Carlo e Licia

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sabato 30 ottobre 2021

L'album “Gavarni” di Carlo L. Ragghianti e allegati.

Artista intrigante e persino un po' misterioso, Gavarni. A cominciare dal nome proprio Paul, che è meglio non considerare suo ma semplicemente – ben dopo la sua morte – affibbiatogli da compilatori di biografie del XX secolo.

Stante che su questo artista (disegnatore, acquarellista, incisore, litografo) i dati biografici comunemente forniti sono scheletrici, riproduco l'Avant-propos (prefazione) di Paul-André Lemoisne al volume Oeuvres choisis de Gavarni (Horizons de France, Paris 1944) nel quale il profilo biografico è ampiamente descritto. Dallo stesso libro non ripropongo la Notice di Jules e Edmond de Gouncourt, perché non contiene elementi interessanti che invece sono pubblicati nel loro volume Gavarni, l'homme et l'oeuvre (Plon, 1873).

Non sono in grado di sapere se Carlo L. Ragghianti, oltre a quanto espresso in questo post, abbia esplicato su Gavarni altri studi ed esperienze nella vastissima mole della sua attività di studioso registrata e non (lezioni, conferenze) e in quelle occasioni di cui si è perso la notizia o si ignora l'esistenza. Riedito quindi il breve scritto di C.L.R. Gavarni e l'astrattismo (da Il pungolo dell'arte, Neri Pozza, 1954; stampato in precedenza in “Critica d'Arte”, n.2, 1950). Lo studioso lucchese in queste quattro pagine rivela un aspetto (registrato nella biografia di Lemoisne ma non compreso nelle implicazioni e negli sviluppi) problematico inedito sulle speculazioni matematiche e geometriche di Gavarni, riferite ma non comprese anche dai fratelli de Gouncourt. Temo che gli interrogativi posti da C.L.R. siano rimasti tali e che non si siano verificati approfondimenti e studi in merito.

L'ammirazione e le riflessioni di C.L.R. su questo artista stilisticamente più esteticamente espressivo anche di Daumier, hanno comportato che mio padre – essere umano, perciò necessitante di momenti ludici, sia pur assai contenuti – si “dilettasse” di organizzare un album (di cui riproduciamo il contenuto) di conservazione delle silografie che validi artisti-artigiani realizzarono da disegni di Gavarni per diverse pubblicazioni coeve all'artista.

Degli altri momenti, spesso più che di svago di riposo necessario durante e dopo massacranti sessioni di attività lavorativa – abituali in C.L.R. - ricordo l'esecuzione di fotomontaggi (iniziati in amichevole competizione con Italo Cremona intorno al 1947), prevalentemente di satira politica, dei quali in famiglia è rimasto soltanto uno sfottò di Giorgio La Pira.

L'attività distensiva di gran lunga prevalente fu la cernita, il ritaglio, l'apposizione di didascalie alle immagini di libri e riviste “scadenti” di contenuti critici. Queste immagini (presenti in fototeca) venivano in parte incollate su cartoncini della più varia provenienza, dallo stesso C.L. 


Ragghianti. Anch'io ne ho incollate almeno diverse centinaia, ma una parte notevole di questa operazione finale era delegata – a pagamento – a disoccupati scelti dagli uscieri succedutisi nei vari uffici. Riguardo al fatto che l'album Gavarni consista in originali silografie da riviste è da parte di C.L. Ragghianti scelta consapevole. Non tanto perché le altre originali manifestazioni visive di Gavarni sono da sempre oggetto di qualificato (e costoso) collezionismo, attività comunque personalmente indifferente a mio padre, convinto assertore che l'opera d'arte deve essere disponibile alla vista, allo studio di chiunque ne sia interessato. E che, quindi il collezionismo è legittimato dalla disponibilità pubblica delle opere d'arte private. Scelta consapevole perché lo spirito creativo della immagine disegnata in esemplare unico tramite l'incisione crea un'immagine anch'essa originale ed espressiva, disponibile in molte copie, ognuna osservata e valutata da più persone.

Facendone un album, mio padre mirava a predisporre uno strumento visivo esemplare atto ad essere studiato comparativamente in un'unica sede, nello stesso momento, per di più.

