Carlo e Licia

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lunedì 7 giugno 2021

Arte Moderna in Italia 1915-1935 - Testi dei Critici, 26. MICHELANGELO MASCIOTTA (LEGA, VENNA LANDSMANN, CALIGIANI, COLACICCHI).

 


Post Precedenti:

1. RAFFAELE MONTI ( I ) - 16 giugno 2018
2. IDA CARDELLINI (LORENZO VIANI) - 28  settembre 2018 
3. UMBRO APOLLONIO (NATHAN, BIROLLI) - 19 settembre 2019
4. MARCELLO AZZOLINI (GUERRINI, CHIARINI, VESPIGNANI). 6 ottobre 2019
5/I. FORTUNATO BELLONZI (BOCCHI, D'ANTINO). 12 novembre 2019
5/II. FORTUNATO BELLONZI (MORBIDUCCI, SAETTI). 28 dicembre 2019
6. ALDO BERTINI (CREMONA, MAUGHAM C., PAULUCCI). 22 gennaio 2020.
7. ANNA BOVERO (BOSWELL, CHESSA, GALANTE). 5 febbraio 2020.
8. SILVIO BRANZI (SCOPINICH, BALDESSARI, NOVATI, SPRINGOLO, RAVENNA, KOROMPAY, ZANINI). 23 febbraio 2020.
9. GIOVANNI CARANDENTE (COMINETTI, MARINI). 4 marzo 2020.
10. ITALO CREMONA (REVIGLIONE). 7 maggio 2020.
11. ENRICO CRISPOLTI, I (BALLA, EVOLA, ALIMANDI, BENEDETTA). 2 aprile 2020.
12. ENRICO CRISPOLTI, II (COSTA, DIULGHEROFF, DOTTORI, FILLIA). 6 aprile 2020.
13. ENRICO CRISPOLTI, III (ORIANI, PANNAGGI, PRAMPOLINI, MINO ROSSO), 10 aprile 2020.
14. RAFFAELINO DE GRADA I (BOLDINI, ANDREOTTI). 22 giugno 2020.
15. RAFFAELINO DE GRADA II (BERNASCONI, CARPI, CARENA, FUNI). 6 luglio 2020.
16. ANTONIO DEL GUERCIO (MAZZACURATI, MENZIO, RICCI). 8 agosto 2020
17. TERESA FIORI (INNOCENTI). 1 settembre 2020.
18. CESARE GNUDI (FIORESI, PIZZIRANI, PROTTI). 2 ottobre 2020.
19. VIRGILIO GUZZI (MANCINI, CAVALLI, MONTANARINI, PIRANDELLO). 19 novembre 2020.
20. MARIO LEPORE (DEL BON, LILLONI). 21 dicembre 2020.
21. LICISCO MAGAGNATO (NARDI, PIGATO, FARINA, TRENTINI, ZAMBONI, BERALDINI, SEMEGHINI). 21 gennaio 2021.
22. CORRADO MALTESE (GERARDI). 4 marzo 2021.
23. FRANCO MANCINI (PANSINI, NOTTE, BRESCIANI, CRISCONIO, CIARDO, GATTO, VITI).  3 aprile 2021.
24. GIUSEPPE MARCHIORI, 1 (ROSSI, LICINI). 3 maggio 2021.
25. GIUSEPPE MARCHIORI, 2 (SEVERINI, SPAZZAPAN). 28 maggio 2021.


Vedo che su Michelangelo Masciotta (1905-1985) critico d'arte nel 1996 è stato pubblicato il volume M.M. critico e scrittore d'arte a cura di Sandro Saccardi. Ciò mi consola sul fatto che la persona affabile che è stata Masciotta non sia caduta nel dimenticatoio dopo la morte, oppure soltanto affidata alla giungla di Internet. Detto per inciso mi ha sorpreso che nel pur utile Dizionario Generale degli autori italiani contemporanei (1974), edito da Vallecchi quanto ci lavoravo, Masciotta sia ignorato, mentre vi compaiono F. Masci, E. Masi e persino A. Masnovo. A pensarci un po' sopra, considerando la firenzineria redazionale, ritengo che l'assenza sia dovuta a personali livori, a covata invidia, di qualcuno dello staff prepampaloniano.

