Carlo e Licia

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giovedì 30 aprile 2020

Arte italiana al 1960, 4. Arti decorative e industriali (design).

Riguardo il contenuto di questa quarta postazione – “Arti decorative e industriali” – va ricordato che essa è preceduta dalla traduzione integrale in tedesco del saggio di Carlo L. Ragghianti, anziché dal “riassunto” tradotto come nelle due precedenti uscite in francese e poi in inglese. Ciò si è verificato perché per alcuni anni la soc. Olivetti (editrice di “seleArte”) promosse la diffusione specialmene in Germania.
Da notare che soltanto con l'occhio odierno la presente documentazione delle opere di “Arte decorativa e industriale”, per definirle in modo tradizionale, o di “Design”, come è invalso anche nell'uso comune, può apparire meno ampia delle precedenti pittura, scultura, architettura.
Storicizzando occorre tener presente che l'attenzione specifica alla forma degli oggetti nel 1960 era, al di fuori degli operatori, assai meno considerata sul piano della loro definizione artistica.

Ciò in analogia, per altro, con la relativa marginalità dell'indagine critica circa mobili, orificerie, porcellane ecc. antiche e ottocentesche. (Ricordo a proposito che la Mostra “La Casa italiana nei secoli”, impostata criticamente, fu una straordinaria proposta di storia del Design: si vedano nel blog i post del 21 novembre 2017 e del 23 dicembre 2017, nonché quello del 16 gennaio 2018 su “La sedia italiana nei secoli). Infine anche tra i produttori industriali e artigianali negli anni '50 l'attenzione alla forma dell'oggetto non era così pervasiva come lo è stata successivamente e lo è tuttora. Infatti la consapevolezza dell'importanza qualificante della forma nella funzionalità dell'oggetto progettato era meno diffusa e valutata di quanto lo sia stata in seguito proprio grazie agli studi e alle valutazioni dei critici d'arte al tempo decisamente pionieristici. E' fuor di dubbio che fra di essi si deve annoverare Carlo L. Ragghianti, il quale fin dalle sue iniziali riflessioni critiche sull'architettura ha inteso il “Design” come elemento costitutivo del complesso metodologico che stava elaborando negli anni Trenta anche tramite l'amicale “dialogo” con Persico e Pagano. Non si scordi poi la costante attenzione e gli studi su Bruno Munari (si veda anche nel blog il post del 4 maggio 2018) e Enzo Mari. Comunque su questo argomento e su questi architetti e designers seguiranno altri post con testi di C. L. Ragghianti.
In “seleArte” l'attenzione rivolta dai coniugi Ragghianti alla qualità del “design” contemporaneo fu infatti sempre 

attenta vuoi alla forma “artistica” degli oggetti d'uso, vuoi mobili ecc. Inoltre, vagliando le documentazioni ricevute o acquisite per l'uso redazionale, anche i collaboratori operativi di “seleArte” furono convinti dell'importanza, dell'originalità dello sviluppo del “design” contemporaneo.
Tanto che Pier Carlo Santini, il quale esordì (1952) come primo redattore della pubblicazione, dalla metà degli anni Sessanta a Milano fu considerato unanimemente un esperto ed uno studioso apicale, soprattutto sotto gli aspetti collegati con l'architettura. Anche Lara Vinca Masini, la mia prima “aia”, il primo confronto intellettuale estraneo alla famiglia, di formazione letteraria e allieva di De Robertis, collaboratrice di C.L.R. per la redazione di “Criterio” (1957-1958), esordì nella critica artistica scrivendo di “design”. Collaborando con Maria Luigia Guaita, curò una rubrica pionieristica di “design” su di un settimanale concorrente de “L'Espresso” – persino nel formato a lenzuolo – di cui mi sfugge il nome.
Concludendo, per la focalizzazione ulteriore del ruolo del “design” nel Novecento interpretato da artisti e architetti definiti “designers”, propongo la seguente citazione da Arte come mestiere di Bruno Munari:

F.R. (22 marzo 2020)


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