Carlo e Licia

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sabato 30 gennaio 2021

"SOUND/SONDA". Prolegomeni.

 

Quello che mi sta più a cuore riguardo a questo blog è il fatto di riprodurre per il web testi e documenti, altrimenti accessibili soltanto nelle biblioteche importanti o, soprattutto se rari (come questa rivista "Sound/Sonda") o inediti, nell'Archivio Ragghianti della Fondazione di Lucca e – in via subordinata – in quello lacunoso di Rosetta e mio presso la comune abitazione di Vicchio.

Ho visto su internet: "Riviste da rivedere: Sound Sonda (2)... - Fondazione Ragghianti...uno degli scopi dichiarati di Sound Sonda è stata una maggiore #compenetrazione di #humanities e #sciences...".

Per approfondire questo incipit avrei dovuto aderire a Facebook. Ciò mi ripugna per due motivi principali: 1) la concetrazione – totalitaria, pericolosa, illegale e illegittima del sito in mano a un singolo individuo proprietario; 2) il fatto che gli amici non si possono trovare e – soprattutto – non sono tali o divengono tali pigiando un tasto del computer.

Su internet c'era anche un'altra, unica voce iniziale, cioè l'articolo di Elisa Bassetto Sound Sonda. Carlo L. Ragghianti e gli esordi dell'approccio informatico all'analisi dell'opera d'arte, il cui sommario/abstract così recita: "Negli ultimi anni si è assistito ad una crescita costante del numero di saggi e monografie dedicati alla figura di Carlo Ludovico Ragghianti e, parallelamente, lo studio delle sue teorie estetiche ha visto un incremento significativo, con contributi di notevole spessore critico. L'articolo intende indagare il ruolo da lui assegnato alle tecnologie informatiche nell'analisi delle arti visive". Avevo a suo tempo letto e apprezzato su "Luk" lo scritto della giovane studiosa, rileggendolo lo trovo più che adatto ad essere il testo d'apertura e di presentazione per questo post.

Era comunque da tempo che mi ripromettevo di postare "Sound/Sonda" integralmente per fornire esaurienti informazioni su questa rivista profetica, nell'indicare un nuovo indirizzo di ricerca sulle opere d'arte ed i processi esecutivi degli artisti. Sono infatti consapevole – nonostante non abbia competenze sufficienti – che attraverso "SoundSonda" è possibile addentrarsi nel vivo delle problematiche che storici dell'arte e gli scienziati riuniti da Ragghianti cominciarono ad elaborare in un terreno incognito, ma ricco di prospettive.

Se anche un profano in materia è in grado di avvertire l'importanza delle intuizioni che sono alla base del progetto "SoundSonda", a maggior ragione è plausibile che lo siano i nostri contemporanei, ai quali non sfuggirà l'insistenza coraggiosa di C.L.R. e dei suoi collaboratori nel tentare di far luce e dare consistenza alle basi per future ricerche con le tecnologie presenti e con quelle che si manifesteranno.

Comunque è doveroso che io riferisca di ostacoli frapposti a queste indagini originali (avvertiti persino da me redattore di "Critica d'Arte"), nonché rammenti che ci furono resistenze passive e volute incomprensioni da parte di ingegneri e scienziati coerenti alle loro esperienze, incapaci di comprendere – nonostante il "riprovando" di Galileo – concezioni estranee, incomprensibili, eversive.

Tanto per fare un esempio, rammento la defatigante collaborazione con gli scienziati dell'Università di Pisa, neghittosi a orientare il Plotter sperimentale anche verso le esigenze innovative proposte da C.L.R. e dai suoi collaboratori di "SoundSonda". E pensare che soltanto pochi anni dopo il Plotter divenne anche un'ordinaria 



applicazione alla portata di tutti i computers! Migliore la cooperazione con l'équipe dell' ing. Cappellini presso l'Università di Firenze, anche se – purtroppo a un certo punto incagliatasi.

