Carlo e Licia

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mercoledì 11 settembre 2019

Su estetici veleni accademici. Ragghianti sostiene il diritto di Eco (1968).

Questa breve ma intensa ed importante corrispondenza tra Umberto Segre e Carlo L. Ragghianti è illuminante circa il malcostume imperante (da sempre) nel mondo universitario. Confortano la equità e la magnanimità di mio padre – cosa su cui non avevo peraltro dubbi – e l'equilibrio di Segre tra le ragioni dell'amicizia personale e la possibile difformità di motivi di studio e scientifici.
Non fa una bella figura Luigi Pareyson (1918-1981) sostanzialmente studioso di calibro modesto nei confronti dei citati Enzo Paci (1911-1976) e Guido Morpurgo Tagliabue (1907-1997), una delle persone più viscide e odiose che mi è capitato di conoscere. Il giovane Vattimo (n. 1936) qui si trova “debole”, in veste di carnefice e vittima del sistema.
Personalmente nella lettera di C.L.R. ho molto apprezzato le considerazioni sui meccanismi di cooptazione universitaria e sulla mentalità “guerresca” dei docenti (una delle ragioni per cui fin da ragazzo mi preclusi l'insegnamento superiore come obiettivo di vita). Nel complesso mi sono, in verità, molto divertito, con un solo attimo di incertezza cognitiva davanti al termine criadi, il quale dopo riscontro risulta essere parola spagnola che nel significato primario indica domestici, servitori.
Umberto Segre (1908-1969), giornalista politico e professore universitario era amico caro e piuttosto vicino a Carlo L. Ragghianti fin dai tempi di “Pietre” (vedere sul blog il post del 13 gennaio 2018). Non si conobbero nella Scuola Normale di Pisa perché Umberto Segre fu arrestato come antifascista di “Giovane Italia” (1928), mentre R. 
matricola fu edotto della sua esistenza e consistenza politica da Aldo Capitini, Delio Cantimori e altri normalisti. Politicamente i due corrispondenti furono sempre  concordemente schierati sulle stesse posizioni: Giustizia e Libertà, socialismo liberale di Carlo Rosselli, Partito d'Azione, Movimento Repubblicano democratico con Parri e La Malfa. Anche come giornalista (che lo vede tra i fondatori de “Il Giorno” nel 1956) fu sempre in sintonia con la pubblicistica laica e democratica. Come insegnante di Sociologia a Trento egli non fu certo uno dei responsabili della formazione eversiva di Renato Curcio e compagnia sparante. Morì improvvisamente a Milano il 13 dicembre 1969, il giorno dopo l'attentato fascista di piazza Fontana.
I rapporti tra Umberto Eco e Ragghianti sono stati praticamente inesistenti : questo scambio epistolare con Segre è l'unica manifestazione esplicita che io conosca di interessamento ad Eco e al suo lavoro da parte di mio padre. Certamente ne ha accennato – non positivamente – conversando ed insegnando, però senza acrimonia; e del DAMS pensava a un'occasione perduta per dare una nuova e più stimolante e articolata proposta accademica per lo studio di tutte le arti.
Concludo con un aneddoto: di fronte alla mia ammirazione con (1980) punte di entusiasmo per il romanzo “Il nome della rosa” e alla pacata ma decisa lode di mia madre, C.L.R. lesse finalmente il libro. Almeno con me non si pronunziò, però non fece nemmeno critiche o riserve di metodo.
F.R. (24 maggio 2019)


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