Carlo e Licia

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lunedì 12 ottobre 2020

Seneca.

Lessi nel 2004 il saggio di Carlo Antoni su “Pan” ( III, 1935), in un momento di depressione e quindi scrissi il sonetto riprodotto in questo post. Oggi ritrovo l'inserto in un frangente di depressione personale con l'aggravio di una situazione generale del Paese e del Pianeta particolarmente difficile, violenta, volgare simile al 1938-'39: perciò foriero di orrori insopportabili.

Mi viene anche in mente il celebre detto di (o attribuito a) Karl Marx, secondo il quale “la storia si ripete sempre due volte: la prima volta come tragedia, la seconda come farsa”. Auspico vivamente che questo aforisma sia veritiero e che persino stavolta l'Umanità eviti il peggio, anche se certe farse sono crudeli, talvolta cruente. Però d'altro canto sembra una risposta approssimativa all'altrettanto famosa teoria pendolare di G.B. Vico. Comunque brutte conseguenze ci sovrastano come una spada di Damocle il cui freno si sta rilasciando.

Penso che il saggio di Carlo Antoni, bellissimo, sia tuttora ­ e lo sarà in futuro, così come altri aspetti di Seneca ­ importante, per non dire basilare, se e perché “sostituisce nel suo lessico alla parola res pubblica la parola imperium, ma questo impero è ancora splendido e può ancora 

riacquistare l'antica grandezza, qualora sia retto non dall'assurda passione, ma secondo i sacri principi della ragione universale”. Comunque resta il fatto che “le sue idee sul dolore e sulla morte, sull'uomo e su dio, sul diritto di natura e sulla schiavitù, per quanto costrette nel sistema stoico ormai stereotipo, opereranno con continuità attraverso diciotto secoli, associate al cristianesimo o riapparse in forma autonoma”.

Oggi che un Trump non è molto diverso da Nerone, forse è anche peggio perché è un rozzo, incolto, egolatra che irride la cultura e sopprime - se gli riesce - qualsiasi dissenziente, riflettere assieme a Seneca è costruttivo.

Di Seneca si riporta una pagina, da una Antologia scolastica curata da Gina Lagorio, quale esempio circa l'asservimento (fino alla sua forma estrema di schiavitù) e la propria morte.

Non bisogna scordare che Carlo Antoni scrisse il saggio sotto il tallone fascista e che di conseguenza questo testo va interpretato anche in chiave di riscatto e la liberazione di sé, della propria coscienza almeno, se non è possibile altro.

F.R. (4 giugno 2020)


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