte" (da lui considerata una sorta di creatura primogenita – 1935 – della quale per altro il sottoscritto suo primo figlio – 1940 – non è geloso ma fiero) in questa sede ripropongo il saggio che nel n.115 (gen.-feb. 1971) Gioseffi pubblicò col titolo Sistemi visivi, convenzioni e criteri d'interpretazione che ricordo ancora di aver impaginato con particolare soddisfazione. Di questo studio c'è un esplicito riferimento nel libro a p.384, nota 15.

Marginalmente e senza intenzione di ridurre l'importanza culturale e l'originalità di questa pubblicazione, ma per personale acribia derivante da più che cinquantennale attività di redattore editoriale, devo esplicitare l'appunto seguente. Nella sezione "Autori citati nel testo" noto alla seconda voce: "ARGENTIERI, G. (a cura di) Pittori fiamminghi, Milano, Mondadori 1962".

Siccome il contenuto è scientificamente rilevante, devo ricordare che era notorio tra gli studiosi (tra cui Gioseffi) che il testo era stato elaborato da Licia Collobi Ragghianti. In proposito si veda nel blog "Ragghianti & Collobi" il post 

del 27 luglio 2020 nel quale si documenta come e perché Licia Collobi avesse scritto un libro non comparendo quale autrice, consentendo all'Editore di usare la dizione a cura di.

Questa Storia dell'Arte in Europa è un volume rilegato in brossura, mm. 170X240 pp. 432 con 32 tavole f.t. a colori. È necessario tenere presente l'Avvertenza (riprodotta) nella quale si ricorda che i numeri arabi a fianco del testo rimandano ad un Atlante delle illustrazioni consultabile gratuitamente sul sito "www.xydigitale.it/Atlante-immagini-Gioseffi".

E' la prima volta che mi imbatto in una soluzione editoriale di questo tipo. E' importante anche perché meno scomodo che avere, ad es., un libro aperto accanto al testo che stiamo leggendo, oppure sfogliare il libro fino all'individuazione dell'illustrazione cercata. Ma soprattutto questo procedimento consente all'editore un risparmio economico cospicuo.

In conclusione, questa edizione dovrebbe consentire – data l'originalità metodologica dei testi – una circolazione per la quale l'autore, dopo più di tre lustri dalla morte, sia ricordato e studiato. C'è da augurarsi, quindi, che grazie al taglio innovativo di quest'opera si crei una situazione propositiva che impedisca che lo studio e la memoria di Gioseffi restino circoscritti all'Università di Trieste, nella quale Gioseffi ha svolto tutta la propria brillante vita accademica.

F.R. (1 marzo 2024)

P.S. Ricordo che di e su Decio Gioseffi sono stati postati in questo blog diversi interventi. In ordine cronologico sono:

1. Su Giotto architetto (15 ottobre 2017);

2. Ragghianti, Zevi, Gioseffi, Scalfari, Giotto (24 aprile 2019);

3. Recensione "Storie della pittura europea del Quattrocento" di Licia Collobi (20 aprile 2020);

4. "L'eredità dall'antico" (28 settembre 2020).

venerdì 1 marzo 2024

La “Collezione minima” di Zavattini, 2 (1967).

 1. Pars costruens; 2. Pars destruens; 3. Cesare Zavattini pittore; 4. Ancora per una lotteria Nazionale dell'Arte.




1. Pars costruens.


Indubbiamente la “La raccolta 8 per 10 di Cesare Zavattini” è stato un libro concepito come un oggetto di “lusso”, una strenna ben stampata e rilegata robustamente, carta pesante idonea alla stampa a colori. Quanto ai contenuti critici sono prevalentemente coerenti all'iniziativa e alle opere; taluni convincenti e coinvolgenti. La qualità della stampa dei circa 2000 dipinti è mediamente ottima; le riproduzioni a colori rispettano gli originali.

E' evidente scorrendo le duemila opere che tutti gli artisti hanno affrontato la sfida stimolante di Zavattini, riuscendo ad esprimere miniature di livello museografico.