Aneddoticamente, ricordo la delusione e l'irritazione – contenuta ma palese – di C.L.R. nei confronti di G. Realini, presentatosi come un pioniere perché già all'inizio degli anni Settanta aveva pubblicato La ricerca grafica col calcolatore elettronico. L'interesse di Realini era però di fatto circoscritto alle sue velleità artistiche, di cui riporto qui di seguito un esempio espresso con una serigrafia numerata e firmata, che definirei banale ed elementare.

Su internet alla voce "SoundSonda" compare anche il saggio di Silvia Bottinelli C.L.R. e il concetto di divulgazione nella cultura storico-artistica, "Predella" n.28 (vedo 28 ma tale saggio rivedo identico sempre su "Predella" però al n.10, pubblicato a stampa cartacea nel 2010 dal direttore Emanuele Pellegrini). Questo scritto però non mi sembra avere particolare attinenza con "SoundSonda", ma lo ricordo qui perché è comunque un bel testo, che vale la pena di proporre per la lettura e di tenere presente nella considerazione degli scritti di ciascuno dei coniugi Ragghianti.

Dopo attenta riflessione, ho deciso di riproporre su internet, tramite il blog, l'intera pubblicazione di "SoundSonda".

Questo primo post – non a caso – intitolato Prolegomeni – si apre col citato studio di Elisa Bassetto, che in questa sede va considerato come una presentazione. Ristampo poi da "Critica d'Arte" (n.160-162, lug.-dic. 1978) il saggio capitale Capire l'arte col computer di Carlo L. Ragghianti – scritto il quale per un refuso, via via accolto e ripetuto, vedo sempre edito nel 1984 invece che nel 1978 – cui segue, come nella rivista, lo studio fondativo di Maria Laura Cristiani Testi La conoscenza dell'arte con gli strumenti elettronici, importante e prima esperienza concreta del metodo iniziale di ricerca. Il saggio di C.L.R. in seguito è stato tradotto in inglese e pubblicato su "SoundSonda" (n.7, ott. 1979). Delle lettere scritte a proposito di questa rivista da C.L.R. al momento pubblico soltanto la parte riguardante l'argomento della missiva inviata a Rosario Assunto (28 ott. 1978). Mi riserbo naturalmente di rendere note le integrazioni specifiche che individueremo o che ci saranno inviate, ciò sia per doverosa complementarietà che per scrupolo critico.

Mi rendo conto, infatti, di dover precisare che alla presente documentazione sarà successivamente molto probabilmente necessario apportare le integrazioni via via individuate. Ciò non costituisce un problema perché, a differenza di uno stampato pubblicato nel quale non è possibile intervenire una volta edito, nella "stampa" elettronica sono possibili (quando lo si ritenga opportuno e in qualsiasi momento) cambiamenti, come – ad es. – aggiunte, tagli, spostamenti di testi ed altro, purché eseguito da computer abilitato. Comunque, per correttezza, se questi interventi posteriori si verificheranno, ne saranno indicati data e motivi.

In conclusione, sempre in ordine cronologico, seguiranno una serie di documenti di APAVOCA, l'associazione promotrice di questa branca dell'informatica; quindi la lettera (19 marzo 1980) di C.L.R. all' ing. Cappellini e, in chiusura, i verbali di alcune riunioni dell'APAVOCA.

F.R. (22 dicembre 2020)


lunedì 25 gennaio 2021

Finalmente Tono Zancanaro. 1. La "Divina Commedia".

 

Finalmente, perché sono riuscito a “concludere” l'elaborazione del lutto – l'irrazionale procedura che classifica gli stadi del nostro dolore e del nostro rimpianto nei confronti delle perdite subite tra parenti ed amici – sulla persona di Tono Zancanaro (8/4/1906 – 3/6/1985). Egli per oltre vent'anni è stato assiduo amico di famiglia e, per quanto riguarda i figli Ragghianti, sodale soprattutto con me, collaboratore alla conoscenza e diffusione della sua opera, singolarmente originale.

