Carlo e Licia

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sabato 23 ottobre 2021

Arte Moderna in Italia 1915-1935 - Testi dei Critici, 32. GUIDO PEROCCO (CADORIN, MARTINI, MOGGIOLI, PELLIS), 1.

 


Post Precedenti:

1. RAFFAELE MONTI ( I ) - 16 giugno 2018
2. IDA CARDELLINI (LORENZO VIANI) - 28  settembre 2018 
3. UMBRO APOLLONIO (NATHAN, BIROLLI) - 19 settembre 2019
4. MARCELLO AZZOLINI (GUERRINI, CHIARINI, VESPIGNANI). 6 ottobre 2019
5/I. FORTUNATO BELLONZI (BOCCHI, D'ANTINO). 12 novembre 2019
5/II. FORTUNATO BELLONZI (MORBIDUCCI, SAETTI). 28 dicembre 2019
6. ALDO BERTINI (CREMONA, MAUGHAM C., PAULUCCI). 22 gennaio 2020.
7. ANNA BOVERO (BOSWELL, CHESSA, GALANTE). 5 febbraio 2020.
8. SILVIO BRANZI (SCOPINICH, BALDESSARI, NOVATI, SPRINGOLO, RAVENNA, KOROMPAY, ZANINI). 23 febbraio 2020.
9. GIOVANNI CARANDENTE (COMINETTI, MARINI). 4 marzo 2020.
10. ITALO CREMONA (REVIGLIONE). 7 maggio 2020.
11. ENRICO CRISPOLTI, I (BALLA, EVOLA, ALIMANDI, BENEDETTA). 2 aprile 2020.
12. ENRICO CRISPOLTI, II (COSTA, DIULGHEROFF, DOTTORI, FILLIA). 6 aprile 2020.
13. ENRICO CRISPOLTI, III (ORIANI, PANNAGGI, PRAMPOLINI, MINO ROSSO), 10 aprile 2020.
14. RAFFAELINO DE GRADA I (BOLDINI, ANDREOTTI). 22 giugno 2020.
15. RAFFAELINO DE GRADA II (BERNASCONI, CARPI, CARENA, FUNI). 6 luglio 2020.
16. ANTONIO DEL GUERCIO (MAZZACURATI, MENZIO, RICCI). 8 agosto 2020
17. TERESA FIORI (INNOCENTI). 1 settembre 2020.
18. CESARE GNUDI (FIORESI, PIZZIRANI, PROTTI). 2 ottobre 2020.
19. VIRGILIO GUZZI (MANCINI, CAVALLI, MONTANARINI, PIRANDELLO). 19 novembre 2020.
20. MARIO LEPORE (DEL BON, LILLONI). 21 dicembre 2020.
21. LICISCO MAGAGNATO (NARDI, PIGATO, FARINA, TRENTINI, ZAMBONI, BERALDINI, SEMEGHINI). 21 gennaio 2021.
22. CORRADO MALTESE (GERARDI). 4 marzo 2021.
23. FRANCO MANCINI (PANSINI, NOTTE, BRESCIANI, CRISCONIO, CIARDO, GATTO, VITI).  3 aprile 2021.
24. GIUSEPPE MARCHIORI, 1 (ROSSI, LICINI). 3 maggio 2021.
25. GIUSEPPE MARCHIORI, 2 (SEVERINI, SPAZZAPAN). 28 maggio 2021.
26. MICHELANGELO MASCIOTTA, 1 (LEGA, VENNA LANDSMANN, CALIGIANI, COLACICCHI). 7 giugno 2021.
27. MICHELANGELO MASCIOTTA, 2. (DE PISIS, PEYRON, LEVASTI, CAPOCCHINI). 18 giugno 2021.
28. GIAN LORENZO MELLINI. (VITTORINI, SALIETTI, SANI, DE JURCO, BUGIANI). 23 luglio 2021.
(Il numero 29 sarà prossimamente pubblicato).
30. ALESSANDRO PARRONCHI (CARLINI, MOSES LEVY). 14 settembre 2021
31. GIACINTO NUDI. (RAFFAELE CASTELLO). 16 agosto 2021.


Di Guido Perocco (1916-1997) personalmente non ho nessuna conoscenza diretta, e quel poco di indiretta si limita al fatto che egli collaborò fattivamente al Comitato esecutivo della Mostra Arte Moderna in Italia 1915-1935, in special modo con Raffaele Monti. Dalla magra corrispondenza con Carlo L. Ragghianti, constato che Perocco collaborò nel 1947-48 con lo Studio Italiano di Storia dell'Arte di Palazzo Strozzi ed assieme all'amico e collega giornalista Silvio Branzi contribuì a darne notizie delle mostre (La Casa Italiana nei secoli; Fiamminghi e olandesi, ecc. e delle esposizioni de "La Strozzina).

