Carlo e Licia

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lunedì 31 dicembre 2018

Necrologi, Ricordi, Resoconti, 2.

Con ritardo superiore al previsto – lusso che non potrei e dovrei permettermi – pubblico (come annunciato nel post del 31 dicembre 2017) altri scritti dai quotidiani e dalle riviste in occasione della morte di Carlo L. Ragghianti (3 agosto 1987).
Queste pubblicazioni non sono soltanto un documento e non vogliono essere intere come vanto dei familiari superstiti di una persona che è stata davvero importante ed inconsueta sia dal punto di vista culturale che da quello storico e sociale. Sono, e vorrei che fossero per altri lettori, uno stimolo oltre che informativo utile al processo dialettico per inquadrare meglio C.L.R. nella cultura e nella storia del Novecento, che per l'Italia è stato ancora una volta periodo di presenza e risonanza globale soprattutto per gli aspetti artistici e culturali. Presenza che in questo XXI secolo recessivo mi sembra sia stata evidenziata soprattutto da “bunga-bunga” e altre poco amene idiozie implicitamente criminali quali – ad esempio – l'attentato alla Costituzione Repubblicana (2016) sostenuto da arroganti dilettanti allo sbaraglio gestori pro-tempore del patrimonio etico (quel che ne resta) ed economico di noi tutti.
Stante che il materiale di un certo risalto è ancora cospicuo quanto a volume, procedo in questo post riportando una parte dei “coccodrilli” dei quotidiani, legati all'immediatezza della cronaca, e qualche profilo e ricordo più approfondito e meditato. Quindi esaurire la mole di questi materiali (va tenuto anche conto che ne esistano altri di cui ora non siamo al corrente) si rende necessario almeno un altro post successivo a questo.
Prima di procedere penso sia opportuna una precisazione: la scelta di Pier Carlo Santini che ha costituito la prima parte di questa serie fu dettata dall'esigenza di documentare l'immediatezza della cronaca da un lato, dall'altro di ricordare il Maestro attraverso i documenti più elogiativi nella sostanza tra quelli a quel momento più noti. Cioè praticamente tutti perché chi aveva intenzione di dissentire non si sarebbe certo espresso proprio in quei giorni al di là di cauti distinguo e di velati accenni (come, ad es., lealmente ha fatto Federico Zeri).
In questa seconda serie la parte relativa ai quotidiani riguarda soltanto quelli fiorentini con gli articoli non resi già noti da P.C. Santini tramite “LUK”. Si voglia scusare la pessima qualità di alcune riproduzioni dovuta all'originale di cui disponiamo.
Su “Il ponte” Renzo Federici, già collaboratore allo Studio Italiano di Storia dell'Arte e a “La Strozzina” di Carlo L. Ragghianti e che abbiamo ricordato più volte (v.: “Atti del Convegno per le Arti figurative, Firenze 1948, n.5”, postato il 25 novembre) alle pp. 204-211 traccia un profilo della sua concomitanza con C.L.R. con tono vagamente critico ed anche pungente proprio là dove mio padre era particolarmente originale ma poco compreso. Ciò nonostante risulta un contributo positivo anche per la sostanziale incomprensione metodologica comunque ammirata e non settaria né rancorosa. Dopo aver letto queste pagine (che riproduco però dal dattiloscritto dettato e corretto dall'autore, che reputo filologicamente più interessante) devo riconoscere a Federici una capacità di scrittore e di acume letterario di cui non ero pienamente consapevole, pur mantenendo la convinzione di validità delle mie impressioni e osservazioni sulla sua fragilità basilare. Tutto sommato questo scritto è un contributo interessante e stimolante ma parziale per una ricostruzione della complessa figura di mio padre lottatore coerente e imperterrito, però anche profondamente umano. Penso che P.C. Santini avrebbe dovuto comunque inserirlo nella sua “antologia” pubblicata su “LUK” e qui riprodotta nel citato post del 31 dicembre 2017.
Rolando Bellini, un amico disperso nell'aspro scorrere del tempo e nei casi della vita, nello stesso fascicolo de “Il Ponte” (pp. 211-216) subito dopo quello di Federici scrive un ricordo centrato sugli otto anni di collaborazione con Ragghianti (1978-1986). Il taglio è però prevalentemente analitico e metodologico, condotto con chiara e convinta scrittura (salvo qualche ammiccamento, in lui consueto) nella quale partecipa anche la propria ammirazione, l'affetto e l'evidente condivisione delle problematiche. Da parte mia voglio sperare che quanto Bellini scrive in chiusura del saggio sia auspicio di prossima affermazione e riconoscimento, cioè che “dispersi i rancori e gli acidi, la sua figura giganteggierà”. Di Enrico Moratti, giornalista radiofonico del GR3, intellettuale socialista democratico, che si avvicinò a Carlo L. Ragghianti soprattutto in seguito alla lettura di Traversata di un Trentennio (1978) e di Marxismo perplesso (1980), riproponiamo il saggio pubblicato su “Tempo presente” (n.82-83, nov.-dic. 1987, pp. 36-45).
Questo scritto più che un elogio funebre è una ricostruzione bio-bibliografica storico-critica dell'attività e della vita intellettuale di Ragghianti. Sostanzialmente equilibrato e chiaro il testo si distingue per l'intento di voler richiamare l'importanza e l'esemplarità del pensiero e della coerente condotta morale nell'ambito della cultura “laica” non marxista, già allora assai corriva con il malcostume ormai imperante di derivazione da un lato clericale, dall'altro liberal-massonico con sponde piduiste. Tant'è vero che oggi la laicità democratica fondata su solide basi etiche si può dire, se non proprio inesistente, rappresentata da rare, isolate personalità minoritarie, quando non decisamente emarginate.
Di Enrico Moratti, che negli anni Ottanta è stato uno dei pochi intellettuali più sinceramente vicini a Carlo L. Ragghianti, riproporremo altri scritti sull'opera di mio padre. Spero anche di riuscire a individuare, nell'oblio che lo riguarda (risulta omonimo di un clericale lombardo e poco più da Google) e cela i dati e i pregi di quell'omone alto, corpulento, imponente, dalla testa grossa ma fine. Voglio comunque ancora ringraziarlo del telegramma che inviò in occasione della morte del babbo riproducendolo qui di seguito, anche perché fu uno di quelli veramente apprezzati da Licia Collobi, mia madre, la quale aveva – tra l'altro – un fiuto praticamente infallibile nel riconoscere i galantuomini dagli opportunisti.