Quanto sopra è detto per chiarire che finalmente non ho remore ad

affrontare l'argomento, cosa che ancora non avviene, per esempio, nei confronti di un amico ultraquarantennale quale è stato Leonardo Baglioni; oppure per Alfredo Righi (1925), legato alla nostra famiglia fin dagli inizi del 1946, un caro amico e collega del quale rifiuto il ricordo della data di morte avvenuta agli inizi di questo secolo. Mi scuso, anzi, per questi incisi personali, che sento l'obbligo di chiarire stante l'indubbia eccentricità della mia reazione di fronte alla scomparsa delle persone amiche, nel senso proprio del termine.








Questo grande disegno (100x70 cm, datato 1965) fu concepito come “manifesto” introduttivo alla Mostra dei disegni della Divina Commedia a “La Strozzina” di Firenze. Infatti le ristrettezze di bilancio dell'Ente non avevano consentito la realizzazione a stampa del bozzetto che avevo ripreso dalla copertina del libro/catalogo, il quale era invece stato stampato su carta di grammatura inferiore a quanto preventivato. Ragion per cui feci una delle mie storiche (e talvolta curiosamente “epiche”) scenate che terrorizzò il proto fellone (o martire, se s'era accollato la responsabilità in luogo della proprietà). La cosa sorprese, spaventò un poco, ma poi divertì Tono Zancanaro presente, per il quale ero stato redattore di gran parte delle opere registrate nel catalogo (le altre erano a cura di Giacinto Nudi) e factotum del libro. Con Tono ormai da un anno avevo consuetudine in famiglia e di lui ero diventato anche “collezionista” acquistando alcune incisioni e litografie per – se ben ricordo – £ 110.000 (circa 2 mila euro attuali).

Tornando al “manifesto”, espressa l'indignazione per la sua mancanza, suggerii a Tono di fare un disegno apposito, da esporre prima dell'accesso alle scale che scendevano nella sede ipogea del Palazzo Strozzi. Il foglio c'era, mancavano i colori e poche ore all'inaugurazione, mentre il montaggio della mostra, cui accudii con l'artista, era terminato. Si trovarono in fondo ad un cassetto del banco dei custodi soltanto dei pastelli a cera, e fu con essi che direttamente Tono operò sul foglio puntinato su due cavalletti. In poco tempo il Maestro sotto i miei occhi attenti ed estatici e quelli di due uscieri tracciò le magiche linee con sicura nonchalance, ma totale attenzione, similmente a quanto vidi in un documentario fare da Picasso. Alla fine Tono che era “furbo” come un contadino e tale talora voleva apparire con consapevole caricatura, avendo recepito la personalità prepotente del Guidi, dichiarò che a mostra finita il disegno doveva essere consegnato a me personalmente.

Dopo il manifesto, mi sembra opportuno documentare la mostra sulla Divina Commedia riproducendo dal catalogo la copertina, il frontespizio, il colophon e – naturalmente – il saggio di Carlo. L. Ragghianti, l'Autotono, cioè la presentazione del proprio lavoro da parte dell'artista. Seguono la riproduzione di alcune tavole dei disegni a china e acquarello su carta bianca per l'Inferno, rossa per il Purgatorio, e azzurra per il Paradiso.

Riproduco anche le incisioni originali appositamente concepite per le 50+50 copie rilegate del catalogo, nonché le altre sei stampe che Tono aveva inciso per consentire di scegliere quelle poi allegate al volume.

L'imperizia mia – era il primo libro da me completamente realizzato – e il disordine organizzativo di Tono produssero lastre incise di 80x.120 su carta di 120x175, anziché lastre di questa seconda misura su carta del formato del libro, cioè 170x240. Ancor oggi, quando ci penso, me ne vergogno e mi girano le scatole.