Il 18 luglio 1967 tramite telegramma, aderisce all'Appello che Eugenio Luporini promosse per solidarizzare con C.L.R., vilipeso da Giovanni Previtali (vedasi post del 28 dicembre 2017 e 3 dicembre 2019). Nel 1970 Perocco ricevette da C.L.R. la lettera del 13 maggio incentrata sui suoi progetti per Mario Cavaglieri, pittore: "secondo me C. dev'essere rivalutato da molto tempo, e sono lieto che Lei sia tra i pochi suoi sensibili e intelligenti rivendicatori". Progetti e Mostra non ebbero esito positivo anche perché – mi duole dirlo – Monti assieme al suo amico Silvano Menghelli, gallerista, con loro private trattative, intromissioni e acquisti anticiparono e vanificarono le pubbliche proposte sostenute da Ragghianti. Nel 1975 Perocco, quale direttore della Galleria d'Arte Moderna di Ca' Pesaro a Venezia, aderì al Centro Studi per la Museografia che mio padre aveva promosso presso l'Università Internazionale dell'Arte di Firenze.


Perocco è stato anche docente di Storia dell'Arte presso l'Università di Ca' Foscari di Venezia. Di lui nel web via PDF risulta consultabile "Gli artisti di Ca' Pesaro" una bibliografia dettagliata di Perocco a cura di Matteo Piccolo.

F.R. (2 settembre 2021)



Su un pittore solido e sempre di livello invidiabile come Guido Cadorin, oltre ad indicare la data della morte (1976), ovviamente assente nella Scheda di Guido Perocco scritta nel 1966, non ho niente da aggiungere a ciò che precisa Carlo L. Ragghianti alle pp. 98, 99 di Bologna cruciale 1914 (in “Critica d'Arte”n.106-107, ott.-nov. 1969). Infatti il giovane Cadorin partecipa all'elaborazione delle tematiche artistiche in corso dopo la guerra Mondiale 1915-18, forte anche della sicurezza operativa derivategli dal provenire da una affermata famiglia di artisti. Di conseguenza affronta e risolve in un suo stile peculiare quanto derivato soprattutto da “Valori plastici” di Mario Broglio. Così Carlo L. Ragghianti scrive:

Non riproduco le illustrazioni indicate perché esse sono comunque visibili nella panoramica di opere dell'artista che conclude il post. Mi scuso per la lunga citazione, 

notorio artificio cui sono ricorsi tanti studiosi (del prof. Baldini, ad es. mi sono spesso divertito a calcolare la percentuale approssimativa di sue parole minoritarie rispetto all'insieme del testo), ma anche quando, come in questo caso, la citazione corrisponde ad un ubi major... . Riporto più che volentieri la Presentazione, che seguirà questa nota, del caro amico Giuseppe Mazzariol al Catalogo dell'antologica dell'opera di Cadorin (Mostra presso il Museo Correr di Venezia, 4 marzo – 3 maggio 1987) perché la ritengo utile ed esauriente, come altrettanto lo sono anche gli altri saggi nel libro: Rossana Bossaglia con la Cultura di Cadorin; Gianfranco Romanelli con Le radici storiche di una “stagione di mezzo”; Susanna Biadene con I ritratti; ancora Rossana Bossaglia con La decorazione del Grande Albergo degli Ambasciatori a Roma; e infine Valerio Terraroli con Cadorin, D'Annunzio e la stanza dei “sonni puri”. Necessari agli studi la Bibliografia e le Esposizioni, elencazioni che concludono il bel volume stampato impeccabilmente da Electa, Milano 1987.

Spero sia solo una mia impressione basata su ricerche insufficienti il fatto che Guido Cadorin, pittore che ebbe in vita molto successo anche mediaticamente, oggi immeritatamente non sia presente all'attenzione della cronaca critica e latiti nel mercato dell'arte. Questa seconda assenza, però, potrebbe anche indicare che i collezionisti di opere di Cadorin lo apprezzano talmente da conservarlo in famiglia anche nei trapassi generazionali.

F.R. (5 settembre 2021)

Dipinti di Cadorin


APPENDICE: Venezia di guerra, 1916.

Nel Catalogo Cadorin (Electa, Milano 1987) viene indagata nel finale di Valerio Terraroli, la corrispondenza tra il cosiddetto Vate D'Annunzio e Guido Cadorin in riferimento al progetto circa la stanza dei sonni puri del Vittoriale, abitazione col record mondiale del kitsch, direi.