F.R. (12 dicembre 2018)

venerdì 28 dicembre 2018

L'Arte Moderna in Italia, 1915/1935 - 11. Quinto MARTINI, MANZU'


Post precedenti:

1. 30 dicembre 2017
Presentazione di Carlo L. Ragghianti.
Criteri del Catalogo, Bibliografia generale. Comitato d'onore; Comitato esecutivo; Comitato tecnico; Comitato di consulenza nazionale; Consiglio A.T.T. di Firenze; Consiglio de “La Strozzina”;  organizzatori percorso museografico; segreterie; fornitori dell'esposizione.
2. 31 dicembre 2017
Criteri assegnazione schede critiche; criteri per la consultazione del Catalogo e quelli distintivi di questa rievocazione.
Artisti: ALCIATI, Nino BARTOLETTI, Pasquarosa BARTOLETTI, BIASI, BONZAGNI, BOSIA, BUCCI, CHECCHI, COSTETTI, FERRO.
3. 28 febbraio 2018
Artisti: GALIZZI, GEMITO, GRAZIOSI, Piero MARUSSIG, OPPI, PENAGINI, PRENCIPE, SPADINI, WILDT.
4. 25 marzo 2018
Artisti: BACCI, DUDREVILLE, GOLA, MAGRI, PARESCE, RAMBELLI, BARTOLI NATINGUERRA, GUIDI.
5. 15 aprile 2018
Artisti: BARTOLINI.
6. 4 maggio 2018
Artisti: SAVINIO, TROMBADORI, MONACHESI, FONTANA, MUNARI, FRANCALANCIA.
7. 3 luglio 2018
Artisti: FURLOTTI, METELLI, BARBIERI, BROGGINI, CAGLI, CAPOGROSSI.
8.
Artisti: CESETTI, FAZZINI, GENNI WEIGMANN, GENTILINI, GUTTUSO.
9. 16 settembre 2018
Artisti: Edita e Mario BROGLIO.
10.  20 novembre 2018 (1 parte), 5 dicembre 2018 (2 parte).
Artisti: LEVI, MAFAI, RAPHAEL MAFAI.

