Carlo e Licia

Carlo e Licia

Archivio

Cerca nel blog

lunedì 31 gennaio 2022

Ci specchiamo nei fumetti - Appendice: Fumetti agli Uffizi

Certamente Carlo L. Ragghianti, mio padre, non era entusiasta dei fumetti, che certamente conosceva per via della loro larga diffusione all'epoca della sua infanzia. Ricordo, ancora una volta, per esempio la collezione di annate rilegate del "Corriere dei Piccoli" di "zio" Cesare Gnudi, che lessi e scorsi quasi continuativamente durante una permanenza a Bologna prima del 1950. Per vero si trattava di un collocamento disperato di mia madre presso gli Gnudi, di Rosetta a Napoli dalla zia Rachele, di Giacomo presso la "zia" Nora Levi e i Pecorella (che abitavano in via Landino a Firenze, cioè a 50 metri da casa nostra) di giorno perché troppo piccolo per gli spostamenti.

Questa situazione, avvenuta con varianti, due o tre volte prima del 1950, fu conseguenza di crisi polmonari gravi della mamma (complicate da esaurimento per surmenage) con febbre e indisponibilità di gestire la famiglia in quello stato, stante la permanente assenza del marito in quegli anni sopraffatto da lavoro scientifico e attività culturali con conseguenza di continui impegni sociali e viaggi. L'assistenza domestica era carente, quando non peggio (come con il gigantesco maresciallo dei Carabinieri Cipollone alla caccia della ladra delle poche gioie di mia madre, sottratte ma recuperate) fino all'incontro con Maria Landi nel 1954. Di quegli anni 1945-1952, paradossalmente, la migliore collaboratrice domestica fu la moglie di un sadico brigatista nero romano assassino condannato a morte, poi tramutata – dal solito Togliatti – in ergastolo italico. Questo aspetto di cronaca familiare però penso di affrontarlo in futuro.

Tornando "a bomba" come si diceva giocando per strada a Firenze subito dopo la guerra, Carlo L. Ragghianti

conosceva i fumetti e già li aveva analizzati come fenomeno visivo a suo modo stantio, accademico, quando mi rimproverava per la lettura assidua di "Topolino" e via peggiorando, perché – mi diceva – i fumetti sono regressivi letterariamente, diseducativi visivamente.

Ripropongo questo contributo, pubblicato su "Luk" (n.4-5, 2004), anche perché si tratta di uno dei pochissimi scritti pubblicati con il mio cognome. Non si stia però a pensare che gli altri miei scritti anonimi (perché redazionali) o firmati con pseudonimi siano tanti. Per di più nei dieci anni di impiego redazionale in Vallecchi (1971-1980), io e i miei colleghi non potemmo scrivere niente (salvo le benemerite eccezioni per diretto incarico del Direttore Editoriale, Pampaloni soprattutto). Questa incredibile situazione dipese da un inamovibile capo redattore, sedicente dottore in lettere, incapace di scrivere alcunché. Però interveniva con sue lunari migliorie sui testi degli autori, con danni anche gravi economicamente per l'Azienda. Porto un esempio: per via di interventi fantasiosi di costui l'instant book di mio padre Università in prima linea (Vallecchi, 1968) fu in prima tiratura ritirato dalla distribuzione e poi mandato al macero e quindi ristampato dopo aver tolto le farneticazioni di costui. Naturalmente andò perduto l'effetto di immediato intervento sul dibattito – furibondo – in corso nelle Università nel 1968.

Parenteticamente nel mio percorso editoriale ho svolto, soprattutto nei due momenti di disoccupazione (tabellarmente 8 anni complessivi) diversi incarichi di "negro", anche soddisfacenti al di là dell'aspetto pecuniario, che non posso – e non voglio – rivelare, stanti i contratti di riservatezza firmati.