I rapporti tra C.L. Ragghianti e Masciotta sono sempre stati buoni, fondati sulla stima reciproca e della condivisione di valori, in primis l'onestà intellettuale. Trovo, infatti, in Archivio che nel 1946 Masciotta propone (5 dicembre) per le Edizioni U – dirette da Ragghianti – un testo su Pittori italiani del Novecento, progetto non concluso per le difficoltà, non solo economiche, della Casa editrice. Sempre nel dicembre 1946 (il 16) Morandi scrive a C.L.R.: “Ieri ho consegnato a Cavalli i due dipinti per lui ed un terzo che verrà a ritirare il signor Masciotta...E mi scusi molto della libertà che mi sono preso di consegnare il quadro a Masciotta”.

Ignoro di che cosa si tratti, forse del dipinto donato da Morandi allo “Studio Italiano di Storia dell'Arte” da poco fondato da C.L. Ragghianti? Dipinto sfortunato perché nei primi anni Cinquanta fu rubato (prima di quello della Fondazione Longhi) in Palazzo Strozzi. Trista faccenda che i Carabinieri non riuscirono ad appurare. Io avevo allora poco più di dieci anni e non ne seppi niente; non ricordo come, quando già lavoravo in Vallecchi, seppi qualcosa dell'accaduto, ne chiesi ad Alfredo Righi (all'epoca impiegato dello Studio), però fu vago e imbarazzato nel rispondere, perché ancora turbato che nell'inchiesta fossero stati sospettati anche (e soprattutto) gli studiosi gravitanti sullo Studio oltre al personale de “La Strozzina” e del Palazzo Strozzi. Siccome certamente seguì per conto di C.L.R. l'inchiesta ufficiale il validissimo colonnello Rocchetti – l'unico vero braccio destro nel quale mio padre abbia potuto riporre fiducia incondizionata in tutta la sua esistenza – è certo molto strano che quando fu sciolta “La Strozzina” (erede fisica delle carte, mobili ecc. dello Studio) io, incaricato di vagliare il materiale, non trovassi nessun incartamento relativo alla presenza del colonnello ed alla sua attività oltre l'IFAS, tantomeno notizie o atti (la denunzia ai CC., ad es.) riguardanti questo fattaccio irrisolto.

La lettera manoscritta del 6 novembre 1949 di Masciotta è la risposta a una smarrita (?) lettera di Ragghianti. Essa contiene anche la notizia della monografia su Kokoschka quasi pronta per la stampa e considerazioni su “La Strozzina”. Il pittore austriaco – antipatico, tra parentesi quadre – gravitò spesso in quegli anni su Firenze dove, oltre a Masciotta suo critico e collezionista, aveva molte relazioni sociali snobistiche. Ciò nonostante ricordo confusamente che i miei genitori ebbero sovente incontri allo “Studio” o a che fare con K. in altre occasioni (Teatro 

comunale, ricordo); l'artista però non fu mai invitato a casa nostra. Attorno a questo pittore austriaco e a “La Strozzina”, riporto la scheda n.25 (dal volume “Mostre permanenti”. C.L.R. in un secolo di esposizioni, Fondazione Ragghianti, Lucca 2018) redatta da Carla Ardis, dalla quale si evince l'importanza della Collezione d'Arte Masciotta (veramente una delle poche qualificate e ricche di opere di Firenze, che m'auguro non sia andata dispersa malamente dopo la morte del raccoglitore) e la qualità del rapporto con Carlo L. Ragghianti.

La lettera dell'11 gennaio 1951 a Ragghianti è un esempio della loro frequentazione abituale. Di notevole interesse circa la considerazione dello spessore e della preparazione storico-critica di Masciotta da parte di R. è la lettera del 16 ottobre 1953, dalla quale si ricava uno spaccato desolante della qualità professionale dei componenti del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione e del credito che godeva l'arte moderna al Ministero. Documenta anche il fatto che C.L.R. proponesse Masciotta degno e capace di accedere all'insegnamento universitario provenendo dal liceo artistico.