domenica 23 dicembre 2018

Arti decorative in Italia 1920-1950 - La forza della modernità

Teresa Filieri, allora direttrice della Fondazione Ragghianti di Lucca, avverte nella sua pagina introduttiva al volume La forza della modernità – Arti in Italia 1920-1950 che i curatori dell'esposizione e dell'eccellente catalogo mettono “in luce le inequivocabili, coerenti e strettissime relazioni culturali intercorrenti tra i molteplici aspetti che le arti decorative assumono tra il 1920 e il 1950 e quanto contemporaneamente avviene nei più noti e indagati campi delle arti figurative”. Effettivamente Maria Flora Giubilei e Valerio Terraroli – e i loro collaboratori Nico Stringa, Alessandra Tiddia, Gioacchino Barbera, Claudia Casali, Olivia Rucellai, Stefania Cretella, Monica Vinardi, Giulia Gueci– riescono pienamente a raggiungere l'obiettivo prefissatosi di integrare la conoscenza delle cosiddette (fino a qualche tempo fa) arti figurative canoniche con quelle impropriamente dette arti minori, nonché arti decorative. Complimenti davvero per la ricca e rara – in certi casi direi rarissima – documentazione visiva e per i testi e gli apparati che illuminano artisti assai meno noti di quanto meritino.
Affrontando con il consueto ritardo questo corposo volume (cm.27h x 23,5 e di ben 400 pagine) dal titolo post futurista, incisivo e convincente, constato che di fatto esso viene a configurarsi come la necessaria, complementare integrazione di gran parte del periodo 
investigato dalla storica mostra Arte Moderna in Italia 1915-1935 (1967, che con integrazioni stiamo riproponendo nel nostro blog) e del successivo catalogo a cura di Pier Carlo Santini, Arte in Italia 1935-1955 (1992).
A questo proposito muovo un unico rilievo e una personale osservazione. Il rilievo è che nel titolo sarebbe più chiaro specificare Arti decorative; l'osservazione consiste nell'esplicitare formalmente questo legame più che rafforzato, evidenziato da una continuità con lo studioso Ragghianti evocata (e la ringraziamo) da Teresa Filieri e da una simbolica circostanza rappresentata dal fatto che l'editore dell'opera è proprio la “Fondazione” che Carlo e Licia Ragghianti vollero istituire anche come sede di continuità e di sviluppo del loro lungo e veramente cospicuo lascito culturale e professionale.
Positivo il recupero in questa chiave di tutti gli artisti indagati, mentre specialmente va sottolineato quello di artisti come Giò Ponti (non solo architetto!) Luigi Bonazza, Domenico Baccarini, Francesco Nonni e altri non presi in considerazione dalla Commissione che scelse gli artisti esposti nel 1967. Altrettanto interessante e coinvolgente è mostrare opere meno note e studiate di maestri come l'unico che cito, cioè Arturo Martini.
F.R. (1 settembre 2018)

giovedì 20 dicembre 2018

Licia Collobi e la poesia, 2 - Luigi Broggini, 2.