Cadorin aveva avuto in precedenza forse un contatto “collaborativo” con D'Annunzio, in questo caso a “sua insaputa”. Infatti nella primitiva edizione le xilografie di Venezia di guerra non è dato sapere se fossero già associate a brani di testi tratti da scritti di Gabriele D'Annunzio. Lo sono, constato, invece nella riproposta


dell'introvabile prima edizione, curata dal noto editore di grafica d'arte Cerastico, senza indicazione d'anno, però intorno alla fine degli anni Sessanta.

Le xilografie originali, ritorchiate in 60 esemplari dal famoso stampatore Giorgio Upiglio, invece di 12 sono 8, seguite da una pagina con un brano del poeta pescarese. L'edizione, curatissima come di consueto per quell'editore, è uno scrigno con custodia di cartone che contiene immagini preziose, eleganti, in cui la gelida atmosfera bellica sospesa si impone controllata ma commossa, priva di retorica.






Diamo per assodato il fatto che Arturo Martini (1889-1947) sia stato il più illustre scultore italiano della prima metà del Novecento e contemporaneamente uno degli scultori europei più significativi. Si può tranquillamente condividere anche quando scrive su Martini, nella Scheda del Catalogo/Mostra Arte in Italia 1935-55, l'influente critico Mario DeMicheli: "E' con lui che veramente incomincia la scultura italiana contemporanea". Cioè quella dagli anni Trenta alla fine del secolo scorso attiva nel nostro Paese.

In questo nostro contributo supplettivo, oltre a riproporre quanto su Arturo Martini ha scritto Carlo L. Ragghianti (fatta eccezione per l'articolo Che vicenda inquietante! I grossolani falsi di Arturo Martini – "La Nazione", Firenze 3 luglio 1979, p. 3 – che sarà ripubblicato in un post dedicato a quella penosa vicenda), proponiamo alcuni interventi critici e cronistici pertinenti.

Nel fascicolo n.8 di "Critica d'Arte" (gen.-mar. 1986, p.29) Licia Collobi Ragghianti (1914-1989) in Novecento relaziona sulla vendita all'asta della famosa collezione Ottolenchi-Wedeking, illustre soprattutto per le opere di Arturo Martini. La studiosa depreca l'assenza dello Stato il quale con il suo mancato acquisto di quella raccolta si distingue, invece, "per le tante acquisizioni ingiustificate".

Da Giuseppe "Bepi" Mazzariol (1922-1989) proviene la pagina L'anima di Martini, partecipe "Presentazione" del Catalogo A.M. Opere degli anni Quaranta (Mostra presso la Fondazione Bevilacqua La Masa, 1989). Sempre l'amico Bepi scrisse nel 1967 per il "Messaggero veneto" (13 ettembre) Omaggio ad A.M. in occasione del ventennale della morte dell'artista. Purtroppo non possiamo riprodusse questo commosso ricordo a causa del cattivo stato dell'estratto nel nostro Archivio. Di Guido Perocco (1916-1997) è A.M. E gli amici di Ca' Pesaro, importante contributo del Catalogo Il giovane A.M. Opere 1905-1921 (DeLuca editore, Roma 1989).

Di Enzo Fabiani (n.1924) giornalista e poeta di cui s'è scritto nel post 18 marzo 2018, è l'articolo Le confessioni di Martini (dal quotidiano "L'Indipendente", 15 febbraio 1993) ricco di notizie non sempre accessibili circa la vita di un artista. Riporto anche la testimonianza di Raffaele De Grada (1916-2010) circa l'importanza di Martini uomo e scultore nel proprio sviluppo intellettuale e critico, pubblicato ne "Il corriere della sera" (Milano 7 novembre 2006).

Ancora dal quotidiano milanese del 30 luglio 2007, riproduco la rubrica di Sergio Romano (n.1929), diplomatico e storico, che ho sempre seguito con interesse finché ho letto quel giornale, intitolata Lo Duca: "quattro passi" di un italiano a Parigi. In verità lo scritto verte esclusivamente su vicende del Lo Duca (1910-2004), personaggio che da ragazzo seguii spesso e volentieri nelle sue divulgazioni innovative nell'impostazione che proponeva con originalità. Arturo Martini – sulla cui opera Lo Duca scrisse un libro – in quest'articolo è soltanto citato per una notizia su di lui sorprendente, almeno per i molti che non conoscono quella vicenda.

