Carlo e Licia

Carlo e Licia

Archivio

Cerca nel blog

martedì 6 novembre 2018

Stragi nazifasciste in Italia. Memoria e consapevolezza per affrontare il futuro.

Chi mi conosce avverte e sopporta il pessimismo congenito, rafforzato e razionalizzato dalla metodologia storiografica derivata dal Tolstoj di Guerra e Pace e dalla formazione universitaria improntata su Cantimori, che pervade spesso le mie osservazioni sociali, sociologiche e storiche.
Oggi non c'è dubbio – purtroppo – che stiamo assistendo alla disgregazione dell'Europa tendente a divenire federazione, mentre sembra sussistere in affanno la tendenza a una confederazione fragile, non paritetica, a guida diarchica di Germania e Francia, se tutto va bene. Non è da escludere quindi il dissolvimento del nobile intento del pensiero europeista scaturito dalla catastrofica, orrenda Seconda Guerra Mondiale in suolo europeo. La causa principale di questa non escludibile ipotesi va individuata nell'ottuso risveglio nazionalsovranistico, dilagante in ogni angolo del continente, ben foraggiato da “concorrenti” come U.S.A., Russia, e perché no, Cina. Per non dire degli integralismi islamici e degli zombies francamente nazisti.
Nell'immediato è necessario, penso, come con un vaccino antirabbico richiamare e quindi ricordare e chiarire gli effetti concreti dell'orrore derivante dalla presunzione di purezza razziale e di superiorità nazionale del passato nazifascista, il quale prima di tutto va contrastato colla e nella propria consapevolezza di coscienza etica.
Questo “richiamo”, tra non molti altri, può essere il libro Zone di guerra, geografie di sangue tristemente oggi indispensabile non solo a ricordare – documentato – un doloroso aspetto della nostra storia, ma per meglio conoscere e rintuzzare la sfacciata, sbandierata volgarità neofascista e neonazista annidiata tra i cosiddetti moderati di centro-destra. In questa larga fascia della popolazione italiana prolifera in modo subdolo il culto “sovranista” (nazionalista ed autoritario). Esso sta risultando certamente più pericoloso per la democrazia di quanto non lo siano i movimenti ostentatamente derivati dal nazifascismo sconfitto nel 1945.
E' dal 1948 – settanta anni fa! – che “le forze della reazione in agguato” (talvolta persino il retoricume può essere efficace) attentano alle libertà riconquistate con la Resistenza – acquistate poi via via con migliorie e nuovi diritti civili – con ininterrotti tentativi eversivi fino ad ora fortunatamente, e spesso fortunosamente, respinti e sconfitti. Ricordare che cos'è la Guerra in generale e quella civile in particolare e cosa siano le loro estreme manifestazioni, quali ne siano le conseguenze poi, è oltretutto un dovere della dignità di noi stessi, nei
confronti della nostra responsabilità verso i figli (che troppo spesso non abbiamo saputo educare civilmente) e quelle nei confronti degli inconsapevoli nipoti che saranno i testimoni … e i giudici della nostra esistenza trascorsa in questo minuscolo pianeta.
Zone di guerra, geografie di sangue è perciò un libro importante, che va conservato accanto ai testi fondanti della nostra comunità democratica e che si configura anche come un discrimine da una parte tra cittadini responsabili, disponibili a cercar di capire le conseguenze di un futuro (tramite il passato) pieno di oscure e negative minacce, dall'altra tra cittadini irresponsabili, pronti a qualsiasi fanatismo e nefandezza pur di non affrontare razionalmente e, sì, anche secondo Costituzione, l'avvenire.
F.R. (20 settembre 2018)



Nessun commento:

Posta un commento