Carlo e Licia

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giovedì 8 ottobre 2020

Ragghianti e Boldini.

Essendo stata assegnata a Raffaele De Grada jr., autore di una pregevole monografia sull'artista, la scheda della Mostra “Arte Moderna in Italia 1915-1935”, i rapporti tra il “grande” pittore ferrarese e Ragghianti essendo là solo accennati, vengono riassunti in questo post.

Certamente un pittore del calibro di Giovanni Boldini (1842-1931) è sempre stato osservato e considerato da C.L.R., oltretutto fin da giovanissimo cultore accanito e profondo dell'Ottocento francese in tutte le sue manifestazioni. Naturalmente al giovane R. (prima dell'incontro e della frequentazione di Eugenio Montale) interessarono la letteratura sì ma soprattutto le vicende politico-sociali, con particolare attenzione sulla sofferta democraticità di quel paese afflitto dall'antisemitismo culminante nell' “affaire Dreyfuss” e nella sofferente ed incerta Repubblica laica, studiata anche quale presupposto degenerativo che, per altri versi, portò all'affermazione del fascismo in Italia.

Apro una parentesi per rammentare un aspetto dell'influenza sulla mia formazione da parte del babbo. Non è infatti stato casuale che nella adoloscenza io abbia letto i libri dello storico Daniel Halewy (di cui ricordo soltanto un titolo: République des ducs) e del grande Anatole France dei romanzi incentrati ne L' Histoire contemporaine, nonché Emile Zola e i realisti eppoi il livello eccelso di Flaubert e di Maupassant. Questi input, come direbbe un simpatico robot cinematografico, caldeggiati da mio padre sono stati fondamentali, cosa per cui gli sono tuttora grato.

Sul terreno delle arti figurative, C.L.R. cominciò ad essere assiduo studioso soltanto dopo l'incontro con Matteo Marangoni all'Università di Pisa, benché fin da ragazzo ne praticasse l'esercizio tecnico e fattuale tramite il pittore Alfredo Meschi quale maestro, e scrivesse qualche esercizio critico acerbo e incerto come nel caso del pittore Arturo Daniele. Questo aspetto di C.L.R. è stato sceverato e analizzato dalla storica dell'arte Monica Naldi nella sua voluminosa ed importante tesi di dottorato di ricerca, purtroppo tuttora inedita, nonostante sia una preziosissima ed accuratissima fonte di notizie, in gran parte di solito ignorate o non approfondite da altri studiosi. Malgrado queste premesse mi risulta un interesse concreto nei confronti di Boldini da parte di R. soltanto nel 1948, quando quale Commissario dell'Istituto del Rinascimento (ribattezzato e inglobato per alcuni anni nello Studio Italiano di Storia dell'Arte) egli scrisse a Claudio Savonuzzi (1926-1990) presso la Pinacoteca Civica di Ferrara il 7 settembre 1948: “mi rivolgo a lei per pregarla di voler cortesemente disporre per il permesso di allestire una mostra commemorativa di Boldini” per sostanziare “le Mostre Permanenti di Palazzo Strozzi”. Il 4 ottobre 1948, una settimana dopo evidentemente allarmato dalle brutte nuove e dal silenzio burocratico, R. scrisse a tal Gualtiero Medri (1887-1970), Pinacoteca Civica, che gli aveva risposto menando il can per l'aia, reiterando la richiesta circa Boldini. Per farla breve, questo personaggio riuscì a far scrivere al Sindaco di Ferrara il 14 dicembre 1948: “La Giunta comunale...ha deliberato di non concedere le opere richieste” di Giovanni Boldini.

Successivamente C.L. Ragghianti su “seleArte” pubblicò in relazione all'opera di Boldini due interventi: il primo nel fascicolo n. 63 (del 1963, p. 70) relazionava sulla retrospettiva allestita a Parigi nel Museo Jaquemart-André; il secondo nel fascicolo n. 65 (sempre del 1963, pp. 61-64) dove si recensiva la monografia sull'artista scritta da Raffaele De Grada jr. per l'editore Silvana Editoriale. Questi due brevi ma stimolanti scritti si riportano integralmente di seguito a questa nota redazionale.

