Carlo e Licia

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mercoledì 9 novembre 2022

Duplice "qui pro quo" per Angelo Ragghianti.

Panfilo Gentile, di cui abbiamo riproposto il saggio Riflessioni sull'arte con il contorno di due articoli sul personaggio (vedasi il post del 13 maggio 2019), quale presidente del Comitato promotore del "Convegno Nazionale delle forze liberali", il 25 settembre 1951 inviò una lettera a Ragghianti "presso l'Università di Pisa". Per un lapsus calami il nome proprio indicato nell'indirizzo era "Angelo" anziché Carlo Ludovico. Si tratta di un evidente equivoco perché Angelo Ragghianti era morto 25 anni prima e il Gentile non lo ignorava essendone stato amico. Dopo qualche lungaggine burocratica la lettera (che riproduciamo) arrivò nelle mani di C.L.R., il quale il 16 ottobre 1951 rispose in merito al contenuto aggiungendo una postilla personale nella quale avvertiva l'interlocutore del qui pro quo, e lo informava che in effetti questo Angelo era cugino di suo padre Francesco. Anche questa lettera viene riprodotta in calce alla nota redazionale.

La notizia per il nostro lettore è quella di apprendere l'esistenza di un parente di C.L.R., ignorata fino a quel momento e poi archiviata fino a questa postazione. Essendo i gradi di parentela spesso ignorati persino da figli e nipoti degli interessati, forse sarà accolto con curiosità il fatto che, sorpresi noi figli apprendendolo, Giuseppe Ungaretti (cordialmente disprezzato da C.L.R. per la sua acquiescenza retribuita al fascismo) era un parente, piuttosto lontano ma effettivo.

La cosa forse non è poi così strana se si tiene conto della piccolezza geografica dello Stato lucchese indipendente fino all'Unità d'Italia. Il relativo isolazionismo demografico di ogni nazione piccola comporta probabilità di parentela più numerose e concentrate che nelle unità territoriali vaste.

Tra i parenti alla lontana di C.L. Ragghianti c'è stato anche il pittore Sergio Scatizzi, il quale palesò questa familiarità signorilimente, cioè dopo che C.L.R. aveva scritto il saggio pubblicato in volume (Edizioni di Critica d'Arte, 1982) sulla sua pittura e la conseguente consuetudine amicale.

Angelo Ragghianti è comunque assente nel Dizionario del liberalismo italiano II (personaggi vissuti dagli inizi dell'Ottocento al ventunesimo secolo), Rubettino 2015; sono presenti però Panfilo Gentile (pp.540-544) e persino Carlo L. Ragghianti (pp.914-919) il cui liberalismo può casomai essere indicato con il termine "liberal" anglosassone, però in chiave eccezionale. In C.L.R. non si può prescindere dalla componente "socialista", meditata e ereditata da Carlo Rosselli (pp.962-964) con la formula del "socialismo liberale". Questo termine e l'attività politica dei suoi aderenti è differente – e non poco – dal "liberal socialismo" nelle declinazioni politicamente affini (ma anche distanti, nei dettagli estranee) di Aldo Capitini (Capitustra), Guido Calogero (Calogeronte) Tristano Codignola (Tristanzuola) e via elencando tra Firenze e Torino con loro comportamenti sovente settari.

Angelo Ragghianti con l'avallo di Benedetto Croce (Storia d'Italia dal 1871 al 1915, pp.358-359):


risulta annoverato tra i liberali. Ricordo un aspetto dell'Angelo R. che mi sorprese – e quindi appuntai – nel leggere in Dino Campana e i Goliardi del tuo tempo (scritto di Federico Ravagli del 1942, p.91) che costui era collaboratore del bolognese "Il papiro". Foglio studentesco nel quale erano esaltati i barbari rituali, talora violenti, di parodie di vite di Bohéme nel quale "si leggono firme illustri o quasi – Stecchetti, Albertazzi, Ragghianti – frammiste a oscuri pseudonomi". Quindi il futuro direttore de "Il resto del Carlino" ostentava vita parassitaria, socialmente reazionaria: veri liberali alla Bava Beccaris!

A questo punto si impone il secondo equivoco, il qui pro quo che lo dipinse rispettabile colonna di regime, probabilmente giolittiano (come per altro prima e dopo la guerra 1915-1918 era stato anche mio nonno Francesco Ragghianti). A una attenta disamina dell'opuscolo (già nel titolo provocatorio: Gli uomini rossi all'arrembaggio dello Stato) si evince che Angelo Ragghianti era un propagandista reazionario, un uomo che nelle organizzazioni dei bracianti vedeva sovversivi pericolosi e lavativi (come oggi i "liberali" confindustriali stigmatizzano il Reddito di cittadinanza e difendono salari mensili di 500 euro, per fare un esempio) i quali – e non fu un caso fortuito – furono le prime vittime dello squadrismo agrario fascista dal 1919.

Non capisco come mio padre, che conobbe di persona prima della guerra Giuseppe Massarenti (morto l'anno precedente le lettere sotto riprodotte) martire di una delle persecuzioni più efferate, sadica direi, del fascismo e dopo la guerra ancora di sopprusi "clericali", possa aver scritto così neutralmente di Angelo Ragghianti.

Beh, si sa, quandoquidem dormitat Homerus. Molto raramente Carlo L. Ragghianti, più spesso Benedetto Croce.

Basta scorrere quel libello per sentirsi nella schiena brividi di paura. Nel mondo odierno i detentori del potere economico ragionano sempre più di frequente proprio così: i poveri si contentino di respirare aria inquinata!

F.R. (3 giugno 2022)



Giuseppe Massarenti nella Scheda da "Storia e memoria di Bologna"

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