Carlo e Licia

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martedì 23 novembre 2021

Tono Zancanaro, 11 – L' "Album 109".

Il motto nulla dies sine linea, attribuito via Plinio al mitico pittore Apelle (IV sec. a.C.) calza a pennello – come si suol dire – con il "fare" di Tono Zancanaro, gli si adatta come la pelle al corpo. A pensarci bene, infatti l'attività lavorativa/creativa di Tono è stata prodigiosa sia per qualità, che per quantità. Mai un giorno senza aver tracciato almeno qualche disegno da quando realizza sé stesso, lascia la banca e persino lo sport nel quale si era distinto a livelli nazionali.

L'Album di disegni a china di cui sto scrivendo è un libro in folio di pagine di carta bianca e colorata da disegno, filigranate, di mm. 240X340 di altezza. Copertina in brossura di carta ruvida verde opaco, con sul piatto anteriore in basso a destra la scritta a china "109". Sulla costola, assai usurata, ci sono tracciati a china l'indirizzo di casa a Padova e il ricapito a Roma. Il contenuto del "quaderno" è di 156 pagine incollate e quartini sulla costola della copertina, però scollate per l'uso e il modesto collante già nel 1971. Siccome il terzo disegno è datato "Gennaio LXX" e il penultimo dell'ultima quartina è firmato "Tono LXX", l'Album è stato operato durante l'anno 1970. Esso contiene 70 pagine disegnate a china (quasi tutte con un disegno su due pagine) disposte secondo l'andamento seguente:

pp1-8: 4 disegni su 8 pagine di carta bianca (tre si trovano in p. dispari e 1 in p. Pari);

pp. 9-96: 44 disegni su 88 pp. di carta bianca, in 22 quartini con disegnate le pp. centrali;

pp. 97-108: carta grigia, con 6 pp. disegnate, in 3 quartini con disegnate le pp. centrali;

pp. 109-120: carta rosa, con 6 pp. disegnate in 3 quartini con disegnate le pagine centrali:

pp. 121-132: carta celeste, nessun disegno;

pp.133-144: carta giallina, 4 pp. disegnate, in 2 quartine con disegnate le pp. centrali;

pp. 145-156: carta verdina, 6 pp. disegnate, in 3 quartine con disegnate le pp. centrali.

Da osservare che se si considera probabile che la scritta "109" sulla copertina del fascicolo indichi il numero progressivo di Album disegnati, l'insieme di questi costituirebbe un Corpus imponente. Va considerato che, dato il disegno operato nelle pagine centrali dei quartini, un certo numero di Album sia stato sfascicolato per vendere o regalare i soggetti delineati.

Domanda: perché questo quaderno n.109 è in mio possesso da cinquant'anni? La risposta logica è per amicizia, per riconoscenza delle catalogazioni effettuato a titolo gratuito perché ero un suo collezionista (avendo investito i miei risparmi nel 1967-69 in acquisto di sue litografie e incisioni). C'è un'altra possibilità, che esporrò ed è quella più plausibile, sommata alle altre ipotesi.

Opportuno riferire l'antefatto. Il 1° settembre 1971 fui assunto in prova, con presumibile scontata conferma, dalla Casa Editrice Vallecchi di Firenze, gestione Geno Pampaloni. Già tredici mesi prima avevo chiesto a Alfredo Righi (che conoscevo dal 1946) di essere assunto in Vallecchi perché dopo il tremendo incidente operatorio di mia madre (morta almeno sette volte per prolungato arresto cardiaco causato dal distacco di un polmone, tenuta in vita con massaggio cardiaco manuale per altre 7 ore, salvata da apparecchiatura proveniente dal Rizzoli – credo – di Bologna, su ambulanza preceduta e scortata dalla polizia con sirene spiegate) dovevo contribuire al bilancio domestico con entrate anziché guadagnarmi il mantenimento con attività collaborative di quelle dei genitori, altrimenti svolte da altri, ovviamente retribuiti. 

