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mercoledì 27 ottobre 2021

Tono Zancanaro, 10 – I Demopretoni

 

Or sono quasi trent'anni Bandecchi&Vivaldi di Pontedera pubblicarono il libro I Demopretoni di Tono Zancanaro, curato e prefato da Nicola Micieli. Avutone notizia, mi riproposi di acquistare il volume perché, nella mia pur ampia documentazione sull'attività di Tono, su quello specifico ciclo ero piuttosto carente, disponendo solo di poche riproduzioni di disegni ancora collegabili al Gibbo. Ebbi anche l'incauta idea di scrivere a Manlio Gaddi, figlio adottivo di Tono e responsabile dell'Archivio Storico Tono Zancanaro di Padova, nonché gestore del patrimonio di proprie opere d'arte lasciato in eredità da Tono.

Già, Tono! Personaggio indubitabilmente alquanto bizzarro e con le sue belle contraddizioni: nel caso specifico non aveva mai fatto cenno né ai miei genitori, né a me o alle mie sorelle del fatto di essere padre. Lui così fraterno amico da venire ogni (o quasi) 8 aprile a festeggiare il suo compleanno a casa nostra a Firenze! Si, però senza avercelo mai detto esplicitamente! E' proprio uno dei casi in cui vale la pena di dire che la vita è bella perché è varia ... e inaspettata.

Nella lettera a Gaddi tra l'altro chiedevo se erano disponibili per l'acquisto disegni di quel ciclo, dato che non ne possedevamo nessuno, a differenza di altri aspetti della molteplice attività creativa di Tono. Gaddi rispose agli argomenti della lettera, specificando anche la rara disponibilità dei Demopretoni e comunicando il loro prezzo d'acquisto. Talmente elevato per le mie disponibilità di allora, da desistere al progetto. Desistenza che si estese anche al libro prefato dal Micieli, il quale sapevo essere amico di amici del babbo come Carlesi ed altri.

Giorni fa, per puro caso, ho smistato la magra corrispondenza con Gaddi, rievocandone i contenuti. Perciò mi sono precipitato su Internet e online ho visto disponibile un solo esemplare del libro su I Demopretoni, che ho subito acquistato. Si tratta di una pregevole edizione con riprodotti i disegni a china, quindi "al tratto", cioè stampabili senza retino. In questo caso, però, con un leggendo fondino (che risulta comunque un po' invasivo perché rende difficoltoso la lettura delle scritte – spesso sapide – di Tono) per cui il disegno viene contornato. Proprio ciò che avrei voluto fare io nelle varie esperienze capitatemi, in contrasto con il grafico amico Leonardo Baglioni, e i tipografi con cui ho lavorato. Ovviamente con il "cliche" prima, la pellicola poi, "al tratto" si spende meno.

I Demopretoni sono stati disegnati tra la fine del 1945 e la prima metà del 1946, cioè fino alla proclamazione della Repubblica italiana. E' da notare l'intuito politico di Tono, il quale prevede l'affermazione della Democrazia cristiana in Italia (non ricordo se anche Tono usasse l'espressione Gran Pretagna per indicare il nostro povero Paese). Da notare anche che probabilmente – questa è una mia illazione – alla brusca cessazione del ciclo non è estraneo un intervento persuasivo tale da dissuaderlo dal proseguire. Vale a dire che da parte del PCI (dove i vertici avevano già deciso di promuovere una politica compromissoria con i fascisti – amnistia di Togliatti, con la quale PCI e DC si divisero i quadri intermedi e intellettuali fascisti – e con la Chiesa e i DC – Patti Lateranensi in Costituzione – con conseguente Compromesso storico e Partito Democratico) si vedesse con fastidio la “satira” di Tono, aderente entusiasta, tanto da intervenire dall'alto, curialmente in corpore vili. Un trottolone sagace come Concetto Marchesi (grande storico della letteratura latina) sarebbe stato ben adatto alla bisogna, per esempio.

Al di là delle mie interpretazioni, debbo riconoscere al Micieli d'aver steso un saggio appropriato e centrato, dal quale riporto la parte finale quale commento di questo ciclo breve ma intenso come il precedente Gibbo. Il ductus dei disegni, tecnicamente irreprensibile come sempre lo è la conquista di una manualità sospinta dall'originalità del pensiero, è vibrante con in complesso una tensione drammatica attenuata (la GUERRA non c'è più grazie ad alleati e partigiani le armi tacevano, salvo sporadiche “vendette” o rare insorgenze sconsiderate), s'avverte più ironia e non dico indulgenza ma nemmeno durezza, spietatezza nei grovigli di corpi. Forse anche qui l'intuizione poetica dell'artista intravide da subito la tendenza all'ammucchiata politica, caratteristica consolidata ancora una volta nel costume nazionale dal 1946 in poi.

Non è gran scoperta constatare che se nel substrato drammatico del Gibbo le figure discinte non sono implicate in atti sessuali, nemmeno parodistici, invece tensione dei Demopretoni, centrata sulla DC espressione clericale, l'esibizione del sesso è presente, quasi costante, piuttosto esplicita – e qui la sublimazione dell'artista – non scade mai in pornografia. Sono immagini che si guardano senza riferimento emozionale perché risultano esplicitazioni simboliche.

Noterei, anche, che questo ciclo dei Demopretoni fu, in seguito, se non proprio sottaciuto o celato certamente accantonato da Tono stesso, il quale non ne parlava mai esplicitamente. Analoga sorte accadde anche al ciclo di disegni relativo a Villa Palagonia di Bagheria. Ricordo, infatti, che Tono nel 1970 – mi pare – piombò una mattina all'Università Internazionale dell'Arte di Firenze presso Villa Tornabuoni felice, persino un po' tronfio con una cartella di disegni esibita ostentatamente. Così a fine della lezione di C.L. Ragghianti, Tono – che era diverso tempo che non si vedeva – volle mostrare a mio padre questi disegni del suo nuovo ciclo. Di fronte alla evidente freddezza e cautela di C.L. Ragghianti, il quale rilevò in piedi tra i banchi, lì per lì (e lo riporto come posso nel ricordo che ne ho) l'antinomia tra lo stile, anche irruento a volte, ma sempre controllato del suo abituale lavoro e la autentica “cacofonia” barocca delle forme intricate della Villa Palagonia si dipanava un po' scompostamente nel disegno di Tono con evidente incoerenza con il suo analogo tratto pittorico originale dei Prà della Valle e delle altre visioni padovano ( per non dire delle Piazza Navona) dal tratto veloce, spesso se necessario ma ritmico, controllato, espressivo. Tono si scaricò via via fino a sospendere l'esibizione dopo due terzi dei fogli visionati. Andò via con una scusa di un impegno prandiale. Si rivide qualche mese dopo un Tono pimpante, con nuove litografie a colori testé torchiate da Busato. Nessun accenno a Palagonia. Né al momento né successivamente per tutta la sua esistenza con noi condivisa.

Nella riproduzione documentaria dei disegni Demopretoni in questo post si procede seguendo l'ordinamento del libro, fornendone all'ammirazione e allo studio circa un terzo. Oltre a queste ottantasei pagine di disegni, il volume contiene molte fotografie – anche inedite – di Tono e molte altre di disegni nel testo del prefatore e negli apparati. Questi ultimi consistenti in un ampio e accurato Catalogo di “circa 1300 fogli di una limpidezza grafica che non teme verifiche anche severe” scrive Micieli, in una ricca Bibliografia e in esaurienti Cenni biografici sono stati compilati a cura di Manlio Gaddi.

F.R. (16 settembre 2021)




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