Personalità
discussa ed ancor discutibile, controversa e contraddittoria, quella
di Giuseppe Prezzolini (1882-1982). E' indubitabile però che la sua
fase iniziale, quella della “Voce”, ha segnato la cultura
italiana, specialmente quella letteraria – espressione storica
della effettiva unità della nostra Nazione – con ripercussioni
innegabili almeno lungo l'intero Novecento.
Quindi
il punto apicale della riflessione di Prezzolini culmina nella
illuministica e neomassonica prospettiva di una sorta di Società
degli Apodi, cioè di coloro ai quali non la si dà a bere. Una
visione scettica controcorrente verso tutte le manifestazioni
ideologiche allora prevalenti e alla loro “propaganda”. Si dubita
sistematicamente del positivismo, del marxismo, del sociologismo
cattolico, del volontarismo scomposto e brutale del fascismo (in
attesa dell' autore sistematico: Giovanni Gentile), dell'idealismo,
del pensiero crociano.
L'Apode
era (o avrebbe dovuto essere) uno che non si fa prendere in giro,
come si è detto, dalla propaganda e dalla sua divulgazione, non
abbocca ed anzi svela (ma non contrasta sistematicamente) quelle che
oggi vengono chiamate fakenews (una
novità vecchia quanto la storia dell'uomo), dilagante con quasi
sempre effetti retrivi in tutti i campi dello scibile.
Il difetto primario imputabile
all' Apode consiste nel rimanere praticamente neutrale, una volta
svelata la mistificazione, proclamato l'inganno o la truffa propagati
dal potere, anzi dai poteri.
Nella pratica Prezzolini non può
essere imputato di sostenitore del fascismo, ma non fu nemmeno
reattivo, anzi fu frequentatore assiduo di Mussolini anche nei
ritorni in Italia dalla residenza di New York. In vista di una
eventuale mala parata, infatti, egli preferì svicolare dal
“totalitarismo” e rifugiarsi negli USA spettatore indifferente,
cinicamente coltivando il proprio orticello.
Il
suo comportamento fu antitetico a quello di Matteotti, di Gramsci, di
Gobetti, di Giovanni Amendola , a quello di uomini – pochi,
pochissimi – come anche mio padre Carlo Ludovico Ragghianti, i
quali non avevano bevuto la
propaganda fascista, avevano invece reagito subendo emarginazione,
violenze private, violenze pubbliche, confino, esilio, carcere, morte
violenta per propagare
(non soltanto difendere)
le proprie idee, le proprie convinzioni sociali e politiche, gli
ideali di Giustizia e Libertà in Italia.
Il caso di Benedetto Croce fu
differente: la sua fama, il suo prestigio nel mondo contemporaneo –
anche e soprattutto all'estero – erano tali che il Regime fascista
non osò perseguitarlo apertamente, limitandosi ad angherie e velate
minacce.
In
definitiva Prezzolini non riuscì a districarsi dal cliché
dell'italiano medio cui è concesso di curare il proprio particolare
in cambio del non disturbare il Manovratore.
In
seguito al precedente post (vedi
9 luglio 2020) nel quale si è accennato al rapporto Prezzolini Croce
e riferito opinioni di Carlo L. Ragghianti, intendo riprodurre –
integralmente o in parte – alcuni giudizi, alcune osservazioni di
intellettuali italiani per motivare quanto sopra affermato circa la
marcata impronta di Prezzolini nella cultura italiana del Novecento
e, di conseguenza, i suoi riflessi a tutt'oggi. Come prologo e come esempio
dello stile dell' “Apoda” riporto un brano riguardante
l'intervento in guerra, che in Italia avvenne nel 1915. Esso è
tratto da una Antologia scolastica per le Medie diretta da Gina
Lagorio (1922-2005), fine scrittrice e donna – anche bella – che
ha partecipato fattivamente alla vita sociale e politica dalla metà
del secolo scorso. Segue
uno scritto di Eugenio Montale (1896-1981) pubblicato su “Pan”
(n. 3, 1934) diretto dall'omnipotente Ojetti (1871-1946). Con
delusione devo registrare che l'ultimo paragrafo della recensione di
Montale riporta parole elogiative nei confronti del Regime del duce
scritte da Prezzolini.
Esse,
però, con elegante espediente scrittorio si possono – e si devono
– leggere anche come tributo che lo scrivente poeta di Ossi
di seppia rivolge al medesimo
regime. E' una conseguenza della diffusa prassi del “cosa mi tocca
accettare e fare per la pagnotta”. D'accordo succedeva – ma
c'era anche chi non si piegava – però da Montale non me
l'aspettavo!