Mentre i documenti attestano che Masciotta fu sempre solidale con R. (in particolare nel 1967, dopo l'ignobile articolo del Previtali su “Paragone”), riscontro che M. fu chiamato a insegnare all'Università Internazionale dell'Arte di Firenze fin da poco dopo la sua fondazione e per gli anni 1979-1984 a tenere un corso di lessicografia artistica.

Ciò in conseguenza del successo editoriale dal 1969 (non 1967) della pubblicazione del volume Dizionario dei termini artistici, rigorosamente e classicamente tali, escludendo la terminologia collegata all'ambiente delle Aste d'Arte e a quello del commercio delle opere d'arte (penso all'aberrante classificazione per “punti” anziché per qualità, ad es.). Opera molto utile agli studiosi, non solo italiani, in quanto dopo il Dizionario nel Repertorio viene riportata la traduzione dei lemmi in francese-italiano, inglese-italiano, tedesco-italiano.

E' debito ricordare, sempre nell'ambito di Palazzo Strozzi, che dal 1941 si svolse l'importante sodalizio amicale e professionale tra Masciotta e Alessandro Bonsanti, direttore del Gabinetto Vieusseux e della prestigiosa rivista “Letteratura” (che ragazzino ricordo come la Bibbia di Pier Carlo Santini, il quale l'aveva sempre tra le mani, invece di “SeleArte”). Debbo dire anche che raramente ho constatato un equilibrio e una disponibilità tra l'essere studioso, critico militante, collezionista, insegnante, poeta e letterato come nel caso di Masciotta. Una persona perbene, “sempre garbato e mai inutilmente polemico”, che fu anche sincero amico di personaggi spesso sopra le righe come Ottone Rosai, ad esempio.

Su Masciotta e la sua onestà sostanziale voglio riportare la storia del dipinto Paese con viti, tratta dalla testimonianza di Alessandro Saccardi nel minilibro Tenente Michelangelo Masciotta (Pananti, Firenze 1985). Di Masciotta “scrittore d'arte” ripropongo, anche perché attinente a questo post, l'Introduzione al volume Novecento in Toscana. Toscani d'adozione, 1979.

F.R. (13 maggio 2021)







Con Achille Lega (1899-1934) si tratta di analizzare un artista precoce e genialoide (non a caso subito amico di Primo Conti anch'egli enfant prodige pochi anni prima) dagli esordi futuristi fusi col cubismo circolante a Firenze. E' stato anche sperimentatore e predecessore (1917) di “una pittura che si può considerare antesignana dell'aereopittura codificata nel 1929”. Tutte le carte e i documenti che riguardano Lega sono conservate presso la Fondazione Primo Conti a Fiesole.

Personalmente, per carattere, faccio molta fatica a distinguere l'uomo dal pittore e incisore valente, anche se questa operazione mentale deve essere effettuata per quasi tutti gli artisti attivi nel periodo 1915-1935. Ciò negli anni che vanno dalla guerra nazionalista (si ricordi che secondo Giolitti – e altri – con la neutralità l'Italia avrebbe potuto ottenere le stesse terre poi “redente” e conquistate col sangue dei seicentomila soldati periti in combattimento), al fascismo vincente e trionfante con la proclamazione dell'impero.

Per quanto riguarda il Lega, nel quasi deserto della critica, riporto il Ricordo di Giuseppe Bottai, il fascista militante che si piccava di essere uomo di cultura. Orbene, lo scritto del Ministro dell'Educazione Nazionale (che dopo la fine 

del fascismo cercò nella Legione Straniera un personale paradosso di espiazione e di continuità) è illuminante: Lega risulta essere un delinquente abituale violento, legalizzato. E non era il solo: Rosai forse ha fatto di peggio; Maccari fu un getta il sasso e nascondi il braccio; e via elencando, volendo. Per persona democratica quale sono, tutti costoro umanamente e storicamente sul piano personale, civile sono mascalzoni, violenti e degenerati, come poi qualche decennio dopo lo furono i loro emuli delle Brigate Rosse, di Lotta continua, ecc.

Forse occorrerebbe coniare per quegli artisti e i loro simili di sempre (ad es. Caravaggio) una definizione sociologica classificatoria, del tipo di quella – Art Brut – inventata da Jean Dubuffet per definire casi psichicamente anormali e altre manifestazioni espressive inclassificate.