Dell'attività dantesca di Tono conoscevamo ovviamente il ciclo della Divina Commedia disegnato in numerose (che non conto, perché reputo scandaloso da parte di un editore di quelle dimensioni e con quella storia indicarne l'esistenza con soltanto il termine illustrazioni nel frontespizio) tavole per illustrare la pubblicazione – a cura di Carlo Grabher – in tre volumi stampati dall'editore Laterza di Bari. Ciò che non conoscevamo era la quantità (e la qualità) delle altre opere di Tono, quelle concepite insieme al gruppo pubblicizzato dall'edizione laterziana. Ricordo che quasi litigai con Zancanaro perché avrei voluto – per correttezza e per completezza – che nel nostro catalogo fosse fatto esplicito rimando all'esistenza di queste illustrazioni complementari. L'autore però non volle dare notizia nemmeno nell'Autotono dell'esistenza dell'edizione barese. Per me fu la prima verifica “sul campo” del comportamento “negazionista” di artisti circa propri lavori, dimostrando così che essi non sono quasi mai affidabili nella ricostruzione filologica di loro percorsi creativi. Ragion per cui nessun catalogo sulle opere di un artista si può considerare completo ed affidabile, anche senza valutare le inadempienze e gli errori di attribuzione del critico d'arte curatore.

Infine mi risulta che il 3 giugno 1965 uscì un supplemento del settimanale “Vie nuove” riccamente illustrato con disegni di Tono circa i quali – dopo un riscontro che mostra due tavole provenienti dall'edizione Laterza – penso di poter affermare essere stati eseguiti insieme alle opere consegnate all'editore barese per la sua edizione della Divina Commedia. Anche di questo gruppo di suggestivi e forse un po' troppo “carichi” e tendenzialmente retorici – comunque bellissimi – disegni non ne venni a conoscenza dall'autore, ma da una compagna comunista con la quale all'epoca avevo una relazione. Non volendo ri-litigare con il Maestro, finsi di ignorare l'esistenza di questa terza edizione dantesca di Tono. Tacqui anche col babbo, un po' conoscendo le tante amarezze procurategli negli anni da quegli editori, un po' non sapendo il perché, ma forse feci bene.

Anche di queste due pubblicazioni dantesche riproduco alcune opere, con la avvertenza che la qualità di quelle da “Vie nuove” è sacrificata dalla stampa a rotocalco e dalla cartaccia di supporto.

F.R. (2, 3 dicembre 2020

giovedì 21 gennaio 2021

Arte Moderna in Italia 1915-1935 - Testi dei Critici, 21. LICISCO MAGAGNATO (NARDI, PIGATO, FARINA, TRENTINI, ZAMBONI, BERALDINI, SEMEGHINI).

 


Post Precedenti:

1. RAFFAELE MONTI ( I ) - 16 giugno 2018
2. IDA CARDELLINI (LORENZO VIANI) - 28  settembre 2018 
3. UMBRO APOLLONIO (NATHAN, BIROLLI) - 19 settembre 2019
4. MARCELLO AZZOLINI (GUERRINI, CHIARINI, VESPIGNANI). 6 ottobre 2019
5/I. FORTUNATO BELLONZI (BOCCHI, D'ANTINO). 12 novembre 2019
5/II. FORTUNATO BELLONZI (MORBIDUCCI, SAETTI). 28 dicembre 2019
6. ALDO BERTINI (CREMONA, MAUGHAM C., PAULUCCI). 22 gennaio 2020.
7. ANNA BOVERO (BOSWELL, CHESSA, GALANTE). 5 febbraio 2020.
8. SILVIO BRANZI (SCOPINICH, BALDESSARI, NOVATI, SPRINGOLO, RAVENNA, KOROMPAY, ZANINI). 23 febbraio 2020.
9. GIOVANNI CARANDENTE (COMINETTI, MARINI). 4 marzo 2020.
10. ITALO CREMONA (REVIGLIONE). 7 maggio 2020.
11. ENRICO CRISPOLTI, I (BALLA, EVOLA, ALIMANDI, BENEDETTA). 2 aprile 2020.
12. ENRICO CRISPOLTI, II (COSTA, DIULGHEROFF, DOTTORI, FILLIA). 6 aprile 2020.
13. ENRICO CRISPOLTI, III (ORIANI, PANNAGGI, PRAMPOLINI, MINO ROSSO), 10 aprile 2020.
14. RAFFAELINO DE GRADA I (BOLDINI, ANDREOTTI). 22 giugno 2020.
15. RAFFAELINO DE GRADA II (BERNASCONI, CARPI, CARENA, FUNI). 6 luglio 2020.
16. ANTONIO DEL GUERCIO (MAZZACURATI, MENZIO, RICCI). 8 agosto 2020
17. TERESA FIORI (INNOCENTI). 1 settembre 2020.
18. CESARE GNUDI (FIORESI, PIZZIRANI, PROTTI). 2 ottobre 2020.
19. VIRGILIO GUZZI (MANCINI, CAVALLI, MONTANARINI, PIRANDELLO). 19 novembre 2020.
20. MARIO LEPORE (DEL BON, LILLONI). 21 dicembre 2020


