Carlo e Licia

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mercoledì 13 maggio 2020

Rosai, Pratolini, Ragghianti. Firenze anni Cinquanta.

Mi auguro per gli amici Pananti che l'epidemia iniziale del virus Covid 19 non abbia danneggiato la loro asta del 22 febbraio, nella prima parte della quale venivano disperse le opere della raccolta di Vasco Pratolini, l'indimenticabile autore di Cronache di poveri amanti e di altri libri con protagonista la vita corrente a Firenze.
Le 121 – se non erro – opere di questa “raccolta” (non “collezione”, giacché questa si caratterizza per la specifica ricerca delle opere da parte di amatori, persone o enti che siano) sono ad evidentiam quasi esclusivamente costituite da doni di amici e ammiratori, da qualche acquisto per “aiutare” artisti nel bisogno. Esse costituiscono un insieme affettuoso ed evocativo di un periodo della nostra storia artistica e culturale. Purtroppo non è esistita in questo caso la possibilità di conservare l'unità fisica delle opere in un unico fondo culturale, meglio se museale. E' infatti nei Musei (quelli come gli Uffizi o il Louvre) che si possono – e si dovrebbero – non solo conservare le opere d'arte esposte ma anche documentazioni che consentano lo studio organico e la ricostruzione non solo a scopo espositivo di personalità e fenomeni preminentemente artistici.
Uniti i cognomi di Pratolini e Pananti mi fanno ricordare due episodi nei quali si trovano implicati mio padre per un verso ed io per un altro. Marginale la mia implicazione, consistente in un “romantico” disegno di Renzo Grazzini (1912-1980), pittore in vista nella Firenze del secondo dopoguerra, raffigurante Vasco Pratolini piuttosto giovane e capelluto. Regalai questo disegno nel giugno 1989 a Piero Pananti per ringraziarlo di una cortesia nei miei riguardi di cui non ho ricordanza.
Importante è, invece, la corrispondenza del 1959 tra Pratolini e Carlo L. Ragghianti, concernente la mostra Antologica, allora in preparazione, dell'opera di Ottone Rosai. Questa memorabile esposizione si tenne l'anno dopo nel maggio-giugno sull'intero primo piano di Palazzo Strozzi a Firenze.
In effetti l'esposizione fu memorabile, ma fu anche assai contrastata e poco supportata, giacché il Comune della città era commissariato con il conte Lorenzo Salazar, il quale pur favorevole non poteva disporre dei consueti mezzi di spesa di una Amministrazione eletta. Così, presumo, l'Azienda Autonoma di Turismo, la quale aveva in gestione Palazzo Strozzi. Non mancarono i consueti antagonistici contrasti interdittivi nei confronti di R. e delle sue iniziative da parte dei soliti ambienti.
Il Catalogo della Mostra dell'opera di Ottone Rosai 1911-1957, per poter riutilizzare buona parte dei clichés, fu sacrificato nel formato, identico a quello della Mostra che Pier Carlo Santini aveva allestito ad Ivrea nel Centro Olivetti, durante la quale l'artista perì improvvisamente. Modesta fu anche la veste editoriale con soltanto una Avvertenza firmata da P.C. Santini in luogo dei consueti testi critici. In essa il curatore rievocava il citato precedente di Ivrea (1957), e la Mostra, clamorosamente inedita, (1956) dei disegni di Ottone Rosai tenutasi nei locali de “La Strozzina”, nonché il lungo e rilevante saggio di C.L. Ragghianti. Questo scritto ed altri contributi di C.L.R. saranno ripubblicati in un prossimo post. Nella lettera del 13 febbraio in risposta a quella di Pratolini, Ragghianti tra l'altro accenna ad un suo progetto circa un Centro Studi sull'opera dell'artista fiorentino. Questa proposta è esemplare di un aspetto caratteriale di C.L.R., il quale aveva una componente di ostinata riproposta di progetti non realizzati al momento della loro progettazione. Nel 1983, infatti, presso l'Università Internazionale dell'Arte di Firenze, mio padre, convocati gli amici ed estimatori di Rosai ancora viventi, procedé alla costituzione del Centro Studi su Ottone Rosai. Purtroppo in seguito, per carente impegno dei collaboratori responsabilizzati dall'Assemblea fondativa, il Centro risultò praticamente inerte. 