Dopo averci riflettuto, voglio aggiungere alla prima stesura la considerazione che alla base della realizzazione di questo Album Gavarni si può sostenere che l'intento di C.L.R. fosse quello dell'inizio, di un processo progettuale, ed insieme di un promemoria, per attuare il censimento di tutte le incisioni concepite su disegno originale dell'artista. Constato, anche se soltanto nell'ambito ristretto delle mie fonti, che probabilmente un catalogo analogo a questo non è mai stato realizzato, almeno in forma sistematica. Catalogo la cui estensione va ovviamente circoscritta alle incisioni, quale ne sia la tecnica, eseguite col consenso o almeno la conoscenza da parte di Gavarni.

Non intendo affrontare qui ed ora il problema ancora – temo – irrisolto, o meglio non ben chiarito, del rapporto tra incisore (sc.; sculprit, nei fogli accanto alla firma) tramitatore sì però anche intereprete originale del disegno di un artista (inv.; invenit; del.; delinavit) che ha fornito il soggetto da riprodurre per la stampa multipla dell'immagine singola. Ritengo, comunque, e sono convinto che in molti casi questi “artigiani” siano stati e vadano considerati autori di opere d'arte, fin dagli esordi della silografia e delle altre tecniche incisorie.

Quando mi imbattei nella lettera del 21 gennaio 1959 nella quale mio padre scriveva a Geno Pampaloni (1918-2001) da poco dimessosi (?) dalla “Olivetti” per non ricordo quali motivi, riguardo alla di lui ricerca di un'attività all'altezza delle sue capacità, competenze ed ambizioni. In questa missiva – per inciso – si faceva anche riferimento a Gavarni in termini criticamente rilevanti, ragion per cui di seguito si trascrive il paragrafo pertinente: 

<< Io non dubito punto – e non per nulla sono un vecchio, ormai accantonato individualista 'ottocentesco' - che prestissimo, non so e non mi preoccupo per che via, tu avrai di nuovo il posto che ti spetta, e non solo per la tua invidiabile intelligenza, ma per la tua umanità, direi persino per la tua leale fedeltà alle amicizie, alla quale devi poi, se sono bene informato, la tua presente inazione. Tempo fa, a gente che si dimostrava troppo fiduciosa nelle organizzazioni, associazioni, sindacati, gruppi, movimenti, cricche e sodalizi (i soli veramente potenti sono quelli, poi, degli omosessuali), ricordai il motto a me carissimo di un grande artista, Gavarni (più lirico di Daumier, malgrado tutto). Egli fu invitato, era la metà dell'Ottocento e il tempo del costituirsi, nell'età liberale o meglio democratista, delle associazioni alle accademie regalistiche, a far parte di un certo 'movimento', rifiutò e così motivò: 'Ce sont des zéros qui cherchent une unité pour être quelche chose'. Chi ha la coscienza di essere una, sia pur piccola, unità, a mio avviso non ha poi bisogno di altro, se non per avventura di quella indipendenza sociale, che è la difesa pratica di quella posseduta libertà individuale >>.

A questo punto, sarà opportuno descrivere le caratteristiche fisiche dell'Album Gavarni di Carlo L. Ragghianti. Si tratta di un “falso libro” (cioè di un volume di pp. bianche che riproduce le caratteristiche di un libro in progettazione), rilegato in cartone verde di mm. 265 di altezza per mm. 230 di base; le pagine interne, leggermente avoriate, sono di 110 gr. c. al metro quadrato. La prima pagina di risvolto con la copertina contiene, in alto a sinistra un mio exlibris; nella prima pagina a destra, in alto a des., è stata attaccata una striscia rossa di plastica (h. 0.5cm) con incisa a rilievo in bianco la scritta “GAVARNI INCISIONI ORIGINALI”. La seconda pagina pari è bianca, la terza contiene l'incisione “L'Orage” (Gavarni del., Allanson sc.). Dalla terza pagina pari, in alto a sinistra Carlo L. Ragghianti ha scritto a penna la didascalia relativa alla pag. precedente dispari contenente l'incisione. Così la seconda xilografia è a pag. dispari con il titolo a stampa “Les quatre Henri”, la cui didascalia completa, scritta da C.L.R. si trova alla pag. pari successiva. Così si continua per tutte le 46 silografie dell'Album, cui seguono 34 pagine completamente bianche; concludono il falso libro 80 pagine di carta patinata senza scritte o segni. Nella riproduzione “elettronica” del nostro post, le didascalie manoscritte da C.L.R. sono state dattiloscritte e poste sotto l'immagine pertinente. Le incisioni, salvo l'ultima, sono state estratte dalla rivista “Musée des Familles”.

