Questa
stringata ed indiscutibile definizione si trova scritta nel Diario
di Guido Morselli (1912-1973), un intellettuale e scrittore prolifico
divenuto “comunista” più che per convinzione razionale per
vocazione romantica.
Egli
tra l'altro ha scritto che “nessuno mai si è tolto la vita. Il
suicidio è la condanna a morte della cui esecuzione il giudice
incarica il condannato”.
Ad
una amica nel 1971 tra l'altro scrisse “...non sono mai stato un
ateo e, come tu dicevi una volta, un esprit fort. Ho sempre
rispettato come potevo la fede religiosa riconoscendo la sua
efficacia persino creativa o curatrice in senso pieno, ora sono su
un'altra sponda...Ingrigito sì, ma senza troppo invecchiare, almeno
di dentro. Il passaggio è
stato penso spontaneo, diciamo appunto un dono di Dio”.
Morselli
si è suicidato.
Unanimemente
la causa è stata attribuita ai reiterati rifiuti editoriali (tra cui
Vallecchi, Garzanti, Sansoni, Mondadori, Einaudi) e alle stroncature
di critici alcuni dei quali tassativi ed ingiusti, come da parte di
Vittorio Sereni, di Elio Vittorini e di Italo Calvino soprattutto.
Persino Geno Pampaloni nel 1956, quando era alle Edizioni di
Comunità, gli rifiutò un'opera. Però successivamente elogio Il
Comunista: “il libro è
bellissimo, il migliore di Morselli, il più significativo, perché è
ricco di intuizioni anticipatrici”.
F.R.
(4 aprile 2020)
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