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martedì 1 dicembre 2020

Arnaldo Cantù 1912-1914.

A tracciare questo profilo mi spinge il silenzio che vige ancora sugli scritti e il nome di Arnaldo Cantù...” scrive nel 1977 su “Critica d'Arte” Raffaele Bruno constatando la “dimenticanza...pressoché totale salvo il necrologio, doveroso, apparso nella Cronaca di Belle Arti del dicembre 1915 (supplemento del Bolletino d'Arte ministeriale, II, n.12, pp.88-89) e il caso affatto eccezionale di Ragghianti...”.

In effetti a questa “dimenticanza” durata un sessantennio ne è seguita una di più di quaranta anni. Oggi su Internet sul critico d'arte Cantù risultano soltanto il citato necrologio e una voce su “Enciclopedia Bresciana”. Anche dell'indispensabile e chiarificante saggio su “Critica d'Arte” (Arnaldo Cantù 1912-1914, 1, n.154-156, lug.-dic. 1977, pp.29-41; 2, n.157-159, gen.-giu. 1978, pp. 7-20) non c'è traccia; non c'è una voce di Wikipedia e nemmeno nel Dizionario Biografico degli Italiani della Treccani.

Quanto al “caso affatto eccezionale di Ragghianti”, le indicazioni date da Bruno nella Postilla (p.19, II parte) non sono accessibili se non attraverso la lettura dello scritto su Cantù, di cui riportiamo il paragrafo:



Si consideri, infine, che nel periodo 1977-78 la casa editrice Nuova Vallecchi attraversava un momento di particolare crisi economica ed editoriale da cui conseguiva che la rivista “Critica d'Arte” fu malamente diffusa soltanto tra gli abbonati. Così il saggio di Raffaele Bruno non poté fruire né della consueta diffusione, né della risonanza – sia pur modesta – del servizio stampa e dei lanci d'agenzia perché non furono effettuati. Tutte queste circostanze sommandosi alla nascita e alla crescita esponenziale del web, rendono a mio avviso più che opportuna, necessaria la postazione su internet in modo che almeno esista lo storico e critico d'arte Arnaldo Cantù (morto trentenne nel 1915) e possa essere conosciuto tramite l'autorevole passione dell'importante saggio di Raffaele Bruno, il quale avrà così il merito di resuscitare uno scrittore che altrimenti sarebbe stato se non perduto, nascosto alla cultura dell'umanità presente.

Per i pochi superstiti anagrafici della lettura su “Critica d'Arte” dello studio di Raffaele Bruno sarà una gradita conferma dell'importanza di un pensiero il cui “orientamento di fondo si basa sulla rivendicazione del potere liberatore dell'arte come conoscenza e della critica come compresione e possesso della forma e delle sue ragioni interiori”. E tale orientamento, quindi, deve far riflettere gli studiosi maturati in questi quarant'anni, specialmente adesso in una temperie morale e sociale di esplicita violenza e irrazionalità così simile a quella di un secolo fa, che tante sciagure ha scatenato.

Si rifletta e si trovi la forza di reagire e di agire in sintonia con l'affermazione di Arnaldo Cantù circa “il concetto che l'arte è la forma unica della conoscenza del reale” (1914); e altrettanto si faccia quando si legge quel che scrive (1977) Raffale Bruno circa l'arte che è “una liberazione ed è insieme un atto di fede nell'unica verità e conoscenza che rimanga o sembri rimanere in un mondo come quello sconvolto dall'odio e dalla violenza, dal credito all'irrazionale e all'inconscio...”.

F.R. (14 novembre 2020)



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