Ancora nel 1963, dopo una fugace citazione nel Mondrian, con tre illustrazioni, C.L.R. pubblicò su “L' Espresso” (11 agosto) un saggio intitolato dal redattore Agatóni, fratello dell'ex direttore Arrigo Benedetti Le acrobazie di Boldini nel quale approfondisce l'analisi critica a proposito della citata Mostra al Museo Jaquemart-André, concludendo con l'osservazione che Boldini “anticiperà anche in questo, il più internazionale dei pittori, come cultura; e forse perciò la mostra lo presenta come il più italiano dei pittori di Parigi”. Anche questo articolo viene riprodotto qui di seguito con le aggiunte (o anche eventuali tagli redazionali) manoscritte a lato del testo a stampa dall'autore.

Nel 1969 il prof. Lecaldano, direttore editoriale della Rizzoli, ringrazia C.L.R. di “aver accolto il nostro invito a redigere, per la nostra collana Classici dell'arte, l'introduzione alla monografia di Giovanni Boldini”. Ne consegue il testo cardine del suo pensiero in relazione a Boldini, Il lungo pomeriggio di un fauno (titolo che cita Mallarmé), anch'esso riprodotto dopo questa Nota. Il volume dei “Classici dell'arte” verrà pubblicato nel 1970 ed oltre al saggio di R. si avvale degli apparati critici e filologici di Ettore Camesasca.

In concomitanza, da alcuni anni, in seguito alla Mostra “Arte Modena in Italia 1915-1935” nel 1967, si sta svolgendo il progetto di R. circa la donazione dei dipinti (numerosi e di alta qualità), dei molti disegni e dei documenti di archivio importanti che la vedova di Boldini, Emilia Cardona (n. 1899) intendeva lasciare o alla città di Pistoia – dove nei pressi ella risiedeva nella villa La Falconiera affrescata da Boldini “macchiaiolo” – o al già esistente Museo Boldini di Ferrara.


 

In questi progetti fui coinvolto anch'io – all'inizio a mia insaputa – e ancora oggi non so decidere di essere lieto che non si sia fatto niente o rammaricarmi per l'occasione perduta di aggiungere alle catalogazioni di Tavernari, Zancanaro e Mucchi, anche quella delle documentazioni boldiniane. Molto brevemente riporto comunque qualche brano di corrispondenze inerenti questa vicenda.

Il 15 gennaio 1970 R. scrive a Emilia Cardona questa lettera (trascritta a causa di un originale deplorevole):

Illustre e Gentile Signora,

l'amico Camesasca – al quale ho consegnato un testo su Boldini che spero non le dispiacerà, e che lo spiega da genio e non da pittore di società – mi ha intrattenuto della questione di cui trattammo un paio di anni fa, e cioè l'edizione critica del corpus dei disegni del Maestro.

Io desidero anzitutto confermarLe che resto a Sua intera disposizione per effettuare tale edizione. Come ho detto a Camesasca, si tratta soltanto di prendere gli accordi opportuni ed utili per la ricognizione completa del materiale e per la sua catalogazione; ovviamente in coincidenza è prevista una campagna fotografica integrale, in nero ed a colori, per una documentazione illustrativa il più possibile esauriente. Se – come l'amico Camesasca le avrà riferito – non fossi appena uscito da un mese di influenza che mi costringe tuttora



a riguardi, sarei stato lieto di visitarla con lui e di ripeterLe quanto sopra. Ora si presenta un'occasione fortunata anche per la redazione del catalogo critico. Mio figlio Francesco, che conosce bene il periodo storico e l'arte francese del tempo, deve laurearsi, e sarebbe molto lieto di dedicare il suo lavoro a Boldini, aggiungendo alla sua bibliografia questo fondamentale contributo. Credo che Francesco sia avvantaggiato dal fatto che, provenendo dagli studi storici, conosce il tempo di Boldini anche sotto il profilo cronistico: vantaggio per chi deve esaminare e ordinare opere aventi relazione, sia pure mediata, con la vita contemporanea. D'altra parte egli è pratico di catalogazione, avendo redatto cataloghi di disegni e di incisioni di artisti moderni.

Si potrebbe dunque dare inizio al lavoro, previa la campagna fotografica, anche entro brevissimo tempo, ed ottenere il lavoro compiuto entro alcuni mesi.

A Lei di decidere, grato se vorrà farmi pervenire le Sue conclusioni.

