Carlo e Licia

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giovedì 19 novembre 2020

Arte Moderna in Italia 1915-1935 - Testi dei Critici, 19. VIRGILIO GUZZI (MANCINI, CAVALLI, MONTANARINI, PIRANDELLO).

   


Post Precedenti:

1. RAFFAELE MONTI ( I ) - 16 giugno 2018
2. IDA CARDELLINI (LORENZO VIANI) - 28  settembre 2018 
3. UMBRO APOLLONIO (NATHAN, BIROLLI) - 19 settembre 2019
4. MARCELLO AZZOLINI (GUERRINI, CHIARINI, VESPIGNANI). 6 ottobre 2019
5/I. FORTUNATO BELLONZI (BOCCHI, D'ANTINO). 12 novembre 2019
5/II. FORTUNATO BELLONZI (MORBIDUCCI, SAETTI). 28 dicembre 2019
6. ALDO BERTINI (CREMONA, MAUGHAM C., PAULUCCI). 22 gennaio 2020.
7. ANNA BOVERO (BOSWELL, CHESSA, GALANTE). 5 febbraio 2020.
8. SILVIO BRANZI (SCOPINICH, BALDESSARI, NOVATI, SPRINGOLO, RAVENNA, KOROMPAY, ZANINI). 23 febbraio 2020.
9. GIOVANNI CARANDENTE (COMINETTI, MARINI). 4 marzo 2020.
10. ITALO CREMONA (REVIGLIONE). 7 maggio 2020.
11. ENRICO CRISPOLTI, I (BALLA, EVOLA, ALIMANDI, BENEDETTA). 2 aprile 2020.
12. ENRICO CRISPOLTI, II (COSTA, DIULGHEROFF, DOTTORI, FILLIA). 6 aprile 2020.
13. ENRICO CRISPOLTI, III (ORIANI, PANNAGGI, PRAMPOLINI, MINO ROSSO), 10 aprile 2020.
14. RAFFAELINO DE GRADA I (BOLDINI, ANDREOTTI). 22 giugno 2020.
15. RAFFAELINO DE GRADA II (BERNASCONI, CARPI, CARENA, FUNI). 6 luglio 2020.
16. ANTONIO DEL GUERCIO (MAZZACURATI, MENZIO, RICCI). 8 agosto 2020
17. TERESA FIORI (INNOCENTI). 1 settembre 2020.
18. CESARE GNUDI (FIORESI, PIZZIRANI, PROTTI). 2 ottobre 2020.


Nato a Molfetta - come Gaetano Salvemini amico tutelare della nostra famiglia - nel 1902 Virgilio Guzzi è stato uno scrittore e un intellettuale assai vivace e presente non solo perché pupillo di Giovanni Gentile, ma per propri meriti che via via orientò verso la critica d'arte contemporanea e la storia dell'arte. Spontanei interessi espressivi verso la scultura e poi pittura lo trasformeranno – dopo un tirocinio serio e approfondito – in un artista, in un pittore presente e coprotagonista delle più importanti esposizioni e delle più significative manifestazioni figurative tra le due guerre. Conobbe e certamente frequentò in Roma Carlo L. Ragghianti, il quale pur con prospettive critiche e metodologiche innovative apprezzò la capacità di Guzzi quale mediatore e organizzatore culturale. Ebbero in comune fraterni amici come Fortunato Bellonzi, Renato Guttuso, Scipione, Pier Maria Bardi e altri importanti protagonisti delle arti figurative in Roma e nella intera Italia.

Siccome Virgilio Guzzi partecipò alla mostra Arte Moderna in Italia 1915-1935 soprattutto in qualità di pittore, come tale sarà indagato nella scheda curata da Antonello Trombadori che lo riguarderà e che sarà postata tra qualche tempo. Oltre il ritratto che gli fece (c. 1937) il suo caro e costante amico Fausto Pirandello, in questa sede riporto il trafiletto da “seleArte” (n. 54, 1961, p. 33) nel quale mia madre segnala un libro di Guzzi. Non ho potuto esimermi dal riportare qui sotto anche il breve articolo pubblicato il 31 maggio 1978 nel “Tempo” di Roma nel quale Guzzi segnala con pacata ironia la realizzazione delle incredibili scatolette di “merda d'artista” di Piero Manzoni. Ho scelto questo scampolo tra i ritagli soprattutto perché pubblicato 153 giorni prima della morte di Guzzi, dimostrandone la lucidità prima della dipartita. A questo aggiungo una mia provocatoria perplessità: le scatolette furono effettivamente (pare) riempite di merda e quindi sigillate nello stabilimento industriale Manzotin (allora carne in scatola in concorrenza con l'eterna Simmenthal). Ciò perché Manzoni era un membro della famiglia 


proprietaria di quell'industria alimentare. Domando: come fu conservata la quantità di cacca per tutte le non poche scatolette realizzate? Furono quindi inscatolate nella catena di montaggio ordinaria? Furono prese adeguate misure igieniche prima durante e dopo la chiusura stagna di ciascuna scatoletta?

