Giorni fa mia nipote mi
ha detto che abbiamo postato più di 200 articoli dall'inizio di
questo blog (30 ottobre 2016). In un primo momento mi sono sentito
male pensando alla mole enorme del materiale ancora da organizzare e
riprodurre nonché al relativo lavoro di ricerca, di preparazione dei
post, poi di scannerizzazione e impaginazione. Naturalmente la
preoccupazione non deriva dal fare bensì dal “poterlo” fare,
vuoi per motivi di salute, vuoi per lo scivolare inesorabile del
tempo verso l'inevitabile. Poi per fortuna anziché la depressione
senile è prevalsa una sorta di razionalizzazione dell'ineluttabile,
ragion per cui ho cominciato a pensare come riuscire ad essere più
efficaci ed efficienti, sempre che ciò sia possibile sic stantibus
rebus. Tra tanti abbozzi di pensieri mi è venuto in mente che nei
post del Blog e nei fascicoli di “SeleArte” IV serie, 1988-1999,
è ricorso diverse volte il nome de “La Strozzina”, con accenni
più o meno esaurienti circa la natura e l'attività di questo
originale spazio espositivo ideato e promosso da Carlo L. Ragghianti
nell'ambito delle più ampie attività dello Studio Italiano di
Storia dell'Arte, anch'esso situato in Palazzo Strozzi a Firenze al
secondo piano nel lato che affaccia su Via Tornabuoni. Verificando i
materiali nel mio archivio ho riscontrato che avevo conservato buona
parte degli originali o delle copie fino alla dismissione de “La
Strozzina” 1971 e trattenuti in sede per una decina d'anni fino
all'esaurimento italico di un ente senza attività e con personale
(ridotto) nulla facente. Ragghianti fu estraneo a questo andazzo,
naturalmente. Allora il segretario “perpetuo” Nino Lo Vullo li
mandò alla Università Internazionale dell'Arte perché l'Azienda
Autonoma di Turismo non volle recepire quasi niente di quell'archivio
residuale. All'epoca ero disoccupato in seguito al tracollo più
radicale del consueto stato di crisi della casa editrice Vallecchi
che aveva coinvolto anche l'azienda “Sigla” di cui con l'amico e
collega Adriano Gasparrini eravamo soci e dipendenti. Il contratto di
sussidiarietà che ci consentiva di avere una base di sopravvivenza
grazie alle realizzazioni editoriali che producevamo per Vallecchi
cessando l'erogazione non ci consentì di continuare la nostra
attività per certi versi abbastanza solida e soddisfacente. Le
segretarie dell'Università dell'Arte, sopraffatte da queste carte
inconsuete mi chiesero quale esperto di organizzare e smaltire il
lascito che “La Strozzina” che invadeva il loggiato coperto di
Villa Lemmi già Tornabuoni. Provvidi a separazioni e cernite
preservando l'intera corrispondenza culturale superstite e gli atti
ufficiali pensando di farli poi pervenire alla Fondazione che mio
padre stava progettando a Lucca. Mollai quindi all'U.I.A. (che spazio
ne aveva anche troppo) quasi tutti i pacchi di magazzino cataloghi e
gli album documentari delle mostre e delle “Vetrine” che –
sembra – fu in seguito ampiamente saccheggiato o svenduto. Rimasta
la corposa ma discontinua documentazione amministrativa (fatture per
allestimenti, rapporti con SIAE per ingressi alle mostre con
biglietto a pagamento, ecc.), la sfogliai constatando che essa era
stata (come per altro la corrispondenza) mutilata con l'asportazione
dei francobolli e di molte firme prestigiose di artisti e
personalità. La lasciai all'U.I.A. con la raccomandazione che fosse
conservata con cura perché quel tipo di documenti col passare del
tempo diventano sempre più importanti, qualche volta fondamentali.
