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martedì 29 settembre 2020

Giuseppe Prezzolini, 2.

Personalità discussa ed ancor discutibile, controversa e contraddittoria, quella di Giuseppe Prezzolini (1882-1982). E' indubitabile però che la sua fase iniziale, quella della “Voce”, ha segnato la cultura italiana, specialmente quella letteraria – espressione storica della effettiva unità della nostra Nazione – con ripercussioni innegabili almeno lungo l'intero Novecento.
Quindi il punto apicale della riflessione di Prezzolini culmina nella illuministica e neomassonica prospettiva di una sorta di Società degli Apodi, cioè di coloro ai quali non la si dà a bere. Una visione scettica controcorrente verso tutte le manifestazioni ideologiche allora prevalenti e alla loro “propaganda”. Si dubita sistematicamente del positivismo, del marxismo, del sociologismo cattolico, del volontarismo scomposto e brutale del fascismo (in attesa dell' autore sistematico: Giovanni Gentile), dell'idealismo, del pensiero crociano.
L'Apode era (o avrebbe dovuto essere) uno che non si fa prendere in giro, come si è detto, dalla propaganda e dalla sua divulgazione, non abbocca ed anzi svela (ma non contrasta sistematicamente) quelle che oggi vengono chiamate fakenews (una novità vecchia quanto la storia dell'uomo), dilagante con quasi sempre effetti retrivi in tutti i campi dello scibile.
Il difetto primario imputabile all' Apode consiste nel rimanere praticamente neutrale, una volta svelata la mistificazione, proclamato l'inganno o la truffa propagati dal potere, anzi dai poteri.
Nella pratica Prezzolini non può essere imputato di sostenitore del fascismo, ma non fu nemmeno reattivo, anzi fu frequentatore assiduo di Mussolini anche nei ritorni in Italia dalla residenza di New York. In vista di una eventuale mala parata, infatti, egli preferì svicolare dal “totalitarismo” e rifugiarsi negli USA spettatore indifferente, cinicamente coltivando il proprio orticello.
Il suo comportamento fu antitetico a quello di Matteotti, di Gramsci, di Gobetti, di Giovanni Amendola , a quello di uomini – pochi, pochissimi – come anche mio padre Carlo Ludovico Ragghianti, i quali non avevano bevuto la propaganda fascista, avevano invece reagito subendo emarginazione, violenze private, violenze pubbliche, confino, esilio, carcere, morte violenta per propagare (non soltanto difendere) le proprie idee, le proprie convinzioni sociali e politiche, gli ideali di Giustizia e Libertà in Italia.
Il caso di Benedetto Croce fu differente: la sua fama, il suo prestigio nel mondo contemporaneo – anche e soprattutto all'estero – erano tali che il Regime fascista non osò perseguitarlo apertamente, limitandosi ad angherie e velate minacce.
In definitiva Prezzolini non riuscì a districarsi dal cliché dell'italiano medio cui è concesso di curare il proprio particolare in cambio del non disturbare il Manovratore.
In seguito al precedente post (vedi 9 luglio 2020) nel quale si è accennato al rapporto Prezzolini Croce e riferito opinioni di Carlo L. Ragghianti, intendo riprodurre – integralmente o in parte – alcuni giudizi, alcune osservazioni di intellettuali italiani per motivare quanto sopra affermato circa la marcata impronta di Prezzolini nella cultura italiana del Novecento e, di conseguenza, i suoi riflessi a tutt'oggi. Come prologo e come esempio dello stile dell' “Apoda” riporto un brano riguardante l'intervento in guerra, che in Italia avvenne nel 1915. Esso è tratto da una Antologia scolastica per le Medie diretta da Gina Lagorio (1922-2005), fine scrittrice e donna – anche bella – che ha partecipato fattivamente alla vita sociale e politica dalla metà del secolo scorso. Segue uno scritto di Eugenio Montale (1896-1981) pubblicato su “Pan” (n. 3, 1934) diretto dall'omnipotente Ojetti (1871-1946). Con delusione devo registrare che l'ultimo paragrafo della recensione di Montale riporta parole elogiative nei confronti del Regime del duce scritte da Prezzolini. 