Infatti, alla fin fine la Collezione minima è una sorta di monumento, un sacrario alla pittura in cui le tombe vanno individuate singolarmente sulla base di indicazioni sommarie nel libro. Esse vanno però integrate con il Catalogo steso nel 1959 da Nino Lo Vullo (v. il primo post del 12 febbraio 2024), utile con dati essenziali ma certi scientificamente, in modo da rendere possibile una analisi, un'indagine individuale critica e storica.


Dopo questa sezione del post è opportuno fornire una sorta di Indice generale dei contenuti del libro, da me formulato in assenza di un Indice che l'editore avrebbe dovuto approntare.


1p. Frontespizio

1p. Foto di Zavattini tra i suoi dipinti 8x10

1p. Esergo (di Ezio Gribaudo)

5pp. Presentazione (di Raffaele Carrieri)

1p. Foto di Zavattini tra i suoi dipinti 8x10

54pp. Testi dei critici d'arte (con intercalate tavole di “Autoritratti” dei pittori per 37 pp; soggetti vari per 17pp.)

55pp. Tavole sistematiche di “Autoritratti” (con qualche raro altro soggetto). Sono comprese le ripetizioni in formato più piccolo della voce precedente

64pp. Tavole sistematiche di soggetti vari

2pp. Foto di oggetti decorativi e pupazzi

4pp. Due vecchie lettere (Corrispondenza tra Zavattini e C.L. Ragghianti, pubblicate anche nel post precedente del 18 febbraio 2024)

4pp. Ancora per una lotteria Nazionale dell'Arte

4pp. Elenco degli artisti (in ordine alfabetico)

1p. Finito di stampare (Novembre 1967) e Fotografie di Francesco Aschieri. 











Cinque dei trentuno testi critici

2. Pars destruens


Nel 1967 fu pubblicata la volumessa, ovverosia grosso volume, con pretese di libro d'arte, da “Edizioni d'Arte [appunto] Fratelli Pozzo – Torino”. Questo ingrombrante volume in 4° quadrato voleva rappresentare la consacrazione ufficiale, la celebrazione a stampa della straordinaria “Collezione minima” di dipinti ideata e realizzata da Cesare Zavattini.

Personalmente penso che si sia trattato di un'impresa maldestramente “originale” e presupponente realizzata da Ezio Gribaudo (1928-2002). Costui è stato, oltre che grafico, un noto artista che “dal 1966 al 1990 sotto [!?] i Fratelli Fabbri pubblicò monografie di 34 artisti con i quali collaborò direttamente”. Quanto ai Fratelli Pozzo, altrettanto noti, voglio pensare che si sia trattato di uno smarrimento momentaneo, di un tradimento dai canoni tipografici imposto loro.

Gribaudo pone in esergo una nota giustificatrice (che si riproduce), la quale risulta una contraddizione in termini dato che il libro è sfogliabile (ovviamente) ma non consultabile, salvo genericità omnicomprensive, per mancanza di punti di riferimento quali – ad es. – la numerazione delle pagine. E' lecito domandarsi: come mai?

Manca l'Indice generale. C'è, si, un Elenco degli artisti, però privo dell'indicazione di dove si trovino citate o illustrate le loro opere. Ripeto le pagine non sono numerate. Incredibile! Inoltre alcuni pittori sono presenti con due o più dipinti riprodotti in luoghi diversi mai indicati.

Il libro contiene una serie di interventi di critici e scrittori riguardanti specificamente le piccole pitture. Giacché non c'è un Indice né un Elenco di costoro, posso informare che sono 31 i personaggi. La maggior parte noti o conosciuti agli addetti, alcuni – direi – ignoti o comunque necessitanti di riscontri sul web o altrove per appurare chi siano stati.

Salvo Leonardo Borgese e tale Vittorio Del Gaizo con due pagine, i più dedicano alla “Collezione minima” una paginetta di testo; alcuni soltanto cinque o meno righe. Questi li voglio segnalare per nome: Argan (solo cognome stampato: spregio? riverenza? errore redazionale?), Carlo Barbieri, Palma Bucarelli, Maurizio Calvesi, Mario Lepore, Agnoldomenico Pica, Marco Valsecchi. 