Questo redazionale sarà diviso in due parti. La prima come di consueto, riguarderà il critico d'arte curatore della Scheda di ogni artista affidatogli e principale esperto interlocutore all'interno della Commissione responsabile dei contenuti della Mostra “Arte Moderna in Italia, 1915-1935”. Anche la seconda parte, come sempre, presenterà i contenuti ed i documenti relativi ad ognuno dei sette pittori affidati a Licisco Magagnato.

Su internet c'è un'esauriente e capillare biografia di Magagnato curata da Claudia Piazza per il Comune di Verona e l'Archivio intitolato al critico vicentino (1921-1987). Però, come avviene in tutte le biografie, anche in questa ci sono lacune e sopra – o sotto – valutazioni. In questo caso noto che è taciuto l'intenso, lungo rapporto professionale intercorso tra Neri Pozza e Magagnato. Personalmente ricordo che dal dopoguerra il critico è stato il collaboratore più vicino all'Editore, una sorta di Direttore editoriale. La cosa spero non sia stata taciuta perché considerata attività in “nero”. Non lo era per il semplice motivo che l'orario lavorativo dei pubblici dipendenti in Italia ha sempre consentito una seconda attività retribuita come consulenza o collaborazione, escludendo soltanto il conflitto d'interessi. Proprio in questa veste di Magagnato – oltre agli “strascichi” politici derivanti dalla Liberazione – sono avvenuti quasi tutti i suoi rapporti con Carlo L. Ragghianti negli anni Cinquanta e Sessanta. In proposito si veda il nostro post del 2 gennaio 2017 e dall'Archivio (in attesa di farne un addendum) le lettere di R. del 6 sett. 1948 e 9 marzo 1952; si vedano inoltre dal cospicuo carteggio tra di loro, le lettere del 29 agosto 1952, del 10 maggio 1963 e del 28 agosto 1966. Qui riporto l'importante lettera del 14 gennaio 1953 scritta in seguito alla morte di Benedetto Croce (argomento sul quale mi auguro di poter fare un intervento articolato) e sulla situazione del PRI, mentre cito soltanto per segnalarne l'esistenza, la lunga lettera del 20 agosto 1976 riguardante le dimissioni di C.L.R. dall'Università e le sue considerazioni riguardanti i propri studi in corso d'opera. Mi piace riprodurre anche la lettera del 26 giugno 1954, nella quale mio padre ricorda all'accademico Fiocco che Licisco si presenta al Concorso di Direttore dei Musei di Verona (che poi otterrà e gli consentirà di far incaricare Carlo Scarpa per la realizzazione museografica del Museo di Castelvecchio – un autentico capolavoro in sé – cui si riferisce la lettera qui riprodotta del 7 ottobre 1982).