F.R. (19 dicembre 2021)





Appendice: Fumetti agli Uffizi


 

In un primo tempo intendevo commentare criticamente l'"evento" che ha immesso nella Raccolta degli Autoritratti degli Uffizi (unica al mondo e di universale prestigio) cinquanta autofigurazioni di altrettanti autori di fumetti (voglio presumere, perché l'elenco non sembra composto di noti Michelangioli e nemmeno di Vasari, che essi tutti siano disegnatori, con l'esclusione di sceneggiatori e altri 

preziosi collaboratori). Subito dopo ho pensato che per un siffatto caso fosse sufficiente ed eloquente riportare un comunicato stampa e dichiarazioni del pernicioso Ministro e del suo fiduciario teutonico, distintosi l'anno passato per aver ospitato in pompa magna nella Galleria degli Uffizi niente meno che "la celebre imprenditrice digitale" Chiara Ferragni. 

Lascia sconcertati il fatto che tutto ciò sia avvenuto, sia pur con modesta accoglienza mediatica non particolarmente qualificata, ma – e ciò è sorprendente – come mi sembra nel silenzio accademico e dei funzionari BB.AA. e nella mancanza di reazioni di artisti noti già inclusi nella famosa "Collezione" o legittimamente speranzosi di esserlo in quanto artisti figurativi di rinomanza e di riconoscimento critico accertati, storicizzati persino.

Se il "giudice", il termine di paragone unico o di gran lunga preponderante diviene il denaro, nei Musei e nelle Raccolte pubbliche si verifica un fenomeno che, quando non si manifesta come suicidio, lo è per eutanasia. Così come si è già verificato soprattutto nello Sport nell'ambito del quale intere discipline come Ippica e Pugilato sono declassate e nell'orlo dell'estinzione. Ciò è accaduto e accade perché alle regole si è anteposto e sovrapposto il privilegio e l'arbitrio. E' bene precisare che, pur condividendo le osservazioni di C.L. Ragghianti, personalmente non ho nessuna preclusione preconcetta nei confronti dei fumetti (o meglio: di alcuni fumetti) che ho letto e – se capita oggi – leggo anche volentieri.

Non so né da chi, né quando, la pratica del fumetto o cartoon sia stata denominata "nona arte figurativa" compiendo una classificazione, che fu a lungo ignorata - per es. anche per il Cinema, prima di riconoscergli la qualifica di "arte figurativa". Quindi, ricordando come nel cinema non tutti i registi sono e sono stati considerati dalla critica artisti, e di conseguenza chi non viene definito in tal modo – anche se autore di successo e di solida qualità – viene considerato e definito artigiano.

Termine usato nell'accezione di artigiano artistico, cioè contenente inventiva, perizia, fedeltà e interpretazioni di pratiche antiche.

Ne consegue che sicuramente una notevole parte di questi cartoonist sono soltanto “degli artigiani”. Anche coloro, come avviene nel cinema possono essere celebri (vedi, ad es., Cinepanettoni, ecc.) pur fornendo prodotti artisticamente marginali e perfino privi di ogni qualità estetica.

In conclusione: trovo eccessivo, diseducativo, forse cinico (tanto ci sono i “magazzini” anche agli Uffizi) infornare 50 operatori di qualità espressiva estremamente variegata, dall'elementarietà alla perizia “accademica”, dalla volgarità alle raffinatezze del tratto. Inoltre non si è mai verificato in passato, e non dovrebbe più verificarsi, che in una Raccolta esemplare, unica, di qualità mediamente straordinaria, come quella degli Uffizi di Firenze, si includano tanti contemporanei, tra i quali troppi sono “artisti” mediocri, forse addirittura “artigiani” mediocri. Ricordando ancora che non è il successo il parametro con il quale si giustifica la qualità di un artista. A proposito di qualità espressiva, noto che nell'elenco dei 50 fumettisti i cui autoritratto – richiesto per l'occasione – è stato acquisito dalla Raccolta degli autoritratti degli Uffizi a Firenze, mancano almeno due autentici artisti, seppur diversissimi tra loro, quali Stefano Ricci, che ho conosciuto tramite un libro donatomi da Marco Scotini, e Zero Calcare, del quale non credo proprio ci sia bisogno di dare ulteriori informazioni. 

Suggerimento (paradossale?): propongo di chiamare “decima arte figurativa” il disegno infantile. Lì sì che si trovano perle di originalità unica.

F.R. (29 dicembre 2021)

Nessun commento:

Posta un commento