Carlo e Licia

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lunedì 21 dicembre 2020

Arte Moderna in Italia 1915-1935 - Testi dei Critici, 20. MARIO LEPORE (DEL BON, LILLONI).

    


Post Precedenti:

1. RAFFAELE MONTI ( I ) - 16 giugno 2018
2. IDA CARDELLINI (LORENZO VIANI) - 28  settembre 2018 
3. UMBRO APOLLONIO (NATHAN, BIROLLI) - 19 settembre 2019
4. MARCELLO AZZOLINI (GUERRINI, CHIARINI, VESPIGNANI). 6 ottobre 2019
5/I. FORTUNATO BELLONZI (BOCCHI, D'ANTINO). 12 novembre 2019
5/II. FORTUNATO BELLONZI (MORBIDUCCI, SAETTI). 28 dicembre 2019
6. ALDO BERTINI (CREMONA, MAUGHAM C., PAULUCCI). 22 gennaio 2020.
7. ANNA BOVERO (BOSWELL, CHESSA, GALANTE). 5 febbraio 2020.
8. SILVIO BRANZI (SCOPINICH, BALDESSARI, NOVATI, SPRINGOLO, RAVENNA, KOROMPAY, ZANINI). 23 febbraio 2020.
9. GIOVANNI CARANDENTE (COMINETTI, MARINI). 4 marzo 2020.
10. ITALO CREMONA (REVIGLIONE). 7 maggio 2020.
11. ENRICO CRISPOLTI, I (BALLA, EVOLA, ALIMANDI, BENEDETTA). 2 aprile 2020.
12. ENRICO CRISPOLTI, II (COSTA, DIULGHEROFF, DOTTORI, FILLIA). 6 aprile 2020.
13. ENRICO CRISPOLTI, III (ORIANI, PANNAGGI, PRAMPOLINI, MINO ROSSO), 10 aprile 2020.
14. RAFFAELINO DE GRADA I (BOLDINI, ANDREOTTI). 22 giugno 2020.
15. RAFFAELINO DE GRADA II (BERNASCONI, CARPI, CARENA, FUNI). 6 luglio 2020.
16. ANTONIO DEL GUERCIO (MAZZACURATI, MENZIO, RICCI). 8 agosto 2020
17. TERESA FIORI (INNOCENTI). 1 settembre 2020.
18. CESARE GNUDI (FIORESI, PIZZIRANI, PROTTI). 2 ottobre 2020.
19. VIRGILIO GUZZI (MANCINI, CAVALLI, MONTANARINI, PIRANDELLO). 19 novembre 2020.


Di Mario Lepore (1908-1972) si veda la scheda postata il 23 luglio 2019, nella quale egli è analizzato soprattutto come pittore. Fu anche però critico d'arte e giornalista per il “Corriere d'Informazione”, quotidiano pomeridiano di Milano. E come tale, Lepore fu coinvolto nel Comitato incaricato di redarre le schede degli artisti esposti, dimostrando un equilibrio critico notevole (come risulta anche dal suo libro Il pittore, Vallecchi 1962) ed equanime, se si considera la sua pittura stilisticamente così diversa, distante da quella operata da Angelo Del Bon e Umberto Lilloni da lui esaminata nell'ambito della Mostra 

“Arte Moderna in Italia 1915-1935”.

Questi due artisti furono sostenuti da Edoardo Persico (1900-1936), trasferitosi da Torino a Milano per dirigere “Casabella”. Intorno al 1932 il critico d'arte teorizzava una poetica – indicata come chiarismo – derivante da Ranzoni, Preziati ed Alciati, i quali avevano dipinto particolare umanità e una Lombardia palpitante di un'atmosfera che sarà ripresa appunto da Del Bon, Lilloni, De Rocchi, Spilimbergo e De Amicis.