Esse, però, con elegante espediente scrittorio si possono – e si devono – leggere anche come tributo che lo scrivente poeta di Ossi di seppia rivolge al medesimo regime. E' una conseguenza della diffusa prassi del “cosa mi tocca accettare e fare per la pagnotta”. D'accordo succedeva – ma c'era anche chi non si piegava – però da Montale non me l'aspettavo!
L'Europeo” dell' 11 aprile 1954 pubblicò, a firma di Sandro De Feo (1905-1968) una scheda nella quale si rileva soprattutto la polemica di Prezzolini nei confronti di Gaetano Salvemini (1873-1957). Quest'uomo, grande storico e gigante morale, fu amico di C.L.R. e della nostra famiglia. Ebbi l'onore di conoscerlo la prima volta a pranzo nella nostra dimora di viale Petrarca (1953-1954) ricevendone dissacranti consigli sulla scuola e sugli studi cui mi sono attenuto vita natural durante. Da “L'Europa” (5, 1972) non voglio riportare per intero il capzioso e deformante saggio di Augusto Del Noce (1910-1989) Prezzolini ed il superamento del fascismo e dell'antifascismo, perché il tentativo di rifilarci l'equivalenza tra fascismo e antifascismo (gabellato per di più come quasi esclusivamente comunista e che proprio in questo periodo si tenta ancora una volta di far avallare) è una sporca polpetta avvelenata. Sì, un miserabile artificio, una normalizzazione del Male, per costringerci ad ingoiare un prossimo pateracchio politico ignobile, inqualificabile, inaccettabile.

***

Per inciso, proprio oggi leggo che Bianca, Maria, Marco e Laura Berlinguer, figli di Enrico, penultimo e amatissimo leader del PCI, a fronte di una improvvida (e pretestuosa apripista di futuri inghippi partitocratici) iniziativa di intitolare una piazza al loro padre congiuntamente al repubblichino Giorgio Almirante, hanno reagito negativamente con ferma pacatezza. Il loro comunicato dice testualmente: “Non condividiamo la scelta di intitolare una piazza del Comune di Terracina a Enrico Berlinguer e Giorgio Almirante.. E' sicuramente una importante acquisizione della nostra civiltà e del pensiero democratico, il rispetto per l'avversario,così spesso dimenticato”. Però sottolineano: “perché mai confondere due personalità così diverse che si sono combattute su fronti che sono e restano antagonisti? Si rischierebbe di contribuire a un processo, che riteniamo nefasto, di azzeramento della storia e della memoria.”
Dal supplemento libri della rivista cattolica (fanfaniana, mi pare) “Prospettive” (n. 13, 1982) riproduco l'inserto pubblicato in occasione dei cento anni di Prezzolini, recordman tra gli intellettuali fino agli sbalorditivi quasi 108 anni di Gillo Dorfles (1910-2018). All'interno troviamo un compito giudizio di Luigi Baldacci (1930-2002); una lunga intervista, interessante però anche un po' ovvia, dalla cui lettura forse Flaubert avrebbe arricchito quello che è stato tradotto anche col titolo Dizionario delle idee comuni; una guida alla lettura di P. e una bibliografia abbastanza accurata.
Geno Pampaloni (1918-2001) il 27 gennaio 1982 ne “Il Giornale” di Montanelli svolge un affettuoso elzeviro, come – quasi sempre – interessante e stimolante.
Il diplomatico e storico Sergio Romano (1929), persona che mio padre conobbe poco prima di morire e dalla quale fu positivamente colpito, ne il “Corriere della Sera” del 31 dicembre 2005 nega che Prezzolini sia “caduto nell'oblio” con acute osservazioni.
Concludo questo post riportando un mio vecchio appunto degli anni Novanta, di cui non ricordo la “causa scatenante”. In esso scrissi:
Prezzolini. Intelligenza: troppa; conoscenza: tanta; coscienza: assente (talvolta cattolica). Cinismo per certi versi cauto, sicuramente contraddittorio. Alla fin fine Prezzolini è un vigliacco che getta il sasso e nasconde la mano. Tardi e maldestri epigoni nel dopoguerra ne ha avuti parecchi. Tra questi intellettuali gli storici dell'arte sono stati numerosi: dannosi estremisti, parolai, moralmente servi esigenti ed infidi. Sostanziali traditori degli ideali professati. Bologna, Firenze, Roma le sedi dei focolai del virus. I nomi defunti o tuttora nefasti li conoscete”.
Evidentemente ero un pochino...arrabbiato. Però oggi non ricordo proprio per quali fatti specifici avessi perso le staffe e in particolare con chi , oltre a facili illazioni da parte mia, specificatamente avessi ripugnanza iraconda.
F.R. (7 agosto 2020)













Augusto Del Noce:





da "Prospettive libri" (1982, n.13)
















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