Post precedenti:
23 luglio 2018. n.1 - Preliminari e inaugurazione.
26 agosto 2018. n.2 - Sezione 1A. Indirizzi, metodi e problemi di critica d'arte.
25 settembre 2018. n.3 - Sezione 1B. Spazio, critica d'arte e critica architettonica. Discussione (Sezioni A e B).
25 ottobre 2018. n.4 - Sezione 1C e 1D. Le arti figurative e il cinema. Arti figurative e stampa quotidiana.
25 novembre 2018. n.5 - Sezione 2. Comunicazioni, 1.
27 gennaio 2019. n.6 - Sezione 2A. Comunicazioni, 2.
La ricostruzione
(tema oggi di scottante attualità vuoi per il patrimonio edilizio
che per l'assetto del territorio) nel 1948 era ancora per certi versi
un argomento teorico, per altri di urgenza esecutiva, con anche aspre
polemiche più che sui metodi, sulle specifiche circostanze
ricostruttive e sulle competenze effettive riguardanti il monumento e
il territorio (urbanistica) colpito dalle devastazioni della guerra.
Queste distruzioni furono molto numerose e di grande qualità molto
spesso. Non è quindi un caso che Carlo L. Ragghianti inserisse
questo scottante argomento nel programma del Convegno fiorentino.
Forse anche per la
preponderante presenza nel governo del Paese fu ad evidentiam
la Chiesa cattolica che seppe organizzarsi e gestire al meglio questo
aspetto. Certo è che nonostante la breve – ma intensa e competente
– parentesi governativa a Firenze prima (C.T.L.N.) poi a Roma, poi
di nuovo sull'Arno con la “Commissione per la Ricostruzione del
Centro Storico”, Ragghianti non poté far inserire in questa sede
un valido contributo su Firenze, dati gli scontri, i dissidi, i
divieti, le dilazioni ancora imperanti sulla città.
Il restauro dei
monumenti, invece, aveva solide basi anche sull'esperienza
(guerra del '15-'18) oltre che una tradizione consolidata da parte
delle soprintendenze ai Monumenti.
Comunque queste pagine
rivestono un indubbio interesse per la storicizzazione di queste
attività teorico-pratiche, le quali ancora allora (e, forse, meglio
che in seguito) utilizzavano prevalentemente strumentazioni e
lavorazioni consolidate nei secoli ed esercitate da maestranze
artigianali con capacità – persino interpretative – coerenti col
passato oggetto del loro intervento.
Alla fine degli anni
Novanta del secolo scorso, quando abitavamo nella casa dei genitori
di edilizia rurale ottocentesca, frettolosamente e
approssimativamente intervenuta fino al nostro impianto di
riscaldamento centrale (effettuato da De Micheli inserendo tubi e
tubi nelle mura di calce e pietra qua, di mattoni sghembi là), ebbi
l'opportunità di vede all'opera e di considerare la perizia di due
muratori che avrebbero potuto lavorare senza imbarazzo con Filippo
Brunelleschi. Il primo, di Palazzuolo sul Senio, colonna portante di
una piccola azienda che lavorava quasi esclusivamente – per fortuna
pubblica – per la soprintendenza ai Monumenti, esplorò le
traballanti intercapedini tra soffitto del piano terra e pavimenti
del primo piano. Abbarbicato sul rustico scaleo di casa fece dei
saggi (sfondando) e verificò che salvo qualche travetto che riuscì
a sistemare senza ulteriori sfondamenti vistosi come richiesto
dall'altezzoso ingegnere.
Il tutto con una
gestualità direi rituale, antica, efficace però. Chiuse poi, lisciò
e dette una sola mano di pittura sulle cicatrici, salutò e andò a
prendere il bus per tornare a casa. Il giorno dopo non si
distinguevano i buchi. Finché rimanemmo in quella casa non avemmo
più il tipo di inconvenienti che ci fecero chiedere aiuto.
Peccato che in questo
caso, come nel seguente, non avessi dimestichezza con videocamere o
affini perché sarebbe valsa la pena di tramandare quell'esperienza a
cui assistetti “rapito” per tutto il tempo. Il secondo “artista”
fu un muratore marocchino di montagna, barbuto, religioso, quattro
figli (50 anni), qui solo a lavorare per loro che vidi all'opera
sempre nella nostra casa, “povera” dimora dei genitori in corso
di sventramento – dopo la vendita praticamente coatta da parte
nostra – per ottenere le tre singole unità catastali previste. Ero
lì per ritirare gli ultimi scatoloni dei miei libri; ci rimasi tre
ore a guardare quella figura quasi biblica e una squadra di due
giovani muratori nostrali. Da solo l'uomo del Rif con ritmo
cadenzato, immutabile ma elegante, realizzò il doppio di superficie
degli altri due con mattoni allineati come solo a Ravenna avevo
visto. Senza un'irregolarità, senza una sbavatura di calce: la loro
raffinatezza era espressiva, dico sul serio. Taccio sul lavoro
abborracciato dei due sfessati incompetenti. Da notare che il
marocchino era perfettamente consapevole che l'intonaco avrebbe
coperto tutte le imperfezioni. Me lo disse con un sorriso appena
accennato: altro che performance, quella è arte concettuale, altro
che Platone.
