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23 luglio 2018. n.1 - Preliminari e inaugurazione.
26 agosto 2018. n.2 - Sezione 1A. Indirizzi, metodi e problemi di critica d'arte.
p.50
Il giovane Lorenzo
Camusso (n.1923, Montevarchi), laureato in Storia dell'Arte, fece
una relazione interessante ed articolata su Riflessioni intorno
allo spazio architettonico e al metodo critico dalla quale si può
dedurre che lo “spazio architettonico è uno spazio concreto fatto
… di molteplici rapporti, non contemplato ma agito, maturato nella
socialità, reso possibile dalla tecnica, modellato dal gusto”.
Camusso è stato in seguito un dirigente di Adriano Olivetti, poi
direttore editoriale da Vallardi e quindi da Mondadori, dove ebbe
rapporti professionali con C.L. Ragghianti per varie pubblicazioni.
Ricordo tra tutte il volume Scultura del Medioevo europeo
(sec. VIII-XII) nella importante coedizione internazionale “Storia
della scultura nel mondo”. Parenteticamente è il padre di Susanna
Camusso, Segretario generale della C.G.I.L.
p.52
Renato Bonelli
(1911-2004) architetto e storico, vicino a C.L.R. dal quale si
allontanò per dissapori accademici e per la sua avversione alle
porte del Duomo di Orvieto di Emilio Greco. Ragghianti non apprezzò
che egli divenisse Segretario Generale di “Italia nostra”, che lo
storico lucchese definiva “Italia lorum” e considerava
snobistica, e talora controproducente. Queste considerazioni su
Critica d'arte e critica architettonica dove quest'ultima
“mostra tuttora di trovarsi in una fase meno progredita”
sceverano il loro rapporto e le loro distinzioni, tenendo “sempre
ben fermo che l'architettura è tutta nella forma espressiva; che in
essa ogni contingenza empirica non può che risolversi nella
figurazione; che per spiegare il rapporto arte-tecnica giova
introdurre il concetto di linguaggio...”.
Dopo le due comunicazioni
si apre la discussione su di esse con i seguenti interventi:
p.56
Vladimiro Arangio-Ruiz
(1887-1952), filosofo e grecista, fratello minore di Vincenzo (il
Ministro della Pubblica Istruzione, liberale!, che ostacolò in tutti
i modi l'operato di Ragghianti alle Belle Arti), fa un intervento
“retrògrado … nel senso che dà alla parola il Manzoni”,
dichiarando inoltre che “Io sono persuaso che a proposito di tanta
parte di arte moderna giustamente si può parlare di atrocità e
svergognatezza, atrocia et pudenda”. Con alti riferimenti
tende a concludere che “di codesta confusione, di codesto errore, è
stata la conseguenza della legittimità dell'arte astratta la
legittimità di ogni eccesso”. Parce sepultis, mi vien da dire,
però storicizzando l'epoca ricorda persino io bambino e poi studente
delle medie che queste erano le idee correnti più diffuse sia tra la
borghesia che nel proletario. Infine l'A.-R. auspica “una
restaurazione … che affretti il ritorno alla serietà, all'umanità
delle arti e della poesia”.
p.59
Eva Tea
(1886-1970), docente all'Università Cattolica di Milano, concorda con Nicco Fasola e Gengaro e spesa di “giungere ad una esperienza totale dell'arte in cui nessuna fonte si perda”.
p.59
Il sacerdote Tarciso
Piccari, ufficioso rappresentante del Vaticano, si pone
molteplici domande cui dà risposte plausibili come l'affermazione
che “il critico … non è chiamato a filosofeggiare ed a risolvere
il problema; né deve professare la sua fede. Deve ripetere in sé,
in modo diverso il processo che ha fatto l'artista nell'opera
d'arte”. Soddisfacendo così dicendo, penso, Carlo L. Ragghianti.
p.61
Interviene poi Bruno
Zevi (1918-2000) laureato nel forzato esilio ad Harvard (dove
studia con Walter Gropius), già libero docente in Italia, fa alcune
osservazioni pertinenti e motivate sulle relazioni Gengaro, Camusso e
Bonelli in particolare e conclude affermando che “chiunque abbia
esperienza creativa d'architettura non può che ritenere del tutto
cervellotica ed inadeguata la posizione critica “pittorica”
dell'architettura.
p.62
Anche l'arch. genovese
Mario Labò (1984-1966), storico e amico di lunga data di
Ragghianti, interviene polemizzando con Bonelli soprattutto a
proposito della confusione tra arte e tecnica, tra architettura in
quanto creazione figurativa e architettura in quanto soddisfacimento
di bisogni pratici e psicologici. Ne consegue che “il critico che
sappia il proprio mestiere dovrà valutare nel risultato tutti i suoi
presupposti ...”.
p.64
Quindi Renato Bonelli
replica a Zevi e Labò precisando le sue osservazioni relative alla
mancanza odierna di vere opere architettoniche e di un linguaggio di
gusto attuale. Non bisogna poi confondere l'edificio con l'opera
d'arte. “Perciò la distinzione fra struttura portante e
distributiva da un lato, e architettura dall'altro è una delle
conquiste alle quali non è possibile rinunciare”.
p.65
Italo Cremona
(1905-1979) artista torinese, scenografo, scrittore, storico e
critico, amico d'anteguerra di Carlo L. Ragghianti, tramite Aldo
Bertini che gli fece conoscere Mollino, Paulucci, Casorati.
Considerato surrealista, C. svolge alcune stimolanti considerazioni
sulla cultura artistica europea tra '800 e '900. Deplora quindi una
certa acquiescenza alla critica francese da parte di quella italiana,
perché rischia di “balcanicizzarci”.
p.66
Chiude questa serie di
interventi Luigi Coletti (1886-1961), storico e critico d'arte
veneto, medaglia d'argento al v.m. nella Prima Guerra Mondiale,
fascista presto pentito, afflitto da qualche tic (non dare la mano o
sentire dopo il bisogno irrefrenabile di disinfettarsi), però molto
rispettato da C.L.R. che lo considerava un professionista
coscienzioso, uno studioso non originale (tant'è che non viene
citato nel Profilo della critica d'arte) ma affidabile.
Coletti esprime con Il linguaggio figurativo la convenzione
della necessità di distinguere nel fatto artistico il momento
linguistico e il momento poetico.
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