Carlo e Licia

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sabato 7 novembre 2020

Adolfo Paolucci, pittore e incisore urbinate.

 

L'attenzione critica su Adolfo Paolucci (1905-1981), nato e vissuto ad Urbino, mi risulta tuttora costituita da pochi scritti risalenti agli anni Settanta del secolo scorso. Sono, quindi, più di quarant'anni che questo artista veramente originale non è oggetto di attenzione analitica da parte di scrittori interessati alle arti figurative del loro presente storico e, tanto meno, da parte di critici d'arte delle nuove generazioni.

E' grazie all'intuito e all'appassionata attenzione e promozione di Guido Pinzani, scultore eccellente anche lui piuttosto iniquamente trascurato dagli addetti ai lavori, che io sono stato coinvolto nella conoscenza dell'opera di Adolfo Paolucci. Addirittura sono stato contagiato dalla fascinazione particolare emanata dai suoi dipinti che giustamente il poeta Renzo Gherardini rifiuta di assimilare alla classificazione di naȉf. L'intuizione di Gherardini, uomo di vasta e profonda cultura, poeta complesso la cui vena sorgiva si è rivolta alla comprensione della natura, della terra e dei suoi frutti come archetipo dell'esistenza, nel pittore Adolfo Paolucci ha individuato uno spirito affine che si esprime con medium differente ma congeniale.

Questa “categoria” di pittori è quasi sempre atona, ripetitiva, ammiccante ad una purezza atavica perduta – inesistente, per altro– che a me pare fiacco prefessionismo, e talvolta furbesca speculazione, persino organizzata dallo Stato, come avvenne in Jugoslavia titina con i cascami di Generalic, specialmente sloveni, assimilabili agli operai tayloristi nello sfornare il prodotto pittorico da esportazione.

Pur non credendo in linea di massima a rapporti consequenziali tra un territorio e gli esiti operativi degli artisti nati e cresciuti in quei luoghi, nel caso di Adolfo Paolucci c'è un rapporto diretto, indubbio che nei suoi paesaggi si rifletta la spiritualità originaria dell'umbro contiguo San Francesco di Assisi, autore di incomparabile poesia, fresca, vitale e sorprendentemente coinvolgente ancora dopo quasi otto secoli. E' un fatto più frequente della norma, comunque, che il rapporto tra il paesaggio umbro-marchigiano del nord e l'uomo che lo abita e vive comporti degli stimoli che lo inducono a esprimersi in termini stupefatti, essenziali, talora descrittivi ma in modo sospeso se non proprio sorpreso per il semplice fatto di esistere. D'altra parte, a pensarci bene, pittori come Metelli, Francalancia, solo per citare due grandi artisti di cui conosco abbastanza l'opera, e altri sono la punta di un iceberg espressivo innegabile nella propria originalità e nella propria eloquenza visiva di una primitività che non è un “ritorno all'ordine”, bensì proposta per l'avvenire.

Vorrei precisare anche che a mio parere Paolucci pur conoscendo qualche riproduzione di Metelli, e forse di Francalancia, non è stato coinvolto nei loro autonomi linguaggi. Escluderei poi la conoscenza da parte di Adolfo Paolucci dei grandi “primitivi” statunitensi del Settecento e dell'Ottocento, e poi di Joseph Pickett (1848-1914/18), bottegaio, o del celeberrimo Grant Wood (1891-1942) e della toccante Grandma Moses (1860-1961), particolarmente apprezzata dai miei genitori. Ciò non toglie che tra questi pittori americani, i citati Metelli e Francalancia e il nostro urbinate si possano riscontrare affinità indirette perché sorgive, frutto di originale sintonia fantastica.

Per lasciare almeno una traccia nell'infinità – forse fragile – di Internet di un artista misconosciuto come Adolfo Paolucci, mi pare doveroso immettere in rete tutti i documenti critici e le riproduzioni di dipinti ed incisioni di cui dispongo. Sono attestazioni probabilmente – e poi voglio sperare integrabili – solo parziali, però sono anche le prime che vengono diffuse in rete con una certa sistematicità e con elementi di potenzialità di successive indagini.

Nel 1972-73 a Urbino, Bottega G. Santi, Casa Raffaello, in occasione di una esposizione venne stampato un dépliant con riprodotti tre dipinti, una breve biografia, e due colonne non firmate di testo che mescola su e di Paolucci accenni e considerazioni critici senza un nesso di riferimento.