Mi si scusi la lunga
divagazione, la quale d'altra parte oggi mi pare possa considerarsi
una testimonianza.
Anche in questa sezione
degli Atti del Convegno data la specificità dei monumenti
investigati reputo inutile un commento approssimativo, non
specialistico, pensando che la loro lettura sia utile e opportuna
esperienza storica e documentaria. Per quel che riguarda la
personalità degli studiosi riferiremo alcuni dati essenziali, stante
la non facile reperibilità nel “caos” internettiano di notizie
precedenti gli anni Ottanta.
Mons. Giovanni
Costantini (1880-1956), fratello del cardinale Celso segretario
di Propaganda Fide, era laureato in filosofia e teologia, ebbe
una intensa e accurata vita pastorale. Ciò nonostante fu studioso
assiduo e competente. Nel 1924 divenne cattedratico di “Architettura
sacra” all'Università di Venezia; nel 1943 fu nominato presidente
della Pontificia Commissione d'Arte Sacra in Italia. Mi par di capire
che sia
stato anche scultore. In “SeleArte” (n.7, lug.-ago. 1953, p.50) ho trovato la sottostante recensione di Carlo L. Ragghianti sugli orientamenti estetici (seccamente definiti “un grado di barbarie veramente offensiva”) impartiti da Propaganda Fide a proposito dei problemi e soprattutto dell'interpretazione di Arte Sacra, con indicati gli indici di gradimento o condanna dei singoli artisti. Si evince anche che il legame tra i prelati fratelli si sviluppava secondo lo schema dialetto tra elaborazione tecnica da un lato ed applicazione pratica dall'altro.
Vedo infine una notizia curiosa, tipica del particolarismo settario o ideologico: Costantini ha un omonimo (n.1936, Treviso) considerato dalla critica (Raffaele Crovi) e dalla stampa cattolica “il più grande poeta italiano”! Viene spudoratamente paragonato a Dante Alighieri. Che Dio li perdoni.
Riccardo Pacini
(1908-1991). Funzionario e Soprintendente ai Monumenti di lungo
corso, ha operato in molte importanti sedi: Ancona (soprattutto),
Pisa, Genova, Napoli, Caserta, Roma (1963). E' stato autore di molte
pubblicazioni specialistiche e membro di molte accademie e della
Commissione Arte Sacra del Vaticano.
Piero Sanpaolesi
(1904-1980) laureato a Pisa ingegnere, architetto è stato
protagonista – per altro assai discusso e contestato – della
cultura del restauro dell'Italia governativa e del potere. Docente
non di ruolo fino alla cattedra nel 1960 (Università di Firenze) di
“Caratteri stilistici e costruttivi dei Monumenti”; fu attivo
soprattutto in Toscana. In questa sede illustra l'inizio della
controversa vicenda del Camposanto di Pisa danneggiato gravemente
durante la guerra. Non so se sono già state indagate le sue
relazioni burocratiche più che conflittuali con Eugenio Luporini,
proprio a Pisa già durante il conflitto, il quale diventava
narratore epico nel raccontarle. Con Carlo L. Ragghianti c'è stata,
in parte esaurientemente indagata e documentata, una decisa
conflittualità metodologica circa Brunelleschi e la Cupola del Duomo
di Firenze. Per quanto integrativo o meno noto e puntuale, cercheremo
di affrontare la vicenda in successivi interventi nel blog.
Di Armando Dillon,
nonostante sia stato un importante soprintendente di ampia e nota
attività, nono sono riuscito a trovare dati precisi e qui
pertinenti.
Invece Santi Luigi
Agnello (1925-2000) siracusano
allora giovanissimo neolaureato con Mario Salmi e studi con Giacomo
Devoto, relazionò qui sulle ricerche correlate alla propria tesi di
laurea. Figlio di Giuseppe Agnello (1881-1976), affermato archeologo
cristiano (non ammesso all'insegnamento universitario perché privo
della tessera fascista, fu ternato con Carlo L. Ragghianti nel
Concorso Universitario di revisione proprio del 1948),
successivamente ne seguì la carriera quale archeologo cristiano con
prolifici contributi specialistici incentrati sulla Sicilia. Come il
padre, raro esempio di antifascista integrale e seguace del Partito
Popolare di don Luigi Sturzo, anche il figlio Santi Luigi fu precoce
antifascista e perciò detenuto nel carcere delle Murate di Firenze
dal dicembre 1943 al maggio 1944.
F.R.