“L'Europeo”
dell' 11 aprile 1954 pubblicò, a firma di Sandro De Feo (1905-1968)
una scheda nella quale
si rileva soprattutto la polemica di Prezzolini nei confronti di
Gaetano Salvemini (1873-1957). Quest'uomo, grande storico e gigante
morale, fu amico di C.L.R. e della nostra famiglia. Ebbi l'onore di
conoscerlo la prima volta a pranzo nella nostra dimora di viale
Petrarca (1953-1954) ricevendone dissacranti consigli sulla scuola e
sugli studi cui mi sono attenuto vita natural durante. Da “L'Europa” (5, 1972) non voglio riportare per intero il capzioso e deformante saggio di Augusto Del Noce (1910-1989) Prezzolini ed il superamento del fascismo e dell'antifascismo, perché il tentativo di rifilarci l'equivalenza tra fascismo e antifascismo (gabellato per di più come quasi esclusivamente comunista e che proprio in questo periodo si tenta ancora una volta di far avallare) è una sporca polpetta avvelenata. Sì, un miserabile artificio, una normalizzazione del Male, per costringerci ad ingoiare un prossimo pateracchio politico ignobile, inqualificabile, inaccettabile.
***
Per inciso, proprio oggi leggo che Bianca, Maria, Marco e Laura Berlinguer, figli di Enrico, penultimo e amatissimo leader del PCI, a fronte di una improvvida (e pretestuosa apripista di futuri inghippi partitocratici) iniziativa di intitolare una piazza al loro padre congiuntamente al repubblichino Giorgio Almirante, hanno reagito negativamente con ferma pacatezza. Il loro comunicato dice testualmente: “Non condividiamo la scelta di intitolare una piazza del Comune di Terracina a Enrico Berlinguer e Giorgio Almirante.. E' sicuramente una importante acquisizione della nostra civiltà e del pensiero democratico, il rispetto per l'avversario,così spesso dimenticato”. Però sottolineano: “perché mai confondere due personalità così diverse che si sono combattute su fronti che sono e restano antagonisti? Si rischierebbe di contribuire a un processo, che riteniamo nefasto, di azzeramento della storia e della memoria.”
Dal
supplemento libri della rivista cattolica (fanfaniana, mi pare)
“Prospettive” (n. 13, 1982) riproduco l'inserto pubblicato in
occasione dei cento anni di Prezzolini, recordman tra gli
intellettuali fino agli sbalorditivi quasi 108 anni di Gillo Dorfles
(1910-2018). All'interno troviamo un compito giudizio di Luigi
Baldacci (1930-2002); una lunga intervista, interessante però anche
un po' ovvia, dalla cui lettura forse Flaubert avrebbe arricchito
quello che è stato tradotto anche col titolo Dizionario
delle idee comuni; una guida
alla lettura di P. e una bibliografia abbastanza accurata.
Geno Pampaloni (1918-2001) il 27
gennaio 1982 ne “Il Giornale” di Montanelli svolge un affettuoso
elzeviro, come – quasi sempre – interessante e stimolante.
Il diplomatico e storico Sergio
Romano (1929), persona che mio padre conobbe poco prima di morire e
dalla quale fu positivamente colpito, ne il “Corriere della Sera”
del 31 dicembre 2005 nega che Prezzolini sia “caduto nell'oblio”
con acute osservazioni.
Concludo questo post riportando
un mio vecchio appunto degli anni Novanta, di cui non ricordo la
“causa scatenante”. In esso scrissi:
“Prezzolini. Intelligenza:
troppa; conoscenza: tanta; coscienza: assente (talvolta cattolica).
Cinismo per certi versi cauto, sicuramente contraddittorio. Alla fin
fine Prezzolini è un vigliacco che getta il sasso e nasconde la
mano. Tardi e maldestri epigoni nel dopoguerra ne ha avuti parecchi.
Tra questi intellettuali gli storici dell'arte sono stati numerosi:
dannosi estremisti, parolai, moralmente servi esigenti ed infidi.
Sostanziali traditori degli ideali professati. Bologna, Firenze, Roma
le sedi dei focolai del virus. I nomi defunti o tuttora
nefasti li conoscete”.
Evidentemente ero un
pochino...arrabbiato. Però oggi non ricordo proprio per quali fatti
specifici avessi perso le staffe e in particolare con chi , oltre a
facili illazioni da parte mia, specificatamente avessi ripugnanza
iraconda.
F.R. (7 agosto 2020)
Augusto Del Noce:
da "Prospettive libri" (1982, n.13)
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