Carlo e Licia

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mercoledì 4 marzo 2020

Arte Moderna in Italia 1915-1935 - Testi dei Critici, 9. GIOVANNI CARANDENTE. (COMINETTI, MARINI).



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1. RAFFAELE MONTI ( I ) - 16 giugno 2018
2. IDA CARDELLINI (LORENZO VIANI) - 28  settembre 2018 
3. UMBRO APOLLONIO (NATHAN, BIROLLI) - 19 settembre 2019
4. MARCELLO AZZOLINI (GUERRINI, CHIARINI, VESPIGNANI). 6 ottobre 2019
5/I. FORTUNATO BELLONZI (BOCCHI, D'ANTINO). 12 novembre 2019
5/II. FORTUNATO BELLONZI (MORBIDUCCI, SAETTI). 28 dicembre 2019
6. ALDO BERTINI (CREMONA, MAUGHAM C., PAULUCCI). 22 gennaio 2020.
7. ANNA BOVERO (BOSWELL, CHESSA, GALANTE). 5 febbraio 2020.
8. SILVIO BRANZI (SCOPINICH, BALDESSARI, NOVATI, SPRINGOLO, RAVENNA, KOROMPAY, ZANINI). 23 febbraio 2020.


Di Giovanni Carandente (1920-2009), critico, collezionista e storico dell'arte, non ho granché da dire, anche perché nella testimonianza, che riportiamo, oltre a ricordare Ragghianti egli parla molto di sé con riferimenti biografici esaurienti. Questo ricordo intitolato Quella grande apertura mentale, si ha a Roma nella Sala dei gruppi parlamentari il 27 gennaio 1988 come commemorazione ufficiale di Carlo L. Ragghianti, voluta e organizzata da Bruno Zevi.
Personaggio di esuberante comunicatività, anche divertente per certe sue carenze di origine sociale (tali da suscitare un'aneddotica anche sapida degna di noti battutisti quali Mazzacurati e Maccari) ebbe una fittissima rete di contatti con artisti di primo piano, soprattutto scultori. Socialmente, essendo privo di discendenti diretti e consapevole dell'unicità di certe sue scelte collezionistiche, donò la sua intera raccolta ed una notevole ed importante biblioteca d'arte contemporanea alla città di Spoleto della quale – anche tramite il Festival dei due Mondi ideato da Menotti – è stato un importante promotore culturale dal 1961 alla morte avvenuta or sono dieci anni.
Non si può non ricordare il suo rapporto culturale con il grande Alexander Calder, di cui portò nel nostro paese alcuni mirabili mobiles, ammirati e studiati da Ragghianti. Alla mostra Arte Moderna in Italia 1915-1935, Carandente collaborò con impegno, ben al di là delle due schede di artisti assegnate alla sua curatela. Partecipò


praticamente a tutte le riunioni del Comitato esecutivo, talvolta piuttosto agitate, soprattutto quando si trattava dell'esclusione di artisti. Fu anche utile il suo apporto al reperimento di opere scelte di cui si era persa la traccia, nonché nel convincere al prestito alcuni collezionisti perplessi o reattivi all'esposizione.
F.R. (11 dicembre 2019)





Giuseppe Cominetti (1882-1930) aveva nel 1966 poca bibliografia e tale essa è tuttora: tra l'esistente, gli scritti di Giovanni Carandente giustificano l'assegnazione della scheda 1915-1925 a lui. Anche le opere in mostra sono certamente tra le più espressive della peculiarità di questo pittore “divisionista” defunto quasi cinquantenne.
Artista piemontese, Cominetti è assente tra le 770 riproduzioni di dipinti del Catalogo – 1968 – del Museo Civico di Torino/Galleria d'Arte Moderna. Il nome di Cominetti non si trova neppure nel regesto dei pittori ivi presenti con almeno un'opera.
Trovo sorprendente questa lacuna, mi auguro colmata nei cinquanta anni trascorsi, riguardante un artista altamente considerato da Boccioni e, per di più, membro di una nobile famiglia di Salasco.
Nel 1983 su Cominetti Gianfranco Bruno ha pubblicato una monografia dalla quale ricavo la seguente sintetica e pertinente analisi:
Volontario sul fronte francese nella guerra 1914.1918, l'artista ebbe l'incarico du illustrarla e di scriverne corrispondenze, che oggi diremmo embedded.
Successivamente, pur rimanendo ancorato al Simbolismo e al Divisionismo, Cominetti ha adesioni a temi futuristi collegati alle aspettative del progresso e della meccanizzazione, che nel concreto produssero il “taylorismo” e l'alienazione frenetica espressa magistralmente da Charlie Chaplin in Tempi moderni.
F.R. (8 dicembre 2019)