Collaborazione che ho continuato a svolgere comunque a titolo gratuito, salvo rimborsi in casi onerosi. D'altro canto era ora di affrontare la vita esercitando il dovere morale del proprio mantenimento. Tornando alla Vallecchi, presentai a Pampaloni domanda formale di assunzione. Così feci anche presso due editori fiorentini: uno, presenzialista massonico e lamalfiano mi liquidò dicendo che ero troppo qualificato per le loro necessità. Curiosamente dieci anni dopo, quando rimasi disoccupato, immemore mi dette la stessa risposta. Tutto ciò all'insaputa di mio padre, perché non volevo essere il classico raccomandato e perché avevo ormai un curriculum professionale nutrito e abbastanza prestigioso. Finalmente fui chiamato. (Anni dopo, la spontanea testimonianza del factotum della ditta, il cordiale e apprensivo amico Paolo Cantini, appresi che in realtà fui assunto da Guido Ramaciotti, l'Amministratore Delegato, il quale trovo tra le carte da vidimare per l'archiviazione la mia domanda. Begli amici … mi avevano preso per i fondelli: ero ingombrante (il cognome) meglio il quieto vivere. Lezione che ancora non avevo esperito: gli amici lo sono entri i limiti della loro convenienza; sono peggiori delle amanti, con le quali almeno c'è stata corrispondenza reale, tangente. Stronzi, allora – come poi del resto – senza lavoro non ero in grado di sostenere la mia esistenza. E lo sapevano! Meno male che ho appreso questa vicenda – confermata da uno dei responsabili dopo mia furibonda incazzatura – perché nel 1971 sarei stato veramente capace di vendicare l'affronto anche con la violenza fisica. Meno male che invecchiando sono diventato mansueto come un leone sdentato. Mi scuso per la digressione, ahimé, pertinente, credo.

Cronistoria del dono dell'Album 109: Tono, proveniente da Roma si fermò, come spesso accadeva, a La Costa, dove apprese dai miei genitori che non c'ero a pranzo perché da pochi giorni lavoravo come impiegato/redattore. Congedatori dai Ragghianti seniores, verso le quattro del pomeriggio Tono si fece portare dal suo abituale accompagnatore in Vallecchi. Caso volle, che dopo aver parcheggiato nel viale alberato del giardino Capponi lungo il lato del Kunsthistorisches Institute già casa Rosselli, Tono fosse attratto dalle decorazioni murali a rilievo delle serre laterali al fianco del giardino in fondo al quale si trovava la stanza di Alfredo Righi, dove provvisoriamente era stata sistemata anche la redazione della collana di libri alla quale dovevo attendere quale redattore. Entusiasta da quegli ornamenti – allora Tono era “invaghito” e infatuato dall'iper decorato Palazzo Palagonia di Bagheria – l'amico pavano faceva ad alta voce dei commenti. Righi e poi io, udendolo lo riconoscevamo e uscimmo dalle posta finestra sul giardino dove lo incontrammo. Alfredo, da buon intenditore, si accorse immediatamente che Tono era un po' alticcio, da soddisfatta postprandialità e ritenne non fosse il caso che l'amico artista entrasse in quello stato in Vallecchi, sede di pie persone, con private dissonanze.

Abbracci e pacche amichevoli e Tono pilotato in un Bar di Borgo Pinti. Tornando all'automobile per il ritorno a Padova. Tono fino allora allegro, scherzoso e un po' sfottente del mio nuovo impiego, si fiondò sul bagagliaio dell'auto, che il Giorgio aprì e poi, serio, quasi malinconico e triste mi regalò l'Album 109. Io rimasi perplesso, però dopo cena compresi il perché del regalo, invece Alfredo capì subito il messaggio insito nel perché del dono: era “compassione” per ciò che mi attendeva nella vita da subordinato aziendale, che ben conosceva – essendo stato bancario – e Tono di cui provava ripugnanza ma solidale compatimento da uomo le cui doti creative avevano consentito di evadere da quella inevitabile fanghiglia, destinata ai più.

F.R. (15 settembre 2021)

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