Carlo e Licia

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venerdì 10 aprile 2020

Arte Moderna in Italia 1915-1935 - Testi dei Critici, 13. ENRICO CRISPOLTI, III (ORIANI, PANNAGGI, PRAMPOLINI, MINO ROSSO).



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1. RAFFAELE MONTI ( I ) - 16 giugno 2018
2. IDA CARDELLINI (LORENZO VIANI) - 28  settembre 2018 
3. UMBRO APOLLONIO (NATHAN, BIROLLI) - 19 settembre 2019
4. MARCELLO AZZOLINI (GUERRINI, CHIARINI, VESPIGNANI)  6 ottobre 2019
5/I. FORTUNATO BELLONZI (BOCCHI, D'ANTINO)  12 novembre 2019
5/II. FORTUNATO BELLONZI (MORBIDUCCI, SAETTI)  28 dicembre 2019
6. ALDO BERTINI (CREMONA, MAUGHAM C., PAULUCCI)  22 gennaio 2020.
7. ANNA BOVERO (BOSWELL, CHESSA, GALANTE)  5 febbraio 2020.
8. SILVIO BRANZI (SCOPINICH, BALDESSARI, NOVATI, SPRINGOLO, RAVENNA, KOROMPAY, ZANINI)  23 febbraio 2020.
9. GIOVANNI CARANDENTE (COMINETTI, MARINI)  4 marzo 2020.
10. ITALO CREMONA (REVIGLIONE). 7 maggio 2020
11. ENRICO CRISPOLTI, I (BALLA, EVOLA, ALIMANDI, BENEDETTA). 2 aprile 2020.
12. ENRICO CRISPOLTI, II (COSTA, DIULGHEROFF, DOTTORI, FILLIA). 6 aprile 2020.






Pippo Oriani ha un percorso artistico, mutuato soprattutto da Fillia, distinguibile in due momenti cronologicamente distinti, pittoricamente
omogenei. La scheda della Mostra/Catalogo Arte in Italia 1935-1955, dovuta a Rita Selvaggi, verte sulla seconda fase dell'attività di Oriani. 

Anche Ivo Pannaggi (1901-1981), come non pochi artisti della prima metà del secolo scorso anche apicali, è stato un personaggio notevole per eclettismo. Nel suo caso, per quanto si ricava dalla lettura della scheda di Crispolti e dal lineare trattamento biografico del puntuale recensore Adriano Antolini (“Il Giornale”, 7 ottobre 1977), l'adesione a forme davvero originali è comunque sempre approfondita, meditata, priva di stonature sintomatiche quali l'adesione modaiola ai fenomeni espressivi, tanto più se di “avanguardia”.
Ritengo sia utile documento per l'informazione sull'architetto – perché questa è la principale e costante attività di Pannaggi – e scenografo, leggere la scheda che Daniela Fonti gli dedicò nel monumentale catalogo – che Marco Scotini curò con meticolosa attenzione – della Mostra Carlo L. Ragghianti e il carattere cinematografico della visione (Charta, 2000).
(Parenteticamente penso sia opportuno ricordare che questa incisiva opera per eccesso di acribia e perfezionismo non risultò utile informazione e formazione ai molti visitatori dell'Esposizione tenutasi a Lucca presso la Fondazione Centro Studi Licia e Carlo L. Ragghianti. Ciò avveniva perché il catalogo fu liberato per la stampa soltanto pochi giorni prima della chiusura di questa importante esperienza espositiva sia sul piano dei contenuti che in quello della loro narrazione.Un vero peccato, anche se non infrequente – purtroppo quasi mai si ottiene la perfezione – di cui l'ultimo pensiero è stato il mancato riscontro economico. Gli studiosi, invece, hanno avuto l'opportunità di accedere al catalogo. Purtroppo, senza lo stimolo della novità dell'evento molti di loro – troppi – trascurarono o ignorarono questa esperienza formativa su di uno studioso ancora da approfondire per tanti aspetti come è stato Carlo L. Ragghianti).
Riproducendo alcune opere e la schermata dei dipinti di Ivo Pannaggi che compare su Google/immagini il 25.01.2020, intendo rilevare che la sua attività pittorica è stata abbastanza prolifica ma circoscritta quasi esclusivamente agli anni della sua giovinezza e prima dei Quaranta. Direi, poi, che per fantasia ed originalità di soluzioni tematiche, l'artista si mostra come uno dei più spontanei, meno costretto dall'ideologia, del gruppo tardo futurista.
Dalla magra corrispondenza con Ragghianti non è chiaro se lo studioso e l'artista si conoscessero personalmente prima dell'incontro che ebbero a Firenze nel 1967; per quel che mi riguarda direi di no. Ricordo che la Segreteria aveva una grande e sincera ammirazione per l'uomo e per l'artista (Monti, more solito, entusiasta).
Concludo con una osservazione estranea all'arte. Leggendo le biografie di Pannaggi risulta che egli negli anni Trenta si trasferisce in Germania per partecipare all'ultimo Bauhaus (avversato dai nazisti) e di lì si reca in Norvegia (occupata dal 1940 dai nazisti). Non è mai chiaro se ciò è avvenuto da parte di un fascista simpatizzante per la Germania o se invece si trattò di un architetto che seguiva soltanto una esperienza culturale e, quindi, si recò in Norvegia per motivi diversi dalla ideologia nazifascista. In altre parole: Pannaggi era un fascista normotipo italico – cioè per conformismo e quieto vivere – o era un fascista vero e proprio, di quelli le cui radici oggi si palesano nuovamente con virulenta esuberanza e minacciosa violenza? Pannaggi sembrerebbe estraneo all'infamia filonazista. Almeno secondo quanto asserisce Antolini, un po' sbrigativamente, l'artista “seguiva la sua strada in una chiarezza di scelte morali”. Il che esclude un collaborazionismo con un mondo in cui il concetto morale è negato.

