Non è che mi fossi
scordato del fatto che sono passati trenta anni della prematura
scomparsa a causa di un tumore al cervello dell'amico di famiglia,
caro a C.L. Ragghianti quasi come un altro figlio, Simone Viani
(1948-1988), né che avessi dimenticato l'intenzione di ricordarlo
ancora una volta. E' avvenuto invece – accidenti alla vecchiaia –
che non ricordavo più dove all'inizio di quest'anno avessi
dall'Archivio riposto il dossier che lo riguarda. Finalmente l'ho
ritrovato assieme a quello massiccio di Geno Pampaloni, sepolto da
scartoffie itineranti da un mucchio all'altro.
Quando Simone morì in
seguito ad una breve, inesorabile sofferenza, ero responsabile e
redattore capo di “Critica d'Arte”, IV serie, editore Panini, e
quindi imposi l'opportunità di ricordare la sua dolorosa scomparsa,
a prescindere da certe perplessità dell'ambiente, almeno con una
pagina della rivista che dovetti scrivere io nonostante mi sentissi inadeguato
alla bisogna. La riproduco comunque in questo post dal fascicolo n.17
(giugno-agosto 1988) insieme al ponderoso saggio
Kunstwollen-Aurea-Kunstwerk, rappresentativo delle capacità e del
prevalente interesse – per naturale inclinazione e per la sua
consuetudine con Massimo Cacciari – degli aspetti filosofici
riguardanti le arti figurative. A proposito di quel breve mio testo
voglio fare due precisazioni: nel terzo paragrafo scrivevo che
Giuseppe Mazzariol (altro amico veneziano carissimo) sarebbe
intervenuto da per suo per illustrare la personalità dell'amico e
discepolo, cosa che non poté fare per la sua repentina morte da
infarto. L'altra precisazione è una imbarazzata ammissione di
maleducazione per non aver ricordato nelle condoglianze la sorella
Eva, cui Simone era molto affezionato. Unica scusante, sempre che sia
ammissibile, è che mentre conoscevo la mamma, benissimo il padre,
non avevo mai incontrato la sorella.
Nel 1998 Simone Viani fu
ricordato con il volume Decorazioni (Edizioni della Laguna,
Monfalcone 1998, pp.262 con 45 ill., s.i.p.) prefato da Giuseppe
Pilo, con saggi di Elia Bordignon Favero e Elio Franzini, mentre
Mario Piantoni introduceva l'ampia sezione Nota bio-bibliografica
degli artisti, dei critici e glossario curata da Giusi Sartoris
in collaborazione con M. Dalla Mura, Cr. Leva, G. Semeraro. La parte
più corposa del libro è la riedizione dal testo omonimo
Decorazioni, pubblicato nel 1983; di grande interesse
l'illustrazione composta dagli inediti Cartoni disegnati da
Alberto Viani dal 1956 al 1983. Nel libro c'è poi la sezione che
ricorda un colloquio intellettuale d'argomento inerente la
“decorazione” tra il maestro Carlo L. Ragghianti e l'allievo
Simone Viani (pp.167-179). In questa importante testimonianza è
presente anche la bibliografia degli scritti di Simone, che ritengo utile
riprodurre per l'oggi in questo post, assieme a qualche riproduzione
di Cartoni.
Nel 2008 non mi risulta
nessuna iniziativa, cosa che però può dipendere dalla mia ignoranza
accresciuta dall'isolamento – per altro panacea per la salute,
specialmente spirituale – con cui mi compiaccio di vivere in
Vicchio di Mugello e dintorni. Di Simone Viani mi riprometto di pubblicare altri post di suoi scritti sia su Carlo L. Ragghianti e le sue opere, sia su “Critica d'Arte”, sia su suoi interventi speculativi di non agevole lettura per chi non ha solide basi filosofiche,
però illuminanti una personalità intellettuale di rara perspicacia. La bibliografia di Viani
mostra uno studioso operoso e prolifico, con qualche dispersione e
qualche argomento e svolgimento non troppo graditi da Carlo L.
Ragghianti. Si sviluppò così un dialogo fecondo, non privo di
divergenze però affrontate con dialettica condivisa in un dibattito
costruttivo che trova il suo riscontro oggi soltanto nella fitta,
voluminosa e complessa corrispondenza tra i due studiosi, che ritengo
tuttora inedita. In proposito non sono da escludere anticipazioni in
questo blog.
Sul piano famigliare e
personale non posso e non voglio – per non cadere nell'arbitrario –
riferire particolari notizie. Simone era un giovane brillante, sicuro
di sé all'apparenza, sapeva vivere nel suo tempo con agio e
disinvoltura ma sempre con lineare aderenza ai propri saldi principi
di costruzione morale di sé. Era la pupilla degli occhi del padre
Alberto, uomo burbero nel sembiante ma affettuosissimo; si era
spontaneamente avvicinato a C.L.R., senza però né piaggeria, né
secondi fini. Praticamente soprattutto all'Università Internazionale
dell'Arte di Firenze (è defunta ufficialmente. Una prece) e nella
controffensiva nei riguardi della querela di C.L.R. con Argan, dove
il suo contribuito era stato indispensabile, fu un aiuto per
Ragghianti, che ripeto lo considerava praticamente un altro figlio
(quello con doti d'intelletto speculative più affini). Personalmente
devo confessare che in un primissimo tempo, dopo il suo stabilirsi a
Firenze perché docente all'Accademia di Belle Arti, ero diffidente
nei suoi confronti temendo che anche Simone fosse un altro
promettente studioso che approfittava della generosità di nostro
padre, che qualche volta era sembrata non solo a me ma anche alle
sorelle e persino alla mamma – ma solo sembrata – discriminante
nei nostri confronti. Sono fiero di me per poter affermare che non
sono stato geloso di Simone, né invidioso stante la forte disparità
dei nostri caratteri. Quindi per mio padre Simone è stato quasi come
un figlio, per me tutto sommato penso di poter dire che egli è stato
(sia pur brevemente) come il fratello che avrei voluto avere.
Comunque mi dispiace
tuttavia, e non poco perché credo d'avere un solo vero amico
superstite, che la sua precoce morte mi abbia privato di una sana e
salda amicizia basata su lealtà e comprensione.
F.R. (7 ottobre 2018)
P.S. - Mi accorgo che nel
testo sovrastante ho sempre chiamato Viani con il nome proprio di
Simone, come naturalmente è giusto che sia. Però i suoi familiari,
mia madre e mio padre (anche nella corrispondenza) e di conseguenza
le mie sorelle lo chiamavano praticamente sempre soltanto Ciccio,
derivante da evidente sua puerilità paffutella. Il mio distinguo su
questo particolare marginale dipende dal fatto che nell'infanzia
tutti mi chiamavano Cecco, lucchesemente come il nonno, cosa
che ho detestato visceralmente finché fui abbastanza grande da
chiedere impositivamente di non essere così interpellato.
Quindi, considerando Simone un amico, non lo ho allora né adesso
afflitto con il Ciccio, che per altro lui accettava di buon
grado, credo.
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