Carlo e Licia

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giovedì 16 dicembre 2021

Arte Moderna in Italia 1915-1935 - Testi dei Critici, 33. AGNOLDOMENICO PICA (DEPERO, BOLAFFIO, MARTINI, SIRONI, D'ALBISOLA, GHIRINGHELLI, USELLINI)

 


Post Precedenti:

1. RAFFAELE MONTI ( I ) - 16 giugno 2018
2. IDA CARDELLINI (LORENZO VIANI) - 28  settembre 2018 
3. UMBRO APOLLONIO (NATHAN, BIROLLI) - 19 settembre 2019
4. MARCELLO AZZOLINI (GUERRINI, CHIARINI, VESPIGNANI). 6 ottobre 2019
5/I. FORTUNATO BELLONZI (BOCCHI, D'ANTINO). 12 novembre 2019
5/II. FORTUNATO BELLONZI (MORBIDUCCI, SAETTI). 28 dicembre 2019
6. ALDO BERTINI (CREMONA, MAUGHAM C., PAULUCCI). 22 gennaio 2020.
7. ANNA BOVERO (BOSWELL, CHESSA, GALANTE). 5 febbraio 2020.
8. SILVIO BRANZI (SCOPINICH, BALDESSARI, NOVATI, SPRINGOLO, RAVENNA, KOROMPAY, ZANINI). 23 febbraio 2020.
9. GIOVANNI CARANDENTE (COMINETTI, MARINI). 4 marzo 2020.
10. ITALO CREMONA (REVIGLIONE). 7 maggio 2020.
11. ENRICO CRISPOLTI, I (BALLA, EVOLA, ALIMANDI, BENEDETTA). 2 aprile 2020.
12. ENRICO CRISPOLTI, II (COSTA, DIULGHEROFF, DOTTORI, FILLIA). 6 aprile 2020.
13. ENRICO CRISPOLTI, III (ORIANI, PANNAGGI, PRAMPOLINI, MINO ROSSO), 10 aprile 2020.
14. RAFFAELINO DE GRADA I (BOLDINI, ANDREOTTI). 22 giugno 2020.
15. RAFFAELINO DE GRADA II (BERNASCONI, CARPI, CARENA, FUNI). 6 luglio 2020.
16. ANTONIO DEL GUERCIO (MAZZACURATI, MENZIO, RICCI). 8 agosto 2020
17. TERESA FIORI (INNOCENTI). 1 settembre 2020.
18. CESARE GNUDI (FIORESI, PIZZIRANI, PROTTI). 2 ottobre 2020.
19. VIRGILIO GUZZI (MANCINI, CAVALLI, MONTANARINI, PIRANDELLO). 19 novembre 2020.
20. MARIO LEPORE (DEL BON, LILLONI). 21 dicembre 2020.
21. LICISCO MAGAGNATO (NARDI, PIGATO, FARINA, TRENTINI, ZAMBONI, BERALDINI, SEMEGHINI). 21 gennaio 2021.
22. CORRADO MALTESE (GERARDI). 4 marzo 2021.
23. FRANCO MANCINI (PANSINI, NOTTE, BRESCIANI, CRISCONIO, CIARDO, GATTO, VITI).  3 aprile 2021.
24. GIUSEPPE MARCHIORI, 1 (ROSSI, LICINI). 3 maggio 2021.
25. GIUSEPPE MARCHIORI, 2 (SEVERINI, SPAZZAPAN). 28 maggio 2021.
26. MICHELANGELO MASCIOTTA, 1 (LEGA, VENNA LANDSMANN, CALIGIANI, COLACICCHI). 7 giugno 2021.
27. MICHELANGELO MASCIOTTA, 2. (DE PISIS, PEYRON, LEVASTI, CAPOCCHINI). 18 giugno 2021.
28. GIAN LORENZO MELLINI. (VITTORINI, SALIETTI, SANI, DE JURCO, BUGIANI). 23 luglio 2021.
(Il numero 29 sarà prossimamente pubblicato).
30. ALESSANDRO PARRONCHI (CARLINI, MOSES LEVY). 14 settembre 2021
31. GIACINTO NUDI. (RAFFAELE CASTELLO). 16 agosto 2021.
32. GUIDO PEROCCO (CADORIN, MARTINI, MOGGIOLI, PELLIS), 1. 23 ottobre 2021
32bis. GUIDO PEROCCO (ZECCHIN, CAVAGLIERI, GARBARI, CAGNACCIO DI S. PIETRO), 2. 6 novembre 2021