Alle 46 silografie dell'Album è aggiunta, sciolta, l'incisione Le cabaret offrait le tableau le plus honete e le plus paisible du Monde... (Dessin de Gavarni) con scritto a penna il nome della rivista da cui proviene: “L'Ami de la Maison”, 1858. Proprio questa silografia è stata determinante per 

spiegare perché l'Album mi sia stato donato da C.L.R. Contagiato da mio padre, anch'io mi sono appassionato alle riproduzioni in silografia (è corretto anche scrivere xilografia) contenute in riviste e libri dell'Ottocento, francesi soprattutto. Acquistata in antiquariato l'annata de “L'Ami de la Maison”, con la rilegatura in pessime condizioni – motivo per il quale la cifra occorrente era conveniente – la sfascicolai e, così facendo, mi trovai in mano anche la silografia di Gavarni. Ne conseguì che, conoscendo l'entusiasmo con il quale C.L.R. raccoglieva le xilografie per poi collocarle (o farle collocare) in Fototeca, gli portai il mio Gavarni come occasionale omaggio. Tutto contento, l'accettò. Qualche tempo dopo, direi un paio d'anni, lavorando al controllo dell'impaginato di un fascicolo della “Critica d'Arte” per dare il “si stampi”, C.L.R. andò nello studio ricavato dalla stalla per i cavalli e la carrozza e tornò quasi subito con un libro in mano, che mi consegnò con gli auguri per il mio compleanno, festeggiato in tono minore qualche giorno prima per non ricordo quali complicazioni familiari. Il libro era questo Album, ne fui felice perché il dono significava che era contento del mio lavoro.

Concludendo osservo che nel caso di Gavarni si tratta di un autentico artista e che opere d'arte sono le sue espressioni grafiche. Quindi in questo post l'aspetto di caricaturista e di disegnatore satirico di usi e costumi contemporanei è secondario argomento di interesse e di riflessione. Però penso anche che Gavarni possa far parte a pieno titolo della serie di vignettisti, caricaturisti, che dalla fine del secolo XVIII esercitarono una critica ironica e salace che contribuisce a risollevare lo spirito dalle miserie e dalle angosce quotidiane

F.R. (30 settembre 2021)

mercoledì 27 ottobre 2021

Tono Zancanaro, 10 – I Demopretoni

 

Or sono quasi trent'anni Bandecchi&Vivaldi di Pontedera pubblicarono il libro I Demopretoni di Tono Zancanaro, curato e prefato da Nicola Micieli. Avutone notizia, mi riproposi di acquistare il volume perché, nella mia pur ampia documentazione sull'attività di Tono, su quello specifico ciclo ero piuttosto carente, disponendo solo di poche riproduzioni di disegni ancora collegabili al Gibbo. Ebbi anche l'incauta idea di scrivere a Manlio Gaddi, figlio adottivo di Tono e responsabile dell'Archivio Storico Tono Zancanaro di Padova, nonché gestore del patrimonio di proprie opere d'arte lasciato in eredità da Tono.

Già, Tono! Personaggio indubitabilmente alquanto bizzarro e con le sue belle contraddizioni: nel caso specifico non aveva mai fatto cenno né ai miei genitori, né a me o alle mie sorelle del fatto di essere padre. Lui così fraterno amico da venire ogni (o quasi) 8 aprile a festeggiare il suo compleanno a casa nostra a Firenze! Si, però senza avercelo mai detto esplicitamente! E' proprio uno dei casi in cui vale la pena di dire che la vita è bella perché è varia ... e inaspettata.

Nella lettera a Gaddi tra l'altro chiedevo se erano disponibili per l'acquisto disegni di quel ciclo, dato che non ne possedevamo nessuno, a differenza di altri aspetti della molteplice attività creativa di Tono. Gaddi rispose agli argomenti della lettera, specificando anche la rara disponibilità dei Demopretoni e comunicando il loro prezzo d'acquisto. Talmente elevato per le mie disponibilità di allora, da desistere al progetto. Desistenza che si estese anche al libro prefato dal Micieli, il quale sapevo essere amico di amici del babbo come Carlesi ed altri.

Giorni fa, per puro caso, ho smistato la magra corrispondenza con Gaddi, rievocandone i contenuti. Perciò mi sono precipitato su Internet e online ho visto disponibile un solo esemplare del libro su I Demopretoni, che ho subito acquistato. Si tratta di una pregevole edizione con riprodotti i disegni a china, quindi "al tratto", cioè stampabili senza retino. In questo caso, però, con un leggendo fondino (che risulta comunque un po' invasivo perché rende difficoltoso la lettura delle scritte – spesso sapide – di Tono) per cui il disegno viene contornato. Proprio ciò che avrei voluto fare io nelle varie esperienze capitatemi, in contrasto con il grafico amico Leonardo Baglioni, e i tipografi con cui ho lavorato. Ovviamente con il "cliche" prima, la pellicola poi, "al tratto" si spende meno.

