Carlo e Licia

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sabato 16 maggio 2020

Raffaele Monti: ricordo di un'esperienza irripetibile.

Posto questo testo, che a suo tempo Monti avrà certamente consegnato in ritardo a Marco Scotini curatore del “ritardato” Catalogo della Mostra Carlo L. Ragghianti e il carattere cinematografico della visione,perché è una testimonianza su mio padre non dico particolarmente sincera – per quanto poi sosterrò – ma certamente interessante, degna di ulteriore conoscenza ed esempio della prosa dell'autore.
Poco prima di iniziare questo blog “Ragghianti&Collobi” ne avevo testato la fattibilità facendo un elenco di argomenti e uno di personalità da inserire e coinvolgere in quell'incerta iniziativa mediatica. Tra i personaggi che subito mi apparvero indispensabili e ricorrenti non poteva non esserci Raffaele Monti.
Secondo il progetto del blog, dunque, Raffaele Monti risultava uno dei personaggi principali, tanto che inizialmente avevo programmato una Monteide, la cui scaletta però mi dette a posteriori l'impressione di poter diventare demolitoria, scorretta perché il ci-devant non era più in grado di difendersi. Ne consegue che in questa sede parlerò di Monti in termini il più possibile spassionati, ignorando i suoi aspetti inaccettabili per il mio “moralismo”, che rivendico nel suo autentico significato, assolutamente diverso dall'accezione denigrativa che oggi sembra preminente. Nel corso delle centinaia di post fin qui pubblicati, Monti è stato spesso citato, non sempre in maniera lusinghiera. Ciò non per fumus persecutionis ma perché qualche caso in cui era implicato questo personaggio “esagerato” si attagliava bene al contesto.
Raffaele (Lele) Monti è stato allievo di mio padre dal 1950, conoscente, aio e poi amico mio dal 1954. Una amicizia costante anche se con inevitabili screzi dovuti sempre alla infinita capacità di fare “casini” che ha contraddistinto il povero Lele. Il suo difetto principale era quello di essere un bugiardo patologico, cioè incapace di non mentire anche nei casi in cui ciò sarebbe stato irrilevante. Un esempio clamoroso e postumo: Lele si toglieva per vanità gli anni, evidentemente, giacché si fa nascere nel 1936 (ragione per cui sarebbe andato all'Università nel 1950 a 14 anni. Non è possibile, non siamo negli USA!). Così recita, infatti, il “coccodrillo” Adnkronos del 22 aprile 2008, commentando la morte dello storico dell'arte. Monti è nato nel 1933.
Però era capace di grandi slanci amicali, il Lele, di grandi generosità, di istintiva adesione ai problemi altrui per i quali poteva manifestare una empatia talvolta taumaturgica. Eppure era meglio non farci affidamento, completo almeno. Ancora però, conoscendolo bene, per lo 

meno fino alla sua mezza etò, era impossibile non trovarlo simpatico, non essere coinvolti nella sua esuberanza e nella affettuosità. Mio padre lo ha sempre – alla fine – protetto, promosso e perdonato, anche se Lele gli ha fatto fare figure barbine, talvolta tremende (ed onerose per editori) con colleghi ed amici importanti. Perché Lele potesse laurearsi doveva superare l'esame di latino nel quale era stato sistematicamente respinto; C.L.R. venne ai ferri corti con il collega latinista Lana pretendendo ed alla fine ottenendo la sospirata promozione di Monti. Cosa che C.L.R. si è ben guardato di fare – giustamente! – per me che arrivai ultimo alla prova scritta dall'italiano in latino. Non mi sono laureato anche per ciò (diciamo che ciò ha inciso per il 10 per cento). Mia madre per Lele era stata eletta facente funzione della sua defunta (sorella di Costanzo Ciano, sia detto per inciso), si confidava, era consolato, incoraggiato... e poi faceva il contrario. Quando Lele tornò da Milano di nuovo a Firenze dopo qualche anno di assenza, si presentò contrito con un mazzo di fiori esagerato e con scusanti e pentimenti tali da farla quai piangere per la commozione. E così via finché i miei genitori sono morti di precoce vecchiaia valetudinaria.
Poi è morto pure lui, il Lele Monti, dopo essersi vendicato per un mio eccessivo rimprovero per la sua sfacciata condotta mendace in un episodio giudiziario che taccio perché coinvolge altre persone, per altro defunte quasi tutte. Già! E' stato proprio Lele ad adoperarsi perché nell'asta inaugurale di Piero Pananti (1999) le opere d'arte che Rosetta ed io presentammo in vendita per realizzare la cifra occorrente necessaria all'acquisto delle nostre nuove abitazioni, nelle quali tuttora viviamo, furono sottoposte inopinatamente a notifica da parte delle Belle Arti. Un caso mai avvenuto prima in circostanze analoghe, come fu rilevato.
Siccome Lele Monti era anche fisicamente vigliacco nonostante il “corpaccione” (copyright Alfredo Righi), scomparve dalla mia portata. E fece bene, il Lele, perché per qualche anno lo avrei certamente “cardato”, cioè menato di brutto e sodo! In seguito non è sceso l'oblio ma ha preso il sopravvento il residuo di affezione e di gratitudine per le sue piccole cortesie, per i tanti insegnamenti culturali ricevuti, i tanti chiarimenti letterari ed artistici e particolarmente in campo musicale, che nel corso di mezzo secolo mi ha comunicato, impartito attingendo spesso al meglio della sua cultura e dell'altrettanto notevole capacità di trasmettere il suo sapere, le sue interpretazioni con entusiasmo e fascinazione.
F.R. (25 aprile 2020)




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