Aver indicato nel post (8 maggio 2017), in cui ho parlato della costante attenzione di lettura e critica di mia madre verso la poesia, che esso era la “prima parte” è stato da parte mia un po' azzardato in termini classificatori, se non altro perché una cosa è conoscere l'interesse, la predilezione, un'altra è dimostrarlo e documentarlo dandone resoconti dettagliati. Difatti ho avuto qualche difficoltà a organizzare questa seconda puntata, disponendo di materiali incontrovertibili ma non della reazione puntuale di più o meno e quanto gradimento riponesse Licia Collobi in molti di quei componimenti poetici.
Quel che è comunque certo è l'assidua passione per l'espressione poetica manifestata sempre e continuativamente in osservazioni, citazioni, richiami con me (e, presumo, gli altri figli all'occorrenza) quando si sincerava della preparazione scolastica. In certi casi lei recitando a memoria i testi contenuti nelle antologie, mi spronava a seguirne le cadenze, a capirne la struttura e il significato. Capitava poi non di rado che trattenesse presso di sé per qualche ora o giorno il libro (fosse di letteratura italiana, latina, greca o francese) per leggerne anche le parti di solito non approfondite dagli insegnanti e ignorate da noi scolari. Capitava anche che a fronte delle lacune nell'esposizione delle mie scombinate e onnivore letture in certi pomeriggi nei quali mi rifugiavo nel suo studio o quando – più spesso purtroppo – ero al suo capezzale per farle compagnia durante una delle frequenti indisposizioni polmonari che l'affliggevano, lei mi leggesse o recitasse a memoria brani per farmene capire l'intonazione, il giusto significato. Succedeva anche che poi proseguisse con altri testi, altri autori che le stavano a cuore. Anche sul finire della sua vita travagliata, quando era praticamente allettata e ipovedente prima delle operazioni, scacciava apprensione, tristezza, noia col recitarsi a memoria poesie, traendone conforto evidente.
Nel post precedente ho ricordato la Collana Cederna, da me integrata, forse completata, quando lavoravo in Vallecchi che ne era il distributore, conservata nello scaffale custode dei libri da recensire per “SeleArte” o “Critica d'Arte”, dei libri particolarmente apprezzati e dei libri di poesia. Tra questi ultimi Leopardi, Foscolo (ed. Nazionale), D'Annunzio, (Carducci lo tenevo consensualmente tra i miei libri), traduzioni dei classici greci, antologie, e le belle e lussuose edizioni degli anni '50 dei classici italiani di Einaudi. Sempre quello scaffale, in un ripiano in basso, coperto un po' dalla scrivania, custodiva una scatola di metallo (non ricordo se già di biscotti o di cioccolatini) contenente praticamente buona parte dei piccoli o minuscoli libri editi da Scheiwiller col marchio “all'insegna del pesce d'oro” e altre edizioni di piccolo formato. Tra questi c'era anche il volume Non era un sogno, vi dico con uno scritto di Ferruccio Parri, poesie di Dylan Thomas, Tadeusz Rosewicz, Nazim Hikmet, Vittorio Sereni, Alfonso Gatto, Franco Fortini, Agostino Neto, Maria Banus, Bertold Brecht e disegni di Luigi Broggini (Edizioni di Corso Garibaldi – corrispondente all'indirizzo di Broggini – Milano, 1964). Si tratta di una scelta tematica, la guerra, che “è un grido di ribellione contro la bestialità demoniaca che squarta le madri e i bambini, che fa strage dei popoli” (scrive Ferruccio Parri). Riproduco il libretto qui di seguito perché di contenuti idonei alla meditazione e alla condanna anche nei mala tempora che viviamo o che ci aspettano a causa del tradimento e/o l'ignavia degli eletti a detenere, “amministrare” e preservare i valori e le speranze del popolo italiano qui da noi, della fratellanza umana anche altrove. A proposito di Luigi Broggini (si veda il post del 3 luglio 2018, che riguarda la sua attività con pernio sulla mostra “Arte Moderna in Italia 1915-1935”) oltre alla riproduzione dei disegni del 
libretto si rende nota una lettera di Carlo L. Ragghianti a Giuseppe Mazzariol (18 marzo 1976), nella quale mio padre dà un giudizio piuttosto lusinghiero dell'artista nell'ambito di una circostanza espositiva poco nota. Si riproduce anche un affettuoso ricordo dello scultore e poeta scritto da Gina Lagorio, cara persona oltre che notevole scrittrice e intellettuale – conosciuta personalmente dalla famiglia Ragghianti tramite le scultrice savonese Renata Cuneo – che strinse amicizia con i miei genitori negli ultimi anni della loro attività. L'articolo, datato 27 maggio 1982, mi pare provenga da “La Nazione” di Firenze a giudicare dai caratteri tipografici.
Va ricordato infine circa Licia Collobi che i tanti altri libri di poesie o di prose di poeti, prevalentemente di formato in 16°, erano conservati nei ripiani bassi, anche su due file parallele piuttosto sbilenche e in disordine. Tra essi numericamente consistenti le benemerite “Edizioni dello Zibaldone” promosse e curate amorevolmente dalla poetessa triestina Anita Pittoni, un'amica quasi esclusivamente di penna giacché mia madre nei 45 anni del suo dopoguerra sarà andata a Trieste non più di una decina di volte, quasi sempre a scappa e fuggi per funebri avvenimenti della sua famiglia. Oppure vi si recava d'estate – quando in città non c'era nessuno – per godersi Trieste in pace e la sua zia prediletta Maria Domazetovich, vedova Fasanella, dopo quella di un certo Raicich, parente dello studioso Marino residente a Firenze.
Come sempre con mia madre, anche nel caso della Pittoni c'è il problema della reperibilità della corrispondenza inviatale e incomprensibilmente di quella da lei spedita. Non so se e quanto del loro scambio epistolare sia presente nell'Archivio (che presumo esistere) della poetessa; di certo non so che fine abbiano fatto parte delle lettere ricevute dalla Pittoni o da altri corrispondenti. Mia madre non era presuntuosa ma era perfettamente consapevole della sua incidenza nella storia della cultura e, perché no, di quella sociopolitica. Poi va considerato che lei confidava nella sua prodigiosa memoria e che di conseguenza non conservava minute o copie salvo che di ciò che riguardava atti pubblici. Della sua corrispondenza familiare e giovanile era riuscita a salvare dai traslochi e dai saccheggi una parte dei documenti. Probabilmente su questa sua sconsiderata abitudine di non conservare con cura le corrispondenze personali ha inciso l'abitudine degli anni della cospirazione antifascista e della Resistenza in clandestinità di imparare a memoria tutto ciò che valeva la pena e di distruggere il superfluo. Certo era sopraffatta dall'esorbitante massa cartacea che ha sempre occupato le nostre abitazioni, ma non capisco perché avrebbe dovuto sacrificare soltanto le sue carte. Che tra parentesi sarebbero state utilissime perché con le persone lei riusciva a immedesimarsi nei loro problemi cercando di aiutarle a risolverli. Proprio i documenti che in genere mancano agli storici per dare resoconti psicologicamente attendibili. Ci penserò ancora a questo piccolo mistero, innocuo ma importante a illuminare la vera esistenza del prossimo. Perciò per conoscere tanti giudizi, atteggiamenti,opinioni non professionali di Licia Collobi non resta che affidarsi ai suoi corrispondenti sperando in una loro capacità conservativa e nei discendenti di chi non è stato archiviato ufficialmente.
Tornando ai suoi libri, comunque tra i miei disordinati scaffali e nel caotico Archivio ce ne sono diversi superstiti, allineati magari nel topografico (Friuli Venezia Giulia, soprattutto) o con gli Autori (Tobino,Bassani, ecc. ecc.). Il resto dovrebbe essere nella Biblioteca della Fondazione Ragghianti di Lucca, dove chi mi sopravviverà manderà quelli attualmente qui giacenti.
F.R. (ottobre 2017)