F.R. (9 novembre 2020)



Oltre a quanto con pertinenza scrivono nella scheda iniziale Mario Lepore e in quella tratta dal Catalogo Arte in Italia 1935-55 Mario de Micheli sulla delicata pittura di Del Bon, mi sembra più confacente utilizzare due testi appropriati e illuminanti. Il primo scritto è dovuto ad Alfonso Gatto, poeta (“civile” sottolineava C.L. Ragghianti), grande 

personaggio contraddittorio e avvincente, nonché scrittore e critico di raro acume. Fu amico di Del Bon ma anche di C.L.R. e mio, prematuramente scomparso e tuttora rimpianto. Il secondo testo è del pittore Aligi Sassu, che nei confronti del collega dimostra la sua capacità di essere scrittore invidiabile e nobile amico.

F.R. (10 novembre 2020)





Anche Umberto Lilloni (1898-1980) è stato pittore “chiarista” di vaglia, cui si confà la definizione che l'Enciclopedia Treccani dà di questi artisti: “contrapposero al chiaroscuro del movimento Novecento e alle contemporanee ricerche astratte, una pittura dai toni chiari e luminosi, recuperata anche attraverso la pratica en plain air, caratterizzata da una scioltezza di tratti di ispirazione postimpressionista e da tematiche spesso sottilmente intimiste”. Anche a Lilloni la critica ha riconosciuto i meriti che egli ha conquistato con una costante attività pittorica (spesso en plain air) espressa sempre con scrupolosa amobilità e perizia.

Ancora il compianto amico Alfonso Gatto ha più volte scritto su di lui. Qui di seguito ne riporto soltanto un estratto; così come riporto un brano di Luciano Budigna dalla monografia complementare al fascicolo n.3 della rivista “Le Arti” (marzo 1966), diretta da Garibaldo Marussi. Il testo della scheda del Catalogo Arte in Italia 1935-1955, inserito nella sequenza delle illustrazioni, è stato scritto da Raffaele De Grada.

A proposito di Umberto Lilloni rammento un aneddoto che mi riguarda di persona. Durante la mostra in Palazzo Strozzi del 1967 posso testimoniare che nel settore dove erano esposti i dipinti (quasi tutti di notevoli dimensioni) di Lilloni avveniva una delle soste più prolungate del percorso espositivo e con unanime apprezzamento. Ottima cosa per l'artista, fatto irrilevante ma deludente per il “comune” vedore, data la prossimità – per altro ammirata e riverita – dei capolavori dei grandi maestri del secolo: Morandi, Modigliani, Carrà, Campigli, ecc. 

Mi accorsi di questo comportamento “sociologico” perché ogni volta che capitavo in mostra (pressoché un giorno sì e uno no) mi recavo a contemplare un quadrone del Maestro

lombardo – il n.1160 del Catalogo, qui riprodotto – rappresentante un aggraziato, gentilmente ammiccante Nudo femminile, di cui coltivai l'idea di acquistarlo per arredare l'ufficio provvisorio, dopo l'alluvione, ponendolo di fronte alla mia scrivania. Ovviamente in sé la scelta del soggetto non era il motivo determinante, essendomi l'adolescenza tramontata da quasi un decennio. Il dipinto mi piaceva per il suo “chiarismo” - mi si scusi il gioco di parole – e perché lo trovavo rasserenante, di compagnia, sostanzialmente ironico.

Un giorno che Lele Monti stava compulsando il prezzario fornito da Ettore Gian Ferrari (che deteneva l'esclusiva delle vendite durante la mostra) lo scorsi anch'io constatando che i miei risparmi disponibili erano del 10% inferiori al prezzo richiesto dall'autore per cedere la sua opera.

Non feci ulteriori passi e rinunciai – a malincuore – all'acquisto. Non perché non potessi trovare facilmente e subito credito per la cifra mancante, ma perché fin da ragazzo m'ero imposto la norma di non avere mai debiti di denaro (come quello sciagurato del nonno materno), proponimento che sono riuscito a mantenere fino ad ora che sono vecchio.

Rinunciai però soprattutto perché ero consapevole che se avessi esposto il mio desiderio a Gian Ferrari – un vero gentiluomo – egli mi avrebbe consegnato l'opera o rinunciando a una parte del suo compenso o convincendo l'artista anche con l'argomento che ero figlio di. E questo non lo potevo accettare. Non soltanto per il mio orgoglio, ma perché avrei potuto mettere in imbarazzo i miei genitori con questa inusitata sorta di conflitto di interessi.

F.R. (10 novembre 2020)




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