Pare che valgano tuttora molto denaro nel mercato. Si dice che de gustibus non est disputandum, però se ne viene aperta una (così come, pare, avviene con costosissime bottiglie di vino) che succede? Il collezionista e i suoi ospiti la degusteranno bevendo – direi opportunamente – lo champagne del “mitico” cretino James Bond?

F.R. (20 ottobre 2020)




Nonostante le calzanti parole della “scheda” di Virgilio Guzzi, si può osservare che questo artista – ancora attivo nel primo trentennio del Novecento – sembra marginale al contesto della mostra di Palazzo Strozzi. Non lo è grazie soprattutto alla sua capacità di operare un 

ductus pittorico innovativo.

Ritengo anche che la citazione da un articolo di Maurizio Calvesi (”Art e Dossier”, n. 57, 1991, pp. 20, 21) spieghi con chiarezza la posizione di Antonio Mancini anziano. 


Attraverso sei Autoritratti si propone un breve excursus dell'esistenza dell'artista, cui fanno seguito quattro dipinti del periodo 1915-1935.

F.R. (19 ottobre 2020)




Premesso che a mio parere (per quel che può valere e importare) Emanuele Cavalli (1904-1981) è stato un artista troppo accantonato dalla critica del suo tempo, nonché – direi – da quella attuale. Nonostante fosse “fiorentino” soltanto dal 1945 e aspirante “a una fiorentinità che pochi come lui possono vantare”, come scrive Giovanni Colacicchi, non ha avuto rapporti significativi con mio padre e nemmeno con l'entourage dello Studio Italiano di Storia dell'Arte (penso a Alfredo Righi, ecc.), né di quello di “seleArte” (Pier Carlo Santini, Lara V. Masini), ma nemmeno ho riscontrato e sentito da C.L.R. e da altri pareri limitativi o addirittura negativi della sua espressività.

Vedo nel Catalogo della Seconda Quadriennale d'Arte di Roma (1935) che Cavalli nella breve autopresentazione richiesta agli artisti è uno dei pochi che non cita nemmeno indirettamente il regime fascista. Trentenne egli descrive efficacemente, senza retorica, e con inconsueta modestia il suo lavoro e le sue aspirazioni stilistiche in questi termini:



A Roma negli anni Trenta, con studio in comune, è sodale di Capogrossi ed amico di Pirandello e Cagli; con loro fece attiva parte del gruppo della “pittura tonale” e attirò l'attenzione di critici stranieri quali Waldemar George, e “soprattutto” di André Chastel, autorevole e prestigioso anche se discutibile storico dell'arte.

Così Colacicchi (1979) riporta il pensiero di Cavalli: “la pittura tonale è quella in cui il raggiungimento della forma è ottenuto senza il concorso di procedimenti chiaroscurali o grafici; o piuttosto in cui ogni procedimento chiaroscurale o grafico scompare come assorbito nell'immagine formata. Si tratta dunque di un'idea strettamente legata all'esecuzione della pittura...”.

Questo artista severamente coerente alla propria poetica e alle tematiche in cui l' investe, fa dire all' amico Onofrio Martinelli: ” Cavalli si tenne all'assunto di questi postulati nel rigore più letterale e nella accezione più strettamente pittorica, rispetto ai suoi compagni di gruppo e alle loro personali inflessioni... La sua concezione della pittura, rimasta fino ad oggi sostanzialmente immutata dopo decenni di attività, ha tenuto fede a quelle iniziali premesse... allargando gradualmente la sua sfera, è divenuta semplicemente lo specchio del suo modo di essere e di sentire”.

F.R. (20 ottobre 2020)


Cat. 1935/55 A. TROMBADORI E V. RIVOSECCHI


Luigi Montanarini (1906-1988) a differenza di Emanuele Cavalli è stato un artista partito col “botto” nella considerazione della critica a lui contemporanea. Anche Carlo L. Ragghianti nella recensione Arte contemporanea in Italia, p. xxxvii – riprodotta qui nell'inserto iconografico – dell' esposizione alla Galleria della Cometa, pubblicata in “La Critica d'Arte” (a. III, n. 4-6, ago.-dic. 1938), ha per il suo operato considerazioni sostanzialmente ottimistiche con la conclusione: ” c'è da esser sicuri di avere in lui un artista di grandi mezzi”.