lunedì 17 dicembre 2018

Gandhara, 3.

Dalla miniera di carta a cielo aperto che è ormai il nostro Archivio di Vicchio, negletto ex abrupto per forza di cose – cioè soprattutto la mancanza di tempo da dedicare al suo ordine – ho scovato un quarto scritto sul Gandhara confuso tra l'affine (per un certo periodo) arte indiana. Esso fu pubblicato in “SeleArte” (n.68, mar.-apr. 1964, pp.43,44). Questo breve articolo riferisce di scavi e ritrovamenti recenti. Ricordo i nostri due post che riguardano questo argomento: Arte in Afghanistan, 9 febbraio 2018; Arte in 
Afghanistan, 2 assieme ad Arte del Gandhara e cronologia, 30 agosto 2018.
Sull'arte indiana dell'intero subcontinente, e in particolare della scultura, che si intreccia fortemente con quella del Gandhara dai suoi primordi all'esaurimento di quel fenomeno artistico, dopo le opportune verifiche, posteremo gli scritti dei coniugi Ragghianti in un'unica soluzione. Salvo il ripetersi di qualche increscioso disguido come quello che sta alla base di questo post.
F.R. (12 ottobre 2018)

martedì 11 dicembre 2018

Cristiano BANTI.

Dato che segue immediatamente in “Critica d'Arte” (IV serie, n.2, 1987, p.23) Lettere a Diego di Licia Collobi, riproposto all'interno del post precedente a questo, e stante una evidente complementarità di argomento, ripresentiamo questa recensione di Carlo L. Ragghianti su Cristiano Banti (1824-1904). Costui è stato un artista “macchiaiolo” di 
minor nome, schivo (non volle mai esporre), il quale ha anche una stagione di particolare singolarità all'interno di una continuità espressiva. Banti è stato un pittore se non proprio misconosciuto certo non conosciuto e riconosciuto come altri artisti compresi nell'etichetta “macchiaioli”, perciò mostriamo quattro esempi della sua arte.
F.R. (11 ottobre 2018)

sabato 8 dicembre 2018

Giovanni FATTORI.

