E'
una vita, è proprio il caso di poterlo dire dati gli ottant'anni
compiuti, che sento lodare e talora persino osannare la personalità
poliedrica di Henry David Thoreau (1817-1862). Non solo da coloro che
sono liberal, radicali,
pacifisti e comunque contrari alle forme di schiavitù. Per non
parlare degli ecologisti che oramai sono legioni più o meno
politicizzate, più o meno radicalizzate nel
fronteggiare gli evidenti scempi – alcuni dei quali forse già
irreversibili – operati
spudoratamente da sciagurate canaglie come Trump o Bolsonaro sulla
crosta del minuscolo pianeta che ci ospita, il quale è oltrettutto
instabile e pericoloso per certi suoi motivi
incontrollabili non solo sotto l'aspetto geologico.
Perciò
tentando il riordino di alcune pile di carte, imbattendomi in un
opuscolo di Thoreau, mi vien da pensare che la sua lettura (o
rilettura) si può adattare proficuamente al nostro oggi di
reclusione. Per di più, dopo una rapida incursione su internet, vedo
che negli ultimi anni si è verificato in Italia un rifiorire di
traduzioni, di edizioni nuove e di riedizioni dei suoi principali
scritti.
Per
quanto mi concerne, mio padre, durante uno dei numerosi viaggi nei
quali lo portavo in auto a Pisa per un impegno di una sola giornata,
mi incoraggiò a leggere Walden soprattutto,
e –– se non mi
abbaglia la memoria – non
insistette in modo particolare perché affrontassi anche la
Disobbedienza civile. Enorme
problema per me, allora militante socialista, cui forme reattive alla
violenza sbirresca non dispiacevano affatto. Le mie private
convinzioni al riguardo erano derivate più da l' Histoire
contemporaine di
Anatole France (coll'ineffabile cittadino Bissolo) e dalle vicende
dreyfussiane francesi che da letture di propaganda socialista, Aldo
Capitini (un sant'uomo sì, ma..) e tanto meno radicali, come quelle
strombazzate dall'ambiguo Giacinto “Marco” Pannella. Forse è bene ricordare che Disobbedienza civile significa “rifiuto di obbedire ad una legge senza ricorrere alla violenza”. Si tratta, cioè, di una forma di lotta politica, attuata da una singola persona o – quasi sempre – da un gruppo di individui, la quale comporta la consapevole violazione
pubblica di una norma di legge, considerata ingiusta. In proposito si veda la “voce” che
Norberto Bobbio consegnò al Dizionario di politica (pp.
316-320), diretto da lui con Nicola Matteucci – studioso che ho
sempre ammirato e seguito – e con Gian Franco Pasquino. Il libro,
del 1976, è sempre stato riedito e questa voce, in particolare, si
trova riprodotta nel web in più siti.
Vale
la pena di occuparsi delle idee di Thoreau in tempo di avvilente
obbedienza alla clausura determinata – però imposta – dal
proprio bene e dal nostro dovere nei confronti del bene del
nostro prossimo, perché ricordare il diritto alla “disobbedienza
civile” è non soltanto un atto di asserzione ai propri principi ma
anche un gesto romantico e di sfida nei confronti del morbo –
silente, misterioso, incombente che oggi affligge l'umanità intera.
In
questa sede faccio appunto attenzione a Thoreau ricorrendo ad un
estratto (promozionale, realizzato da quel bel tomo di Neri Pozza
editore nel 1957) della celebre, citata più che letta, principale
opera di Henry David Thoreau: La disobbedienza civile (Civil
Disobedience). Per la precisione ricordo che il volume faceva
parte della collana “Biblioteca di Cultura” ideata da Carlo L.
Ragghianti e gestita con un prestigioso parterre di
specialisti universitari da lui riuniti in un Comitato proponente, e
fu pubblicato nel 1958 con il titolo Saggi politici. Il libro
oltre La disobbedienza civile comprende anche Apologia
per John Brown, l'abolizionista (1800-1859) antesignano eroico e
impiccato a causa delle sue idee e gesta volte a contrastare la
schiavitù e a promuovere la liberazione degli schiavi negli Stati
Uniti.
Le
22 pagine (su c. 600) dell'estratto del libro, tradotto da Piero
Sanavio (anglista, traduttore e scrittore certo non scelto da C.L.R.
giacché studioso di Pound e di Céline, autori notevoli ma a dir
poco convinti fascisti), costituiscono un antipasto indicativo del
contenuto e dello stile scrittorio di un autore molto considerato
tuttora nel mondo anglosassone americano.
Riporto,
a dimostrazione delle convinzioni di Thoreau l'incipit de La
disobbedienza civile:
Thoreau
è stato anche un precursore dell'ecologismo radicale,
marcatamente utopico e fautore di una terra sostenibile allora come
si vorrebbe adesso, quando è popolata da 7 miliardi abbondanti di
inquinatori, governati in prevalenza da ecogenocidi di piglio nazistoide.
Dalla seguente citazione si può
ancora una volta esperire lo stile oratorio dell'autore, il quale
esprime con toni da mano di velluto argomenti catastrofici evocati
con fredda determinazione da guanto di ferro.
Infine:
mentre per Voltaire non si possono riscontrare importanti
interpretazioni plausibili di contraddizione e tanto meno antitetiche
e – invece – per Jean Jacques Rousseau sì, si possono
esprimere e sono state ampiamente sceverate, così nella mia mente
c'è un tarlo, un dubbio riguardo alla coerenza di H.D. Thoreau. Vale
a dire: dubito
che T. possa essere considerato
anche tutt'altro che pacifista, che le sue idee, le proposte possano
essere oggi recepite come quelle di un maître
à penser da derive
sedicenti culturali come, ad es. Casa Pound. Cioè che Thoreau possa
finire come il povero Tolkien ostaggio dei nefasti
libertarians di
destra.
F.R.
( 19 aprile 2020)
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