Non intendo sminuire la figura di Licisco Magagnato, che conobbi fin dalla prima infanzia, che m'è sempre stato simpatico e che ho rispettato per il suo “eroico” comportamento durante la Resistenza (si veda il romanzo Piccoli Maestri dello scrittore Luigi Meneghello che lo illustra col nome di Franco); però non ho più il tempo per approfondire la sua personalità, che altri – con l'ausilio di questo importante carteggio – potranno fare con profitto per gli studi e la cultura artistica del nostro Paese. Mi sta a cuore ricordare, sia pur per accenni, la intensa, dedita e disinteressata, importante attività politica di

Licisco Magagnato nel PRI di Ugo La Malfa e poi dei suoi successori, nonché con il conterraneo Bruno Visentini fin dai tempi di Pozza editore. Di questo esponente nazionale del PRI e leader veneto, più volte ministro, e che si considerava uno statista, invece debbo ricordare che quale presidente della Olivetti ha contribuito alla sua rovina. Egli privilegiò l'attività meccanica quale i registratori di cassa di nuova concezione anziché puntare sull'informatica dove – nonostante tutto – l'azienda era ancora competitiva. Senza l'intuizione e il coraggio del vero manager V. assecondò la deriva che nel giro di pochi anni declassò la grande azienda esemplare di Adriano Olivetti.

In conclusione riporto da due paginoni da “La Voce repubblicana” del 4-5 maggio 1987 il necrologio nel quale il comune e grande amico di Ragghianti Giuseppe Mazzariol ricorda la “vita per la cultura” di Licisco Magagnato. A questa coinvolgente rievocazione seguirà una esauriente bibliografia dello studioso vicentino.

I sette pittori affidati alla presentazione di Licisco Magagnato orbitano tutti su Verona. La loro importanza nel panorama italiano dell'epoca non è sopravvalutata, giacché in Veneto la presenza di artisti operanti nella prima metà del secolo XX è cospicua numericamente e soddisfacente qualitativamente. Direi casomai che è stata sottovalutata (soprattutto a causa di carenza di documentazione sulla quale valutare e discutere su artisti per lo più dimenticati da decenni) dalla Commissione la qualità e la diffusione di artisti nel meridione d'Italia, fenomeno che mi sembra di avvertire – sia pur in condizione mutate – ancor presente in alcune zone del Paese. Va presa in considerazione anche la composizione del collegio dei critici, di alta qualificazione certamente ma geograficamente centro-settentrionale, dove la presenza dei media era preponderante. D'altro canto le voci autorevoli del Sud all'epoca 15-35 (ma anche 1966) non riuscivano a comunicare col Nord.

Comunque in questo ristretto ambito veronese si constata che non tutti gli artisti sono criticamente rilevanti. C'è il “fuoriclasse” Pio Semeghini; ci sono Pigato, Trentini e Zamboni nei quali si riscontra una certa classe e consonanza tra notorietà e professionalità; c'è Nardi, un maestro riconosciuto ma di cui allora – ed oggi ancora – non è stato facile individuare ed esporre i dipinti più rappresentativi. Dell'autodidatta Guido Farina, interessante, ci si imbatte nella consueta difficoltà di reperire opere pubblicabili. Quanto alla pittura di Beraldini, è nota soprattutto quella eseguita tra le due guerre mondiali, disomogenea. Comunque per tutti questi sei artisti l'apice del giudizio criticamente valido è valutabile prima della seconda guerra mondiale, come per indiretta conferma si può dedurre della loro assenza nell'ampio ed equilibrato Catalogo Arte in Italia 1935-55, dal quale – salvo Pio Semeghini – sono tutti assenti. Per questo motivo, nella consueta panoramica delle Schede della mostra, ci limiteremo a documentare qualche altra loro opera, senza o con sommario commento diverso da quello della scheda.

F.R. (11 dicembre 2020)

martedì 19 gennaio 2021

Tornando al Maineri di Sante Libanori.

Il testo che segue è stato scritto da Carlo L. Ragghianti sotto lo pseudonimo di Sante Libanori per “Musei Ferraresi” (n. 1, 1971, pp. 39-45), su invito del direttore della testata edita dal Centro Di di Firenze.

Il termine tornando nel titolo (che è di R.) si riferisce alla nota “Arte”, 1938, maggio stampata nella rubrica “Notizie e letture” di “La Critica d'Arte” “ (III, 1938, n. 4-6, p. XV) nella quale Ragghianti attribuisce al Maineri due dipinti allora della collezione Reale di Romania.