I Demopretoni sono stati disegnati tra la fine del 1945 e la prima metà del 1946, cioè fino alla proclamazione della Repubblica italiana. E' da notare l'intuito politico di Tono, il quale prevede l'affermazione della Democrazia cristiana in Italia (non ricordo se anche Tono usasse l'espressione Gran Pretagna per indicare il nostro povero Paese). Da notare anche che probabilmente – questa è una mia illazione – alla brusca cessazione del ciclo non è estraneo un intervento persuasivo tale da dissuaderlo dal proseguire. Vale a dire che da parte del PCI (dove i vertici avevano già deciso di promuovere una politica compromissoria con i fascisti – amnistia di Togliatti, con la quale PCI e DC si divisero i quadri intermedi e intellettuali fascisti – e con la Chiesa e i DC – Patti Lateranensi in Costituzione – con conseguente Compromesso storico e Partito Democratico) si vedesse con fastidio la “satira” di Tono, aderente entusiasta, tanto da intervenire dall'alto, curialmente in corpore vili. Un trottolone sagace come Concetto Marchesi (grande storico della letteratura latina) sarebbe stato ben adatto alla bisogna, per esempio.

Al di là delle mie interpretazioni, debbo riconoscere al Micieli d'aver steso un saggio appropriato e centrato, dal quale riporto la parte finale quale commento di questo ciclo breve ma intenso come il precedente Gibbo. Il ductus dei disegni, tecnicamente irreprensibile come sempre lo è la conquista di una manualità sospinta dall'originalità del pensiero, è vibrante con in complesso una tensione drammatica attenuata (la GUERRA non c'è più grazie ad alleati e partigiani le armi tacevano, salvo sporadiche “vendette” o rare insorgenze sconsiderate), s'avverte più ironia e non dico indulgenza ma nemmeno durezza, spietatezza nei grovigli di corpi. Forse anche qui l'intuizione poetica dell'artista intravide da subito la tendenza all'ammucchiata politica, caratteristica consolidata ancora una volta nel costume nazionale dal 1946 in poi.

Non è gran scoperta constatare che se nel substrato drammatico del Gibbo le figure discinte non sono implicate in atti sessuali, nemmeno parodistici, invece tensione dei Demopretoni, centrata sulla DC espressione clericale, l'esibizione del sesso è presente, quasi costante, piuttosto esplicita – e qui la sublimazione dell'artista – non scade mai in pornografia. Sono immagini che si guardano senza riferimento emozionale perché risultano esplicitazioni simboliche.

Noterei, anche, che questo ciclo dei Demopretoni fu, in seguito, se non proprio sottaciuto o celato certamente accantonato da Tono stesso, il quale non ne parlava mai esplicitamente. Analoga sorte accadde anche al ciclo di disegni relativo a Villa Palagonia di Bagheria. Ricordo, infatti, che Tono nel 1970 – mi pare – piombò una mattina all'Università Internazionale dell'Arte di Firenze presso Villa Tornabuoni felice, persino un po' tronfio con una cartella di disegni esibita ostentatamente. Così a fine della lezione di C.L. Ragghianti, Tono – che era diverso tempo che non si vedeva – volle mostrare a mio padre questi disegni del suo nuovo ciclo. Di fronte alla evidente freddezza e cautela di C.L. Ragghianti, il quale rilevò in piedi tra i banchi, lì per lì (e lo riporto come posso nel ricordo che ne ho) l'antinomia tra lo stile, anche irruento a volte, ma sempre controllato del suo abituale lavoro e la autentica “cacofonia” barocca delle forme intricate della Villa Palagonia si dipanava un po' scompostamente nel disegno di Tono con evidente incoerenza con il suo analogo tratto pittorico originale dei Prà della Valle e delle altre visioni padovano ( per non dire delle Piazza Navona) dal tratto veloce, spesso se necessario ma ritmico, controllato, espressivo. Tono si scaricò via via fino a sospendere l'esibizione dopo due terzi dei fogli visionati. Andò via con una scusa di un impegno prandiale. Si rivide qualche mese dopo un Tono pimpante, con nuove litografie a colori testé torchiate da Busato. Nessun accenno a Palagonia. Né al momento né successivamente per tutta la sua esistenza con noi condivisa.

