Ritengo
opportuno, ricordando un personaggio come Raffaele Monti (1933-2008)
che egli è stato una persona piena di contraddizioni, le quali si
manifestavano con momenti di entusiasmo – anche eccessivi – o con
depressioni e pentimenti talmente estremizzati da divenire –
talvolta – un po' grotteschi, caricaturali quasi. Il tutto
frammisto di cocenti verità nonché di menzogne spudorate e vissuto
con apparente compatta adesione, tanto più convinta quanto più
discordante. Sia chiaro, comunque, una cosa: Monti non era una
persona mentalmente disturbata, clinicamente malata. La sua
intelligenza, assolutamente al di sopra della media, riusciva a far
funzionare il suo complesso – e chissà quanto faticoso – modo di
vivere fornendogli volta volta una via di scampo (talvolta molto
soggettiva e a scapito di altri) che gli ha consentito di rimanere a
galla fino alla morte senza aver patito particolari sacrifici reali.
A
proposito del curioso episodio che segue, mi sento di dire che in un
certo senso è emblematico del procedere di Monti di fronte a un
problema. Tra il 1960 e il 1963 (mi si perdoni l'approssimazione
mnemonica) Lele, che imitava i longhiani nel bazzicare i mercatini di
cianfrusaglie, anche artistiche, raccontava che individuò, e
acquistò, due sculture di terracotta rappresentanti due personaggi
in divisa. Entusiasta, li associò a Marino Marini. Quindi cominciò
a cercare fonti e conferme a suffragio della sua ipotesi. Dopo un
paio d'anni questo argomento scomparve dalle sue sostenute
esternazioni abituali, sostituito da altre trouvailles e altre
passioni estemporanee quale, ad esempio, l'eccitazione per il
romanzetto Emanuelle, più che pruriginoso francamente osceno.
Dopo
la chiusura della storica Mostra Arte Moderna in Italia
1915-1935, ci fu restituito il
materiale, prevalentemente fotografico, prestato dalla Fototeca di
mio padre, che allora ancora curavo, sia pure in modo informale e
soprattutto per mia formazione visiva. Naturalmente per
l'indifferenza burocratica della Azienda Autonoma di Turismo
ricevemmo alcune scatole di materiali organizzativi della Mostra e
della Segreteria Generale, di cui Monti era stato il responsabile.
Fatto presente che questo in più ci
fu detto di tenerlo pure perché non interessava la loro
organizzazione. Una gran parte di queste carte (quelle assicurative e amministrative) finì negli uffici
de La Strozzina. Successivamente, quando la vera e
propria Strozzina fu soppressa (essendo ancora chiusa la sede
espositiva dopo oltre dieci anni dall'Alluvione di Firenze),
precipitosamente tutti i beni dell'Associazione furono consegnati
all'Università Internazionale dell'Arte di Firenze, sita ancora in
villa Tornabuoni, di fronte al C.T.O. di Careggi.
Fui
interpellato come “esperto” anche per darmi un incarico mentre
soffrivo la mia seconda disoccupazione lavorativa, conseguente al
dissesto definitivo della Vallecchi, passata dalla Montedison alla
gestione del faccendiere Bevilacqua e successivi maneggioni sempre
democristiani. Dovevo quindi discernere tra le carte amministrative
ciò che era conservabile da ciò che doveva essere distrutto. Anche
in questo caso la burocrazia impiegatizia tendeva a liberarsi
dell'onere eventuale. Naturalmente non aderii a questa richiesta e
riuscii a far conservare quelle carte all'Università, la quale poco
dopo cambiò sede e li trasferì nel sottotetto di Villa il
Ventaglio. Per l'Archivio di mio padre recuperai quanto (poco)
sopravvissuto della gestione Strozzina e quanto potenzialmente
direttamente integrabile alla Fototeca, cui io volevo unire opuscoli,
recensioni, ritagli, e l' Archivistica in una sola gestione fisica.
Tra le molte carte saltò fuori anche una busta bianca con le sei fotografie dei due busti che Lele Monti pretendeva essere opera di
Marino Marini. Allegata c'era anche una lettera di Franco Russoli che
comunicava la ripulsa del Maestro, il quale proponeva per le due
opere una ricerca nell'ambiente fiorentino da Quinto Martini a Oscar
Gallo e vicinanze.
Ritrovato
oggi questo materiale, lo riproduco integralmente qui di seguito.
Ciò
che non so e che, forse, rimarrà un piccolo mistero è l'ubicazione
delle due sculture di terracotta, sia che fossero ancora di proprietà
di Lele Monti (e ora di qualche erede?) sia che egli le abbia cedute
ad altri. Interessante e di qualche importanza sarebbe il fatto di
sapere se dopo il 1966 i due militi abbiano trovato un autore
attendibile sia a coronamento di ricerche di Lele, che di
attribuzione da parte di altro studioso dell'argomento.
Interrogativi
leciti, anche perché se gli entusiasmi iniziali di Monti erano
eccessivi, le due sculture qualche pregio lo mostrano, di modo che
possono aspirare ad avere un autore certo.
F.R.
(19 gennaio 2020)
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