Comunico copia di questa lettera al prof. Camesasca.

Frattanto mi abbia, con devoti omaggi e con i più vivi auguri e saluti

Carlo L. Ragghianti"

Il giorno dopo C.L. Ragghianti scrive, tra l'altro, a Lecaldano:




 

Il 3 febbraio Ettore Camesasca scrive a C.L.R.:

Lo stesso giorno, su carta violetta con inchiostro blu intenso, anche Emilia Cardona scrive a R.:

Sarebbe facile a Lei e a Francesco di venire a trovarmi. In ogni modo non mi permetterei mai di giudicare un giudizio suo: sono troppo sicura della sua imparzialità e serenità – frutto della sua vita dignitosa, lontana dai sussurri tentatori – per non ammettere il suo giudizio, qualunque esso sia. Per Francesco ho già molte lastre fatte a Parigi e in Italia – un catalogo assai bizzarro e quasi ermetico fatto da me nel 1931 - ...Sarei felice che suo figlio facesse questo lavoro sui disegni di Boldini: se è quel giovane che venne con lei mi pare abbia le spalle abbastanza robuste per una simile impresa...”.

Seguono alcune lettere tra Camesasca e R., però la faccenda rimase sospesa di fronte alle difficoltà dei sondaggi e delle trattative in corso con i comuni interessati.



La pubblicazione di Il lungo pomeriggio di un fauno ebbe una risonanza certa, come mostra la lettera che il 10 marzo Italo Cremona, vecchio amico , manda a C.L.R.:



Da Pistoia, dopo il 1972 la proposta più realizzabile si sposta verso Ferrara, dove il sindaco Radames Costa, l'assessore sen. Roffi, e il prezzemolino on. Loperfido sembrano assai favorevoli a concludere l'acquisizione pubblica del ricco lascito proprietà della vedova, come dimostra la seguente lettera di Ragghianti del 27 aprile 1974:

Poi, dato che nel frattempo mi ero trovato (da solo, senza l'aiuto del babbo) un lavoro stabile nella casa editrice Vallecchi, diretta da Geno Pampaloni, mi disinteressai della questione. Tant'è che ora non ricordo come sia finita. 


Essendo scettico ritengo che “manine” PCI locali e “cari” amici gelosi del loro potere locale abbiano vanificato o circoscritto l'accordo prefigurato nella precedente lettera a Mario Roffi. Da Internet non ho ricavato notizie di lasciti né a Pistoia, né a Ferrara nelle schede – fatte malissimo – dei rispettivi musei intitolati a Boldini. Se ci sono state donazioni da parte di Emilia Cardona esse sembrano affogate in ordinaria amministrazione. Per Ferrara vedo anche che il Museo Boldini nel tempo è stato spostato qua e là e adesso è chiuso per restauro. Forse meglio così, perché non so immaginare come si sarebbe sentito Giovanni Boldini nel sapere che nello storico Castello Estense della sua città natale è invece esposta in prestito oneroso almeno fino al 2024 la collezione privata dell' on. Sgarbi e famiglia.

D'altra parte questo tentativo disinteressato di Carlo L. Ragghianti è stato soltano uno dei numerosi progetti di “arricchimento culturale” pubblico portati avanti per convinta eticità sociale ed anche con caparbietà. Tante volte ho pensato che se mio padre avesse dedicato agli studi originali, scientifici, il tempo che ha impiegato gratuitamente per il bene sociale pubblico, egli sarebbe stato se non il più prolifico studioso di storia dell'arte, di estetica e di storia della cultura di tutti i tempi, sicuramente almeno quello più attivo del suo secolo. E' stata comunque una perdita, giacché con la quantità s'è persa anche tanta altra originalità, innovazione oltre quella – fatemelo dire – enorme che ci ha effettivamente lasciato.

Concludo questo excursus boldiniano riportando in Appendice la scheda che Federica Rovati, allora giovane studiosa, scrisse per il Catalogo C.L.R. e il carattere cinematografico della visione (Charta, Milano 2000) cui aggiungo anche l'opera di Boldini ivi riprodotta a p. 236. Questa scheda si articola ricordando, come punto di partenza, che nel 1959 Ragghianti “introduce il nome di Boldini tra i precursori del movimento d'avanguardia” (il Futurismo).

F.R. (15 giugno 2020)






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