F.R. (30 gennaio 2020)



Essendo “fascistissimo” l'ambiente degli artisti futuristi, da Balla all'ultimo dei neofiti tardivi, non era conosciuto né frequentato dal giovane critico C.L. Ragghianti, né gli interessavano e, tantomeno, lo appassionavano le opere vuoi per il contenuto vuoi per la forma – abbastanza monotona – con cui si ammantavano. Tant'è che in “Leonardo” (n. 3, 1936, p. 77) nell'articolo Indicazioni sulla pittura italiana contemporanea (v. Il caso De Chirico, pp. 97-101) – tanto per fare un esempio – li liquida con secca determinazione. Prampolini riceve l'apparente elogio di essere considerato un decoratore, una sorta di arredatore di interni. Certamente in altri studi successivi C.L.R. ha modificato il suo giudizio, più nella forma che 
nella sostanza. Affido quindi alla scheda per il Catalogo Carlo L. Ragghianti e il carattere cinematografico della visione (Charta, 2000, pp. 131, 132) redatta da Daniela Fonti il commento su Enrico Prampolini. Dopo la prima sequenza di illustrazioni si trova la scheda di Rita Selvaggi dal Catalogo/Mostra Arte in Italia 1935-1955. Per parte mia mi limito ad osservare che nei suoi soggiorni parigini Prampolini deve aver frequentato, o per lo meno visto, le sculture di fil di ferro e/o i disegni loro collegati di Alexander Calder, frequentatore assiduo della Parigi prebellica.
F.R. (32 gennaio 2020)



Sostanzialmente concordo con Enrico Crispolti nel considerare Mino Rosso: “il protagonista plastico del secondo futurismo, ed uno dei più dotati ed autentici scultori italiani fra le due guerre...”. L'attività di questo scultore dopo il 1935 viene analizzata da Valeria Bruni nella scheda della
Mostra/Catalogo Arte in Italia 1935-1955 che dichiara: “la scultura di Mino Rosso si presenta come una delle più innovative: il suo scopo era interpretare la vita moderna e perciò esigeva un rinnovamento tematico, strutturale ed espressivo”.
F.R. (31 gennaio 2020)

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