Spesso, infatti, possono rimanere le uniche testimonianze della
attività avvenuta effettivamente in un Ente. Temo proprio che di ciò
non rimanga molto, forse nulla, salvo le fotocopie o i pochi
originali trattenuti, dopo averli fotocopiati per la conservazione
con gli altri, perché ritenuti al momento utilizzabili per future
indagini da parte di C.L.R. o mie. Questi residui sono comunque
conservati nell'Archivio di Vicchio o in quello di Lucca recentemente
ordinato con criteri professionali e disponibile alla pubblica
consultazione, oltre ad avere immesso in rete l'elenco dei faldoni e
il sommario del loro contenuto. In conclusione adesso intendo qui documentare l'attività del primo quinquennio, il più “prolifico”, de “La Strozzina” con l'apposita pubblicazione voluta da mio padre. Utilizzo per questo l'opuscolo che fu pubblicato nel 1955, cioè il Rendiconto generale dell'attività svolta, che mi sembra esauriente. Penso
comunque che valga la pena di riportare l'elenco che segue, non compreso nel Rendiconto e che si riferisce a “conversazioni critiche”, cioè a conferenze impegnative ed importanti, di cui purtroppo non esistono registrazioni (agli inizi degli anni Cinquanta al di fuori della Rai i registratori fonetici erano una rarità costosa) né altre
documentazioni, nemmeno sotto forma di sommario. Essendo pubbliche
manifestazioni è probabile esistano recensioni nei giornali di
Firenze (“La Nazione”, “Il Nuovo Corriere”, “Il mattino”):
impresa tutt'altro che semplice scovarli, ignorando persino le date
degli avvenimenti. Forse qualche traccia può essere riscontrabile
tra le carte degli illustri relatori. Non tra quelle di C.L.
Ragghianti perché negli interventi oratori egli procedeva “a
braccio”, con l'ausilio di una “scaletta” delle argomentazioni
che intendeva esporre. Di questi appunti in Archivio a Lucca che ne
sono un certo numero, ma non quella qui citata.
Quanto alle
“conversazioni critiche” non elencate ma avvenute, ne ignoro il
numero e i contenuti; alcune di esse, forse, possono essere
individuate nelle carte degli oratori e da accenni indiretti o
riferimenti nelle loro corrispondenze.
L'elenco cronologico
delle “vetrine” consiste soltanto nel titolo essenziale, anche se
il Catalogo – modesto di mole e di grafica, come allora s'usava –
di molte di esse esiste (forse in Biblioteca Nazionale o al Vieusseux
… ). Purtroppo a Lucca non credo ce ne sia una serie completa.
Non ricordo qui i
collaboratori ordinari e straordinari non citati nella pubblicazione
perché marginali oppure perché presenti negli anni successivi che
circolarono in quelle stanze ospitali (com'era naturale per mio padre
in generale e che accolsero dal 52 al 56 nel contiguo Studio Italiano
di Storia dell'Arte anche la redazione di “SeleArte” col suo
piuttosto fantomatico segretario P.C. Santini). Non ne parlo perché
l'ho già fatto in qualche post, cosa che potrà avvenire di nuovo, o
perché se taluni in seguito si vergognarono (come ad es. “il
Ventilatore” – ©
Alfredo Righi – poi “alto” dirigente mondadoriano) di
aver collaborato con Carlo L. Ragghianti è miglior cosa ripagarli
con la moneta dell'oblio.
F.R. (23 giugno 2018)
P.S. - Le tre
pagine dattiloscritte con la macchina da scrivere di C.L. Ragghianti
con sopra la scritta a matita (rossa nell'originale disperso) che
seguono, rappresentano un documento contenente le
“origini” dell'Ente e
scritto in data sconosciuta, presumibilmente attorno al 1949/50. Ci
scusiamo per la pessima qualità del documento.
Postilla personale.