Non riproduco, per motivi di spazio e di relativo equilibrio tra le rivisitazioni degli artisti partecipanti alla Mostra Arte Moderna in Italia 1915-1935, ma cito volentieri alcuni scritti su Martini. Di Michelangelo Masciotta (1905-1985) è il necrologio dello scultore comparso su "Il Mondo europeo" (aprile 1947). Mario Quesada (1941-1996), su "La Repubblica Mercoledì" del 26 gen. 1991, nelle due fitte pagine di A.M. e i demoni di creta recensisce la mostra all'Hotel de la Ville de Paris. Su "Art&Dossier" (n.77,1993), Fabio Benzi, nella rubrica "Studi e riscoperte", indaga il "classicismo interiore" di Martini. Sul "Corriere del sera" del 7 novembre 2006, in due articoli, Francesca Bonazzoli e Francesca Montorfano analizzano e recensiscono la mostra in occasione della morte di Arturo Martini alla Fondazione Stelline di Milano e alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma.

F.R. (20 settembre 2021)

Sculture di Martini
Sculture esplicitamente fasciste di Arturo Martini.

Duole constatarlo in questo caso, simile a quello della quasi totalità degli artisti operanti sotto il fascismo, ma anche Arturo Martini esaltò il regime di Mussolini. Avrà di lì a non molto modo di spiegarlo candidamente col fatto che lo pagavano, e bene. Va, comunque, riconosciuto che questi bozzetti sono di ottima qualità estetica.

Meno “innocente” è, invece, Enzo Carli il quale scrisse l'articolo precedente sulla rivista ufficiale di Bottai “Le Arti” (anno I, n.2, 1938-1939) con dignità critica formale, ma acquiescente al regime come dimostra la frase finale. Quel che è vergognoso, è l'essersi prestato.

Carlo L. Ragghianti recensì su “La Critica d'Arte” (V, n.1, f. XIII, gen.-mar. 1940, p. XIII) questo articolo con freddezza, evidentemente deluso dall'amico carissimo dal 1928 e collega negli studi con Marangoni e collaboratore della “Critica d'Arte”. Voglio credere che C.L.R. ignorasse all'epoca il trascorso non giovanile (1934) con il quale Carli esalta Mussolini del Popolo. Riproduco questa versificazione perché dopo una certa età si è responsabili dei propri misfatti. Certamente mio padre tendeva ad essere sentimentale e stravedeva per l'amicizia. Però questo sconcio in versi non l'avrebbe certamente accettato come se niente fosse accaduto. Non so nemmeno se ne fu informato successivamente.





Di Umberto Moggioli (1886-1919) in Bologna cruciale 1914 Carlo L. Ragghianti non scrive una parola, non perché non lo apprezzasse come pittore, anzi ne aveva un'alta opinione. Non ebbe a occuparsene storiograficamente in modo specifico perché Maggioli, la cui attività artistica fu brevissima, salvo essere stato amico stretto con i pittori del gruppo di Ca' Pesaro, fu eccentrico allo svolgimento storiografico in atto da futurismo in poi con una propria poetica ben delineata ma esterna al dibattito culturale prevalente. Anche in "SeleArte" non si presentò occasione di considerare l'opera di Moggioli (come si evince dal prezioso volume – con dischetto – SeleArte Indici (1952-1966) a cura di Vittorio Fogone e di Francesca Pozzi, edito dalla Fondazione Ragghianti di Luicca nel 2003).

L'attenzione della critica tra le due guerre mondiali non sembra focalizzata su Mggioli e sui suoi dipinti, originali e di grande impatto visivo, fata eccezione per la monografia di Nino Barbantini nel 1922. Anche nel dopoguerra la critica, salvo articoli su fonti locali, non è incisiva fino al 1963, anno nel quale Guido Perocco dà alle stampre la monografia edita da Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo e un'altra pubblicata da Arti grafiche di Bergamo. Nello stesso anno Riccardo Maroni pubblica due volumetti della sua benemerita (e apprezzata, ricordo, sia da Licia Collobi che da Carlo L. Ragghianti) Collana "Artisti trentini". Fu proprio con la "Mostra Arte Moderna in Italia 1915-1935" che il nome di Moggioli fu preso in considerazione dalla critica.

Nel 1969 di nuovo una monografia di Perocco per Tomi editore. Noto poi che nel 1990 la Galleria Civica d'Arte Contemporanea di Trento pubblica un volume sui disegni dell'artista e nel 2011 Silvana editoriale stampa un volume sulla Collezione del MART, che riguarda anche Moggioli. 

Esiste ed è attiva anche l'"Associazione Umberto Moggioli" con un proprio sito su internet. Dal 20 gennaio al 2 giugno di quest'anno a Trento – Palazzo delle Albere – si è tenuta l'esposizione "Omaggio a Moggioli", l'ultima di una serie dall'inizio del secolo, la quale attesta l'orgogliosa e giusta attenzione del Trentino nei confronti di Umberto Moggioli.