Nella riproduzione documentaria dei disegni Demopretoni in questo post si procede seguendo l'ordinamento del libro, fornendone all'ammirazione e allo studio circa un terzo. Oltre a queste ottantasei pagine di disegni, il volume contiene molte fotografie – anche inedite – di Tono e molte altre di disegni nel testo del prefatore e negli apparati. Questi ultimi consistenti in un ampio e accurato Catalogo di “circa 1300 fogli di una limpidezza grafica che non teme verifiche anche severe” scrive Micieli, in una ricca Bibliografia e in esaurienti Cenni biografici sono stati compilati a cura di Manlio Gaddi.

F.R. (16 settembre 2021)


sabato 23 ottobre 2021

Arte Moderna in Italia 1915-1935 - Testi dei Critici, 32. GUIDO PEROCCO (CADORIN, MARTINI, MOGGIOLI, PELLIS), 1.

 


Post Precedenti:

1. RAFFAELE MONTI ( I ) - 16 giugno 2018
2. IDA CARDELLINI (LORENZO VIANI) - 28  settembre 2018 
3. UMBRO APOLLONIO (NATHAN, BIROLLI) - 19 settembre 2019
4. MARCELLO AZZOLINI (GUERRINI, CHIARINI, VESPIGNANI). 6 ottobre 2019
5/I. FORTUNATO BELLONZI (BOCCHI, D'ANTINO). 12 novembre 2019
5/II. FORTUNATO BELLONZI (MORBIDUCCI, SAETTI). 28 dicembre 2019
6. ALDO BERTINI (CREMONA, MAUGHAM C., PAULUCCI). 22 gennaio 2020.
7. ANNA BOVERO (BOSWELL, CHESSA, GALANTE). 5 febbraio 2020.
8. SILVIO BRANZI (SCOPINICH, BALDESSARI, NOVATI, SPRINGOLO, RAVENNA, KOROMPAY, ZANINI). 23 febbraio 2020.
9. GIOVANNI CARANDENTE (COMINETTI, MARINI). 4 marzo 2020.
10. ITALO CREMONA (REVIGLIONE). 7 maggio 2020.
11. ENRICO CRISPOLTI, I (BALLA, EVOLA, ALIMANDI, BENEDETTA). 2 aprile 2020.
12. ENRICO CRISPOLTI, II (COSTA, DIULGHEROFF, DOTTORI, FILLIA). 6 aprile 2020.
13. ENRICO CRISPOLTI, III (ORIANI, PANNAGGI, PRAMPOLINI, MINO ROSSO), 10 aprile 2020.
14. RAFFAELINO DE GRADA I (BOLDINI, ANDREOTTI). 22 giugno 2020.
15. RAFFAELINO DE GRADA II (BERNASCONI, CARPI, CARENA, FUNI). 6 luglio 2020.
16. ANTONIO DEL GUERCIO (MAZZACURATI, MENZIO, RICCI). 8 agosto 2020
17. TERESA FIORI (INNOCENTI). 1 settembre 2020.
18. CESARE GNUDI (FIORESI, PIZZIRANI, PROTTI). 2 ottobre 2020.
19. VIRGILIO GUZZI (MANCINI, CAVALLI, MONTANARINI, PIRANDELLO). 19 novembre 2020.
20. MARIO LEPORE (DEL BON, LILLONI). 21 dicembre 2020.
21. LICISCO MAGAGNATO (NARDI, PIGATO, FARINA, TRENTINI, ZAMBONI, BERALDINI, SEMEGHINI). 21 gennaio 2021.
22. CORRADO MALTESE (GERARDI). 4 marzo 2021.
23. FRANCO MANCINI (PANSINI, NOTTE, BRESCIANI, CRISCONIO, CIARDO, GATTO, VITI).  3 aprile 2021.
24. GIUSEPPE MARCHIORI, 1 (ROSSI, LICINI). 3 maggio 2021.
25. GIUSEPPE MARCHIORI, 2 (SEVERINI, SPAZZAPAN). 28 maggio 2021.
26. MICHELANGELO MASCIOTTA, 1 (LEGA, VENNA LANDSMANN, CALIGIANI, COLACICCHI). 7 giugno 2021.
27. MICHELANGELO MASCIOTTA, 2. (DE PISIS, PEYRON, LEVASTI, CAPOCCHINI). 18 giugno 2021.
28. GIAN LORENZO MELLINI. (VITTORINI, SALIETTI, SANI, DE JURCO, BUGIANI). 23 luglio 2021.
(Il numero 29 sarà prossimamente pubblicato).
30. ALESSANDRO PARRONCHI (CARLINI, MOSES LEVY). 14 settembre 2021
31. GIACINTO NUDI. (RAFFAELE CASTELLO). 16 agosto 2021.