Agnoldomenico Pica (1907-1990) è stato un prolifico e originale architetto prima della guerra ed al contempo uno studioso che “dalla pratica di architetto” ha derivato una “singolare vivacità ed aderenza nel trattare argomenti storico-architettonici”. Così osserva Sergio Samek Lodovici nel volume dell'Enciclopedia Biografica e Bibliografica “Italiana” (sic!, tra virgolette) a lui affidata sugli Storici, teorici e critici delle Arti Figurative (1800-1940), un'opera sorprendentemente singolare e coraggiosa. Infatti nelle oltre, fitte, 400 pagine del libro egli relaziona con profondità di informazione studiosi non solo allora giovani, come lo stesso Pica, ma anche non fascisti o addirittura noti antifascisti senza tessera come Carlo L. Ragghianti. L'autore segnala addirittura giovani promesse come Licia Collobi, nata nel 1914. Da questa impresa editoriale riporto l'intera voce su Pica. Nel dopoguerra A. Pica (da non confondere con l'omonimo Vittorio Pica, n.1866) dopo aver collaborato con Persico e Pagano, continuò l'attività professionale di architetto e quella di studioso e critico delle arti figurative contemporanee. A questo proposito mi piace riprodurre una pagina de “Il Giornale” di Indro Montanelli, pubblicata il 5 agosto 1984. In essa Riccardo Mariani illustra l'opera di Pica, ricordando e deprecando la rimozione del fatto che egli era uno dei “grandi dimenticati” dell'architettura novecentesca.

Fino alla preparazione della Mostra Arte Moderna in Italia 1915-1935, i rapporti di Agnoldomenico Pica con Carlo L. Ragghianti erano di una conoscenza formale, senza significativi punti di contatto.

Nella prima lettera del loro carteggio (3 febbraio 1967), riprodotta – come le altre – in questo post, Pica esprime alcuni scrupoli che mi paiono dettati dall'inevitabile incombenza del fascismo sull'impronta dell'esposizione. In effetti, nonostante la dialettica crociana, io – ad es. – faccio fatica ad accettare la presenza di contenuti di esegeti del regime come Rosai o Sironi (amico di Pica), Ferrazzi, Maccari, ecc., pur consapevole che in progetto storico vanno comunque salvaguardati i valori espressivi autentici. 


Devo quindi esercitare lo sforzo coercitivo ma moralmente doveroso della distinzione tra arte e non arte. Di conseguenza devo ammettere che quando le singole opere sono espressioni originali esse non sono corresponsabili della eventuale “criminalità” comportamentale ed anche intellettuale del loro autore. Decisamente più interessante il carteggio brunelleschiano, la cui prima lettera è del 13 aprile 1974 e l'ultima è di C.L.R. il quale il 6 dicembre 1978 ricorda il suo rapporto con Persico e Pagano. L'ultima missiva del 5 marzo 1981 è di Agnoldomenico Pica, che ricorda quanto sia stata avversata la sua concezione del restauro architettonico. Informa anche C.L.R. che la propria compagna Mia Cinatti gli scriverà a proposito di certe ricerche caravaggesche.

F.R. (18 novembre 2021) 
 


 


Artista perseverante nonostante molte difficoltà prima del successo, Fortunato Depero ha sviluppato una produzione più che cospicua, la cui originalità si è espressa soprattutto nell'arco di tempo della Mostra Arte Moderna in Italia 1915-1935. Nella parte successiva della sua attività prevale un professionismo con concreti incarichi. Per questo motivo illustreremo questa “scheda” con opere eseguite entro e attorno al 1935. Il critico Giorgio Mascherpa (“Arte”, gennaio 1988) osserva che l'arte di Depero si “apre ad interessi e orizzonti veramente pubblici e sociali, oltre le chiusure del proprio io che caratterizzano il nostro secolo. Al punto di indurre più volte Depero a qualificarsi come architetto in un senso non strettamente tecnico ma ideologico, di ricostruttore, cioè del modo di vivere, di essere e consistere dell'uomo del secolo della macchina”.

Agnoldomenico Pica nella sua “scheda” ricorda che molte creazioni di Depero preludono “a esperienze e americane ulteriori”. Il che sembra confermato da un intervento del noto pittore Ugo Nespolo – suo “allievo” ed estimatore – il quale su “La Stampa” (13 marzo 1995) auspica il 'ritorno' al Manifesto del 1915 di Depero (e Balla): “L'idea nuova è quella di ricostruire tutti gli oggetti da collocare in uno spazio anch'esso ricostruito”. Riproduco dal volume Carlo L. Ragghianti e il carattere cinematografico della visione (Charta 2000), la “scheda” (con le illustrazioni relative) di Daniela Fonti, nella quale 

l'autrice relazione sull'importanza del Manifesto del 1915 e delle nuove connessioni di teatro, di scenografia e di coreografia della danza.