Nella parte finale, riporto testo partecipe e "commosso" del critico d'arte Giorgio Mascherpa (1930-1999), il quale fu anche giornalista militante cattolico dignitosamente attivo in ambiente allora di stampo marxista o sedicente tale che aveva oggettivamente una posizione preponderante nel nostro paese. Lo scritto pubblicato in "Arte" (n.167, ott.1986) recensisce la Mostra per la quale sempre "al Palazzo delle Albere scopriremo un incantevole artista che dipinse nella quiete di Burano opere di grande suggestione. Un pittore che aveva la capacità di cogliere liricamente i colori, i profumi, le sensazioni e le luci della natura".

Riproduco per ultimo anche l'anonima scheda pubblicata in un volume stampato con lo scopo di presentare e valorizzare artisti (o operatori sedicenti tali) sconosciuti o quasi. Costoro, elencati in ordine alfabetico, sono inframezzati da schede di artisti noti ed affermati (meglio se defunti) per dare lustro e decoro facendo da traino agli sconosciuti paganti aderenti all'iniziativa. Questo testo su Umberto Moggioli è però in buona fede ed interessante per la sincera dedizione nei confronti del Maestro, scomparso a trentatré anni dopo un'esistenza travagliata.

F.R. (11 settembre 2021)

Dipinti di Moggioli


Mi viene in mente per primo l'argomento – che sulle scarse pagine dedicate a questo artista friulano non ho riscontrato – che il povero Giovanni Napoleone (sic) Pellis non è stato indicato come "il pittore novecentesco delle montagne" in analogia a quanto accaduto nel secolo scorso a Giovanni Segantini. Infatti costui, trentino di Arco – cioè allora suddito imperialregio – morto nell'elvetica Engadina, fu anche chiamato "il pittore delle montagne".

La memoria di Pellis, la cui "fama è legata indissolubilmente" a visioni puntuali ed insieme mitiche di montagne alpine, si può consolare con l'epiteto di "anima del Friuli", certamente non lode di poco conto, però non so quanto apprezzato e condiviso dagli altri artisti suoi contemporanei.

Per motivi familiari (il nonno materna discendeva da friulani delle valli del Natisone) sono legato al Friuli e alla Giulia veneta Trieste (dove nacque e crebbe mia madre) sentimentalmente e da pregiudizi di simpatia, suffragata però da riscontri confermativi, per la bellezza di quei luoghi e per la bontà delle risorse agrovinicole relative.

Tornando a Johannes Napoleon (così fu battezzato) Pellis, del quale non sono in circolazione e, mi pare anche in bibliografia, monografie od opere sufficientemente approfondite e pertinenti, bisogna riconoscergli di essere stato un eccellente autore di pitture, capace di far vibrare la natura selvatica con soluzioni stilistiche originali che riescono a coinvolgere chi le guarda con emozionati

richiami atavici. Va anche precisato che l'estro creativo di Pellis dopo gli anni Trenta andò declinando fino a risultati di banale professionalismo, come nella fig.17 (I quattro evangelisti, 1957).

L'unica monografia disponibile che ho individuato riguarda i disegni di Pellis, materia giocoforza da escludere nell'ottica delle nostre rivisitazioni della Mostra Arte Moderna in Italia 1915-1935.

Anche degli studi di Arturo Marzano (gli unici citati da Perocco nella sua scheda) non c'è reperibilità, né riassunto o descrizioni che si possano aggiungere a quanto ne ha ricavato Guido Perocco.

Non è stato facile trovare opere di Giovanni N. Pellis da riprodurre nella consueta documentazione visiva del post. Grazie alla Fototeca della Fondazione Ragghianti di Lucca dieci soggetti consentono di mostrare una carrellata di quattordici dipinti (alcuni dei quali privi di datazione).

M'è parso opportuno citare un brano della testimonianza di Eugenia Cargnelutti (galleria Il Ventaglio, Udine 1975), la quale riferisce impressioni che riflettono il comune sentire nei confronti di Pellis.

Concludo questo striminzito excursus riguardante Pellis, un artista di eccellenti risultati e capacità esercitate con umile dedizione, riproducendo alcune citazioni tratte da lettere del pittore. Nella loro schietta semplicità esse fanno intuire un uomo, un artista che dipingeva consapevolmente sue intuizioni visive con la serena coscienza di adempiere un dovere.

F.R. (13 settembre 2021)



Dipinti di Pellis

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