Questa sintetica nota è riportata nella bibliografia della voce “Maineri” nel Dizionario Bibliografico Treccani, scritta da Federica Veratelli, la quale però ignora il testo del 1971. Mentre nella Bibliografia degli scritti di C.L.R. accade il contrario. Riproduciamo, comunque, entrambi i conributi qui di seguito, prima di una nostra nota appendicolare.

F.R. (20 novembre 2020)

mercoledì 13 gennaio 2021

Convegno Libertà e Società. Criterio, 1.

Dei seguenti Atti del “Convegno Libertà e Società” è stata postata in precedenza la sezione che riguarda Franco Ferrarotti (v. 19 novembre 2019). Ciò nonostante i testi relativi sono qui riprodotti, per non alterarne lo svolgimento effettivo.

Questi Atti sono importanti perché rappresentano uno spaccato e, al contempo, un punto fermo del pensiero e dell'impegno della intera sinistra democratica (marxisti socialisti compresi).

A fine 1957 il centro sinistra riformista era diviso tanto quanto lo è oggi, però allora era per lo più animato da impulsi costruttivi, era fieramente attivo per incidere nella società italiana nell'intento di effettuare quelle riforme indispensabili per il Paese e ancorarlo alla più avanzata modernità occidentale.

L'intento, sia pur con lentezza eccessiva, in parte riuscì; tant'è vero che fino al fondamentale Statuto dei Lavoratori e alla Scuola media unica e alla Sanità pubblica e al divorzio per tutti, l'Italia progredì civilmente e socialmente in modo significativo. E' anche vero che negli ultimi venticinque anni il “fidanzamento” tra criminalità organizzata e rappresentanti politici ha prodotto una quasi unanime imbelle, corrotta classe politica la quale è direzionata a smantellare buona parte (e non marginale) di quelle non facili riforme.

L'importanza di questo convegno di sessantaquattro anni fa è attuale come si può agevolmente verificare leggendo le proposte e le indicazioni politiche e sociali espresse dagli illustri convegnisti.

Il contenuto di questi Atti è utile richiamo all' “ordine” delle esigenze primarie della democrazia per coloro che oggi sono politicamente già formati. E' da leggere e da meditare per i giovani che vogliono recuperare gli scopi dell'intervenire, del fare politica (che non è quello di malversare, di farsi corrompere, di rubare; caso mai l'esatto contrario).

Gli Atti del convegno rappresentano una fonte di ispirazione e di informazione anche soltanto recuperando la memoria di quegli studiosi, insegnanti, politici che con l'esempio delle loro idee e del loro operato dimostrano che l'attuale tendenza disfattiva della classe politica può essere modificata, invertita. In altri termini si possono creare nuove formazioni, oppure “scalare” dall'interno quelle esistenti, e...svelare e rigettare subito gli avventurieri per quanto brillanti possano sembrare.

D'altro canto la quasi totalità dei convegnisti del 1957 così fecero al loro tempo riuscendo – dopo clandestinità e Resistenza – a far crollare il fascismo, a tenerne i rimasugli al guinzaglio (nonostante attentati e stragi) per circa quarant'anni. Lottando e vigilando sempre, però, contro l'immonda Idra dalle tante teste malvagie e rinascenti. Con alti e bassi forse, ma i giovani dovranno riuscire a preservare i fondamenti della Libertà in Italia e in Europa.

F.R. (6 dicembre 2020)



sabato 9 gennaio 2021

Donato Bramante.

Licia Collobi pubblicò nel 1961 su “Critica d'Arte” (n.48, nov.-dic., pp.12-31) il saggio Nuovi studi sul Bramante, nel quale recensisce criticamente il ponderoso, complesso ed importante studio di Otto H. Forster (Bramante, 1956) e la successiva ricerca di Renato Bonelli Da Bramante a Michelangelo, profilo dell'architettura del Cinquecento (1960). Questo libro del Bonelli, studioso nei confronti del quale Carlo L. Ragghianti aveva per alcuni anni riposto aspettative poi andate deluse, oltre che sul piano metodologico anche e, forse, soprattutto sul piano dell'eticità nella vita accademica e nella ricerca scientifica, è limitato alla sola attività romana di Bramante dal 1480 al 1550 circa.