A questo punto meglio citare tutti gli altri testimonials, perché altrimenti non sarebbe possibile sapere chi sono. In ordine alfabetico, così come nel libro si succedono: Umbro Apollonio, Guido Ballo, Renato Barilli, Eugenio Battisti, Fortunato Bellonzi, Alberto Boatto, Cesare Brandi, Luciano Budigna, Enrico Crispolti, Mario De Micheli, Giorgio di Genova, Gillo Dorfles, Maurizio Fagiolo, Emilio Garroni, Carlo Giacomozzi, Renato Giani, Giuseppe Kaisserlian, Corrado Maltese, Paolo Ricci, Marcello Venturoli, Gino Visentini, Cesare Vivaldi.

Tutta la sezione “gratulatoria” dei critici è intercalata nel libro da tavole a colori con gli Autoritratti dei pittori ritenuti più importanti. Queste tavole sono state illustrate con varianti di montaggio grafico nel precedente post del 18 febbraio 2024.

Segue la sezione sistematica, per altro non indicata come tale o altrimenti, con 55 pagine di grandi tavole a colori su due pagine a fronte, contenenti tutti gli Autoritratti. Al loro interno sono ripetute, con dimensioni minori, tutte le illustrazioni del citato precedente post n.1.

Infine seguono altre 64 pagine con 30 tavole sistematiche su due pagine a colori con dipinti soggetti vari (paesaggi, nature morte, figure e nudi umani, composizioni astratte, ecc.).

Ripeto: salvo il laterale elenco con i nominativi degli artisti ogni tavola raduna soggetti incolonnati senza un'apparente logica impostazione vuoi di Zavattini (improbabile) vuoi di Gribaudo (nel senso che egli – come ci si aspetta curando il volume – ne dovrebbe assumere la responsabilità).

Soprattutto rimane il fatto che il lettore che voglia trovare un determinato dipinto, o altra notizia, non ha altra scelta che sfogliare da capo ogni volta il volume finché non si imbatte in ciò che cerca.

Ultima considerazione: il mercato libraio dell'usato e antiquariato è sempre più filatelico. Si preoccupa di un dentino mancante ai margini del francobollo, trascura o sottovaluta la qualità del contenuto. Questo nonlibro, infatti, è ancora valutato 150-200 o più euro!


3. Cesare Zavattini pittore.


Ritengo indispensabile sottolineare il fatto che Zavattini dal 1938 (guarda caso in concomitanza con l'inizio della Collezione minima), alle proprie poliedriche attività aggiunse anche la pratica della pittura, aspetto forse meno noto della sua personalità. Ma reso degnamente noto ed esaurientemente documentata da eccellenti riproduzioni e considerazioni critiche nella monografia Cesare Zavattini. Una vita in mostra, curata da Renato Barilli ed edita, per cura dei famigliari dell'artista, nel 1997 da Bora di Bologna

Comunque Zavattini era e resta una figura indispensabile per valutare ciò che riguarda il Cinema cosiddetto “neorealista” da un lato, dall'altro è stato e resta scrittore ineludibile nella storia della cultura dagli anni Trenta agli

anni Sessanta. Autodidatta “Zava” (come viene spesso interpellato) agli esordi è schivo nel manifestarsi, così nelle prime esposizioni si affida a Autopresentazioni (che riproduciamo). Così, stante l'indubbia e profonda sua cultura visiva, evita l'approccio naïf, è “antigrazioso” e non accademico, gestuale ma senza divenire astrattista od informale, né è coinvolto nell' “Art Brut”. Con grande smacco dei suoi amici comunisti rifugge dal “realismo” staliniano prima, poi guttusiano. La sua pittura si sviluppa in originale espressione, quella di un uomo originale nel concepire l'esistenza.

F.R. (24 gennaio 2024)


Dipinti di Zavattini












4. Ancora per una lotteria Nazionale dell'Arte.


Sempre da questo libro del 1967, traggo il testo seguente e lo propongo come tipica iniziativa di Zavattini, concreta e al contempo paradossale.


Per vivacizzare e per altri versi democraticizzare il mercato delle opere d'arte non sarebbe inopportuno realizzare iniziative di similare impronta su base locale, Regionale ed anche poi Nazionale. L'unica difficoltà operativa vera sarebbe quella di fissare criteri di garanzia (oltre l'ovvia autenticità) di qualità delle opere d'arte messe in palio.