Per scrupolo, per par condicio, a beneficio del conformismo solidamente imperante – alleato al politicamente corretto – per altro attento di fatto più ai valori pecuniari, record d'asta, al mercato e ai relativi profitti, propongo in questo post il testo che dedica a Lega Achille nel libro Novecento toscano. Toscani d'adozione (1979) Raffaele De Grada, equilibrato storico non a caso divenuto comunista secondo i canoni gesuitici cari al Palmiro Togliatti.

F.R. (11 maggio 2021)


Il triestino Lucio Venna Landsmann (1897-1974) è stato un artista sfortunato avendo, sotto un bombardamento alleato, lo studio con gran parte della sua produzione pittorica fino al 1943 distrutti. Pertanto fu invitato alla Mostra di Palazzo Strozzi più in considerazione del ricordo ammirato delle sue qualità di pittore che per la possibilità di selezionare adeguatamente le opere da esporre.

Come ricorda nella scheda n.65 (che riproduciamo dallo spesso citato volume “Mostre permanenti”. C.L.R. in un secolo di esposizioni) Daria Brasca, Ragghianti ebbe l'opportunità di conoscere e valutare la qualità dei suoi interventi pubblicitari convincendosi che Venna era un Maestro di quella che egli definì “arte pubblicitaria”.

In Archivio trovo un dattiloscritto del 1955 di Adriano Seroni, esponente PCI critico d'arte e di letteratura, antipatizzante di mio padre (che lo ricambiava chiamandolo Zeroni) con indicazioni a matita indicativi del fatto che il testo era stato edito. Se consegnato per la mostra del '57 di Venna a “La Strozzina”, non fu pubblicato; potrebbe invece essere stato su “L'Approdo” rivista del radioprogramma omonimo. Lo riproduco qui soltanto perché è un dettagliato resoconto biografico dell'artista. Del 1965 è il testo di Renzo Federici che “rende omaggio all'arte pittorica di Venna quale sintesi della lezione futurista e a tratti cubista” (Daria Brasca). Per concludere, un ritratto circostanziato ed anche affettuoso del pittore triestino trapiantato ragazzo a Firenze è tratteggiato da Armando Nocentini dal volume Novecento toscano. Toscani d'adozione.

Per quel che riguarda il rapporto tra C.L.R. e Venna, esso è iniziato durante la Resistenza; prosegue con frequenti contatti durante la presidenza del Comitato Toscano di

Liberazione Nazionale da parte di mio padre mentre il pittore rappresentava il sindacato degli artisti CGIL, ancora unitario dai cattolici ai laici e ai socialcomunisti. Comunque nel dopoguerra Venna fu, nonostante l'appartenenza al PCI, sempre solidale e coadiuvante con le tante iniziative fiorentine intraprese da C.L.Ragghianti (vedi all'Homepage di questo blog gli Indici di “SeleArte”, IV s.; Ragghianti per Firenze, n. ___, pp. ___ ), compresa la solidarietà per le calunniose insinuazioni di aver profittato dell'Alluvione del 4 novembre 1966.

Personalmente ho avuto la ventura di passare con Venna l'intera giornata della annuale gita aziendale organizzata dalla Fotoincisione Florentia, fornitrice dei clichés di “SeleArte”, “Critica d'Arte”, “La Strozzina”. Venna era presente in qualità di amico e collaboratore (stampava sul loro torchio tipografico le proprie litografie, come Tono Zancanaro faceva da Busato); Pier Carlo Santini ed io invitati quali rappresentanti di vecchi e fedeli clienti. Andammo vicino a Sarzana, su una bella spiaggia; per me adolescente fu un'esperienza di interesse sociologico ma, soprattutto, per mancanza di coetanei e coetanee mi si offrì il destro di passare tutto il tempo – viaggio in bus compreso – praticamente con l'anziano pittore, patriarcale e benevolo. Questo anche perché Pier Carlo – birichino – s'era buttato in flirt innocui e superficiali ma intensi, danze, canti ecc. Un aspetto di lui, che conoscevo ormai da una decina d'anni, davvero inaspettato. Essendo in piena formazione culturale, io trassi dall'anziano, saggio ed esperto gentiluomo Venna una concentrata mole di notizie storiche, sociopolitiche, artistiche formative e filosofiche, compreso il fatto gratificante che anche lui aveva avuto un cursus studentesco molto sofferto. Insomma, per un giorno Venna fu il nonno che avrei voluto avere.