Carlo L. Ragghianti in verità sembra non considerare Depero un artista di qualità veramente innovativa o originale, tanto che nella monografia che egli dedicò alla Raccolta di Gianni Mattioli, esposta nel 1953 in Palazzo Strozzi a Firenze, non citò e, se non erro, non espose le molte opere di Depero collezionate da Mattioli.

Personalmente ho sempre avuto l'impressione che l'importante collezionista – imparentato con la carissima amica dei miei genitori Fernanda Wittgens – non fosse esplicito e sincero nei rapporti personali ed epistolari con C.L. Ragghianti. Difatti non negata la prospettiva di sistemare in sede pubblica permanente la raccolta a Firenze (come avvenne concretamente, invece, con la Collezione di Alberto Della Ragione) però traccheggiando ambiguamente per anni Mattioli operava di fatto un rifiuto abbastanza esplicito. Di conseguenza, credo che a questo atteggiamento non fosse estranea la scarsa considerazione di Ragghianti nei confronti dell'arte di Depero, il quale era molto ammirato ed amicissimo già dalla fine della prima Guerra Mondiale di Mattioli, che gli affidò persino l'arredamento della propria abitazione.

F.R. (17 novembre 2021)

Opere di Depero

Fu un tormento nel 1967 allestire la "scheda" del Catalogo Arte Moderna in Italia 1915-1935 scritta da Agnoldomenico Pica con competente accuratezza. Non essendo disponibile materiale "free" in Internet non posso,

né voglio perdere tempo, inserire l'illustrazione di opere diverse da quelle già presenti, né arricchire la misera bibliografia all'epoca disponibile.

F.R. (18 novembre 2021)

Nel 1915 Alberto Martini aveva 39 anni, era all'apice della sua formazione e capacità espressiva. Direi, anzi, che egli aveva già dato il meglio di sé come capacità tecniche e innovative forme, peculiari. Perciò il periodo 1915-1935 corrisponde alla maturità dell'artista.

In quegli anni turbolenti in tutto il mondo, con crisi e disastri differenti tra loro ma sempre devastanti, vuoi per le conseguenze per l'altrove, vuoi per le profonde modifiche interne gravide di disperazione, non c'è spazio per visioni ottimistiche della vita. Perciò è con compiacimento che Alberto Martini insiste in atmosfere cupe, livide, spesso macabre con ductus pesante, volgare, producendo opere apprezzate dal nerume fascista. Forse a Napoli – e non solo lì – ispiratrici di giocare al lotto i numeri della jella. Posto che sia un merito, è indubbio che Alberto M.


è un precursore di pittori "surrealisti", i quali saranno meno radicali, tendenzialmente "eleganti" e amiccanti ai vizi borghesi e alla trivialità dei costumi dominanti. In Martini il mestiere c'è come pittore e come incisore, litografo, graphic designer, scenografo. In questa veste M. fu l'anima de Il Tetiteatro, esperienza degli anni '20 molto apprezzata dalla critica. Però persino Il ritratto di Wally Toscanini (1925) – probabilmente piaciuto ad Annigoni – non è esente da inespressiva insistenza in dettagli kitsch. Questo aspetto era presente già alla fine del sec. XIX quando Martini si è compiaciuto di illustrare soggetti macabri. Ma è nel 1914-1918 che questo lugubre aspetto di immaginativa sadica e funerea si effonde con ferocia. In teoria contro il nemico, in pratica contro l'umanità vista e considerata in disfacimento.


F.R. (28 novembre 2021)


Opere di Alberto Martini


Bontà sua (proprio bontà d'animo, indulgenza) Carlo L. Ragghianti nel breve saggio – qui riprodotto – su Sironi (Mostra nel Palazzo dei Diamanti, Ferrara 1972), un artista sul quale fino ad allora non s'era mai dilungato, scrive "mi ha confermato quanto oggi le condizioni di comprensibilità dell'arte di Sironi siano pragmaticamente mutate rispetto a quelle che sono state valide per i suoi contemporanei fino al 1940...". Cioè, Sironi era un autentico artista, però era stato un vero fascista, quindi noi antifascisti lo evitavamo.Bene. Male, però nel dopoguerra indulgere fu una debolezza democratica nei confronti di quegli artisti, figuri fascisti attivi, quindi prepotenti, violenti nei confronti degli antifascisti, specialmente azionisti comunisti.

Con la benemerita mostra Arte Moderna in Italia 1915-1935, Carlo L. Ragghianti identificò e autenticò i veri e validi motivi espressivi rappresentati da uomini fascisti organici, non obbligati dalla "tessera del Pane". In questo non dissento dal padre.

