Carlo e Licia

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domenica 12 dicembre 2021

Castello, 3.

 I. Antologia della critica.


Indice

Enrico Prampolini, 1937;

Curzio Malaparte, 1947;

[Carlo L. Ragghianti, 1960: "La Strozzina"; "SeleArte" n.46];

Giancarlo Vigorelli, 1961;

Luigi Carluccio, 1961;

Pierre Courtion, 1962;

Lara Vinca Masini, 1963;

Mario Novi, 1965;

[Giacinto Nudi 1965, Opere Grafica; 1966 schede 1915-1935];

Giuseppe Ungaretti, 1968;

Donata Devoti, 1968;

Jurgen Claus, 1968;

Virgilio Lilli, 1969;

Francesco Vincitorio, 1969;

Giuseppe Ungaretti, 1969;

[Rita Selvaggi, 1992, Cat. 1935-1955].

Per ciò che riguarda questa antologia di testi critici su Raffaele Castello, occorre precisare che, salvo altra indicazione editoriale, essi sono tratti dall'affettuosa monografia Raffaele Castello. Maestro dell'astrattismo italiano ed europeo. Questo volume rilegato con sovraccoperta, è molto documentato e contiene un apparato illustrativo con le opere – moltre delle quali inedite – illustrate a colori.

Gli autori di testi tra parentesi quadra sono stati ripubblicati in due post comparsi nel web il 16 agosto 2021 e il 15 ottobre 2021.

Per Raffaele Castello (1905-1969), artista vissuto e operante tra Italia e Germania, vedasi i precedenti post: 

1. Arte Moderna in Italia 1915-1935 - Testi dei Critici, 31. GIACINTO NUDI. (RAFFAELE CASTELLO). 16 agosto 2021

2. Raffaele Castello "opera grafica" a cura di Giacinto Nudi. 15 ottobre 2021


         Lara Vinca Masini




II. Tecniche miste, acquarelli e tempere di Raffaele Castello.

Nonostante che le questioni commerciali e le valutazioni delle opere d'arte esulino di norma dai nostri interessi indagativi e i nostri propositi siano critici, tengo a precisare un aspetto che può interessare gli allestitori di mostre, i commercianti d'arte, i collezionisti riguardo ad un aspetto della pittura di Raffaele Castello.

Per questo artista tra stesura ad olio o a tempera e nella cosiddetta "tecnica mista" non c'è differenza stilistica e di ductus pittorico, tant'è che l'aspetto ottico tra i suoi oli e le sue tempere su carta (la gran parte della sua produzione) è indifferente. Ciò perché Castello, con fissativi o altri accorgimenti, "lucidava" la superficie in modo tale che, appunto, l'effetto visivo finale risultava praticamente indistinguibile. Ricorrere all'uso di colori ad olio o a tempera dipendeva da quanto avesse sottomano (e in certi periodi temo da quanto avesse in "tasca"), da questioni di tempo o da alchimie

mentali assolutamente personali. Compulsando i cataloghi su Castello, ho constatato che sovente le indicazioni riguardanti lo stesso dipinto sono differenti, contraddittorie, perché lo stesso Castello a memoria o su fotografia non era in grado di precisare la tecnica agli estensori dei cataloghi.

Quindi, chi crede più al medium usato sullo stesso supporto che alla qualità espressiva e all'originalità compositiva continui pure a valutare un dipinto di Castello tradizionalmente.

Alla fin fine chi ci guadagna è chi compra tempere perché come opere d'arte di mano di Castello il loro valore equivale agli oli, prescinde dalla realtà del medium. Chi, invece, è costretto a vendere una tempera tecnica mista di Raffaele Castello non si faccia condizionare, "infinocchiare": essa equivale all'olio, stesse misure, stesso supporto.

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