In conclusione: mentre per il Bonelli l'eredità fiorentina nell'ambito dell'architettura indagata “viene indicata come il solo valido elemento per il futuro”, per quanto riguarda il Forster la lezione del Bramante non è soltanto come per il Bonelli “tale per un momento storico della vicenda dell'arte” ma “ne è invece una premessa universale, base per tutti e per sempre”.

In precedenza su “SeleArte” (n.51, mag.-giu. 1961, pp.2-14) la studiosa triestina aveva pubblicato una prima stesura del suo scritto sull'opera del Forster, sottolineandone i contenuti innovativi.

In un primo momento avevo pensato di riprodurre soltanto lo studio in “Critica d'Arte” per due motivi: il primo è il fatto che la ricerca in “SeleArte” non conteneva riferimenti alle tesi del Bonelli; il secondo motivo riguarda la diffusione tra le due riviste che all'epoca era di 1 esemplare di “Critica d'Arte” a fronte di 15 di “SeleArte”. Quindi le tesi di Otto H. Forster (che è anche l'estensore della “voce” di Bramante nell'Enciclopedia Universale dell'Arte, 1958) hanno avuto una circolazione cui non necessitava una ripetizione della sostanza del contenuto. Riprendendo, in vista della postazione nel blog, il materiale mi si è imposta la considerazione che – invece – è maggiormente opportuno riprodurre entrambe le ricerche di Licia C. su Bramante. Siccome si è scritto tanto del linguaggio divulgativo (in specifica accezione) di “SeleArte” potrà risultare interessante verificare le differenti modalità su documenti affini tramite un esempio. Da “SeleArte” riproduco soltanto il testo, giacché le illustrazioni sono le stesse di “Critica d'Arte”.

Nel volume di Forster, che Licia Collobi trattenne in casa tra i pochi non inviati alla Fondazione di Lucca perché necessari ai propri studi, ho rinvenuto una pagina 



manoscritta inserita nel testo a stampa. Si tratta di una traduzione e riassunto del testo del Forster eseguita dalla studiosa triestina per agevolare una ricerca del coniuge Carlo L. Ragghianti. Perciò riproduco questo foglio quale esempio superstite delle tante traduzioni dal tedesco (che sono spesso anche riassunti), intercorse tra i miei genitori.

Dopo una ricerchina mirata, noto che nelle fonti collegate a Bramante sono ignorate, anche il Bibliografia, non soltanto l'opera di riferimento ineludibile di Forster ma anche lo studio del Benelli. Devo poi constatare come assenza – purtroppo “ovvia” stante la faziosità di cerca critica – anche le ricerche ed i contributi di Licia Collobi Ragghianti.

Allego, infine, due documenti: il primo dei quali piuttosto insolito consistente nel facsimile di scrittura e di contenuto di un sonetto manoscritto del Bramante, insieme alla riproduzione a stampa dei quattro sonetti di questo architetto e pittore colto, come altri grandi artisti del suo tempo. L'altro documento – tratto da Il libro de' disegni del Vasari ricostruito negli anni Settanta del Novecento da Licia Collobi – riproduce i disegni collezionati da Vasari come esemplari del maestro e collega Bramante.

F.R. (26 novembre 2020)

venerdì 1 gennaio 2021

E il peggio deve ancora venire.

 

Cristiano senza chiesa, socialista

senza partito”, s'era definito

Ignazio Silone, antifascista.

Atipico crociano, accetto il mito


dell'uomo Gesù, etico apripista;

rifiuto poi il fantasma marxista

leninista di proletario, rito

truce che offusca del vero la vista.


Nel falsificato, cupo universo

umano attuale non c'è speranza

né utopica redenzione verso


un mondo reale di fratellanza;

di libertà – dentro e fuori – s'è perso

il diritto, così per l'uguaglianza.


F.R. (28 novembre 2020)