In
questo breve racconto della prolifica scrittrice neozelandese,
eccellente autrice di racconti brevi, affronta in epoca non sospetta
– l'articolo sotto riportato è tratto dal numero del 20 novembre
1949 della rivista L'Europeo – il
tragico problema del razzismo attraverso gli occhi candidi di una
bimba ancora immune dal condizionamento sociale e dal pre-giudizio
riferito, in questo caso, alla comunità zingara – che oggi
chiameremmo rom. Incapace di affibbiare ai loro comportamenti le
connotazioni negative su cui un adulto si sarebbe concentrato, Pearl
sposta l'attenzione con il suo faro di innocenza sulla piacevolezza
del vivere senza costrizioni, a contatto con una natura non
imbrigliata al volere umano e alla gioia
selvaggia di lasciarsi andare che certamente non era permessa all'epoca del racconto, soprattutto per le donne e purtroppo per estensione anche alle bambine. Il
tema del razzismo è largamente in voga in questo periodo, tuttavia
non è per questa ragione ed anzi è nonostante questo fatto che ho
deciso di riproporre questo breve racconto perché credo che illustri
una faccia diversa di questa realtà umana – interna ed esterna.
Spero che non si sceglierà la via del politically correct a tutti i
costi, scegliendo di interpretarla come una sorta di abbellimento
romanzato di un rapimento, lettura sbagliata e francamente poco
intelligente di una storia breve che ho trovato efficace e quasi
commovente.
Irene Marziali Francis (22 luglio 2020)
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