Alle elencazioni
dell'opuscolo con il Rendiconto
dell'Attività. Mancano solo i nomi degli uscieri che
resero praticabili le iniziative de “la Strozzina” e che
accompagnarono benevolmente la mia crescita dai 7 ai 26 anni. Uno
sviluppo svoltosi fisicamente anche in Palazzo Strozzi dove ho
passato un sacco di tempo. Ricordo ancora mattinate estive nelle
quali presenziavo la loro modesta attività lavorativa e le molte
discussioni e chiacchiere per me sovente formative nell'infanzia. Più
tardi la mia presenza fu di studio, intervallato dallo loro
compagnia. Ancor più numerosi i pomeriggi dedicati alla lettura di
libri procurati dagli amici uscieri del Vieusseux, che anche fuori
orario si intrattenevano in tornei di giochi di carte con i colleghi
della Strozzina. Quando non studiavo o non leggevo, da bambino avevo
di fatto il totale possesso del porticato del secondo piano dove
giocavo (persino a palla!) o correvo a perdifiato, col sogno di
vincere poi la Coppa del Provveditore agli Studi.
Alcune di queste persone
mi furono amici; grandi amici come Paolo del Lungo (in seguito
comandato esclusivamente allo Studio Italiano di Storia dell'Arte e
factotum per le “relazioni” esterne di “SeleArte” e sempre
legato alla nostra famiglia fino al suo pensionamento negli anni
Settanta). Altri furono in vero fieri antipatizzanti come Faliero
Guidi, despota della Galleria sita nel sotterraneo di Palazzo
Strozzi. In lui Carlo L. Ragghianti ravvisava il leader degli uscieri
comunali e pur conoscendone l'indole, responsabilizzandolo in
occasione di ogni mostra riusciva a farlo lavorare e a far da pungolo
al lavoro coscienzioso degli altri addetti alle esposizioni. Finché
non fu
assegnato definitivamente all'Istituto del Riconoscimento ci fu anche la cara persona di Aldo Barlacchi, uno spilungone con un popò di pomo d'Adamo, persona e impiegato modesto, semplice e di buon carattere la cui passione fu costruirsi interamente una bicicletta – impresa a cui collaborai con entusiasmo ma poca
pratica – nel minuscolo giardino con fontana e puttino minuscoli e
qualche filo d'erba, con una casa minuscola con una moglie così
scialba e silente, affranta dal fatto di non poter avere figli, che
non ricordo nemmeno se anche lei fosse minuscola. Nell'ufficio al 2°
piano il capo gerarchico era il vecchio Alfredo Giunti, con la figlia
sarta, svanito quando gli faceva comodo e bonariamente un furbone, lo
assisteva il Tosi Vincenzo, provvisto di una testa tonda che sembrava
sferica nonostante i capelli: persona pacata, aveva vissuto in guerra
l'affondamento della corazzata nella quale era marinaio. Nel
sotterraneo c'era anche un tipo viscido, tal Beconi, uno
scansafatiche ipocrita, “schiavetto” del Guidi. Nel 1954 comparve
un individuo subdolo, un po' veramente handicappato di testa, però
equivoco fino all'ambiguità e – mi duole dirlo – perciò protegé
del Righi. Era chiamato Paolino il Grullo, e lo ricordo perché fu
assegnatario nel 1954 di parte dell'abitazione di Viale Petrarca n.14
dove i Ragghianti avevamo vissuto dal 1952 al 54 disponendo di un
giardino che definirei più che soddisfacente per le esigenze di noi
ragazzi. L'altro motivo per cui l'ho iscritto negli annali dei
subalterni di Palazzo Strozzi fu che quasi sempre quando incrociava
C.L.R. gli domandava: “gli è vero, professore, che Palazzo Strozzi
gli è artistico?”. Con espressione ilare (ma lo era sempre) e
insieme compunta. Quello che è certo è che faceva felice Righi e
girare … le scatole a mio padre.
F.R. (27 giugno 2018)
Nessun commento:
Posta un commento