Tra il 1948 e il 1954 si verifica una “crisi” in Montanarini: egli da figurativo diviene astrattista informale perché, scrive Eugenio Battisti, “aveva bisogno di una pennellata larga, corposa; e di un disegno assai libero, tanto da risultare imprevedibile sia rispetto alla realtà naturale, sia ai normali principi di una stilizzazione geometrica”. Comunque le sue opere astratte saranno certamente “professionali”, però risultano tendenzialmente monotone, ripetitive (ma non in senso morandiano!) e piuttosto fiacche. Incomparabili, ad esempio, con la verve e l' originalità di Emilio Vedova.

A consolazione degli ammiratori dell'artista e dei suoi collezionisti, riporto la fine di uno studio a quattro mani di Carmine Benincasa e Alessandro Masi con un giudizio edificante sull'opera dell'artista fiorentino (“Arte”, n.4, 1991).


In verità il brano mi ha colpito perché inizia con il termine
Weltanscharuung (visione del mondo) che ha disturbato la mia infanzia e formazione, non certo per il significato ma per il suono arrogante, impositivo del teutonico linguaggio così adatto al nazismo.

F.R. (21 ottobre 2020)


Cat. Arte in Italia 1935/55 MARCELLO VENTUROLI






Che non piacesse a Ugo Ojetti perché amante del “brutto”, fa onore a Fausto Pirandello (1899-1975), uno degli artisti più originali dei primi due terzi del secolo scorso. Direi anche uno dei pittori più coraggiosi, dato che non solo non ha abusato dell'essere figlio di, ma perché ha lavorato imperterrito, senza ammiccamenti e mode o convenienze. E' stato anche un precursore, inconsapevole, come lo sono tutti coloro che anticipano aspetti dei tempi a venire. Un esempio: il notissimo e strombazzato Lucien Freud ne recupera pennellate ed impostazioni, le quali, però, si esprimono con evidenti, pesanti tratti di volgarità, talora di trivialità.

Tra i tanti interventi critici su Pirandello, molti dei quali insistenti sul personaggio schivo e determinato, mi sembra opportuno riportare quanto ci ricorda Antonello Trombadori nel Catalogo Galleria La Bussola (Torino, febbraio 1967): “Oggi che va di moda tessere il capovolto elogio al recupero dell'oggetto l'interesse primo dell'opera di Pirandello risulta proprio dal suo non casuale sottrarsi a questo tipo di classificazioni. E nel suo erigere giudizi che si collocano nella zona del realismo, non in quella di escatologica e formalistica neo-Neue Sachlichkeit. Della sua poesia, del suo travagliato diario umano, scrive qui Virgilio Guzzi: un critico che ha seguito l'opera del maestro fin dai suoi esordi”.

Sulla personalità del pittore ritengo poi interessante ripostare la presentazione che egli dà di sé e del suo lavoro nel Catalogo della Terza Quadriennale d'Arte di Roma del 1939 (p. 47):





Assai severo, invece, Carlo L. Ragghianti nel 1936 in Indicazioni sulla pittura italiana contemporanea (“Leonardo”, n. 3, marzo, p. 76):



A questo proposito ricordo ancora una volta quanto mio padre scrisse nel 1979 nella Nota postuma (p. 77) del volume Il caso De Chirico: “Successivamente una crescente esperienza e fatti nuovi mi condussero a modificare alcuni dei profili molto scorciati che tracciai in queste Indicazioni”.

Nel 1937 in “La Critica d'Arte (a. II, n.1, feb. 1938) C.L.R. in Antologia del disegno a Roma dell'artista siciliano scrisse: “Il Pirandello ha due acquarelli d'alberi condotti con pennellate a strappo, intensi, ma di scoperta eco Cezanniana”, Già meno drastico, direi.

Dal Catalogo della Galleria della Cometa, a proposito della mostra del 1937 a New York degli artisti italiani, sempre su “La Critica d'Arte” (a. III, n. 4-6, ag.-dic. 1938) Ragghianti a proposito di Pirandello analizza Nudo di donna (qui sotto riprodotto con a fronte il testo relativo). Di nuovo in questo caso, lo storico dell'arte è decisamente critico, anche se nelle sue stringate e talora taglienti osservazioni si intravede uno stimolo “pedagogico” positivo.

F.R. (21 0ttobre 2020)


Cat. Arte in Italia 1935/55 VALERIA BRUNI

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