Penso che solo la morte nel 1987 abbia impedito a C.L.R. di tentare ancora una volta il rilancio di questo Centro Studi. Magari a Lucca, tra le attività collaterali della Fondazione Ragghianti. Comunque mi riprometto di rendere nota la documentazione della vicenda tramite le carte del mio Archivio. Ritornando alla raccolta Pratolini testè dispersa all'asta Pananti, noto in particolare (e riproduco) un collage curiosamente eccentrico alla consueta pittura di Rodolfo Marma (1923-1998) realizzato nel 1963 con i resti appena rinvenuti di manifesti del 1911. Si tratta di un'opera interessante, nella quale l'artista declina in maniera originale e calibrata l'idea dei de-collages cui Mimmo Rotella si dedicò dai primi anni Cinquanta. Mi soffermo su Marma perché proprio tra il 1952/53 si verificò un contatto diretto con i Ragghianti del tutto estraneo alle arti figurative. La sua prima moglie, statunitense di origine italiana, ebbe l'incarico di insegnare i rudimenti della lingua inglese a Rosetta Ragghianti (10 anni) e al terzogenito (7 anni). Questa giovane donna dai capelli corvini era veramente un tipo singolare: sembrava avercela costantemente con l'intero universo; era una tabagista forsennata tanto da essere impregnata dall'odore del fumo e della nicotina. I bambini la chiamavano “Missis Mansia”, però non sono sicuro che la grafia del suo cognome fosse uguale alla loro pronuncia. I ragazzi erano molto colpiti e divertiti da una particolarità del suo vizio: il rifugiarsi spesso e per lungo tempo in bagno – per altro antiquato – di viale Petrarca, cosa che concedeva loro una gradita pausa. Credo che la signora Marma avesse ricevuto da nostra madre l'incarico grazie al tam-tam diffuso nell'ambiente artistico sullo stato stringente di necessità economica del pittore. Il Marma infatti appariva molto “sgualcito”, e purtroppo per lui allora non vendeva praticamente mulla, anche perché la sua pittura era oleografica, passatista, ostinandosi a ritrarre i tipici vicoli e altre amenità di san Frediano e di Santa Croce con un ductus che avrebbe offeso Signorini e altri artisti dell'Ottocento. Ricordo che questo allampanato pittore era considerato una delle macchiette circolanti in una città ancora vivibile e paesana grazie allo scarso – e in certe zone nullo – traffico automobilistico. Alla ricerca di spunti veristici, egli girava in bicicletta con tutto l'arsenale del plein-air e con a tracolla una corta scala. Un fenomeno di equilibrio!



Collega di Marma nel macchiettismo e nelle attenzioni satiriche dei “firenzini”, era stato anche il “povero” Giorgio Pasquali (1885-1952), grande filologo e coniatore di iperboli quali quella sulla parola bischero tipica di Firenze: da aschero, a trischero ecc. secondo il grado di fessaggine. Era veramente spassoso osservarlo deambulare gesticolando per le strade del centro, come anch'io ebbi modo di verificare un paio di volte, un po' dispiaciuto per gli sghignazzi del codazzo di divertiti ragazzacci, rivolti ad un amico del babbo. A conferma di questo aneddoto deambulatorio del bizzarro Giorgio Pasquali, ne riporto due, tratti dal curioso Dizionario delle maldicenze di Dino Provenzal:


Altro fenomeno – per più versi squallido – era l'antiquario Bruzzichelli che amava girare in città su un calesse trainato da un cavallino stento che pareva un asino.
Nel quartiere di San Frediano, via dei Serragli, Santo Spirito, rammento il caso – veramente triste – di una ragazza down o volgarmente per tanta gente mongoloide (peraltro l'unico essere afflitto da tale malattia genetica visibile per strada all'epoca), la quale nelle ore più disparate capitava di incrociare mentre procedeva piuttosto irregolarmente recitando ossessivamente la breve cantilena “ciccia, roccia...ciccia”. Salvo alcuni rari deficienti, di lei però nessuno rideva, anzi era praticamente adottata dalla comunità popolare. Concludo questo post incentrato su una iniziativa che accomunò tre personaggi come Rosai, Pratolini e Ragghianti e su alcune postille correlate tra loro casualmente, con il “coccodrillo” che Geno Pampaloni dedicò a Vasco Pratolini il 13 gennaio 1991 su “Il Giornale” di Indro Montanelli..
F.R. (14 aprile 2020)







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