Carlo e Licia

Carlo e Licia

Archivio

Cerca nel blog

lunedì 2 novembre 2020

Suicidio.

L'inesorabile stillicidio di notizie e problemi riguardanti il virus Covid19 condiziona l'attenzione del genere umano in modo ossessivo da una decina di mesi. Ne consegue l'impossibilità di non essere coinvolti (o talvolta, peggio, travolti) dal pensiero della morte. L'implacabile nemica di ogni essere vivente non è certo bene accolta, però – fino ad ora – essa è almeno egualitaria destinazione dell'esistenza di tutti.

Per scansare un po' questa presenza macabra, col principio del chiodo scaccia chiodo, forse astrattamente si può pensare al suicidio, sicuramente anch'esso funereo, come atto liberatorio. Se non proprio irriverente nei confronti della Falciatrice, il suicidio si può anche considerare almeno una sfida ad essa, un tentativo controproducente di ribellione.

E' un fatto accertato, benché non sempre accettato, che i suicidi siano distinguibili in due categorie comportamentali: la più nota e clamorosa consiste in un atto di autolesionismo (come, ad es., si è constatato nel post del 15 ottobre 2020 su Gérard de Nerval); l'altra – che definirei “stoica” – è basata su un rifiuto categorico non violento, esercitato prevalentemente nella negazione di cibo e bevande, quindi di contatto parlato e visivo col prossimo fino a che l'inedia prevale sulla vitalità. Una variante di questo modus operandi si può riscontrare nel post del 13 gennaio 2017 riguardante il pittore Augusto Barboso.

Negli ultimi tempi l'arroganza borghese elitaria, come quella sempre venata di ricatto dei “radicali”, ha escogitato una terza forma di suicidio. In essa si vogliono responsabilizzare dell'atto determinante esecutori terzi più o meno camuffati da coadiutori, dalle cronache estere sembrerebbe ben retribuiti. A parte le suddette considerazioni, d'intento anche scaramantico, qualche dato e documento sul suicidio può stimolare sani antidoti mentali, barriere antitetiche. Ciò però non può avvenire con la “morte”, perché essa colpisce prescindendo dall'umana volontà consapevole.

Riporto per primo il testo che lo scrittore Guido Morselli (1912-1973) stese il 7 settembre 1949. Esso è rimasto 

inedito fino al luglio 1993 quando fu pubblicato su “Tuttolibri” (n. 864), supplemento culturale de “La Stampa” di Torino. Non mi è chiaro se il titolo La sconfitta del suicidio sia dell'autore (morto di contraddittorio suicidio nel 1973) o redazionale.

Seguono due riflessioni sull'argomento: la prima del 1889 è di Guy de Maupassant, la seconda di Indro Montanelli, pubblicata su “Oggi” del 21 dicembre 1992. Ricordo quindi il libro (edito da Rizzoli nel 1975 e di nuovo riproposto in libreria nel 2017 da Odoya) di Al Alvarez Il dio selvaggio. Il suicidio come arte, che riscosse molta attenzione e del quale riporto soltanto la pubblicità della prima edizione.

Il filosofo Maurizio Schoepflin pubblicò su “La Nazione” di Firenze (8 dicembre 1992) un equilibrato excursus sulla storia del pensiero circa il suicidio.

Nell'articolo di Francesco Russo (all'interno del quale si trova un breve profilo sulla “letteratura” del suicidio, redatto da Rita Tripodi) si relaziona circa “una crociata per l'eutanasia”, promossa in Gran Bretagna dalla società “Exit”. L'epoca dovrebbe essere la stessa degli scritti precedenti, mentre il giornale mi pare sia “L'Espresso”.

Da “Salutest” n. 45 (agosto 2003) proviene la sintesi di una inchiesta internazionale sul suicidio come problema sociale e sanitario.

Prospettive nel mondo”, rivista cattolica vicina a Amintore Fanfani, nel n. 166 del 1990 pubblicò una propria inchiesta sul fenomeno della Roulette russa, cioè sui “giochi pericolosi, i quali non di rado si concludono con la morte dei protagonisti. Dopo trent'anni gli argomenti trattati riguardano – con alcune fattispecie esecutive differenti – accadimenti purtroppo tuttora largamente praticati.

In conclusione due brevi sillogi illustrano l'una motti e riflessioni sul suicidio, l'altra propone una modesta iconografia, a chiusura della quale si privilegiano immagini dissacranti di umorismo – si spera – liberatorio.

F.R. (19 ottobre 2020)















Nessun commento:

Posta un commento