In questa scheda riprodurremo gran parte degli scritti appositamente su Marini (1901-1980) da Carlo L. Ragghianti i cui ulteriori interventi e valutazioni saranno oggetto di apposito/i post, come – ad es. – Incontro con Marino che sarà pubblicato subito dopo il presente intervento.
Marini fu un artista apprezzato fin dagli esordi come uno dei più significativi scultori del secolo. C.L. Ragghianti a 27 anni, nel 1937, su “La Critica d'Arte” (a. II, n. 2, f. VIII, aprile, pp. XV-XVI) gli dedica due pagine dense ed illuminanti. Nel 1939, sempre su “La Crtica d'Arte” (a. IV, n. 2-a, f. XX-XXII, aprile-dicembre, pp. XXI-XXIII) nello scritto Arte moderna italiana si occupa prevalentemente di Marini, cui dedica le due illustrazioni, concludendo “si sia avverato in tal forma, e con tale altezza, da rendere ormai certo anche chi non ne fosse stato fin' allora convinto, dell'assoluto valore artistico di Marini”. Dopo dieci illustrazioni documentarie, sempre di C.L. Ragghianti e da “Critica d'Arte” (a. V, n.1, f. XXIII, gennaio-marzo 1940, pp. 102-103 con 4 illustrazioni) il saggio recensorio de La terza Quadriennale, tratta di Marini osservando che: “un governo così sicuri del fare, dovevano bene, negli ultimi tempi finire per risolvere in un assestamento autonomo, spontaneo di stile l'insaziabile affetto per la singolarità delle cose, e la sua alta e spiegata sensualità”. La scheda della Mostra-Catalogo Arte in Italia 1935-1955, dovuta a Pier Carlo Santini, introduce la produzione successiva di Marini, la quale si svolgerà fino alla sua morte mantenendolo costantemente ai vertici della rivelazione visiva del Novecento.
Nel dopoguerra R. scrive un breve commento su Marino nel n. 1 di “seleArte” (lug.-ago. 1952, pp. 48, 49) in occasione della XXVI Biennale di Venezia, qui riprodotto assieme all'altro intervento sulla rivista (n. 77-78, gen.-giu. 1966, pp. 107, 110) che cessava la pubblicazione dopo quattordici anni. Segue un'altra sequenza visiva conclusa dalla riproduzione di alcuni disegni e gouaches.
Le vicende personali tra Marini e Ragghianti sono state più volte anche intense, specialmente quando R. ha tentato di coinvolgere l'artista nella realizzazione di un polo artistico internazionale centrato su Firenze, non escludendo altre città toscane. Queste vicende sia individuali che complessive sono già state in parte indagate. Comunque non mi pare il caso di parlarne in questa sede. Posso dire soltanto una mia impressione non troppo peregrina: cioè che Marino rimaneva convinto e aderente a certi progetti di R. (Villa Il Cavaliere a Boboli, ad es. o Museo Marini però poi realizzato in concreto da altri). Successivamente quasi sistematicamente – con molto suo imbarazzo, tanto da rendersi spesso irreperibile – cambiava opinione e si sottraeva agli impegni. La mia impressione è che l'artista fosse nelle faccende pratiche condizionato oltre misura dalla consorte, la quale manifestava verso Ragghianti una antipatia al di là di quanto consentito nei convenevoli sociali. Una tipica situazione umorale disgiunta da specificità.

F.R. (20 gennaio 2020)

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