Di Guido Perocco (1916-1997) personalmente non ho nessuna conoscenza diretta, e quel poco di indiretta si limita al fatto che egli collaborò fattivamente al Comitato esecutivo della Mostra Arte Moderna in Italia 1915-1935, in special modo con Raffaele Monti. Dalla magra corrispondenza con Carlo L. Ragghianti, constato che Perocco collaborò nel 1947-48 con lo Studio Italiano di Storia dell'Arte di Palazzo Strozzi ed assieme all'amico e collega giornalista Silvio Branzi contribuì a darne notizie delle mostre (La Casa Italiana nei secoli; Fiamminghi e olandesi, ecc. e delle esposizioni de "La Strozzina).

Il 18 luglio 1967 tramite telegramma, aderisce all'Appello che Eugenio Luporini promosse per solidarizzare con C.L.R., vilipeso da Giovanni Previtali (vedasi post del 28 dicembre 2017 e 3 dicembre 2019). Nel 1970 Perocco ricevette da C.L.R. la lettera del 13 maggio incentrata sui suoi progetti per Mario Cavaglieri, pittore: "secondo me C. dev'essere rivalutato da molto tempo, e sono lieto che Lei sia tra i pochi suoi sensibili e intelligenti rivendicatori". Progetti e Mostra non ebbero esito positivo anche perché – mi duole dirlo – Monti assieme al suo amico Silvano Menghelli, gallerista, con loro private trattative, intromissioni e acquisti anticiparono e vanificarono le pubbliche proposte sostenute da Ragghianti. Nel 1975 Perocco, quale direttore della Galleria d'Arte Moderna di Ca' Pesaro a Venezia, aderì al Centro Studi per la Museografia che mio padre aveva promosso presso l'Università Internazionale dell'Arte di Firenze.


Perocco è stato anche docente di Storia dell'Arte presso l'Università di Ca' Foscari di Venezia. Di lui nel web via PDF risulta consultabile "Gli artisti di Ca' Pesaro" una bibliografia dettagliata di Perocco a cura di Matteo Piccolo.

F.R. (2 settembre 2021)



martedì 19 ottobre 2021

[glossario] Contenuto.

Le osservazioni e le riflessioni sul termine contenuto, espresse nell'estratto della lettera del 9 aprile 1959 inviata da Carlo L. Ragghianti ad Eugenio Battisti (1924-1989), sono di particolare importanza. Nella mia pochezza teoretica non so precisare se, quanto, quando e dove C.L.R. abbia affrontato altri aspetti e sviluppi del concetto da lui qui enunciato. Voglio sperare che gli storici del pensiero estetico indaghino ulteriormente le conseguenze che l'a. indica insite in questo processo espressivo.

Il lemma contenuto nei suoi significati ordinari non ha bisogno di spiegazioni particolari. Riveste invece significati peculiari per ciò che riguarda "l'opera d'arte", allo stato iniziale di immagine o di idea, indica materia non ancora elaborata, dal punto di vista formale; nella logica è il complesso delle note caratteristiche che costituiscono un concetto; in linguistica è componente semantica del segno.

Varie le formule del rapporto "forma/contenuto".

Le interpretazioni e le analisi di Carlo L. Ragghianti riguardo al rapporto con la forma che già abbiamo indagato ed espresso in questo blog si trovano nei seguenti post: 23 aprile 2018 (Forma e funzione); 31 maggio 2018 (Forma e figura); 9 ottobre 2018 (Forma è tutto); 12 luglio 2020 (Forma senza figura e figura senza forma). Fondamentale il volume La Critica della forma. Ragione e storia di una scienza nuova (Editoriale Baglioni&Berner e Associati, Firenze 1986).

Abbiamo postato anche la recensione e le riflessioni di Enrico Moratti al suo citato libro, rispettivamente il 30 luglio 2019 e il 9 settembre 2019.

F.R. (23 agosto 2021)

venerdì 15 ottobre 2021

Raffaele Castello "opera grafica" a cura di Giacinto Nudi.

Allestendo il post Arte Moderna in Italia 1915-1935 dedicato a Raffaele Castello (1905-1969), artista tuttora poco riconosciuto nell'ambito dell'arte figurativa dei primi tre quarti del Novecento in Italia e in Germania, ho notato che il disegno e la grafica di questo caprese espatriato risultano una forma espressiva primaria, quindi un "dato naturale con il suo sentimento e con la sua consapevolezza di cultura che si risolvono nel discorso poetico...", come ha scritto Giacinto Nudi.