Non ricordo dove, ma comunque in una sede attendibile, ho letto che il mercato speculativo dell'arte nella sua onnivora voracità, esauriti certi periodi e settori, sta interessandosi al fenomeno italiano dei Macchiaioli col proposito di estenderne la conoscenza su scala internazionale. Speriamo soltanto di non assistere ad assurdi stravolgimenti di valori artistici declinati in chiave di profitto economico. Cioè che un “grande” come Giovanni Fattori non venga equiparato o addirittura subordinato (anche se solo economicamente) a onesti professionisti come un Egisto Ferroni o un Francesco Fanelli semplicemente perché le sue opere sono ormai musealizzate o prestigiosamente collezionate mentre quelle commerciabili sono poche in rapporto agli intenti speculativi. Così i dipinti di pittori degni ma non eccezionali vengono privilegiati perché copiosamente e più facilmente disponibili per il mercato e quindi diventano fonti di più lauti profitti.
A prescindere da queste osservazioni doverose e indirizzabili a quasi tutti i fenomeni espositivi non strettamente “scientifici”, parlare di Giovanni Fattori e vedere suoi dipinti è un piacere anche su di un piano superficiale, cioè non tenendo nella debita considerazione la sua caratura espressiva originale ed innovativa.
Con questo post intendo fornire un resoconto dei testi che Carlo L. Ragghianti e sua moglie Licia Collobi dedicarono al pittore livornese. Va ricordato innanzitutto che nella IV serie, cioè nell'edizione familiare stampata con mezzi propri, di “SeleArte” nel fascicolo n.10 (primavera 1991) riproducemmo l'articolo di Licia Collobi Opere di Giovanni Fattori nella Galleria d'Arte Moderna di Firenze, originalmente pubblicato in “Rivista di Livorno” (n.4, Lug.-Ago. 1953). Il nostro fascicolo n.10 è stato poi riprodotto integralmente in questo blog e postato il 23 febbraio 2017.
La causa della scelta di mia madre riguardo a Fattori va ricercata nel fatto che nel dopoguerra ella fu Direttrice f.f. della Galleria d'Arte Moderna di Palazzo Pitti a Firenze, rifugio di quadri sesquipedali neoclassici e “risorgimentali”, cioè prevalentemente retorici e propagandistici, con le opere del secondo Ottocento (spesso di piccole dimensioni) esposte affastellate in pochi locali e con quelle del primo Novecento allora ancora praticamente non esposte al pubblico. Ciò portò evidentemente Licia Collobi a privilegiare nella propria speciale considerazione i dipinti del pittore livornese. Da questo suo studio nei mesi successivi derivò il saggio pubblicato, in collaborazione col marito, su “SeleArte” (n.8, Sett.-Ott. 1953), nel quale si analizzano gli aspetti e le problematiche dell'opera complessiva di Giovanni Fattori.
(marzo 2017)

