Carlo e Licia

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sabato 12 ottobre 2019

Emil Nolde, nazista.

Della infinita serie non si può – quasi – mai stare tranquilli sugli uomini circa la loro integrità morale e circa gli accadimenti conseguenti. I dati riguardanti un essere umano una volta noti, studiati, analizzati determinano la storia quando essi hanno una certa rilevanza, altrimenti incidono sulla cronaca, la quale col passare del tempo può assurgere a storia, con la esse minuscola. Il mutamento di dati, notizie, documenti a causa di nuove acquisizioni o scoperte rende necessario il più delle volte riconsiderare ciò che si considerava storicizzato. Comunque fa tanta tristezza – e rabbia e amarezza – riscontrare scheletri nell'armadio di tante persone insospettate, ritenute addirittura guide od esempi da seguire. Adesso, dopo tanti casi, ma qui ha senso ricordare soltanto per la Germania. Günter Grass (1927-2015) e da noi la recente vicenda di Eu(parlo di tutto) Scalfari, si apre il sipario sull'ultimo – a mia conoscenza – cioè su Emil Hansen noto come Nolde (1867-1956).
Per quanto possa essere triste e procurare disgusto, è necessario ricordare che bisogna distinguere tra l'uomo artista e il medesimo individuo nelle sue altre manifestazioni. Spesso questa ripartizione è incoerente. Succede all'atto pratico, per fare un esempio illustre, che nell'uomo Caravaggio (1571-1610) convivano un essere sciagurato e violento fino all'omicidio e un artista così dotato ed originale da farlo considerare – giustamente – uno dei più illustri di tutti i tempi. Contemporaneamente egli va giudicato con riprovazione per la vita scellerata con i suoi atti criminali indubbi. Il genio non ha diritto ad assoluzioni morali né a “sconti” particolari: non esiste – e là dove viene praticata è sopruso – la sacralità dell'artista.
Questa ultima pratica resiste, è diffusa ed è incoraggiata da regimi autoritari e da situazioni sociopolitiche totalizzanti nelle quali i nostri sono sempre buoni e gli altri sempre cattivi. Ricordo, in tempi a noi recenti, come il P.C.I. “sacralizzasse” gli artisti iscritti e fiancheggiatori, spesso al di là del ridicolo: Guttuso, per esempio, non a caso veniva gerarchicamente comparato ad un cardinale, e come tale trattato e imposto. Persino personaggi a noi cari come Tono Zancanaro, si comportavano come unti del signore nell'ambito delle organizzazioni collegate al partito e a coloro che ne traevano vantaggi: offerte frequenti di esposizioni antologiche in centri importanti, e una visibilità mediatica non tanto dovuta al merito in sé ma all'appartenenza partitica, nuova forma di massoneria.
A proposito di artisti moralmente spregevoli è recente la scoperta dell'ignominia di Emil Nolde il quale era in realtà antisemita e poi un nazista fanatico. Per sua sfortuna stava “antipatico” a Hitler il quale non si degnò nemmeno di dare riscontro ad un “piano”, concepito ed elaborato dal pittore per eliminare tutti gli ebrei dall'Europa, proposto zelantemente e direttamente da Nolde. Questi, comunque, fu attivo nella persecuzione delle persone, tanto che non si peritò di denunciare come ebreo Max Pechstein, che non lo era nonostante il suono del cognome. Anzi il Führer – pittore mancato perché accademicamente respinto – che si considerava un intenditore definì pubblicamente le tele e gli acquarelli di Nolde “schizzi di un bambino demente”, inserendolo tra gli artisti definiti dal regime “degenerati”. Però, data la militanza, non subì fino al 1941 (quando gli si vietò di esporre e vendere) nessuna angheria anche perché gli alti gerarchi come Hermann Göring compravano a caro prezzo le opere del pittore da loro molto apprezzato.
Un caso di degenerato “ad personam” dal dittatore. Questo fatto, con complicità di una qualche “Odessa” analoga alla nostra P2, consentì dopo la guerra a Nolde di accreditarsi come una vittima del nazismo. Nel 1968, addirittura fu pubblicato il romanzo Deutschstunde (tradotto in italiano nel 1973 da Einaudi) scritto da Siegfried Lenz ispirato alla figura di Nolde mitologizzato vittima del regime. In più il “furbacchione” Nolde nella sua autobiografia “dimenticò” il passato razzista e l'adesione al nazismo; mentre la Fondazione a lui intitolata, e tuttora agente, ha occultato e “ripulito” circa venticinquemila documenti compromettenti.
A partire dal 2013 alcuni storici dell'arte hanno cominciato a rendere noto il passato del pittore. Oggi, in Germania, si chiede di togliere tutte le opere di Nolde dai Musei pubblici. Quest'ultimo fatto è un errore di merito grossolano, ingiusto e sospetto – come tutte le richieste smaccatamente demagogiche – di nascondere altri “altarini e scheleri” compromettenti.
Non è stato per indulgenza, lassismo o complicità che in Italia Sironi e altri artisti (tra cui Rosai) compromessi col fascismo non sono stati emarginati nella conoscenza dell'opera loro e nella visibilità del loro lavoro. Le opere d'arte non sono state – e non meritavano di esserlo – discriminate, proprio e semplicemente perché opere d'arte.
Può dispiacere doverlo ammettere ma la creazione originale di opere d'arte – da chiunque ne sia l'artefice – se di fatto ottiene un riconoscimento unanime, secondo validi canoni estetici, è arte e come tale va distinta da altre manifestazioni umane e, inoltre, va tutelata come bene comune.
Si può odiare Wagner come persona, ad esempio, e ad ascoltarlo provare anche un qualche disagio, ma è demenziale negare alla sua musica una veridicità espressiva di portata universale e perenne. (Comunque, io preferisco pensare e dire: “Viva Verdi!”). Analogamente non si possono svilire la qualità e l'autenticità espressiva di poeti e scrittori quali sono stati Ezra Pound (1885-1972) e Louis Ferdinand Céline (1894-1961) giustamente puniti ed emarginati socialmente per il loro collaborazionismo fascista e filogermanico, né irridere un Robert Brassillac (1909-1945), però giustamente fucilato per tradimento e collaborazionismo.
Una dimostrazione di questa assertiva distinzione, effettuata a proposito di ogni essere umano, diventa clamorosa se questi è un artista, un creativo originale. Intendo quindi esemplificare il caso di Nolde con la riproduzione di un breve testo (l'unico che mi risulta dedicato a Nolde da Carlo L. Ragghianti) tratto da “seleArte” (n. 24, mag.-giu. 1956, La Biennale di Venezia, p.30) e da due recensioni redazionali scritte da Licia Collobi con probabile intervento di R. sempre su “seleArte” (n. 52, 1961, pp. 32,33; e n. 63, 1963, pp. 70,71) a cui si aggiungono alcune illustrazioni a colori di opere del pittore tedesco di origine danese. Quanto scritto in questi testi, infatti, si riferisce esclusivamente alla qualità e alla originalità dei dipinti e degli acquarelli senza farsi condizionare da elementi “sociologici” estranei all'arte. Sono anche certo che queste osservazioni sarebbero state sostanzialmente identiche se fossero stati già noti ai Ragghianti i precedenti antisemiti e poi razzisti di Nolde. Non mi sento, però, di garantire che gli autori, a conoscenza della turpitudine morale dell'artista, avrebbero pubblicato proprio quelle iniziative riguardanti le opere di Nolde e non, invece, altri argomenti artisticamente equivalenti ma aulenti a disposizione della redazione.


F.R. (14 giugno 2019)



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