Il giovane studioso, poco più che trentenne nel 1965, pubblicò questo saggio – tuttora importante – proprio sull'opera grafica di Castello, curando al contempo l'allestimento di una considerevole esposizione presso l'Istituto di Storia dell'Arte dell'Università di Pisa. 

Precedente che lo investì quale compilatore della scheda per la storica Mostra di Palazzo Strozzi (1967), alla quale si rimanda per la visione complessiva dei dipinti del Maestro (vedasi post del 16 agosto 2021).

In questa sede riproponiamo integralmente il Catalogo pisano con il completamento di altre grafiche (cioè: matite, carboncini, inchiostri e chine, pastelli, acquarelli, tempere, tecniche miste e le due accertate acquaforti) di Raffaele Castello che è stato possibile reperire, soprattutto grazie al volume monografico edito dal fratello Giuseppe nel 1996, ricco di documenti e di illustrazioni, poco conosciute ed inedite.

F.R. (16 luglio 2021)

lunedì 11 ottobre 2021

Criterio, 5 – Chiesa Cattolica e Gran Pretagna, III (gennaio-giugno 1958). Scritti di Carlo L. Ragghianti.

Con questa terza si conclude la postazione riguardante la Gran Pretagna e la Chiesa Cattolica. Il periodo degli scritti di Carlo L. Ragghianti attraversa l'intero primo semestre del 1958, coincidente con la cessazione della pubblicazione di "Criterio", derivata dall'impossibilità di conciliare le fazioni e le frazioni dello schieramento laico insofferente al Movimenti di Comunità di Adriano Olivetti e irrigidito dall'estremizzazione del Partito Radicale, scalato e svuotato da Marco Pannella, una specie di Renzi specializzato nel ricatto morale e nella sostanziale inconcludente opposizione al governo.

Da sottolineare lo scritto Richiamo della foresta (n.4, 1958, pp. 229-234) centrato sul diritto all'espatrio negato a Danilo Dolci (1904-1997), sociologo, attivista non violento, personaggio veramente inconsueto nel lassismo morale italico, sempre molto discusso, ammirato ma evitato come appestato. In La Resistenza deve ancora resistere (n.4, 1958, pp. 234-239) C.L.R. Relaziona soprattutto sulla Prefazione di Ferruccio Parri al libro di Zara Algardi – giurista e storica – Processo ai fascisti, un forte documento col quale si può meglio comprendere – sia pur con amarezza – la sottocutanea essenza post fascista dell'intero regime succeduto nel nostro Paese dopo le elezioni del 18 aprile 1948.

F.R. (19 luglio 2021)


Da "Criterio", n.1 (gennaio 1958)

giovedì 7 ottobre 2021

Anton Giulio Bragaglia, 2. Documenti.

 


Dopo quanto indagato circa la fotodinamica, come enunciato nel post del 18 settembre 2021, in questa sede proporremo una serie di documenti esemplari del lavoro intellettuale di Anton Giulio Bragaglia, attivissimo promotore e organizzatore culturale, in particolare nel mondo dello spettacolo teatrale. Si tenga comunque presente che A.G.B. nella sua multidisciplinarietà – pur non risultando sempre dello stesso livello qualitativo – in un cinquantennio di lavoro è risultato una presenza costante, senza smaccati atteggiamenti divistici e “pompieristici” pseudodannunziani, cui oggi alcuni personaggi non sanno sottrarsi. Anche se, prima o dopo, qualcuno dirà di loro: “Il re è nudo!”.

Per primo documento, vale la pena riportare la voce “A.G.Bragaglia”, scritta da Silvio D'Amico per l' “Enciclopedia dello Spettacolo”, da lui fondata e diretta. In questa biografia critica ha notevole risalto l'assenza di ogni riferimento critico alla Fotodinamica futurista, segno evidente del poco interesse dedicato alla materia da parte della “critica” convenzionale e militante di teatro e di spettacolo. La voce enciclopedica, comunque, risulta ancora utile per storicizzare A.G.B. all'interno del mondo culturale italiano fino alla fine degli anni Cinquanta.

