Carlo e Licia

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martedì 25 settembre 2018

Il 1948 dei critici d'arte - Il Convegno di Firenze, Atti (III) - Sezione 1B

Post precedenti:
23 luglio 2018. n.1 - Preliminari e inaugurazione.
26 agosto 2018. n.2 - Sezione 1A. Indirizzi, metodi e problemi di critica d'arte.




p.50
Il giovane Lorenzo Camusso (n.1923, Montevarchi), laureato in Storia dell'Arte, fece una relazione interessante ed articolata su Riflessioni intorno allo spazio architettonico e al metodo critico dalla quale si può dedurre che lo “spazio architettonico è uno spazio concreto fatto … di molteplici rapporti, non contemplato ma agito, maturato nella socialità, reso possibile dalla tecnica, modellato dal gusto”. Camusso è stato in seguito un dirigente di Adriano Olivetti, poi direttore editoriale da Vallardi e quindi da Mondadori, dove ebbe rapporti professionali con C.L. Ragghianti per varie pubblicazioni. Ricordo tra tutte il volume Scultura del Medioevo europeo (sec. VIII-XII) nella importante coedizione internazionale “Storia della scultura nel mondo”. Parenteticamente è il padre di Susanna Camusso, Segretario generale della C.G.I.L.

p.52
Renato Bonelli (1911-2004) architetto e storico, vicino a C.L.R. dal quale si allontanò per dissapori accademici e per la sua avversione alle porte del Duomo di Orvieto di Emilio Greco. Ragghianti non apprezzò che egli divenisse Segretario Generale di “Italia nostra”, che lo storico lucchese definiva “Italia lorum” e considerava snobistica, e talora controproducente. Queste considerazioni su Critica d'arte e critica architettonica dove quest'ultima “mostra tuttora di trovarsi in una fase meno progredita” sceverano il loro rapporto e le loro distinzioni, tenendo “sempre ben fermo che l'architettura è tutta nella forma espressiva; che in essa ogni contingenza empirica non può che risolversi nella figurazione; che per spiegare il rapporto arte-tecnica giova introdurre il concetto di linguaggio...”.

Dopo le due comunicazioni si apre la discussione su di esse con i seguenti interventi:

p.56
Vladimiro Arangio-Ruiz (1887-1952), filosofo e grecista, fratello minore di Vincenzo (il Ministro della Pubblica Istruzione, liberale!, che ostacolò in tutti i modi l'operato di Ragghianti alle Belle Arti), fa un intervento “retrògrado … nel senso che dà alla parola il Manzoni”, dichiarando inoltre che “Io sono persuaso che a proposito di tanta parte di arte moderna giustamente si può parlare di atrocità e svergognatezza, atrocia et pudenda”. Con alti riferimenti tende a concludere che “di codesta confusione, di codesto errore, è stata la conseguenza della legittimità dell'arte astratta la legittimità di ogni eccesso”. Parce sepultis, mi vien da dire, però storicizzando l'epoca ricorda persino io bambino e poi studente delle medie che queste erano le idee correnti più diffuse sia tra la borghesia che nel proletario. Infine l'A.-R. auspica “una restaurazione … che affretti il ritorno alla serietà, all'umanità delle arti e della poesia”.

p.59
Eva Tea (1886-1970), docente all'Università Cattolica di Milano, concorda con Nicco Fasola e Gengaro e spesa di “giungere ad una esperienza totale dell'arte in cui nessuna fonte si perda”.
p.59
Il sacerdote Tarciso Piccari, ufficioso rappresentante del Vaticano, si pone molteplici domande cui dà risposte plausibili come l'affermazione che “il critico … non è chiamato a filosofeggiare ed a risolvere il problema; né deve professare la sua fede. Deve ripetere in sé, in modo diverso il processo che ha fatto l'artista nell'opera d'arte”. Soddisfacendo così dicendo, penso, Carlo L. Ragghianti.

p.61
Interviene poi Bruno Zevi (1918-2000) laureato nel forzato esilio ad Harvard (dove studia con Walter Gropius), già libero docente in Italia, fa alcune osservazioni pertinenti e motivate sulle relazioni Gengaro, Camusso e Bonelli in particolare e conclude affermando che “chiunque abbia esperienza creativa d'architettura non può che ritenere del tutto cervellotica ed inadeguata la posizione critica “pittorica” dell'architettura.

p.62
Anche l'arch. genovese Mario Labò (1984-1966), storico e amico di lunga data di Ragghianti, interviene polemizzando con Bonelli soprattutto a proposito della confusione tra arte e tecnica, tra architettura in quanto creazione figurativa e architettura in quanto soddisfacimento di bisogni pratici e psicologici. Ne consegue che “il critico che sappia il proprio mestiere dovrà valutare nel risultato tutti i suoi presupposti ...”.

p.64
Quindi Renato Bonelli replica a Zevi e Labò precisando le sue osservazioni relative alla mancanza odierna di vere opere architettoniche e di un linguaggio di gusto attuale. Non bisogna poi confondere l'edificio con l'opera d'arte. “Perciò la distinzione fra struttura portante e distributiva da un lato, e architettura dall'altro è una delle conquiste alle quali non è possibile rinunciare”.

p.65
Italo Cremona (1905-1979) artista torinese, scenografo, scrittore, storico e critico, amico d'anteguerra di Carlo L. Ragghianti, tramite Aldo Bertini che gli fece conoscere Mollino, Paulucci, Casorati. Considerato surrealista, C. svolge alcune stimolanti considerazioni sulla cultura artistica europea tra '800 e '900. Deplora quindi una certa acquiescenza alla critica francese da parte di quella italiana, perché rischia di “balcanicizzarci”.

p.66
Chiude questa serie di interventi Luigi Coletti (1886-1961), storico e critico d'arte veneto, medaglia d'argento al v.m. nella Prima Guerra Mondiale, fascista presto pentito, afflitto da qualche tic (non dare la mano o sentire dopo il bisogno irrefrenabile di disinfettarsi), però molto rispettato da C.L.R. che lo considerava un professionista coscienzioso, uno studioso non originale (tant'è che non viene citato nel Profilo della critica d'arte) ma affidabile. Coletti esprime con Il linguaggio figurativo la convenzione della necessità di distinguere nel fatto artistico il momento linguistico e il momento poetico.
F.R.




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