F.R. (14 maggio 2021)

Undici litografie monocrome per Auguri, anni Sessanta.

Personaggio di spicco della Firenze localistica e paiolante, Alberto Caligiani (1894-1973) fu temuto da tanti nell'ambiente artistico per il caratteraccio e per la sua conoscenza dei comuni trascorsi prebellici; da altri, soprattutto giovani, era considerato un sopravvissuto.

Non trovo praticamente niente da aggiungere a quanto scrive Masciotta nella scheda. Penso che sia stato effettivamente un pittore – pittore, però privo della cultura e del controllo delle tavolozze necessari per essere un maestro. Apprezzabile per come ha sostenuto l'isolamento 

desolante nel quale era stato ipocritamente confinato.

Stette sempre alla larga di C.L. Ragghianti, né da questi fu coinvolto nelle proprie iniziative. Aderì cordialmente ma in ritardo (5 giugno 1967) all'invito a donare un'opera rappresentativa per il Museo d'Arte Contemporanea, fondato nei giorni seguenti l'Alluvione di Firenze del 4 novembre 1966. Non so se in seguito Caligiani abbia consegnato o sia stato interpellato per consegnare l'opera promessa.

F.R. (12 maggio 2021)



Anche per Giovanni Colacicchi Caetani (1900-1992) la scheda di Masciotta è criticamente esauriente. Di nobile ed abbiente famiglia di Anagni, fece studi universitari stabilendosi a Firenze. In gioventù Colacicchi fu anche intellettuale di notevole spessore, tra i fondatori di “Solaria” con Montale, Ungaretti, Gadda, Carocci, Svevo, Franchi, Bramanti e Leo Ferrero. Dal 1927 ai primi anni Trenta ha frequentato e introitato il pensiero di Hildebrand, Van Marées, Fiedler e dal 1940 Bernardo Berenson con una amicizia “durata fino alla morte” dello studioso e mercante lituano.

Durante la guerra aderì al Partito d'Azione, dalla cui diaspora seguì i socialisteggianti. In quanto amico di Carlo Levi (rifugiato in Firenze durante la Resistenza e protetto dal Pd'A fino alla Liberazione dell'11 agosto) fu vicino a Ragghianti nel primo dopoguerra. Questi lo difese dal tentativo clericale destrorso di normalizzare la scuola e la cultura operato da Gonella (Ministro P.I.) il quale intendeva deporlo da Direttore dell'Accademia di Belle Arti di Firenze, scuola che Colacicchi diresse a lungo e di cui fu sempre docente. In proposito riporto una delle lettere inviate da 

C.L.R. ai direttori della stampa socialista indipendente e democratica non comunista o padronale. Avvenne poi, dato il pettegolezzaio firenzino, che non sfuggì a Colacicchi l'opinione – per altro soltanto orale – sulla modestia stilistica degli affreschi del caffè-cinema Gambrinus. Ne conseguì l'avvicinamento progressivo a Siviero, che mio padre considerava motivatamente un avventuriero, uno di quei ricorrenti personaggi (spesso massoni devianti o deviati) che hanno reso torbida ed inesplicabile la storia della nostra Repubblica.

Nella panoramica consueta di opere dell'artista ho riscontrato molte difficoltà nel tentativo di dare qui una sequenza cronologica attendibile, dato che Colacicchi firma ma non data i propri dipinti, salvo rare eccezioni. Vedo che U. Baldini scrive: “C. raramente ha segnato e segna le sue opere con una data; si capisce bene in fondo il perché”; segue una argomentazione che non condivido, considerandola elegantemente pretestuosa. La scheda del Catalogo della Mostra “Arte in Italia 1935-55” è a cura di Antonello Trombadori e Valerio Rivosecchi.

F.R. (15 maggio 2021)

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