Firmato “aprile 1974” abbiamo il primo testo di Renzo Gherardini: è una pagina – di ispirato taglio poetico – che accompagna la cartella di acqueforti Alberi e paesi di Adolfo Paolucci. Questo contributo lo riproduciamo insieme alle cinque eloquenti incisioni della Cartella realizzata da Guido Pinzani. Nel dicembre 1974 ad Osimo (Palazzo Campana), un altro dépliant presenta la mostra personale dell'artista, una riproduzione di dipinto, una biografia e un testo critico di Renzo Gherardini, datato “Firenze, novembre 1974”. Nel luglio-agosto 1977 a Sassoferrato, in occasione del XXVII Premio Salvi, viene allestita una “sala omaggio” con dipinti di Adolfo Paolucci, e tre contributi critici. Il primo L'infanzia spirituale di Adolfo Paolucci è firmato da Adriano Gattucci, paleologo, storico, poeta e docente all'Università di Urbino.




Il secondo contributo, La giornata di Adolfo Paolucci è firmato da Gastone Mosci, docente dell'Università di Urbino e amico del rettore-fondatore Carlo Bo, nonché giornalista. Il terzo, Postilla, è una integrazione al proprio testo del 1974 da parte del poeta e docente di scuola media (basso livello espressione della scelta didattico-formativa nei confronti dei discenti di solito più trascurati) Renzo Gherardini. In questo catalogo sono illustrate cinque opere di Adolfo Paolucci.

Apro a questo punto una parentesi per ricordare la figura di Renzo Gherardini (1923-2011) fiorentino doc, erede non partecipante all'impresa della famosa ditta omonima, che per decenni fu l'antagonista di Gucci. Personalità naturalmente elegante e signorile Gherardini non a caso era interpellato il Principe dai suoi amici tra cui ricordo scrittori come Gadda e Landolfi, poeti come Luzi, Parronchi, Betocchi, critici letterari come Luigi Baldacci e Giorgio Luti; poi Alfredo Righi e altri esponenti della cultura fiorentina. Gherardini era schivo, discreto e riservato, partecipe – talvolta un po' insistentemente – alle vicissitudini e alle necessità di amici e conoscenti come me. Autore Vallecchi, tra l'altro ha pubblicato un importante, basilare traduzione delle Georgiche di Virgilio ineccepibile nella terminologia botanica e agricola, essendo Gherardini un amateur competentissimo di ogni cultura agricola dall'antichità alla contemporaneità. In proprio curava e pubblicava dei libriccini tascabili con nitida copertina bianca, segno evidente del suo understatment, che poi regalava con tratto garbato, quasi imbarazzato. Tra i sui allievi di scuola media è stato anche Guido Pinzani, che lo ha sempre ritenuto il cardine della propria formazione culturale. Gherardini ha condiviso l'esistenza con la moglie Brunetta anche lei insegnante e con la passione per l'incisione originale, esercitata da dilettante però con perizia espressiva e tecniva professionale. E' suo il Ritratto di Adolfo Paolucci, acquaforte e acquatinta, 1974, che riproduciamo in questo testo redazionale.

Tornando e concludendo l' excursus su quanto scritto a proposito di Adolfo Paolucci, nella primavera del 1992 su “seleArte” (IV serie, n. 14, p. 39) scrissi all'interno di un “pezzo” su Pinzani le righe seguenti:”...ha portato Pinzani ad essere scopritore di talenti, come quello favoloso, fresco, naturale e davvero spontaneo di Adolfo Paolucci. Un lavoratore, ferroviere, se la memoria non mi tradisce, la cui pittura e le cui incisioni sorgive non vanno confuse con l'accademismo naif, né con geograficamente prossime discendenze metelliane”. Nel 2003 sul giornale locale “il nuovo amico” il 29 giugno comparve a firma del citato Gastone Mosci l'articolo Ricordo di Adolfo Paolucci. La felicità di essere pittore.

Intendo poi riprodurre qui di seguito con quelli dell'Archivio i dipinti e le incisioni che Rosetta ed io possediamo di Adolfo Paolucci, grazie anche ai doni di Guido Pinzani.

Questo generoso artista – ormai anche lui ottantenne – che io sappia è il detentore di molte opere di Paolucci ed è anche al corrente di molti di coloro che sono custodi delle opere di questo straordinario artista. A Urbino certamente gli eredi dovrebbero avere diverse opere e sapere dove sono quelle sparse nel circondario. Dico queste cose nel caso che qualche studioso abbia intenzione di approfondire la conoscenza dell'opera del pittore urbinate.

F.R. ( 29 giugno 2020)


P.S. Collegato a questo intervento, l'11 novembre 2020 verrà postato anche lo scritto Postilla circa un viaggio ad Urbino per Adolfo Paolucci.


Dipinti











Incisioni









( Cartella "Alberi e paesi" )










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