Siccome nel commento alla
“scheda” di Orneore Metelli nell'ambito della riconsiderazione
che stiamo facendo nel blog della mostra Arte Moderna in Italia
1915-1935 ho parlato dello “scopritore” del “Doganiere
Rousseau italiano” (vedi il post del 3 luglio 2018) in termini anche un po'
severi, gli devo un'ammenda, che esprimo rievocando il suo lavoro in
questo post.
Effettivamente le
sculture di Aurelio De Felice, in un certo senso allievo devoto di
Pericle Fazzini, sono di una indubbia originalità e di un forte
impatto visivo che le fa distinguere positivamente nel pure ricco
panorama della scultura italiana operante attorno alla metà del
Novecento.
Osservo ancora una volta,
e non sono certo il primo che lo fa, che nella considerazione critica
dell'operato di un artista bisognerebbe, se non proprio ignorare, non dare soverchia importanza e non farsi condizionare dal vissuto della persona. Cosa praticamente impossibile anche perché, dovendo dire qualcosa quando si scrive, gli aspetti biografici sono la scorciatoia più sicura per allungare il “brodo” e stimolare l'attenzione del lettore “medio”, quello cioè che non è uno specialista, un addetto ai lavori, un critico o uno storico dell'arte.
F.R. (20 maggio 2018)
La seguente scheda di due pagine proviene dal corposo ed esauriente volume/Catalogo Arte in Italia, 1935-1955 (U.I.A., Firenze e Edifir, 1992) ed è stata scritta da Antonello Trombadori con Valerio Rivosecchi. Segue una carrellata di opere che documentano aspetti dell'attività dell'artista ternano morto nel 1996.
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