Carlo e Licia

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lunedì 27 aprile 2020

I due pseudo-Marini di Raffaele Monti.

Ritengo opportuno, ricordando un personaggio come Raffaele Monti (1933-2008) che egli è stato una persona piena di contraddizioni, le quali si manifestavano con momenti di entusiasmo – anche eccessivi – o con depressioni e pentimenti talmente estremizzati da divenire – talvolta – un po' grotteschi, caricaturali quasi. Il tutto frammisto di cocenti verità nonché di menzogne spudorate e vissuto con apparente compatta adesione, tanto più convinta quanto più discordante. Sia chiaro, comunque, una cosa: Monti non era una persona mentalmente disturbata, clinicamente malata. La sua intelligenza, assolutamente al di sopra della media, riusciva a far funzionare il suo complesso – e chissà quanto faticoso – modo di vivere fornendogli volta volta una via di scampo (talvolta molto soggettiva e a scapito di altri) che gli ha consentito di rimanere a galla fino alla morte senza aver patito particolari sacrifici reali.
A proposito del curioso episodio che segue, mi sento di dire che in un certo senso è emblematico del procedere di Monti di fronte a un problema. Tra il 1960 e il 1963 (mi si perdoni l'approssimazione mnemonica) Lele, che imitava i longhiani nel bazzicare i mercatini di cianfrusaglie, anche artistiche, raccontava che individuò, e acquistò, due sculture di terracotta rappresentanti due personaggi in divisa. Entusiasta, li associò a Marino Marini. Quindi cominciò a cercare fonti e conferme a suffragio della sua ipotesi. Dopo un paio d'anni questo argomento scomparve dalle sue sostenute esternazioni abituali, sostituito da altre trouvailles e altre passioni estemporanee quale, ad esempio, l'eccitazione per il romanzetto Emanuelle, più che pruriginoso francamente osceno.
Dopo la chiusura della storica Mostra Arte Moderna in Italia 1915-1935, ci fu restituito il materiale, prevalentemente fotografico, prestato dalla Fototeca di mio padre, che allora ancora curavo, sia pure in modo informale e soprattutto per mia formazione visiva. Naturalmente per l'indifferenza burocratica della Azienda Autonoma di Turismo ricevemmo alcune scatole di materiali organizzativi della Mostra e della Segreteria Generale, di cui Monti era stato il responsabile. Fatto presente che questo in più ci fu detto di tenerlo pure perché non interessava la loro organizzazione. Una gran parte di queste carte (quelle assicurative e amministrative) finì negli uffici 
de La Strozzina. Successivamente, quando la vera e propria Strozzina fu soppressa (essendo ancora chiusa la sede espositiva dopo oltre dieci anni dall'Alluvione di Firenze), precipitosamente tutti i beni dell'Associazione furono consegnati all'Università Internazionale dell'Arte di Firenze, sita ancora in villa Tornabuoni, di fronte al C.T.O. di Careggi.
Fui interpellato come “esperto” anche per darmi un incarico mentre soffrivo la mia seconda disoccupazione lavorativa, conseguente al dissesto definitivo della Vallecchi, passata dalla Montedison alla gestione del faccendiere Bevilacqua e successivi maneggioni sempre democristiani. Dovevo quindi discernere tra le carte amministrative ciò che era conservabile da ciò che doveva essere distrutto. Anche in questo caso la burocrazia impiegatizia tendeva a liberarsi dell'onere eventuale. Naturalmente non aderii a questa richiesta e riuscii a far conservare quelle carte all'Università, la quale poco dopo cambiò sede e li trasferì nel sottotetto di Villa il Ventaglio. Per l'Archivio di mio padre recuperai quanto (poco) sopravvissuto della gestione Strozzina e quanto potenzialmente direttamente integrabile alla Fototeca, cui io volevo unire opuscoli, recensioni, ritagli, e l' Archivistica in una sola gestione fisica. Tra le molte carte saltò fuori anche una busta bianca con le sei fotografie dei due busti che Lele Monti pretendeva essere opera di Marino Marini. Allegata c'era anche una lettera di Franco Russoli che comunicava la ripulsa del Maestro, il quale proponeva per le due opere una ricerca nell'ambiente fiorentino da Quinto Martini a Oscar Gallo e vicinanze.
Ritrovato oggi questo materiale, lo riproduco integralmente qui di seguito.
Ciò che non so e che, forse, rimarrà un piccolo mistero è l'ubicazione delle due sculture di terracotta, sia che fossero ancora di proprietà di Lele Monti (e ora di qualche erede?) sia che egli le abbia cedute ad altri. Interessante e di qualche importanza sarebbe il fatto di sapere se dopo il 1966 i due militi abbiano trovato un autore attendibile sia a coronamento di ricerche di Lele, che di attribuzione da parte di altro studioso dell'argomento.
Interrogativi leciti, anche perché se gli entusiasmi iniziali di Monti erano eccessivi, le due sculture qualche pregio lo mostrano, di modo che possono aspirare ad avere un autore certo.
F.R. (19 gennaio 2020)




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