Anche dalla scheda del Catalogo/Mostra Arte in Italia 1935-1955, scritta da Raffaele De Grada, si avverte l'imbarazzo per la dicotomia umana che rappresenta 

Sironi. Dato il precedente dell'Amnistia 1947 di Togliatti, a maggior ragione il critico delinea una neutralità positiva nei confronti del percorso artistico del pittore.

Artista del quale sono evidenti – dopo il 1920-22 – le tappe, come scrive su "Arte" (n.8-9, 1990) il critico d'arte Francesco Poli: "Anche nei fondamentali quadri dell'avvio novecentista...Sironi guarda ancora con attenzione alla metafisica, anche se in termini del tutto personali. Il suo linguaggio si svilupperà poi in una direzione classicistica e monumentale, che nei suoi aspetti più deteriori diventerà un punto di riferimento per l'arte del regime".

Infine, ripercorrendo la panoramica di opere riprodotte in questo post, sia pure a denti stretti, devo ammettere che Mario Sironi – riprovevole protagonista del regime fascista nella sua costante collaborazione con vignette politiche al "Popolo d'Italia", organo ufficiale di Mussolini – è stato uno degli artisti pittoricamente più originali e di qualità del secolo Ventesimo, non soltanto italiano.

F.R. (3 dicembre 2021)






Le opere di Mario Sironi

Di Tullio D'Albisola, pseud. di Tullio Mazzotti (1899-1971), oltre alla scheda di Agnoldomenico Pica, va detto che la sua presenza in mostra, non contestata per altro, fu dovuta essenzialmente alla considerazione della sua importanza culturale, quale promotore di iniziative, più che a quella circoscritta di scultore ceramista e di vasaio pittorico. Qualità che in sé altri artisti non presenti in mostra avrebbero potuto rivendicare.

Mazzotti fu anche poeta pregiato tra gli addetti ai lavori futuristi e inventore del libro di latta. A questo proposito si riproduce il saggio di Sandra Arosio pubblicato su "Resine", n.106-107m 2006. L'artista fu anche, proseguendo l'attività di famiglia, imprenditore di successo, tanto da costruirsi una sede ex novo, progettata dal pittore e architetto Nicolaj Diulgheroff (sul quale vedasi post del 6 aprile 2020).

F.R. (29 novembre 2021)



Le opere di Tullio D'Albisola

Non credo si possa aver dubbi che la Galleria di Milione di Milano sia stata la più importante e rinomata sede espositiva privata italiana di artisti contemporanei. Questo successo è durato diversi decenni a partire dalla inaugurazione nel novembre 1930.

Bene quindi che il suo fondatore Gino (Virginio) Ghiringhelli (1898-1964), pittore di primo piano del gruppo degli astrattisti lombardi (tant'è che in Catalogo della mostra riceve 2 pagine), abbia deciso prematuramente di dedicarsi alla promozione dei propri colleghi artisti figurativi, con esiti prestigiosi per entrambe le parti.

Carlo L. Ragghianti ha avuto con lui e quindi col suo fratello e il collaboratore Ambrogio Ceroni, rapporti di amicizia e stima. La Galleria del Milione divenne anche editore di libri non strettamente collegati alla Galleria. Di Ragghianti pubblicò le monografie su Manzù (1957) e successivamente, fatto piuttosto sorprendente rispetto al proprio catalogo, il Milione fu editore di Pittori di Pompei (1963), prestigiosa monografia (di notevole impegno finanziario) d'argomento totalmente estraneo all'attività della Galleria.

F.R. (29 novembre 2021)





Di Gianfilippo Usellini (1909-1971), da diversi documenti privi o quasi di contenuti di approfondimento critico, ho rilevato essere stato oltre che artista, personaggio cordiale, buontempone, inclusivo, generoso, bizzarro q.b. per creare un'aureola leggendaria di aneddotica.

La scheda critica di Pica è obiettiva e, nella sinteticità, esauriente per quel che riguarda il percorso artistico di un quasi autodidatta. Egli si fece pittore nonostante le aspirazioni di una famiglia abbiente, 

la quale – il padre specialmente – auspicava in lui il continuatore di attività pragmatiche. Caso mai la "fotografia" di Pica risulta un po' minimalista, nel senso che sottovaluta l'originalità e l'importanza nel panorama dell'epoca della espressività di Usellini.

Ragghianti fu estimatore di Usellini senza conoscerlo di persona. Il critico era a sua volta ammirato dal Maestro, il quale gli inviò in particolare il biglietto seguente:

su di lui sono completamente esaurite. Nell'usato, poi, non è reperibile nessun documento critico o illustrativo.

F.R. (30 novembre 2021)


I dipinti di Gianfilippo Usellini

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