Dall'Antologia scolastica Garzanti, curata da Gina Lagorio e Silvio Riolfo, riporto lo scritto affettuoso di Ruggero Jacobbi (1920-1981; scrittore, poeta, drammaturgo e regista) Bragaglia artista e profeta. E' di Mario Verdone (1917-2009), amico e collaboratore di Carlo L. Ragghianti, l'articolo Quasi un “collettivo” il laboratorio Bragaglia, nel quale l'a. puntualizza il legame costante tra A.G.B. e i suoi tre fratelli.

Soltanto indicativi, senza pretesa di essere esaurienti, seguono esempi di interventi dalla vasta produzione letteraria di Bragaglia. Sono di taglio prevalentemente giornalistico, consapevolmente assunto, i titoli espressione di differenti attività e interessi professionali dell'autore.

Da “Comoedia”, del 10 novembre 1924, riproduco La pagina del macchinista, scritto di carattere storico tecnico sull'allestimento scenico medievale. Circa “l'influenza del cinema sul teatro”, Le mutazioni di scena sostiene la tesi che la scena teatrale sia stata salvata dal cinema, che l'ha stimolata a ritrovare se stessa.

Come viaggiatore e come giornalista, di Bragaglia propongo due articoli da “Comoedia”; cronisticamente il primo, da Parigi, si intitola Segni di corruzione (15 giugno 1931); il secondo (dell'agosto 1932) relaziona sulle famose Danze dell'Indocina. Giornalistica e “corporativa” la relazione su Il Congresso di Zurigo (“Comoedia, luglio 1933).

In chiusura, da “Comoedia” (15 gennaio 1930) alla p.27 Le “novità” di Bragaglia mostra, con didascalie, quattro immagini del teatro da lui diretto. Alle seguenti pp. 28,29 il regista frusinate descrive il proprio modo di operare nell'articolo Come metto in scena. Titolo suffragato dalla seguenza di immagini relative a regie cinematografiche (3) e teatrali (9) di Anton Giulio Bragaglia dal 1916 al 1954. Infine si conclude con la riproduzione di due fotografie originali della “Casa d'Arte Bragaglia” e di “Fotoritratti Bettini e Bragaglia”, nonché una fotografia dell'attrice Isa Pola inserita in una pubblicità, la cui grafica è probabilmente di A.G.B.


Non avendo intenzione di scrivere in generale, né tanto meno in particolare nel caso di Anton Giulio Bragaglia un “santino”, voglio ricordare che quest'uomo dal multiforme ingegno e di indubbie qualità carismatiche, per quel che riguarda almeno l'attività internazionale di “conferenziere” a pagamento – che svolse per tutta la vita, senza decantare a sproposito però “rinascimenti” evocativi di quello italiano del XV-XVI secolo – fu spesso un birbante giacché in diverse occasioni lui era soltanto la voce recitante di testi scritti da altri, i cosiddetti “negri”. Lo testimoniarono nei primi anni Trenta mia madre Licia Collobi e la sua collega ed amica Emma Calabi, poi coniugata De Benedetti, le quali – brillanti borsiste triennali a Roma in Palazzo Venezia presso l'Istituto Nazionale di Storia dell'Arte – scrissero per A.G.B. una serie di dettagliate conferenze su arte e artisti italiani da “recitare” in un tour di conferenze in tutta l'America latina. Benissimo pagate, il che depone a favore del carattere dell'uomo, di una specie di buona fede acquisita per transfert, si fa per dire, con il quale in quelle circostanze pensava che la propria elargizione compensasse l'appropriazione di un contenuto improprio.

La pratica di ricorrere a “negri” o comunque ad autori fantasma è tuttora più frequente di quanto si possa supporre. E' basata sul “semplice” meccanismo dell'avere denaro da un lato e del bisogno dall'altro. Un po' come la prostituzione coatta, anche se enormemente meno degradante. Meno drammaticamente: qual è il giovane lontano da casa che per qualche motivi non è nel bisogno? O l'adulto che per proprie circostanze negative quali la disoccupazione è in difficoltà (come è avvenuto per il sottoscritto)? Allegria, però! Non c'è reato, è tutto regolare, protetto da una gherminella giuridica costituita dal “contratto di riservatezza”.

F.R. (17 agosto 2021)

domenica 3 ottobre 2021

"SOUND/SONDA", 9.

  Per i precedenti post in questa serie vedi:

Prolegomeni. 30 gennaio 2021
Numero 1. 23 febbraio 2021
Numero 2. 26 marzo 2021
Numeri 3-4. 26 aprile 2021
Numero 5. 25 maggio 2021
Numero 6. 31 luglio 2021
Numero 7. 12 agosto 2021
Numero 8. 6 settembre 2021