Dopo un anno e mezzo ritrovo questo testo scritto per un post sospeso con l'intento di integrarlo con gli altri scritti di Licia e Carlo L. Ragghianti sul “grande”, perché tale è, pittore e incisore livornese. Controllati, nei noti limiti delle rispettive bibliografie, gli altri scritti e le recensioni dei miei genitori li riproduco accompagnati da una modesta numericamente – rispetto all'importanza dell'artista – scelta di illustrazioni distribuite in due gruppi. Il primo gruppo comprende Ritratto di Fattori mentre dipinge nello studio, firmato da Giovanni Boldini e datato generalmente 1867 e posto in apertura. Riproduco a seguito del testo redazionale per motivi affettivi e documentari il piccolo dipinto che immortala nel luglio 1880 la villa, allora chiamata il Gioiello, nella quale col nome di Villa La Costa la famiglia Ragghianti ha abitato dal 1954 al 1999. Mi scuso per la qualità della fotocopia, augurandomi che la fotografia
originale sia nella Fototeca della Fondazione Ragghianti di Lucca. Questa fotografia (che sul retro reca la scritta “Alla gentile Signora Teresa Bartolommei./ Villa il Gioiello, 1880, luglio./ Gio. Fattori”, che presumo fosse anche nel dipinto come risulta dalla fotocopia) fu fatta pervenire ai Ragghianti dalla Libreria Antiquaria Gonnelli di Via Ricasoli con un'offerta d'acquisto del quadretto. Però, purtroppo, la cifra richiesta (anche se non esorbitante) non era nelle disponibilità di famiglia, gravata in quel periodo di un mutuo e di altre spese (installare i termosifoni, ad es.) a causa dell'acquisto di quell'edificio ritratto da Fattori. Seguono le riproduzioni di un Autoritratto dal fiero aspetto e la fotografia del pittore maturo e “borghese” fattagli de Nuñes Vais. Poi un bel nudino femminile, l'unico conosciuto tra le opere di Fattori.
Come già accennato in precedenza riproduciamo il saggio comparso nel n.8 di “SeleArte”, scritto da entrambi i coniugi, anche se l'impronta di C.L.R. si avverte più distintamente (tanto che Gina Lagorio e Silvio Riolfo, curatori di una Antologia Garzanti per le scuole Medie, attribuiscono a lui l'articolo, riportato integralmente alle pp. 1319-1323). Tra le non poche osservazioni e conclusioni dei due critici va sottolineato “una lingua quella del Fattori, che potrà esser trovata breve e forse anche monotona: ma è tutta nuova, è sua e inedita e senza nessuna condivisione o partecipazione”. Nello stesso fascicolo C.L.R. recensisce (p.51) Lettere dei Macchiaioli a c. di Lamberto Vitali; quindi nel fasc. 31 (lug.-ago. 1957, p.74) La merca di Giovanni Fattori; mentre nel n.57 (mag.-giu. 1962) prendendo spunto dalla monografia di Mario De Micheli commenta vari aspetti del pittore. In Fattori ricordi dal vero (“Critica d'Arte”, Biblioteca, n.2, lug.-sett. 1984, p.13) C.L.R. recensisce il settimo volume dell' “Archivio dei Macchiaioli” a cura di Dario Durbé. Licia Collobi in Lettere a Diego (“Critica d'Arte”, seleArte, n.2, 1984, pp.24,25) recensisce e commenta alcuni volumi di cui Diego Martelli e Fattori sono i protagonisti. Fattori opera incisa, credo di C.L.R., conclude questa carrellata di interventi sul maestro labronico, sempre che non abbiamo trascurato o ignorato altri contributi.
Tornando alle illustrazioni, riproduciamo sei dipinti in ordine cronologico. La Maria Stuarda, nella Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Pitti, è opera ancora accademica e deve essere stata uno degli incubi patiti da mia madre quando dirigeva quel museo. Non ebbe lei la fortuna di essere confortata da Morandi, che di fronte a opere per lui indigeribili si consolava (e una volta consolò anche mio padre col quale si accompagnava) interessandosi a particolari di pittura dispersi nei quadroni accademici e retorici (nel caso con C.L.R. di una delle famose mostre organizzate da Gnudi a Bologna). Seguono di Fattori un disegno e un acquarello (coll. Pepi) prima di sei acquaforti della sua straordinaria produzione tratte dall'altrettanto straordinaria serie di grafiche che fu la collezione di Sebastiano Timpanaro di cui riproduciamo la copertina dell'edizione "Artificio", la quale cita l'illustre e magnanimo collezionista. Questa notevolissima raccolta fu donata dalla vedova e dal figlio Sebastiano; all'Istituto di Storia dell'Arte dell'Università di Pisa. A proposito di questo raro gesto di generosità, di cui Carlo L. Ragghianti fu il primo custode, posteremo un apposito contributo.
Per concludere questa rievocazione di Giovanni Fattori ricorro alle parole di Carlo L. Ragghianti (inserite nel post su Cristiano Banti che seguirà e questo) che ricordano come egli rappresenti una “esperienza rara di sincerità emotiva che in alcuni, cioè in Fattori, si aprirà a un grande canto fermo del mondo di sempre semplice destino, immutabile sotto il sole”.

F.R. (10 ottobre 2018)

lunedì 3 dicembre 2018

Una Lotta nel suo corso, 1.

Introduzione; Prefazione; Nota Editoriale; Lotta nel suo corso, pp. 3-66.


UNA LOTTA NEL SUO CORSO, 1.

“...la legge del combattente per la libertà è la lealtà e la sincerità.”
Ferruccio Parri

Questa citazione in esergo (come vedo oggi si usa dire) vuole indicare il motivo connotante principale che ha animato la cospirazione prima, poi la Resistenza armata dei patrioti italiani contro i fascisti e i nazisti. Essa si adatta evidentemente ai ribelli di tutti i tempi e di ogni oppressione politica e sociale, purché essa sia giustificata eticamente e dalla Storia.
La citazione proviene dalla Prefazione di Ferruccio Parri (il Maurizio capo della cospirazione democratica e comandante indiscusso della Resistenza) al libro Una lotta nel suo corso (Neri Pozza editore, Vicenza 1954). Dopo questa nostra breve introduzione riproporremo l'opera in edizione “anastatica elettronica” su questo blog, distribuendone i testi in sei uscite, più una puntata di Indici e documenti inerenti, cui probabilmente seguirà un'altra parte di documentazioni nel frattempo individuate e organizzate.
La quarta di copertina, anch'essa riprodotta, illustra il contenuto del volume con concisa chiarezza. Voglio anticipare, della appendice documentaria in preparazione, una sintesi del perché editare un libro come questo e dei motivi della sua importanza per comprendere l'essenza della Lotta di Liberazione dal fascismo. Essa si ricava dalle parole che Carlo L. Ragghianti scrisse a Luigi Russo, famoso italianista e Direttore di “Belfagor”, da anni in crisi politica e in accostamento al PCI, il 12 agosto 1954:



