Carlo e Licia

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giovedì 30 gennaio 2020

Montale tentato dall'espatrio, 1947.

La lettera del 22 agosto 1947 che Eugenio Montale indirizza a C.L. Ragghianti mi sembra significativa riguardo ad una caratteristica costitutiva del Maestro, persona – per altro – viziata dalle ricadute della altrui ammirazione per la sua creatività, vale a dire una pervasiva sorta di “ordinario” pessimismo, congiunto ad un egoismo non mortificato dalla costruzione etica di sé stessi.
La “sacralità” dell'artista non è invenzione del P.C.I., che però ne fece largo uso per fidelizzare i tanti artisti via via attratti nella propria orbita. Tutto sommato, tuttavia, la notizia più interessante e certo poco nota o notata della missiva deriva dalla constatazione del tentato espatrio. Non certo “eroico” come quello di Ugo Foscolo (o di Mazzini) in Inghilterra, essendo dettato dal precariato di “lusso” del Maestro (la cui moglie era abbiente), non da fame e persecuzione politica come quella dei patrioti risorgimentali.
L'accenno a Francesco Flora si riferisce alle sue dimissioni ministeriali da Direttore Generale delle Relazioni Culturali con l'Estero. Ciò, insieme alla pressoché immediata cessazione del sussidio per difficoltà economiche, faceva tramontare la possibilità di far ottenere a Montale l'opportunità di divenire addetto culturale (a Parigi possibilmente) di Ambasciata o di accedere per quella via alle cariche direttive dell'UNESCO in consolidamento. In proposito si veda il n/s post del 1 agosto 2017, con una lettera del 1948 di Montale a Ragghianti.
Questo breve post potrà sembrare un po' severo o dissacrante. Voglio però, storicizzando, ricordare che dopo la guerra – salvo pochi privilegiati o profittatori – la vita era “grama” per tutti. Tanto per rievocare, la famiglia Ragghianti viveva del cespite certo dello stipendio della moglie Licia Collobi, neo assunta stabilmente nella Amministrazione delle BB.AA. (stipendi da fame anche allora!). Carlo L. Ragghianti precario assoluto, 

viveva tra ¾ di attività gratuita altamente qualificata e ¼ di professione precaria di conoscitore d'arte. Figli tre, tutti di statura sotto i 115 cm.
Concludo con una nota di riconoscenza per la chiusa della lettera: Montale, perfino lui, in famiglia doveva subire recriminazioni circa le attività immediatamente non retributive quali la pittura (dalla Mosca evidentemente considerata dispersiva) in luogo di altre attività immediatamente redditizie.
Forse si può azzardare che l'originalità di M. scaturisce anche da questi contrasti e dalle contraddizioni della propria esistenza.
F.R. (23 novembre 2019)

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