Da questa citazione si possono anche ricavare le motivazioni per le quali Una lotta nel suo corso è tuttora un documento storico di rilevante importanza che induce a riflettere sulla mancata rivoluzione democratica del 1945-46 e della successiva permanente fragilità del regime repubblicano. Penso inoltre che il libro sia un utile base per riflettere sul cominciare ad organizzarsi e a pensare – se non altro come esercitazione – a “fare” una lotta dall'oggi in avanti (e non solo in questo Paese) contro quelle che vennero definite anche ironicamente – ma da sempre tragicamente sottovalutate – le “oscure forze della reazione in agguato”. Dove reazione sta per reazionario, oscurantista e, nel passo successivo, fascista. Dei due curatori del volume Licia Collobi Ragghianti e Sandrino Contini Bonacossi, partigiani combattenti, con mia madre attiva anche nella clandestinità fin dal 1937, dovremo aggiungere nella sesta uscita nel blog le biografie, sia pur sintetiche. Essi oltre che curatori sono stati infatti anche protagonisti di primo
piano della Resistenza. Nonostante ciò le loro biografie, per uno stile di “modestia” (understatement) oggi impensabile e non praticato, non compaiono nel qualificato gruppo di personaggi di cui vengono forniti i dati biografici in relazione alla lotta di Liberazione.
In “seleArte”, IV serie, (1988-1999) – rivista che è stata riversata in questo blog nei suoi 26 numeri e i cui Indici sono consultabili all'apposito link a cui si accede cliccando su “Indici Selearte” sulla barra del menù del blog stesso – Una lotta nel suo corso è ricordata:

n.4, nov. 1986, p.11 (postato nel blog il 19 dic. 2016). Licia Collobi ricorda la propria collaborazione alla stesura del libro nella lettera autobiografica a Laura Dugoni del 15 luglio 1987, dodici giorni prima di morire.

n.8, autunno 1990 (postato nel blog il 1 feb. 2017). Fascicolo di pp.80 dedicato a Ferruccio Parri. A p.25 si deplora che la prefazione a Lotta non sia stata inserita nella vasta antologia Scritti 1915-1935, a cura dei faziosi E. Collotti e G. Rochat; a p.32 è riprodotta una fotografia con Parri, La Malfa, i Ragghianti, Contini Bonacossi e Neri Pozza dopo la presentazione del libro al presidente della Repubblica Luigi Einaudi (24 giu. 1954); alle pp. 33-39 si riproduce la bellissima e toccante Prefazione di Ferruccio Parri.
n.12, autunno 1991 (postato nel blog il 24 marzo 2017), alle pp. 6,7 nella Bibliografia degli scritti su Carlo L. Ragghianti vengono citate le recensioni a Lotta di G. Vaccarino e C. Francovich.

n.13, aprile 1992 (postato nel blog il 9 aprile 2017), alle pp. 63-70 è riportata la Biografia di C.L. Ragghianti che Ernesto Paolozzi ha pubblicato su “Prospettive Settanta”, n.1, 1991.

n.20, agosto 1994 (postato sul blog il 9 novembre 2017), a p.10 il libro è citato da C.L.R. in Un residente per Firenze.

n.23, gennaio 1996 (postato nel blog il 26 gennaio 2018) il libro è citato da C.L.R. nella testimonianza antifascista Lettera a G. Morales e R. Codignola, p. 71-75, scritta il 30 novembre 1982.


In conclusione possiamo anticipare che le uscite nel blog di Una lotta nel suo corso saranno le seguenti:

3 dicembre 2018 1. Introduzione; Prefazione; Nota Editoriale; Lotta nel suo corso, pp. 3-66.
3 gennaio 2019 2. Intermezzo, Prima parte, pp. 67-126.
3 febbraio 2019 3. Intermezzo, Seconda parte, pp. 127-192.
3 marzo 2019 4. Intermezzo, Terza parte, pp. 192-265.
3 aprile 2019 5. Appendice I – Fatti e documenti, pp. 267-318.
3 maggio 2019 6. Appendice II – Persone, pp. 319-356, più biografie di Licia Collobi Ragghianti e Sandrino Contini Bonacossi
3 giugno 2019 7. Indice dei nomi; Indice generale; Documentazioni, 1.
3 luglio 2019 8. Documentazioni, 2.
3 agosto 2019 9. Documentazioni, 3 (eventuale).